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Non solo fedeltà: altri attributi del cane e i suoi contrar

Nel documento Per un bestiario dell'Orlando Furioso (pagine 36-40)

Se nella prima similitudine canina, Ariosto chiama in causa il più noto simbolismo di fedeltà, affezione e sensibilità umana comunemente riconosciuto al cane, numerosi altri sono gli elementi che potrebbero spiegarci le ragioni del successo di questo animale nel Furioso. Alcuni di questi elementi sono da ricercarsi ad esempio nella poliedrica natura della bestia e nella molteplicità dei significati simbolici che gli sono

stati storicamente assegnati. Come ricorda G. M. Anselmi, quella del cane è una storia antichissima: «quindici,

forse ventimila anni di coesistenza, di vicinanza, di cooperazione: questa è la prima, impressionante notazione che gli studi oggi ci forniscono sull’ animale da sempre più legato all’ uomo, il più antico compagno nel suo girovagare, nelle sue pratiche di caccia, nell’ esigenza della difesa, nella sorveglianza dei primi armenti».18 Anche Cooper insiste sull’antico legame tra cane e uomo: «Vi sono prove che il cane fu addomesticato intorno al 7500 a.C.; era già presente nell’ Egitto predinastico, e si

sono ritrovati cani fittili che risalivano a mille anni prima».19 In ragione dell’ atavica presenza a fianco all’ uomo, come suo migliore amico fin

dalle epoche più remote,20

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Ludovico Ariosto, Satire, a cura di Cesare Segre, Torino, Einaudi, 1997,vv. 255-264. p.51.Come si evince da questo passo delle Satire, l’ associazione tra le due bestie “simili”, trova riscontro anche nelle opere minori del ferrarese. Nel Negromante (At. 2, sc.2,vv. 646-) cane e

cavallo figurano in una rassegna di animali considerati utili all’ uomo, cui segue un paragone con

le differenze economiche tra uomini poveri e ricchi :«Sono alcuni animali, de i quali utile/ altro non puoi aver che di mangiarteli,/ come il porco; altri sono che, serbandoli,/ ti danno ogni dì frutto; e quando all'ultimo/ non ne dan più, tu te li ceni o desini,/ come la vacca, il bue, come la pecora;/ sono alcuni altri, che vivi ti rendono/ spessi guadagni, e morti nulla vagliono,/ come il cavallo, come il cane e l'asino./ Similmente ne gli uomini si truovano/ gran differenzie. Alcuni, che per transito,/ in nave o in ostaria, tra i piè ti vengono,/ che mai più a riveder non hai, tuo debito/è di spogliarli e di rubarli subito./ Son altri, come tavernieri, artefici,/ che qualche carlin sempre e qualche iulio/ hanno in borsa, ma mai non hanno in copia;[…] Altri ne le cittadi son ricchissimi/ di case, possessioni, e di gran traffichi:[…]» (cfr. Ludovico Ariosto, Il Negromante, in Opere minori,

cura di Cesare Segre, Milano-Napoli, Ricciardi, 1954, pp. 442-3). Nella Satira V Ariosto,

dispensando ad Annibale Malaguzzi consigli sul comportamento da assumere nei confronti della sua futura moglie, menziona cane e cavallo come esseri dotati di sensibilità pari all’animo femminile. Se la donna commette degli errori, il marito deve ammonirla con dolcezza e senza ira, così come con le buone maniere piuttosto che con le forti, si “correggono” e si “raffrenano” cani e cavalli. La considerazione ariostesca si inserisce nel più generale discorso della violenza che spesso i mariti esercitano sulle proprie mogli; un tema di grande attualità, cui il poeta ferrarese fu particolarmente attento e sensibile anche nel Furioso (cfr. V, 1-2).

ogni civiltà e cultura ha attribuito al cane numerose

18 G.M. Anselmi – G. Ruozzi, Animali della letteratura it…cit., p.44. 19

J. C. Cooper, Dizionario degli animali mitologici e simbolici…cit., p.70.

20 Suggestiva è la notizia riportata a questo proposito dal Bestiario di Cambridge, dove la

vicinanza all’ uomo è descritta come dato naturale e costitutivo del cane: «Per natura, infatti, non possono vivere lontani o estranei all’ uomo […]», cfr. Bestiario di Cambridge…cit., p.96.

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valenze allegoriche di segno opposto, positive e negative, a seconda degli aspetti della sua natura che furono privilegiati.21 Ne è derivato un simbolismo complesso e, soprattutto, ambivalente che non mancò di affascinare Ariosto: al modello della fedeltà del cane si contrappone quello della ferocia e della forza;22

21 «[…]nella letteratura classica non mancano, accanto alle lodi del cane, anche giudizi aspri,

espressioni ingiuriose che si rifanno a questo animale e racconti e aneddoti malevoli. Il cane nella tradizione greco-latina compare spesso con qualità negative: è spudorato (cfr. i nomi: cinico,

cinedo, canaglia, ecc.), è vile, è sfrontato, arrogante e talvolta anche ladro[…]» ( F. Maspero, Bestiario Antico…cit., p.66). D’altra parte, però, «è associato con Asclepio o Esculapio, esperto

medico e guaritore, poiché risana anch’ esso, consentendo di rinascere a nuova vita. La sua fedeltà sopravvive alla morte, e inoltre affianca Ermes/Mercurio negli aspetti di messaggero degli dèi, vento propizio e buon pastore» (J.C. Cooper, Dizionario degli animali mitologici e simbolici…cit., p.71). Nel mondo islamico i cani erano e sono considerati tutt’ oggi con disprezzo come animali impuri. «In Egitto, invece, i cani erano venerati e impiegati per la sorveglianza, la caccia e la pastorizia. Erano sacri ad Anubi, rappresentato con la testa di cane o di sciacallo [cfr. infra, n. 27], e a Ermes, messaggero divino; erano anche un attributo della Grande Madre Amenti. Un cane guidava il dio solare dalla testa di falco nel mantenere il sole sul giusto percorso, e l’ anima umana poteva incarnarsi nel corpo di un cane […]. A Roma questi animali erano usati per la sorveglianza della casa e come animali da compagnia; inoltre venivano ammaestrati per esibirsi nei circhi e per tirare carretti. Raffigurato spesso nell’ arte funeraria, il cane era un simbolo di fedeltà e di amore che sopravvive alla morte.[…] In nessun altro culto il cane è più venerato e onorato che nella religione zoroastriana; infatti fa parte integrante della vita dei parsi. L’ Avesta e altri libri sacri affermano che simboleggia sagacia, vigilanza e fedeltà, ed è pilastro della cultura pastorale. Dev’ essere trattato con la massima gentilezza e reverenza. […] Nelle cerimonie religiose si preparava con cibi consacrati un “pasto del cane” completo, e il cane veniva servito prima che i fedeli si riunissero per il pasto comune; mentre il cane mangiava, recitavano una preghiera. […] Indra, signore degli dèi vedici, tiene il cane da caccia come suo attributo e compagno. […] T’ien Kou, il cane celeste cinese, di colore rosso, ha un duplice significato simbolico: può essere yang e aiutare Erhang a scacciare gli spiriti maligni, e in questo caso rappresenta la fedeltà e la devozione incrollabile; ma come guardiano delle ore notturne diventa yin, incarnando distruzione e catastrofe. […] Nel mondo celtico il cane occupa un posto importante […]. I cani sono associati con le acque risanatrici e Nodens, dio della guarigione, poteva manifestarsi sotto forma di cane. Inoltre sono animali dotati di facoltà psichiche e connessi con la divinazione; spesso si trasformano in esseri umani. Vi sono infiniti racconti di spiriti, di cani soprannaturali o stregati, che possono rivelarsi tanto benevoli quanto maligni» (ivi, pp.71-74). Nei bestiari medievali, accanto alla prerogativa della fedeltà del cane che lo rende un simbolo positivo per i cristiani (cfr.

supra, n.8), si mettono in rilievo altre proprietà di carattere negativo: «Lo cane […] ave in sé una

laidissima natura, che quando elli ane vomicato, sí se lo rimangia, e questo fa molte volte. E sí dice homo del cane un cotale proverbio, che quando elli passa per alcuno punte e porta formagio in bocca, si vede l’ ombra de quello formagio indel fiume e parli magiore che quello che porta in boccha, sí si lassa chadere quello di boccha e giectasse indel fiume e perde lo formaggio che ane per l’ ombra che non de’ prendere né avere» (Il «Libro della natura degli animali», IX, in L.

Morini, Bestiari Medievali…cit., p. 439). La proprietà di rimangiare il suo vomito fa del cane simbolo del peccatore: «Sí como lo cane ch’ ane la soçça natura che remangia quello che vomicha, cossí fae lo folle peccatore che si vae a confessare delli suoi peccati e possa ritorna in quelli medesmi peccati»; «lo proverbio del formagio che lassa per l’ombra che vedde indell’ acqua», lo rende esempio dell’ «omo meschino» e «di molte folle gente», che «lassa perdere la sua anima», per inseguire cose terrene (cfr. ivi, pp. 439-440).

il significato

22 Aristotele nell’ Historia Animalium (607 a 1) racconta dell’ unione di cani e tigri, da cui

derivano i ferocissimi cani dell’ India. La notizia fu ripresa da Plinio, VIII, 148: «E tigribus eos Indi volunt concipi et ob id in silvis coitus tempore alligant feminas. Primo et secundo fetunimis feroces putant gigni, tertio demum educant» («Gli Indiani vogliono che i loro cani nascano dall’incrocio con le tigri e per questo durante il periodo dell’accoppiamento legano le cagne nelle selve. Ritengono che dal primo e dal secondo parto nascano esemplari troppo feroci, allevano infine i nati nella terza cucciolata»). Quando Alessandro Magno si recò in India, il re d’Albania gli

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positivo di nobiltà23 è rovesciato dalla cattiva fama di animale immondo procurata dalla sua «onnivora ingordigia»,24 che lo porta, randagio, a rovistare tra i rifiuti e a

cibarsi di carogne.25 Celebrato come antenato mitico, eroe civilizzatore,

conquistatore del fuoco,26 il cane è al contempo simbolo di morte27 e della guerra,28

diede in dono un cane di straordinaria grandezza («inusitatae magnitudinis») che vinse nella battaglia contro leoni ed elefanti (cfr. Plinio, St. Nat…cit., pp. 236-237). Isidoro nelle Etimologie (XII,27) riporta l’informazione relativa all’esistenza di cani «così aggressivi e forti da poter abbattere un leone nello scontro» (cfr. Isidoro, Etimologie…cit., p. 35). Conosciuto fin dall’antichità come animale feroce (si ascrivono a questo simbolismo anche le numerose immagini dei cinocefali tratteggiate dagli autori classici, cfr. infra, n. 27; p. 108), il Medioevo ci restituisce numerosi esempi di cani efferati e crudeli: «E talvolta il cane preso da raptus o reso feroce dall’ammaestramento dell’ uomo diventa anche assassino (capita anche oggi). Il seguente epigramma dell’ Antologia Palatina […] ricorda il tragico destino di Pétale, sbranata dai cani durante la notte nuziale: “Presso il talamo tristo di Pétale[…],/ Ade s’ aderse in luogo di Imeneo./ Come, atterrita, nel buio, dal giogo di Cipri fuggiva/ per quel comune orrore delle vergini,/ fu da mastini sbranata. Sperammo di scorgerla donna,/ e neppure un cadavere restò”» (cfr. F. Maspero,

Bestiario Antico…cit., p.67). La vicenda raccontata nell Antologia Palatina costituisce un

precedente della celebre vicenda boccacciana di Nastagio degli Onesti (V,III) che vede protagonisti due spietati mastini; ma ad un idea di ferocia e aggressività canina rimandano già alcune vivaci similitudini dantesche. A partire da Dante alla crudeltà del mastino faranno riferimento molti altri autori della nostra letteratura (su questo argomento si veda quanto detto più avanti a proposito della voce “mastino” nel Furioso, pp. 90-100).

23 Per questo simbolismo di cui si fanno portavoce i bestiari cfr. supra, n. 8. Come vedremo, il

carattere aristocratico dell’ animale deriva anche dal suo legame con gli ambienti di corte dove era adulato e vezzeggiato da re e signori (cfr. infra, par. “il mito del cane tra arte e letteratura”).

24 Cfr. G. M. Anselmi – G. Ruozzi, Animali della letteratura it…cit., p. 44.

25 Per una ricostruzione dettagliata di queste proprietà attraverso le fonti, rimandiamo ai luoghi del Furioso dove la bestia si fa portavoce di tali simbolismi, analizzati di seguito. Per il simbolismo di

impurità del cane legato alle sue cattive abitudini alimentari cfr. infra, p. 98, n. 319.

26«[…] la sua conoscenza dell’ Aldilà (come dell’ aldiquà) fa sì che il cane sia spesso presentato

come eroe civilizzatore, più spesso signore o conquistatore del fuoco, e anche come antenato mitico, arricchendo così il suo simbolismo di un significato sessuale […]. Cani e lupi sono […] posti all’origine di diverse dinastie turche e mongole, fatto che va nella stessa direzione dei miti amerindi che li conferma […]; Xolotl, il dio-cane, secondo la tradizione azteca ha rubato agli inferi le ossa dalle quali gli dei dovevano trarre la nuova razza umana. […] La lupa romana deve essere collegata ai numerosi altri canidi, eroi civilizzatori […], il cane appare spesso sotto le spoglie dell’ eroe portatore del fuoco, dato che la scintilla del fuoco precede la scintilla della vita o, molto spesso si confonde con essa. Per gli Skilluk del Nilo Bianco e in tutta la regione dell’ Alto Nilo, il cane avrebbe sottratto per caso il segreto del fuoco al serpente, all’ arcobaleno, alle divinità celesti o al Grande Spirito […]. Nell’America del Sud il Canis vetulus non è il conquistatore del fuoco ma il suo primo proprietario, e gli eroi gemelli – sotto forma di lumaca o di pesce – glielo rubarono[…]» (Jean Chevalier – Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli: miti, sogni, costumi,

gesti, forme, figure, colori, numeri, ed. italiana a cura di Italo Sordi, Milano, Rizzoli, 1986,

pp.187-188. Per questi aspetti simbolici si veda anche il lavoro di Cooper, Dizionario degli

animali mitologici e simbolici…cit., p. 70).

27«In tutte le mitologie [egiziana, greco-romana, germanica, azteca e via dicendo] il cane è sempre

stato associato alla morte, agli inferi, al mondo sotterraneo, ai regni invisibili governati dalle divinità ctonie o seleniche» (J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli: miti,

sogni…cit., p. 185). Non si dimentichi che «la prima funzione mitica del cane, universalmente

documentata, è quella di psicopompo: è la guida dell’uomo nella notte della morte, dopo essere stato il suo compagno nel giorno della vita» (ibidem). «Anubi e Thot in Egitto, Ermes ed Ecate in Grecia venivano rappresentati con testa di cane; a divinità canine era affidata la guardia degli inferi: non solo il famoso Cerbero tricefalo, ma il mostruoso Garm presso i Germani e il dio-cane azteco Xolotl. Di certo inizialmente questo ruolo di animale ctonio fu inteso in senso – positivo dopo essere stato fedele compagno di vita, il cane accompagna l’ uomo anche nel suo ultimo

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di viltà,29 voracità, avidità e lussuria,30 mentre in ambito religioso rappresenta, al contempo, il cristiano zelante e il nemico della vera fede.31

viaggio –, poi la stretta associazione con la morte e l’ inferno ha finito per conferirgli una connotazione sinistra, di bestia tenebrosa e demoniaca» (M. P. Ciccarese, Animali simbolici…cit., pp. 239- 240). Il simbolismo di morte del cane, trova riscontro presso numerosissime popolazioni, indiana, persiana, africana, amerinda, ecc. (si veda a questo proposito lo studio condotto da Chevalier- Gheerbrant e riportato nel Dizionario dei simboli: miti, sogni…cit., pp.185-187), in molte delle quali, la bestia, «non si limita a guidare i morti, ma svolge anche un ruolo da intermediario fra questo mondo e l’ altro e, tramite lui, i vivi interrogano le anime dei defunti e le divinità sovrane del loro paese » (cfr. ivi, p. 186 e J. C. Cooper, Dizionario degli animali

mitologici e simbolici…cit., pp.70-76). Consistente fu, nell’iconografia egiziana e cristiana, la

rappresentazione del cane psicopompo e del cinocefalo (cfr. Alfredo Cattabiani – Marina Cepeda Fuentes, Bestiario di Roma: un insolito viaggio storico, artistico, archeologico, alla riscoperta dei

mitici e simbolici animali raffigurati in piazze, strade, monumenti e angoli nascosti della città,

Roma, Newton Compton,1986, pp.339-346).

Gran parte dei significati allegorici elencati si ripetono nelle pieghe del poema

ariostesco dove, come vedremo, la figura del cane è introdotta per supportare la descrizione delle più disparate situazioni narrative e i simbolismi ad esse sottesi. La poliedricità del cane, le sue opposte nature e la varietas dei significati metaforici cui rimanda, certamente, ritornarono utili a Ludovico nella elaborazione delle numerose ottave del Furioso, tuttavia, le motivazioni della preferenza accordata a questa figura animale rispetto ad altre, non esclude l’ intervento di fattori diversi e convergenti. La presenza diffusa del cane, rintracciabile in quasi tutti i canti del poema, trova forse

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Nei versi dell’Iliade suggestive similitudini connettono la figura del cane alle immagini della guerra (cfr. infra, par. “L’unità di caccia e guerra nel poema ariostesco” ). Plinio ci informa dell’ esistenza di cani guerrieri: «Garamantum regem canes cc ab exilio reduxere proeliati contra resistentes. Propter bella Colophonii itemque Castabalenses cohortes canum habuere. Hae primae dimicabant in acie numquam decrectantes; haec erant fidissima auxilia nec stipendiorum indiga. Canes defendere Cimbris caesis domus eorum plaustris inpositas» («200 cani ricondussero dall’ esilio il re dei Garamanti, dopo aver combattuto contro quelli che si opponevano. Gli abitanti di Colofone e quelli di Castabala avevano coorti di cani addestrati per la guerra. Combattevano in prima linea e non si rifiutavano mai; costituivano truppe ausiliarie su cui si poteva veramente contare e non erano bisognosi di stipendio. Quando i Cimbri furono sterminati, i cani difesero le famiglie dei loro padroni che si trovavano sui carri», Plinio, St. Nat.…cit., pp. 232 -233). La notizia pliniana dei cani addestrati al combattimento, trova riscontro in altre fonti: «i cani da guerra sono rappresentati sull’ altare di Zeus a Pergamo, al seguito di Ecate, Artemide e Asterea» (J.C. Cooper, Dizionario degli animali mitologici e simbolici…cit., p. 72). Ma, più che presso i greci e i romani è nell’ ambito della civiltà celtica che il cane è associato, per antonomasia, al mondo dei guerrieri ed è «oggetto di paragoni positivi e lusinghieri. Il più grande eroe, Cuchulainn, è detto il cane di Culann e sappiamo anche che tutti i Celti, insulari e continentali, hanno allevato e addestrato cani per il combattimento e per la caccia: perciò, paragonare un eroe a un cane significava onorarlo, rendere omaggio al suo valore guerriero» (J. Chevalier – A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli: miti, sogni…cit., p.189).

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Diffuso nel mondo classico è il significato di viltà del cane (cfr. supra, n. 21). Ad esso rimandano certi versi della poesia omerica ed oraziana (cfr. infra, pp. 54-55) ed anche, certe credenze della religione islamica: «L’ islam fa del cane il simbolo di tutto ciò che la creazione comporta di più vile» (ibidem).

30 Per queste simbologie cfr. supra, n. 26 e infra, par. “La parodia della caccia amorosa” e pp.138-

140.

31 Per i significati simbolici ambivalenti assegnati al cane nel mondo biblico-cristiano e riproposti

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un suo fondamento anche nella grande fortuna di cui esso ha goduto nella letteratura e nell’ arte tra Quattrocento e Cinquecento.

Nel documento Per un bestiario dell'Orlando Furioso (pagine 36-40)