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I sintomi somatici e la Consapevolezza Emotiva in infanzia

PARTE 1: Revisione della Letteratura

1. La Consapevolezza Emotiva e la relazione con le somatizzazioni

1.6 La relazione tra Consapevolezza Emotiva e Somatizzazioni

1.6.2 I sintomi somatici e la Consapevolezza Emotiva in infanzia

I disturbi somatoformi rimangono una delle aree più trascurate nella psichiatria infantile e adolescenziale. I sintomi fisici o le lamentele di dolori con un’eziologia sconosciuta sono abbastanza comuni nei bambini e negli adolescenti e rappresentano fino al 50% delle nuove visite mediche ambulatoriali (Kelly et al., 2010). I criteri diagnostici per i disturbi da sintomi somatici, pur essendo stati definiti per gli adulti, vengono applicati anche con i bambini. Tuttavia, questa diagnosi viene raramente effettuata nella popolazione infantile e adolescenziale, soprattutto a causa del requisito temporale necessario per soddisfare i criteri dei sintomi; sarebbe quindi necessario approfondire questo tipo di disturbi specificatamente in ambito infantile, in modo da rendere possibile lo sviluppo di un sistema diagnostico alternativo, appropriato allo sviluppo (Mohapra et al., 2014).

L'epidemiologia dei sintomi somatici che vengono segnalati ai medici variano da 1,3 a 5% (Lieb et al, 2010).

In uno studio di Fritz e colleghi, sono state riscontrate segnalazione somatiche nell'11% delle ragazze e nel 4% dei ragazzi (Fritz et al, 1997). La maggior parte dei dolori e dei disturbi indifferenziati iniziano nell'infanzia o nell'adolescenza precoce. Tra gli 8 e i 14 anni di età, circa un terzo dei bambini lamenta dolore, almeno una volta alla settimana (Perquin et al, 2000; Petersen et al, 2006). La maggior parte di questi bambini vengono sottoposti ad esami medici invasivi, perdendo così giorni di scuola e tempo libero e, alla fine, solo nel 10% dei casi si riesce a trovare una causa medica alla base (Edwards et al, 1994). Il dolore addominale ricorrente (D.A.R.) è il più comune sintomo doloroso dell’infanzia, il disturbo si manifesta con un dolore di piccola intensità, ma che si presenta più volte durante il mese. Il D.A.R. aumenta in frequenza dai tre ai nove anni di età (ma potrebbe protrarsi fino all'adolescenza, se non adeguatamente trattato). In letteratura i disturbi gastro-intestinali funzionali vengono riconosciuti come disordini dell’asse intestino-cervello. Sono stati infatti condotti degli studi in cui, sia i soggetti sani che i pazienti con sintomi funzionali intestinali, manifestavano delle alterazioni a

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livello del tratto gastro-intestinale, quando sottoposti a stressors. Questi risultati vanno a confermare la stretta relazione che esiste tra gli stati mentali ed emozionali e le funzioni gastro-intestinali (Rhee et al, 2009).

La valutazione medica può essere effettuata tramite i criteri Roma IV in età pediatrica, delle linee guida che si basano sulla valutazione dei sintomi dei disturbi somatici, esclusivamente gastro-intestinali (Castelluzzo et al, 2016; Rutten et al, 2015).

Gli studi epidemiologici suggeriscono che gli effetti indesiderati del dolore addominale nell’ 8-25% dei bambini di età scolare di età compresa tra i 9 ei 12 anni, si manifestano prevalentemente tra le bambine e rappresentano il 2-4% delle visite pediatriche (Dufton et al, 2009). Tra il 20% e il 55% di tutti i bambini riporta cefalee, mentre il 10% degli adolescenti riferisce frequenti mal di testa, dolore toracico, nausea, stanchezza e astenia (Almirall et al, 2013).

Anche il dolore al petto è frequente nei bambini e negli adolescenti. L’eziologia del dolore al petto è ampia e nella stragrande maggioranza dei casi non è dovuta alla patologia cardiaca. Questo tipo di dolore provoca spesso un invio al cardiologo pediatrico che comporterà anche in questo caso numerosi esami, per la paura mancare una diagnosi cardiaca potenzialmente grave; anche in questo caso le cause del dolore potrebbero essere di tipo psicosomatico (Almawazin et al, 2013; Yeh 2015).

I sintomi somatici e i disturbi somatoformi si verificano generalmente più frequentemente nelle femmine rispetto ai maschi con un rapporto di 5: 1 (Aro, 1987). Mohapra e colleghi (2014) riportano che gli studi condotti sui bambini prepuberali riferiscono un uguale rapporto tra ragazzi e ragazze. Nella post-pubertà, tuttavia, l'incidenza femminile aumenta. Presumibilmente, i fattori culturali che caratterizzano i diversi generi sono anche rilevanti. In alcuni casi, ma non tutti, l’inizio dello sviluppo puberale e l’arrivo del menarca sono associati ad una maggiore segnalazione di sintomi nelle ragazze.

Per quanto riguarda l’influenza dei fattori psicologici nei disturbi da sintomi somatici nell’infanzia, giocano un ruolo fondamentale sicuramente le emozioni; ciò è perfettamente comprensibile, poiché sono queste a guidare i nostri comportamenti, attraverso una serie di cambiamenti fisiologici (aumento della frequenza cardiaca, respirazione accelerata, etc.) che si attivano in risposta ad un evento (Oatley & Jenkins, 1996; Mayne et al. 1999).

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I bambini e gli adolescenti, a volte, possono trovarsi in difficoltà ad esprimere i loro sentimenti ed emozioni attraverso il linguaggio e se questi soggetti in età dello sviluppo non riescono ad elaborare le loro emozioni, specialmente se sono ricorrenti ed a valenza negativa, i diversi cambiamenti fisiologici che ne derivano possono provocare il presentarsi dei sintomi somatici (Kiecolt-Glaser et al, 2002; Nash & Thebarge, 2006; Segerstrom & Miller, 2004; Tsygos & Chrousos, 2002).

Sono ancora pochi gli studi che hanno indagato la relazione tra livello di consapevolezza emotiva e presenza di sintomi somatici nei bambini, tra questi si potrebbe citare lo studio di Jellesma e colleghi (2006) che hanno messo a confronto diversi aspetti del funzionamento emotivo in un campione di soggetti diviso in 3 sotto-gruppi:

1) scolari che riportavano poche lamentele somatiche (n = 59); 2) scolari che riportavano numerose lamentele somatiche (n = 61); 3) gruppo clinico di bambini con sintomi addominali funzionali (n = 33).

I bambini avevano un'età media di 10,6 anni. Gli autori hanno studiato il modo in cui gli stati d'animo (la felicità, la rabbia, la paura e la tristezza), i sintomi della depressione e la consapevolezza delle emozioni hanno influenzato la classificazione dei tre sotto- gruppi.

L'83% degli scolari che riportavano poche lamentele somatiche è stato identificato correttamente sulla base di un migliore funzionamento emotivo. Tuttavia, vi era poca differenza nel funzionamento emotivo degli scolari con molte lamentele somatiche e quella del gruppo clinico. L’unica differenza significativa che è stata trovata tra il gruppo clinico e il gruppo di bambini con molte lamentele somatiche erano i livelli della consapevolezza delle sensazioni corporee delle emozioni: infatti i risultati indicano che i bambini con molte lamentele somatiche sono fortemente consapevoli delle sensazioni corporee delle emozioni, che è in linea con alcuni risultati presenti in letteratura (Rieffe et al, 2004). Invece, sia il gruppo dei bambini con pochi sintomi che il gruppo clinico, sono risultati essere meno consapevoli dei correlati fisiologici delle emozioni, infatti rispetto ai bambini con molti sintomi somatici, i bambini con pochi sintomi hanno riportato una minore frequenza di emozioni negative.

Jellesma e colleghi (2006; 2008) hanno concluso affermando che le variabili studiate sono valide per differenziare i bambini che sono afflitti da sintomi somatici rispetto ai

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bambini che presentano poche lamentele somatiche. I risultati sottolineano l'esistenza di problemi emotivi nei bambini che presentano numerosi sintomi somatici.

Gli studi che sono stati effettuati in questi anni hanno preso in considerazione il fatto che i bambini e gli adulti che soffrono e riportano lamentele di tipo somatico, ottengono bassi livelli di benessere e bassi livelli di qualità della vita (Merlijin et al, 2003). Al fine di migliorare il benessere sia di adulti che dei bambini, gli studiosi hanno iniziato ad indagare alcune variabili psicologiche che potessero essere coinvolte nell’influenzare i livelli di somatizzazione, tra queste sicuramente fondamentale è stato lo studio della consapevolezza emotiva, ma anche dell’umore, delle strategie di coping (Ven & Engels, 2011), dell’adattamento sociale (Mavroveli et al, 2007) o degli stili di personalità (Villanueva et al, 2016).

In particolare, la relazione ipotizzata tra le variabili è che bassi livelli di consapevolezza emotiva possano incidere sulla capacità delle persone di rispondere alle situazioni, in particolare quelle emotivamente stressanti, in modo adattativo. Così, probabilmente, si manifestano stati d'animo negativi, che portano ad elevati livelli di stress prolungato e possono eventualmente dare origine a disturbi da sintomi somatici (Rieffe et al, 2008). Sulla base di quanto appena discusso, Villanueva e colleghi (2015) hanno effettuato uno studio per valutare come i livelli di consapevolezza emotiva e l’umore incidessero sul livello di somatizzazione, all’interno di un campione composto da 1423 bambini spagnoli, tra gli 8 ed i 12 anni. Ai bambini sono stati somministrati: il questionario di consapevolezza emotiva (Emotion Awareness Questionnaire - EAQ), strumento self- report, composto da 30 item, raggruppati in sei fattori chiave: differenziare le emozioni, condivisione verbale delle emozioni, analisi delle proprie emozioni, la partecipazione alle emozioni degli altri, la tendenza all’azione e la consapevolezza corporea delle emozioni; il questionario dell’umore (Mood Questionnaire) che valuta su una scala likert a 3 punti quanto i soggetti, nelle ultime quattro settimane, abbiamo provato felicità, rabbia, tristezza e paura; il test che valuta le somatizzazioni (The Somatic Complaint List- SCL) ed infine un test multifattoriale self-report per l’ infanzia, costituito da 105 items, per valutare il disadattamento in generale, personale, sociale, scolastico e familiare, per i soggetti dagli 8 ai 18 anni.

I risultati mostrano che tutte le componenti della consapevolezza emotiva hanno predetto le lamentele somatiche dei bambini, ad eccezione della partecipazione alle emozioni altrui.

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In particolare le sotto-scale della differenziazione delle emozioni, dell’analisi delle proprie emozioni, della consapevolezza corporea e della condivisione verbale, prevedono lamentele somatiche. Infatti, come riscontrato da altri studi in letteratura, i bambini con elevati sintomi somatici presentavano delle difficoltà quando si trattava di differenziare ed analizzare le proprie emozioni, condividendole verbalmente, dimostrando come il loro livello di consapevolezza emotiva fosse ancora indifferenziato e globale, piuttosto che specifico. Inoltre tutti gli stati d'animo indagati hanno contribuito alla previsione dei sintomi somatici, in particolare gli stati a valenza negativa che hanno dato il maggior contributo significativo. I risultati mostrano che lo studio della consapevolezza emotiva rappresenta un contributo importante per la previsione dei sintomi somatici.

Sarebbe interessante anche notare come la valutazione della consapevolezza emotiva cambi nel tempo e gli effetti che questi cambiamenti hanno sui livelli dei sintomi internalizzanti, come la preoccupazione, l’ansia o i sintomi somatici nei bambini fino alla pre-adolescenza.

Alcuni autori hanno quindi indagato in maniera longitudinale proprio la misura in cui le differenze individuali nei cambiamenti della consapevolezza emotiva nel tempo possano spiegare la differenza nei sintomi internalizzanti (Rieffe & Rooij 2012; Kranzler et al, 2016).

Ad esempio nello studio di Rieffe e De Rooij (2012), è stato invitato un campione di 663 bambini e giovani adolescenti, a compilare quattro volte, con un intervallo di tempo di 6 mesi, il questionario di auto-valutazione della consapevolezza emotiva (EAQ) e il Children Depression Inventory (CDI) che valuta gli aspetti affettivi, cognitivi e comportamentali dei sintomi depressivi. Le analisi longitudinali hanno mostrato che la varianza della consapevolezza emotiva era altamente predittiva per la varianza dell'internalizzazione dei problemi nel tempo. In particolare gli studiosi hanno notato che la capacità di differenziare le emozioni discrete è un forte predittore, infatti nei casi in cui i soggetti mostravano una capacità inferiore nel valutare le proprie emozioni, questo contribuiva alla manifestazione di sintomi depressivi; oppure ancora, il negare e il nascondere le proprie emozioni ha contribuito alla formazione di pensieri più preoccupanti e ruminativi.

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Risultati simili sono stati riportati anche da altre ricerche, confermando come una bassa consapevolezza emotiva basale possa prevedere i sintomi internalizzanti (depressivi, ansiosi e sintomi somatici), monitorando i livelli di queste variabili nel tempo.

Questi risultati suggeriscono che la consapevolezza emotiva può costituire un fattore trans-diagnostico, prevedendo i sintomi internalizzanti e che strutturare dei programmi di trattamento e di prevenzione che mirino ad aumentare il livello di consapevolezza emotiva potrebbe essere di aiuto ai bambini e agli adolescenti con disagi di tipo internalizzante (Kranzler et al, 2016).

Altri studi hanno indagato in maniera più specifica la relazione tra consapevolezza emotiva e sintomi dolorosi, come ad esempio i sintomi funzionali a livello addominale ed i risultati ottenuti hanno portato alla luce diverse conclusioni da parte degli studiosi. È possibile, a tal proposito, citare lo studio condotto da Rieiffe e colleghi (2007), in cui sono stati messi a confronto tre gruppi:

1) un gruppo clinico, costituito da bambini con dolore addominale;

2) un gruppo della popolazione generale che ha ottenuto punteggi elevati in un elenco di sintomi somatici;

3) un gruppo della popolazione generale che non presentava sintomi somatici.

I risultati indicano che i gruppi 1 e 2 hanno manifestato stati negativi e emozioni negative con una frequenza e un'intensità più elevate, presentando minori livelli di consapevolezza emotiva e una maggiore tendenza all’azione, nel caso in cui questi soggetti si trovino in una situazione stressante, rispetto al gruppo 3. Questi dati suggeriscono un'incapacità nel differenziare e affrontare emozioni negative, il che potrebbe essere un fattore importante nell’etiologia di alcuni dei problemi sanitari dei bambini.

Mentre, altri studi non hanno riscontrato alcuna relazione tra consapevolezza emotiva e sintomi somatici in bambini e adolescenti. Uno studio condotto da Van der Veek e colleghi (2012) ha indagato la relazione tra consapevolezza emotiva e dolore funzionale addominale in un campione di bambini olandesi di età compresa tra 7 e 18 anni. Il campione è stato diviso in tre sotto gruppi: un gruppo affetto da dolore funzionale addominale (n=114) (FAP), un gruppo di scolari senza dolore addominale (n=235) e un gruppo di scolari con qualche dolore addominale (n=407) (AP) di diversa etiologia. I soggetti hanno compilato questionari riguardanti il loro dolore, la consapevolezza delle

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emozioni e le strategie di coping utilizzate. I risultati hanno mostrato che i bambini con FAP presentano livelli più bassi di consapevolezza emotiva, rispetto ai bambini senza AP, anche se queste differenze erano piccole. Contrariamente alle aspettative, i bambini con FAP erano più consapevoli del legame tra emozioni e sensazioni corporee, rispetto ai bambini senza AP. Questi risultati hanno portato gli autori alla conclusione che i bambini con FAP mostrano solo piccole differenze nella consapevolezza delle emozioni, rispetto ai bambini senza AP e non sono praticamente differenti dai bambini con un AP.

Concludendo si potrebbe dire che i risultati degli studi citati mostrano come le differenze individuali nella consapevolezza delle emozioni contribuiscono nelle differenze individuali nei vari sintomi di internalizzazione, in questo caso specifico sono stati presi in considerazione alcuni degli studi effettuati sui sintomi somatici in adulti e bambini. È stato affrontato come diversi aspetti del funzionamento emotivo siano strettamente correlati alle varie manifestazioni di sintomi somatici e ciò fornisce informazioni preziose sia dal punto di vista clinico, arricchendo le nozioni sulla natura psicologica alla base delle lamentele somatiche, ma è molto utile anche ai fini della prevenzione e del trattamento (Rieffe & Rooij, 2012).

Questi risultati sono importanti perché le emozioni ci forniscono informazioni cruciali che ci aiutano ad interpretare i pensieri e i comportamenti. Essere consapevoli significa anche essere a conoscenza dei segnali che le emozioni ci inviano, solo così i problemi possono essere risolti in maniera efficace (Bajgar et al, 2005).

Si potrebbe dire che una valutazione della consapevolezza emotiva, già in tenera età, potrebbe essere significativa e molto rilevante anche per diversi scopi, come ad esempio progetti di prevenzione; o all’interno di una prospettiva clinica la consapevolezza emotiva potrebbe essere utile durante gli screening di deficit emozionali o per offrire un sostegno psicologico. Anche in ambito scolastico una valutazione dei livelli di consapevolezza emotiva potrebbe essere di aiuto ad insegnanti e psicologi scolastici per riconoscere ed individuare bambini o ragazzi più vulnerabili ai disordini psicologici e fisici e quindi fornire un supporto emozionale precoce (Mancini et al, 2013); motivo per cui progetti mirati a promuovere la consapevolezza emotiva, specialmente in età evolutiva, sono di fondamentale importanza per favorire il benessere, la qualità della vita e per ridurre il manifestarsi di sintomi internalizzanti.

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2. La Teoria della Mente e le sue applicazioni