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Un sipario nuovo per le nozze Farnese »

Durante gli anni del suo fulgido regno, Ranuccio II Farnese aveva intrapreso, è noto, una prodiga politica di mecenatismo culturale, improntata dalla passione per la musica e per l’arte.294 L’apoteosi della sua megalomania spendacciona (di cui fece le spese il successore Francesco Maria, costretto in più occasioni a tirare la cinghia)295 fu toccata negli appena citati festeggiamenti della primavera del 1690.296 Si celebrava, in quell’anno, il sospirato matrimonio tra il rampollo di casa Farnese, l’obeso Odoardo (1666-1693),297 e Dorotea Sofia di Neuburg (1670-1748), figlia dell’elettore palatino Filippo Guglielmo, cognata di Leopoldo I d’Asburgo, nonché sorella della nuova regina di Portogallo Maria Sofia e della futura regina di Spagna Maria Anna. Le nozze, frutto degli sforzi diplomatici del padre Ranuccio, preoccupato di assicurarsi una discendenza, si inquadravano nei disegni della politica internazionale antifrancese, orientati dalla Lega di Augusta (1688).298

Il matrimonio fu preceduto da un forsennato cantiere di lavori, fortemente voluti dallo stesso Ranuccio, mirati al rinnovo e all’abbellimento degli edifici e dei luoghi

294

Cfr. Bruno Gandolfi, L’ultimo atto del mecenatismo musicale farnesiano: ‘Scipione in Cartagine

Nuova’ di Carlo Innocenzo Frugoni e Geminiano Giacomelli al Nuovo Ducal Teatro della cittadella di Piacenza (1730), in I Farnese. Arte e collezionismo. Studi, a cura di Lucia Fornari Schianchi,

Milano, Electa, 1995, p. 208.

295 Cfr. Razzetti, Introduzione, cit., p. 15.

296 Si rinvia, sull’argomento, a due studi fondamentali, con relativa bibliografia: Molinari, Le nozze degli dèi, cit., in partic. alle pp. 202-211; e Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit.

297

Il principe Odoardo morì poco più tardi, il 6 settembre 1693, dopo aver dato alla luce una figlia, Elisabetta (poi moglie di Filippo V di Spagna), e un figlio maschio, Alessandro Ignazio, morto ancora in fasce (cfr. Dario Busolini, Farnese, Odoardo, in DBI, vol. XLV [1995], p. 119, anche on-line). L’obesità era un male genetico che tormentò i Farnese, compreso, come si è visto, Ranuccio II (si ripensi al ritratto caricaturale che di lui fece Sebastiano Ricci; cfr. fig. 3).

298

di divertimento della corte.299 Tra le grandi manovre approvate, la costruzione di un’ampia peschiera nel giardino attiguo al palazzo Ducale di Parma, destinata a ospitare un grande spettacolo nautico previsto per la festa;300 la creazione di un teatrino di corte, fatto edificare nel palazzo della Pilotta dall’architetto Stefano Lolli;301 e il restauro del grande teatro Farnese, le cui operazioni iniziarono forse nel 1685-1686 (documentate soltanto a partire dal 20 novembre 1688).302 Molti gli artisti mobilitati nel cantiere, tra i quali lo stesso Ferdinando Bibiena, cui spettò principalmente la decorazione della loggia e dello scalone antistanti il teatro di Giovan Battista Aleotti (sotto la direzione di Lolli).303 Incaricato da Ranuccio alla sovrintendenza dei lavori del teatro Farnese fu, invece, il marchese Guido Rangoni,304 il quale poteva vantare nel suo curriculum l’incarico di direttore del teatro di san Salvador a Venezia nella stagione 1675-1676.305

Proprio ai veneziani il vecchio Farnese scelse di affidarsi in un momento così delicato, nel quale la sua corte sarebbe apparsa sotto i ‘riflettori’ di tutta Europa. Lo stesso Bibiena rivestì nel contesto dei festeggiamenti un ruolo tutto sommato più defilato, là dove la ‘regia’ dei principali spettacoli fu consegnata nelle mani dei fratelli Mauro: Domenico, Gaspare e Pietro.306 Una scelta mirata, quella di convocare a Parma i tre pittori-architetti-scenografi lagunari, che costituiva un potente segnale dell’assoluta supremazia di Venezia in campo teatrale – organizzativo e scenotecnico in particolare – a quest’altezza cronologica.

299

Cfr. ivi, pp. 15-17.

300 Cfr. ivi, pp. 94-96.

301 Cfr. ivi, pp. 53-57; Capra, Il teatro d’opera a Parma, cit., p. 19. 302 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., pp. 16-17 e 139. 303

Cfr. ivi, pp. 15 e 139.

304 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 139.

305 Cfr. Giovanni Carlo Bonlini, Le Glorie della poesia, e della musica contenute nell’esatta notitia de teatri della città di Venezia, e nel catalogo purgatissimo de drami musicali quivi sin hora rapresentati, Venezia, Buonarrigo, 1730 (rist. anast. Bologna, Forni, 1979), pp. 81-82; Selfridge-

Field, A New Chronology, cit., pp. 116-117. Guido Rangoni era un personaggio molto noto negli ambienti teatrali veneziani di quegli anni. Il 1° settembre 1673, nel suo palazzo, venne dato un concerto privato con il cantante Antonio Rivani (cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 602). Il marchese fu, inoltre, dedicatario del libretto di Antioco il Grande, opera di carnevale della stagione 1681-1682 al teatro di san Giovanni Grisostomo (cfr. ivi, p. 151). Nella dedica, datata 17 dicembre 1681, Girolamo Frisari parla della «Fama, che tuttavia qui risuona della pretettione, che ha sempre degnato l’E.V. impartire alla Musica, & alli Drammi» (Antioco il Grande, Venezia, Nicolini, 1681, 71 pp.; copia consultata: Milano, biblioteca Nazionale Braidense [d’ora in poi Mnb], Racc. Dramm.

Corniani Algarotti, 745).

306 Cfr. Lenzi, La ‘veduta per angolo’, cit., p. 149. Scarsissima la bibliografia sull’importante dinastia

di architetti-scenografi veneziani: cfr. in partic. Elena Povoledo, Mauro, in Enciclopedia dello

spettacolo (1954-1968), Roma, Unedi-Unione Editoriale, 1975, coll. 310-321; e Lucia Casellato, Mauri (Mauro), in DBI, vol. LXXII (2008), pp. 357-361, anche on-line.

L’inizio dei festeggiamenti, inizialmente previsto per il 15 maggio ma slittato al 17 a causa del maltempo, fu ufficialmente aperto dall’ingresso trionfale di Dorotea Sofia a Parma.307 Dopo aver assistito a sfilate di carrozze e spettacoli d’accademia,308 la sera del 20 maggio gli aristocratici invitati alle nozze poterono prendere parte all’inaugurazione del teatrino di Corte, presenziando alla prima opera in musica in programma, L’Idea di tutte le Perfezioni, su libretto del bolognese Lotto Lotti, con musica del concittadino Giuseppe Tosi e scene dei fratelli Ferdinando e Francesco Bibiena.309 Tra gli interpreti, alcuni personaggi che ritroveremo nel corso di questa trattazione: il contralto Valentino Urbani e la virtuosa Anna Maria Torri detta la Beccheretta, entrambi prestati dal duca di Mantova.310

Il giorno seguente, gli ospiti della corte farnesiana si spostarono nel teatro del Collegio dei Nobili, eretto nel 1656 per volontà del rettore Orazio Smeraldi e forse ridecorato per l’occasione.311 Quella sera, sul palcoscenico di quel complesso accademico, venne inscenata La Teodolinda, «una farraginosa ‘opera scenica’ pantomimica»312 scritta da un tale padre gesuita, con ben quindici mutazioni sceniche approntate dal solo Ferdinando Bibiena.313

La seconda opera in calendario fu L’Età dell’Oro, ancora su libretto di Lotti e musica di Tosi, allestita la sera del 23 maggio sempre nel teatrino di Corte, con i soliti fratelli Bibiena a firmare le scene e Lolli nelle vesti di macchinista teatrale.314 All’opera seguì, il giorno successivo, l’atteso spettacolo acquoreo, La Gloria

d’Amore, adibito sulla magnifica peschiera fiore all’occhiello degli apparati voluti da

307 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., pp. 25-27. 308 Cfr. ivi, pp. 36-52.

309

Cfr. ivi, pp. 53-57. «Nella straordinaria occasione delle Feste la collaborazione di Francesco col capo bottega Ferdinando viene gratificata con la debita indicazione del suo nome sui libretti a stampa» (ivi, p. 64).

310 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 58. Il matrimonio farnesiano fu anche

l’occasione per la rappacificazione tra il duca di Mantova Ferdinando Carlo Gonzaga e il duca di Modena Francesco II d’Este. La licenza di cantanti da parte del Gonzaga non era altro che una mossa diplomatica inserita in questo disegno politico (cfr. Casimir Freschot, État ancien et moderne des

duche’s de Florence, Modene, Mantoue, & Parme. Avec l’histoire anecdote des intrigues des cours de leurs derniers princes. On y a ajouté une semblable relation de la ville & légation de Bologne,

Utrecht, Guillaume van Poolsum-Guillaume Broedelet, 1711, pp. 200-206; vd. anche Cirillo-Godi, Il

trionfo del barocco a Parma, cit., p. 161). Tra gli altri cantanti prestati dal duca per l’evento, si

annoverano la fiorentina Clarice Gigli e la bolognese Barbara Riccioni detta la Romanina. A partire da questo momento, la Torri passò al servizio dei Farnese (cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a

Parma, cit., p. 58).

311 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 76. 312 Ibidem.

313

Cfr. ivi, pp. 76-80.

314

Ranuccio: una vasca troneggiante nel cuore dell’ampio giardino ducale, bordato di antichi platani.315 Per l’allestimento della naumachia, il duca aveva pensato a una squadra di lavoro tutta veneziana, vista l’esperienza dei lagunari negli apparati effimeri su acqua. Veneziani erano il librettista e il compositore dell’opera, quell’Aurelio Aureli e quel Bernardo Sabadini già collaudati nelle produzioni musicali del nuovo teatro Ducale.316 Dei costumi fu incaricato un professionista come Orazio Franchi, da oltre tre decenni attivo nei teatri della Serenissima, mentre l’impianto ligneo praticabile innalzato sulla peschiera e la fantasiosa varietà di peote e di macchine allegoriche furono affidati all’ingegno dei già ricordati fratelli Mauro, all’apice della loro fama dopo le esperienze italiane e internazionali.317 Quanto al cast, fu riproposto quello degli allestimenti del teatrino di Corte, con il supplemento di altre forze, tra le quali il giovane castrato Francesco De Grandis, detto Cecchino, e il famoso Domenico Cecchi, detto il Cortona318 (1650 ca.-1717), ceduto in prestito dal duca di Mantova in omaggio agli sposi.319

I magnifici giochi d’acqua, uniti alle migliori voci sulla piazza, della Gloria

d’Amore, furono solo una anticipazione della grandiosa macchina spettacolare che

venne dispiegata per l’opera finale, Il Favore degli Dei,320 di scena il 25 maggio: degna conclusione di un rutilante ciclo di manifestazioni ludiche destinate a imprimersi per sempre nella memoria di chi ebbe la fortuna di assistervi. Un evento

315

Cfr. sullo spettacolo: Luisa Balestrieri, Feste e spettacoli alla corte dei Farnese (1909), Parma, Palatina, 1981, p. 46; Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., pp. 97-138. Per la cronaca dello spettacolo, cfr. la testimonianza di Casimir Freschot, per la quale rinvio alla traduzione italiana di Fausto Razzetti (Il viaggio a Parma. Visitatori stranieri in età farnesiana e borbonica, testi raccolti e presentati da Giorgio Cusatelli e Fausto Razzetti, Parma, Guanda, 1990, p. 38). Ampia la documentazione iconografica sulla naumachia, documentata da una fornita serie di disegni e incisioni dettagliate (si pensi alle raffigurazioni di peote con rematori di Gaspare, Pietro e Domenico Mauro incise da Sebastiano Bianchi) e perfino da alcuni dipinti, come quello di Ilario Spolverini in palazzo Comunale a Parma (cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., passim, dove si registra un ricco repertorio iconografico).

316 Cfr. Nello Vetro, Il Teatro Ducale, cit., pp. 63-68 (si rilegga qui p. 48). 317 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 97.

318

Sul Cortona cfr. Angus Heriot, I castrati nel teatro d’opera (1956), trad. it. di Maria Grazia Testi Piceni, Milano, Rizzoli, 1962, pp. 136-138; Elena Gentile, Cecchi, Domenico, detto il Cortona, in

DBI, vol. XXIII (1979), pp. 248-250, anche online; Colin Timms, Cecchi, Domenico, in New Grove Dictionary of Music and Musicians, cit., vol. V, pp. 327-328.

319

Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 101. Il prestito del Cortona avveniva sul filo di delicate questioni diplomatiche (rinvio qui alla n. 310; cfr. inoltre: ivi, p. 161; Gentile, Cecchi,

Domenico, cit., p. 249). Anche il Cortona, come la Torri e Bissoni, avrà un ruolo chiave nel corso del

nostro studio (cfr. p. 177).

320

Il Favore de gli Dei, Parma, Stamperia ducale, 1690, 88 pp. (con dodici incisioni di scene); libretto consultato nella copia conservata presso la biblioteca Marucelliana di Firenze (Melodrammi, 2116.17).

nell’evento, dato che la sua cornice era quella del rinnovato teatro Farnese, riaperto dopo ventidue anni di assoluto riposo.321

Su questo spettacolo è stato ampiamente scritto.322 Basterà citare alcuni numeri. Le cronache parlano di quattordicimila spettatori (una cifra certamente da ridimensionare).323 Otto le ore della messinscena, ventiquattro i cantanti impiegati, diciassette i gruppi corali, quarantuno le macchine, tredici le scenografie.324 Il poeta Aurelio Aureli, costretto a gestire tanta abbondanza, così si giustificava nella prefazione del libretto: «Scrissi più per la Musica, che per la lettura. […] Spero l’armonia della Musica del Virtuosissimo Sig. D. Bernardo Sabadini Mastro di Capella di S.A.S. sia per rapirti à tal segno la mente, che ò non vedrai, ò vedendole non sdegnerai di leggere, e compatire le mie debolezze».325

Aureli era l’uomo giusto per scrivere Il Favore degli Dei, date le sue conclamate doti inventive326 e la sua capacità di piegarsi alla logica dello spettacolo barocco nel senso più puro, tutto macchine e meraviglia. Il dramma non presenta azione drammaturgica, ma è piuttosto una rassegna di scene irrelate infarcite di incantesimi, metamorfosi e ogni sorta di invenzione: una non-trama che agisce da pretestuoso collante per una esplosione di composizioni mitologiche e allegorie celebrative.327 Ecco, sullo spettacolo, il cronista francese Casimir Freschot:

L’Opera commença par une Simphonie, qui paroissoit être un cry confus de tous les Elements, qui s’efforcoient à se débarasser au premier chaos, où l’on feint qu’ils qu’ils étoient à la création du monde. Le rideau tiré, il parût un véritable chaos sur la sçene, où tout étoit sans forme, & sans figure, jusqu’à ce que le fracas de la premiere Musique s’adoncissant peu à peu, on vit sortir du fond du Théatre formé en abisme des Créatures de toute forte, qui, rangées dans leurs places, formérent la plus belle sçene du monde, décorée de tout ce que les quatre Eléments ont de plus spécieux. Ce fut de cette maniere, que

321 L’ultimo spettacolo messo in scena al teatro Farnese era l’allestimento del dramma La Parma di

Alessandro Guitti, in occasione delle terze nozze del duca Ranuccio con la sorella della seconda moglie, Maria d’Este.

322 Cfr. almeno Molinari, Le nozze degli dèi, cit., pp. 202-211; Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., pp. 161-212.

323

Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 166. «In una collezione privata veneziana si conserva un esemplare del libretto, non censito nel catalogo Sartori, che riporta tredici tavole ben conservate, di dimensioni notevoli (cm. 40 x 48) più volte ripiegate, incise su rame» (Guglielmina Verardo Tieri, «Sogni e favole io fingo»: analogie e differenze tra la scenografia d’opera secentesca e

quella metastasiana, in Il canto di Metastasio, atti del convegno di studi [Venezia, 14-16 dicembre

1999], a cura di Maria Giovanna Miggiani, Bologna, Forni, 2004, vol. I, p. 627).

324 Cfr. Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., p. 166. 325 Il Favore de gli Dei, cit., pp. V-VI.

326

Cfr. Balestrieri, Feste e spettacoli, cit., p. 64.

327

s’introduisit la compétence de touts les Eléments à célébrer la gloire de l’Hyménée, qui faisoit le sujet de la fête; compétence qui fit la matiere de tout l’Opera, & dont les efforts à l’envi l’un de l’autre formérent toutes les sçenes. La Terre produisit tout ce qu’elle peut donner au plausi des hommes, des Jardins, des Palais, des Trésors, & tout ce qu’on tire de cette Mere commune des Vivants: l’Air, le Feu & l’Eau donnerent mille spectacles different, & tous dresses à la loüange des Epoux, & tendant à contribuer à leur satisfaction. Les vols, les machines, & les changements de scenes imprévûs, & tous surprenants, furent un sujet continuel d’étonnement, d’ailleurs, par la plus excellente Musique du monde.328

Per realizzare questo faraonico apparato, si mantenne in gran parte il team di collaboratori già testato nella naumachia: le musiche erano ancora di Sabadini, le coreografie portavano la firma del fidato Federico Crivelli, la compagine dei cantanti riproponeva le star ammirate fino ad allora, con l’aggiunta di ulteriori elementi.329 Un nuovo costumista si affacciava su quella ribalta d’eccezione, Gasparo Torelli,330 mentre il nome di Ferdinando Bibiena faceva capolino accanto a quello del pittore- scenografo Domenico Mauro, autore accreditato delle scene dipinte, e a quello dei fratelli Gaspare e Pietro, ideatori della macchineria e responsabili della parte tecnica

328 «L’opera cominciò con una sinfonia che sembrava essere un grido confuso di tutti gli elementi che

si sforzavano di liberarsi dal primitivo caos, come si immagina che fosse alla creazione del mondo. Alzato il sipario, apparve il vero caos sulla scena, dove ogni cosa era senza forma e senza figura, fino a che, addolcendosi poco a poco il frastuono della prima musica, si videro uscire dal fondo del teatro, a forma di abisso, delle creature di tutte le specie che, collocate ai loro posti, formavano la più bella scena del mondo, ornata di tutto ciò che i quattro elementi hanno di più singolare. Fu in questo momento che si diede la possibilità a tutti gli elementi di celebrare la gloria di Imeneo, che era il tema della festa. La Terra produsse tutto quello che può donare per il piacere degli uomini: giardini, palazzi, tesori […]. L’Aria, il Fuoco, l’Acqua diedero mille differenti spettacoli, tutti innalzati a gloria degli sposi e tesi a contribuire alla loro gioia. I voli, le macchine, i cambiamenti di scena, imprevisti e tutti sorprendenti, furono continuo motivo di stupore e di piacere per gli spettatori, incantanti, d’altra parte, dalla più bella musica del mondo» (la trad. it. si legge in Il viaggio a Parma, cit., p. 37).

329 Ecco l’elenco completo dei cantanti che presero parte allo spettacolo: «Clarice Gigli del Ser. di

Mantova (Giunone), Barbara Riccioni del Ser. di Mantova (Venere), Anna Maria Torri del Ser. di Mantova (Calisto), Clarice Beni Venturini del Ser. di Parma (Dafne), Lucretia Pontissi del Ser. di Parma (Diana), Francesco de Grandis di S.M. Cesarea (Mercurio), Domenico Cecchi del Ser. di Mantova (Adone), Francesco Ballerini del Ser. di Mantova (Marte), Ranieri Borini di S.M. Cesarea (Giove), Gio. Francesco Grossi del ser. di Modena (Apollo), Pietro Mozzi del ser. di Mantova (Peneo e Nereo), Marc’Antonio Origoni del ser. di Modena (Gelosia), Valentino Urbani del ser. di Mantova (Amore), Francesco Antonio Pistocchi del ser. di Parma (Fama), Gio. Battista Speroni del ser. di Parma (Berecinthia), Ascanio Belli del ser. di Parma (Notte), Antonio Bissoni del ser. di Parma (Himeneo), Carlo Andrea Clerici del ser. di Parma (Pluto), Giuseppe Scaccia del ser. di Parma (Nettuno), Pietro Paolo Benigni del ser. di Parma (Momo), Antonio Predieri del ser. di Parma (Delfa), Vincenzo Dati del ser. di Parma (Reggio d’Apollo), Rinaldo Gherardini del ser. di Parma (Armonia), Carlo Antonio Riccardi del ser. di Parma (Perseo)» (Il Favore de gli Dei, cit., pp. IX-X).

330 Gasparo Torelli risulta a stipendio dei Farnese dal 1° maggio 1686 al 30 giugno 1693 (data di

morte). In questi anni, Torelli è costantemente associato ai libretti delle produzioni operistiche del Ducale di Parma e del teatro piacentino di Cittadella. Il suo nome non veniva fuori dal nulla: negli anni Ottanta del Seicento, costui era già attivo costumista e impresario d’opera tra Genova, Bologna, Venezia (cfr. Sartori, I libretti italiani, cit., Indici. I [1993], p. 482). A Venezia, in particolare, egli operò presso il teatro di san Salvador, firmando la dedica del libretto dell’opera Teodora Augusta con musica di Domenico Gabrielli, che esordì in quel teatro il 26 dicembre 1686 (cfr. Selfridge-Field, A

e ingegneristica. Al Bibiena il compito di realizzare una sola mutazione scenica, quella con le «Therme Reali», debitamente attribuita sul libretto dell’opera:331 un prestigioso riconoscimento accordato dal generoso Ranuccio a quel suo ‘cavallo di razza’, che di lì a poco avrebbe scalato le vette d’Europa in virtù delle sue invenzioni scenografiche e architettoniche.

Analogo credito il lungimirante signore di Parma volle tributare a un altro più che promettente gioiello della sua scuderia: Sebastiano Ricci. A quest’ultimo va accreditato lo sfolgorante sipario a caduta che il nutrito pubblico di sangue blu presente quella sera poté ammirare, prima dell’inizio dello spettacolo-evento, entro la cornice dell’arcoscenico.332 La nuova imponente ‘tenda’333 dipinta dal pittore bellunese sostituiva quella – vecchia e ormai logora – realizzata anni or sono da Lionello Spada, in occasione dell’inaugurazione dello stesso teatro Farnese.334

Il sipario riccesco, perduto, è noto attraverso una contemporanea incisione di Francesco Maria Francia (1657-1735),335 tratta a sua volta da un disegno dell’architetto, pittore e scenografo piacentino Carlo Virginio Draghi336 (fig. 15). Quest’ultimo era stato incaricato dal duca di imprimere su carta la magnificenza dei complessi apparati del Favore degli dei, diffondendo e insieme perpetuando nei minimi dettagli la memoria visiva di quello spettacolo. Tra le numerose stampe coeve desunte dai disegni di Draghi, è giunta fino a noi la riproduzione del proscenio del teatro aleottiano nel momento precedente alla caduta del sipario. Una testimonianza preziosissima, che da un lato illustra la straordinaria ricchezza dell’arcoscenico restaurato per l’occasione, impreziosito da colonne corinzie e

331

«Inventore, e Dipintore delle Therme Reali. Il Signor Ferdinando Galli detto il Bibiena Servitore

attuale di S.A.S.» (Il Favore de gli Dei, cit., p. XII).

332 Sul sipario riccesco cfr. L’opera completa di Sebastiano Ricci, cit., p. 90, n. 44; Cirillo-Godi, Il trionfo del barocco a Parma, cit., pp. 156-161; cfr. Scarpa, Sebastiano Ricci, cit., pp. 18, 62, 355-356

(n. P/42).

333

Il sipario misurava all’incirca cm. 128 x 160 (cfr. Scarpa, Sebastiano Ricci, cit., p. 62).

334 Cfr. Paolo Donati, Descrizione del gran Teatro Farnesiano di Parma e notizie storiche del medesimo, Parma, Blanchon, 1817, p. 59; Paolo Emilio Ferrari, Spettacoli Drammatico-musicali e Coreografici in Parma dall’anno 1628 all’anno 1883, Parma, Battei, 1884 (ma 1887), p. 7.

335 L’incisione del Francia è attualmente conservata a Soragna, presso la biblioteca Meli Lupi (cfr.

Scarpa, Sebastiano Ricci, cit., p. 18).

336 Carlo Virginio Draghi (1638-1694) veniva dall’ambiente teatrale: nel 1673, egli è attestato come

ingegnere delle macchine e ideatore delle scenografie nell’opera L’Inganno Trionfato, di scena nella