7. La venatio nel Furioso
7.1 L’ unità di caccia e guerra nel poema ariostesco
Nel Furioso il successo della tematica venatoria è decretato anche dalla connessione alla guerra. Frequenti sono le similitudini di caccia relative ai duelli e agli scontri bellici tra gli eroi. La sovrapposizione delle immagini di caccia e di guerra si fonda, oltre che sul simbolismo guerriero tradizionalmente attribuito al cane, su una sostanziale omologia tra le due pratiche, quella venatoria e quella guerresca, rinvenibile su diversi fronti. Ad essere chiamato in causa è, innanzitutto, il comportamento del cane durante la caccia nonché la sua abilità nel catturare la preda: così in alcuni luoghi del poema i guerrieri inseguono o assalgono i nemici allo stesso modo in cui il cane insegue o assale la preda; in
176 Uno dei riferimenti più espliciti al ruolo aristocratico della falconeria e del falconiere compare
in occasione della novella del nappo d’ oro. Il cavaliere che ospita Rinaldo sta narrando la sua infelice vicenda. Ariosto non esita a identificare l’uccellatore come un “cavallier giovene” e “ricco”, ossia appartenente alla schiatta aristocratica: «Astringe e lenta a questa terra il morso/ un cavallier giovene, ricco e bello,/ che dietro un giorno al suo falcone iscorso […]» (XLIII,33,1-4).
177
Per questa distinzione tra le varie forme di caccia, cfr. ivi, p. 332.
178 Si può parlare di una conoscenza approfondita dell’ ars venandi descritta in tutte le sue antiche
forme, non è da escludere, dunque, come abbiamo precisato nel capitolo introduttivo a questo lavoro, che Ariosto la praticasse.
179
Cfr. Squarotti, Selvaggia dilettanza…cit.,p. 188. Il suggestivo tema venatorio del laccio e delle reti, si configura come uno tra i più importanti paradigmi dell’ amore cortese, come «uno spettro più che esauriente di esempi e figurazioni venatorie evocati per significare il vincolo della passione e il totale asservimento dell’ amante» (cfr. ivi, pp. 101-2). Il motivo, anch’esso di derivazione ovidiana (Met. X, 155-61; cfr. ivi, p. 126) molto diffuso tra i poeti del Due-Trecento (cfr. ivi, pp.126-177) ‒ tra cui Dante (Purg. XXXI, 1-9); e Petrarca, (Canz. 106; 181; 257) ‒ trova grande fortuna anche nel Furioso (I,12; VII,44; X,115; XIII, 33; XXXIV, 17; XLII, 29). Per il ruolo altamente simbolico di cui si fa portavoce nel poema ariostesco rimandiamo al capitolo introduttivo di questo lavoro.
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altri, invece, l’eroe circondato dai nemici è simile ad una bestia feroce circondato dai cacciatori e dai cani. Intorno a queste due immagini si articolano gli usi della venatio canibus rappresentati nel Furioso, la cui suggestione appare rafforzata dal fatto che il meccanismo dell’ inseguimento sotteso alla pratica della caccia, domina l’intero poema. Ogni personaggio è a caccia di qualcosa che sfugge. E proprio il cercare diventa la forza che muove tutte le storie raccontate nel Furioso. Ma, passiamo ad analizzare nel dettaglio gli esempi più significativi del genere. Il primo scontro guerresco, paragonato ad una scena di caccia alle belve condotta dai cacciatori e dai cani, è introdotto nel canto nono:180
di vista al paladin; ma indugia poco, che torna con nuove armi; che s'ha fatto portare intanto il cavo ferro e il fuoco: e dietro un canto postosi di piatto, l'attende, come il cacciatore al loco, coi cani armati e con lo spiedo, attende il fier cingial che ruinoso scende;
(IX,73, ed. 1532)
Orlando giunto a Dordreche ‒ per liberare Bireno, innamorato di Olimpia, dalla prigionia cui lo costringeva Cimosco, ‒ cade in una imboscata. Circondato dagli uomini del «re frison», il conte dà prova del suo valore e compie carneficina dei nemici.181
La similitudine, inserita soltanto nell’ edizione del ’32 nell’ambito del nuovo episodio di Olimpia, è tra le più significative del poema. Puntuale è il confronto con le fonti. Diffusissimo nell’epica il motivo della caccia al cinghiale,
Cimosco, sfuggito all’ ira e alla spada di Orlando, armatosi del «ferro bugio», si nasconde e attende in agguato il passaggio del feroce guerriero per colpirlo con i colpi dell’ arma micidiale, così come suole fare un cacciatore che attende al varco insieme ai cani il passaggio del «fier cingial».
182 uno degli animali simbolo per eccellenza della forza e della virtus guerriera.183
180 Alla rassegna delle similitudini venatorie che seguirà si aggiunga la comparazione dei
cacciatori e dei cani introdotta nell’ edizione del ’32, nel nuovo episodio del tiranno Marganorre (XXXVII, 95). Poiché Ariosto vi descrive una battuta di caccia al lupo, rimandiamo il commento al capitolo dedicato a questo animale (cfr. voce lupo,par. “I canidi a confronto”).
181 Questo agguato, il primo che Cimosco organizza contro Orlando, è descritto, a sua volta,
attraverso la triplice immagine venatoria della caccia alle fiere, della pesca e dell’ uccellaggione, mentre, la strage compiuta da Orlando è paragonata ad un’ insolita caccia alle rane, in un’ avvincente susseguirsi di immagini venatorie (cfr. IX, 65-69).
182 Si ricordi che vi fa riferimento anche Virgilio, cfr. supra, n. 160. 183
«Dopo il leone, il cinghiale è il principale simbolo di forza e di coraggio delle opere omeriche» (Gianni Valente, Dall’ Arca di Noè a Moby Dick. Gli animali tra letteratura, arte e leggenda, Blu,Torino, 2004, p.23).
«Aper a feritate vocatus, ablata F littera et subrogata P. Unde et apud Graecos σύαγϱοζ, id est ferus, dicitur. Omne enim, quod ferum est et inimite, abusive agreste vocamus» («Il cinghiale è stato chiamato aper per la sua feritas , ossia per la sua natura selvaggia, eliminando dalla parola
feritas la “f” ed aggiungendo una “p”. Per questo anche presso i greci prende il nome di σύαγϱοζ,
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Celebre l’episodio omerico della caccia al cinghiale caledonio mandato da Artemide contro la vigna di Oineo e ucciso da Meleagro «con cacciatori e cani radunati da molte città» (Iliade IX, 530-545).184 Ma, dal modello greco, Ariosto riprende vere e proprie similitudini. Il «nesso strettissimo tra caccia e mentalità guerriera si presenta vitale e operante nell’Iliade».185 Difatti già in Omero, gli eroi braccati dai nemici sono simili a leoni o cinghiali braccati dai cani e dai cacciatori. Riportiamo alcuni tra gli esempi più emblematici e vicini al Furioso:
«In mezzo alle schiere infuriavano [Diomede e Odisseo] come cinghiali superbi tra una muta di cani da caccia; così con rinnovato slancio, essi uccidevano i Teucri».
(Iliade, XI, 325) «Come quando, circondato da cani e da cacciatori, un cinghiale,
o un leone, si volta fiero della sua forza, ed essi serrandosi formano un muro e gli stanno di fronte mentre fitti dalle loro mani
piovono i colpi; ma il suo animo audace non trema, non teme, e il suo coraggio lo uccide; più volte si getta verso le file degli uomini che,
che cedono sotto il suo assalto. Così si aggirava Ettore tra le schiere e supplicava i compagni incitandoli a varcare il fossato».186
(Iliade, XII, 41)
L’ascendenza omerica della similitudine espressa da Ariosto in IX,73 è ben visibile. Al pari di Diomede, Odisseo, Ettore anche l’ eroe Orlando è simile a un cinghiale selvaggio e «ruinoso» circondato dai cani e dal cacciatore. Ma, nella rielaborazione del tema, una certa suggestione potrebbe venire, finanche dalla similitudine che descrive Idomeneo, tra le più belle ed efficaci dei poemi omerici. Il guerriero acheo attende il nemico Enea al varco, come un cinghiale feroce attende nascosto sui monti il passaggio dei cacciatori e dei cani:
agrestis», cfr. Isidoro, Etimologie…cit., p. 15). Associato ai guerrieri per la sua ferocia, «nella
mitologia greco – romana era sacro ad Ares/ Marte col valore simbolico di guerra, distruzione e lotta; infatti era la forma assunta da Ares per sfuggire a Tifone […]. È la preda più ambita dal cacciatore, ed è raffigurato nelle cacce al cinghiale di Adone, Meleagro e Ippolito. File di zanne di cinghiale adornavano di solito l’ elmo dei guerrieri e, secondo Omero, anche Ulisse ne portava uno simile […]; per i celti era creatura sacra, soprannaturale, magica, che simboleggiava il guerriero, la guerra, la caccia […] compare sull’ elmo dei guerrieri e sulle trombe» (cfr. J. C. Cooper,
Dizionario degli animali mitologici e simbolici…cit. pp.104-5).
184
Cfr. Omero, Iliade…cit., p. 467. La forza violenta con cui l’animale devasta la vigna di Oineo sembrano riecheggiati da Ariosto quando, nel prosieguo della similitudine di IX,73 descrive l’incredibile forza del cinghiale/ Orlando, il cui passaggio, sembra fracassare la selva e svellere le montagne (cfr. IX, 77-79).
185
Cfr. C. Spila, Caccia, in Dizionario dei temi letterari…cit., p. 333. «Achille è come una “nera aquila predatrice” » (Il. XXI, 252); «Ettore scatena i Troiani contro gli Achei come un cacciatore i cani contro la preda» (Il. XI,292); «Antiloco abbatte Melanippo come un cacciatore abbatte un cerbiatto» (Il.XV,581); cfr., ibidem.
186 Cfr. Omero, Iliade..cit., pp. 533, 567. Si aggiunga a questo repertorio anche la similitudine
espressa nel canto diciassettesimo dell’Iliade, in cui, i troiani incalzano i greci come cani da caccia incalzano un cinghiale . Il testo è stato già riportato in riferimento al simbolismo di viltà del cane cui fa riferimento la stessa similitudine (cfr. supra, p. 55).
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«Non tremò Idomeneo, come fosse un bambino, ma li attese,
come un cinghiale sui monti, sicuro della sua forza, che in luogo deserto attende il tumultuoso assalto dei cacciatori; irte ha sul dorso le setole,
gli occhi mandano lampi, digrigna i denti, pronto a difendersi dai cani e dagli uomini; così Idomeneo dalla lancia gloriosa attendeva – e non cedeva di un passo –
Enea che accorreva in aiuto». 187 (Iliade, XIII, 470).
L’ agguato teso da Idomeneo ad Ettore ricorda quello che Cimosco tende a Orlando, benché i termini della comparazione appaiono invertiti di segno. Nel poema ariostesco, non è il cinghiale-Orlando che tende l’agguato al nemico, come nell’ Iliade, ma il cacciatore-Cimosco. Dal poema omerico a quello ariostesco, l’immagine del cinghiale - eroe viene rovesciata da predatore (Idomeneo) in preda (Orlando), tuttavia, i nessi ci sembrano piuttosto evidenti.
Non mancano avvincenti scene di caccia al cinghiale anche nell’ Odissea. Celebre lo scontro tra Ulisse e la fiera nella battuta di caccia giovanile che l’ eroe condusse insieme al nonno materno Autolico (Od. XIX, 428-466). 188
Divenuto un topos della materia epica, come pratica in cui misurare il valore e la forza degli eroi, il motivo della caccia al cinghiale condotta con i cacciatori e i cani, è rintracciabile nella tradizione successiva dei poemi cavallereschi a partire dalle Canzoni di gesta. In Garin le Lorrain (sec. XII), «Bégon, fratello di Garin, riesce ad uccidere un enorme esemplare di cinghiale, ma al prezzo di perdersi nella foresta»; nel poema inglese Sir Gawain e il cavaliere verde (sec. XIV), «c’è una caccia che ha luogo in dicembre, durante la quale, al termine di uno spossante inseguimento, Bertilak, signore della regione, con cani e cacciatori al seguito affronta e uccide un ferocissimo cinghiale».
189
187 Cfr. ivi, p. 621.
Nell’Innamorato, Marfisa circondata da tre re e tre cavalieri è «come cingial tra can mastini,/ che intorno se ragira furioso,/ e nel fronte superbo adriccia e crini,/ e fa la schiuma al dente sanguinoso» (I 19,45). Ancora nell’Innamorato alla furia bieca di un cinghiale incalzato dai cacciatori e dai cani è paragonato Rodomonte in una similitudine del libro secondo: «mostrando gli occhi rossi come il foco./ Quale un cingial che a
188«Quando al mattino spuntò Aurora dalle dita rosa partirono per la caccia i cani e quelli, i figli di
Autolico, e insieme con essi andava il nobile Odisseo: scalarono l’erto monte Parnaso rivestito di selva e presto arrivavano a gole ventose.[…] i cacciatori giunsero a un valloncello, e davanti andavano i cani fiutando le tracce e fra essi a ridosso dei cani, avanzava Odisseo brandendo un’ asta dall’ombra lunga. Un grosso cinghiale era acquattato lì, nella fitta boscaglia […]. L’animale percepì il tramestio dei piedi di uomini e cani mentre cacciando avanzavano e fuori dalla macchia si parò davanti ad essi ormai vicini, irto nelle setole e con occhi di brace. Balzò Odisseo per primo, smanioso di colpirlo […] ma fu più rapido il cinghiale e lo colpì sopra al ginocchio […]. La punta dell’asta lucente lo attraversò da parte a parte. Stramazzò con un bramito nella polvere, gli volò via la vita», cfr. Omero, Odissea…cit., pp.685-687.
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furia esce del monte,/ che cani e cacciator estima poco,/ fiacca le broche e batte ambe le zane» (II 14, 21).190
Nella tradizione cavalleresca, dunque, la figura del cane è spesso presentata o come compagno dei bellatores nelle battute di caccia alle fiere, secondo un preciso addestramento cui accenna anche Esopo nelle sue favole,
191
Si ascrive a quest’ultima categoria di immagini venatorie, del cane lanciato sulle tracce della bestia, vale a dire, l’eroe, anche un’altra, suggestiva, similitudine che vede come protagonista, ancora una volta, Orlando:
o come antagonista simbolico dei guerrieri - belva cui si dà la caccia.
Dudon con gran vigor dietro l'abbraccia, pur tentando col piè farlo cadere: Astolfo e gli altri gli han prese le braccia, né lo puon tutti insieme anco tenere. C'ha visto toro a cui si dia la caccia, e ch'alle orecchie abbia le zanne fiere, correr mugliando, e trarre ovunque corre
i cani seco, e non potersi sciorre;
imagini ch'Orlando fosse tale, che tutti quei guerrier seco traea.
(XXXIX, 52,53,1-2)
A Biserta gli eroi cristiani ritrovano il conte che, in preda alla follia, si aggira nudo per gli accampamenti e, armato di un solo bastone di legno, uccide chiunque gli capiti a tiro. In blocco cercano di fermarlo, ma il pazzo Orlando, come un toro cacciato e aggredito dai cani, non desiste dall’ essere sfrenato e continua a
«correr mugliando» e a trascinare con sé tutti i guerrieri che lo assalgono. Come si evince da questi versi, le immagini della venatio ferarum nel Furioso
chiamano in causa, oltre al cinghiale, altri animali feroci simbolo di guerra e dei guerrieri, in perfetta coerenza con i modelli offerti dalla poesia epica delle origini.192 Il simbolismo guerresco del toro, difatti, è attestato dalle fonti:193
190 Cfr. Matteo Maria Boiardo, Orlando Innamorato, a cura di Giuseppe Anceschi, Milano,
Garzanti, 1986, p. 785. Il motivo è molto diffuso anche nell’opera di Boccaccio; si vedano, ad esempio, Caccia di Diana (XI, 29,39,43,46,53,56); Filocolo (IV 138,5); Teseida (VII 119,2);
Elegia di M. F. (V 31, 4).
Plinio
191 “Il cane da caccia e gli altri cani” (fav. 179 ). 192
Per citare solo qualche esempio, nei poemi omerici, «Aiace difende Patroclo come un leone i cuccioli minacciati dal cacciatore» (Il. XVII,133-35); «Agenore fronteggia Achille come una pantera fronteggia il cacciatore che l’ha scovata» (Il. XXI, 571-75); cfr. C. Spila, Caccia,
Dizionario dei temi letterari…cit., p. 333. Per la similitudine del canto XVII dell’Iliade cfr. supra,
p. 55; per il simbolismo di guerra del leone cfr. voce leone (par. “Il leone, la guerra, i personaggi eroici: alcune fonti)
193 Al coraggio e alla forza del toro sono spesso paragonati gli eroi nella celebre opera Epopea di Gilgamesh : «Una dea lo ha fatto, forte come un toro selvaggio. Incedeva sul terreno come un toro
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(St. Nat. VIII, 181) esalta la combattività di questo animale, espressa dal segno delle corna («Tauris in aspectu generositas torva fronte, auribus saetosis, cornibus in procintu diminicationem poscentibus»).194 Meno diffusa, però, negli stessi poemi cavallereschi, è l’immagine della caccia allo stesso animale che ricorre nella similitudine ariostesca.195 Un riferimento a questa particolare pratica venatoria è rinvenibile in opere di altro genere. È il caso, ad esempio, del Crizia di Platone (120c): qui, infatti, il filosofo greco nella descrizione del mito di Atlandide
narra di una caccia al toro di carattere propiziatorio, in cui si cimentavano i dieci figli di Poseidone e Clito prima di deliberare sulle disposizioni inerenti il governo dell’isola. Una volta catturato, il toro veniva offerto in sacrificio agli dei.196 Plinio
(St. Nat. VIII, 182), invece, ci informa di una certa invenzione del popolo dei
Tessali «equo iuxta quadripedante cornu intorta cervice tauros necare».197 La fonte della similitudine ariostesca è di difficile individuazione; il particolare dell’arma impugnata da Orlando, un bastone di legno,198 ‒ con cui aggredisce dapprima i cristiani accampati e, successivamente, i paladini che come cani tentano di braccarlo, ‒ potrebbe far pensare al passo platonico del Crizia dove, tra gli strumenti utilizzati dai re, nella caccia al toro, sono indicati «bastoni e lacci».199 La nostra vuole essere soltanto un’ipotesi. Non escludiamo, dunque, che Ariosto facesse riferimento all’antica pratica della tauromachia, in cui spesso i cani venivano coinvolti nel combattimento contro il toro.200
gli stipiti, i muri tremarono; sbuffarono come tori avvinghiati» (cfr. G. Valente, Dall’ Arca di
Noè…cit., p.23). Nel Furioso l’animale è associato più volte a Rodomonte (XVIII, 14,-15, 19; XVII,111).
È possibile, finanche, che la similitudine sia frutto di un’originale rielaborazione del motivo classico della caccia alle fiere, caro al poeta, attraverso cui egli rappresenta alcune tra le
194 «Nei tori la buona razza è indicata dall’ aspetto, dalla fronte minacciosa, dagli orecchi pelosi,
dalle corna che sempre provocano al combattimento quando è in assetto di guerra» (Plinio, St.
Nat…cit., p. 257).
195 Nell’Iliade e nell’Odissea il toro non solo non è considerato simbolo di forza, ma l’ animale è
preda del leone oppure vittima propiziatoria (cfr. ivi, pp. 22- 3; e voce leone, par. “Il leone e il toro”).
196
«Ma prima di pronunciare la sentenza, così fra di loro si scambiavano fede. Si lasciavano liberi alcuni tori nel recinto sacro di Poseidone. I dieci re, rimasti soli, dopo aver pregato il Dio di riuscire a catturare la vittima che a lui fosse gradita, si mettevano in caccia, senza armi di ferro, avendo soltanto bastoni e lacci; il toro che riuscivano a catturare lo conducevano e lo sgozzavano presso le stele: il sangue colava sopra lo scritto. Sulle stele, oltre le leggi, vi era incisa una formula di giuramento che invocava i più tremendi anatemi contro chi violava il giuramento» (Platone,
Dialoghi politici, Lettere, a cura di Francesco Adorno, Torino, Utet, 1988, pp.861-2).
197 «[…] uccidere i tori da un cavallo che galoppa vicino, torcendo loro il collo dopo averli
afferrati per le corna». Lo stesso autore ci informa che questa lotta rientrava nel programma dei giochi di Cesare (cfr. Plinio, St. Nat…cit., pp. 256-9).
198 Cfr. XXXIX, 32,44,48-49. 199 Cfr. supra, n. 196. 200
La pratica si basava su tre forme di combattimento: lotta tra bovidi, tra bovidi e uomini, tra bovidi e animali. Molto significativo, anche se di molti secoli successivo al Furioso, è il particolare di un’ incisione di Francesco Goya, Combattimento di un toro con i cani, che fa parte dell’ opera Tauromachia, realizzata nel 1816.
70
scene più significative del poema.201
Come accade per numerose similitudini animali, anche quelle legate alla pratica venatoria, siano esse tratte dai modelli precedenti o formulate in maniera originale dal poeta, riconducono comunque l’attenzione a questioni che stavano a cuore dei contemporanei di Ariosto. Particolarmente significativa, a questo riguardo, è la prima similitudine venatoria analizzata (quella del canto nono) di cui intendiamo approfondire alcuni temi impliciti. Si tratta di capire come dietro la metafora animale sia possibile scorgere anche uno sguardo polemico sul presente, un’occasione per richiamare all’attenzione temi e problemi al centro del dibattito contemporaneo.
In questi versi il simbolismo bellico appare rafforzato dal duplice paragone tra il toro-Orlando, e i cani-guerrieri che si contrappongono all’eroe più forte della cristianità.
202
7.2 La caccia nella concezione umanistica: una «similitudine di