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Il socio Giovanni Orsatto »

IV I guai della stagione veneziana 1705-

3. Il socio Giovanni Orsatto »

Giovanni Orsatto quondam Domenico (1662 ca.-post 1748) può certamente essere definito uno dei grandi impresari di professione del teatro pubblico veneziano del primo Settecento, come lo era stato, nel cuore del secolo precedente, l’avvocato Marco Faustini,854 e come lo era l’ormai anziano Francesco Santurini, pluricitato costruttore del sant’Angelo.855 La sua carriera è impressionante, anche per longevità, in un mestiere poco gratificante come quello dell’impresario teatrale, ricco di insidie, di pentimenti, di lotte continue, dove non di rado chi si prendeva la briga di assumere l’impresa veniva bruciato dopo una stagione appena.856

Della vita di Orsatto non sappiamo molto, nonostante la mole compulsiva di cause giudiziarie e documenti notarili collezionati nel corso di un’instancabile attività free-

854 Su Faustini cfr. Bruno Brunelli, L’impresario in angustie, in «Rivista italiana del dramma», 5,

1941, 3, pp. 311-341; Giazotto, La guerra dei palchi (I), cit., pp. 253-260. Nel Settecento faticarono ad affermarsi figure impresariali di rilievo (cfr. Nicola Mangini, L’organizzazione teatrale a Venezia

nel Settecento, in Id., Alle origini del teatro moderno e altri saggi, Modena, Mucchi, 1989, p. 87). 855

Su Orsatto cfr. Bianconi-Walker, Production, Consumption, cit., pp. 289-292; Mancini-Muraro- Povoledo, I Teatri del Veneto, cit., to. II, passim; Selfridge-Field, A New Chronology, cit., passim; Glixon-White, ‘Creso tolto a le fiamme’, cit., passim. In quest’ultimo contributo si annuncia la prossima pubblicazione di un contributo specifico su Orsatto, a firma della prof. Beth L. Glixon.

856 Per tutti questi motivi, non si può essere d’accordo, per una volta, con lo studioso Gastone Vio,

secondo cui «l’Orsatto non fu davvero tra i migliori impresari teatrali veneziani», date le beghe giudiziarie accumulate in carriera (Una satira, cit., p. 117; Vio si riferisce soprattutto ai guai delle stagioni 1712-1713 e 1717-1718 al sant’Angelo: cfr. ivi, pp. 117-118 e pp. 122-124). In realtà, i numeri delle stagioni teatrali gestite da Orsatto parlano da soli; le magagne legali erano inevitabili corollari della professione dell’impresario d’opera. Sulla continuativa attività impresariale di Orsatto molto resta ancora da scoprire (cfr. Bianconi-Walker, Production, Consumption, cit., p. 292). Attendiamo, a tal proposito, la documentazione archivistica annunciata da Beth L. Glixon (cfr. n. precedente).

lance. Grazie a una deposizione del 16 gennaio 1748 firmata dall’impresario allora

ottantacinquenne (o giù di lì), si apprende che egli era vicentino, e che da cinquantaquattro anni risiedeva a Venezia, in una casa nella contrada di santa Maria Mater Domini.857 Facendo un rapido calcolo, si può supporre che Orsatto fosse arrivato in Laguna intorno al 1693, all’età di quarantuno anni (con debita approssimazione).858

Il suo debutto teatrale non avvenne però nella Serenissima, ma in terraferma. Il nome del vicentino compariva per la prima volta nella dedica del libretto di una produzione veronese del 1696, l’Eurione (20 dicembre 1695 è la data della firma),859 anche se non è escluso che l’attività di Orsatto possa esser iniziata prima. Comunque sia, da quel momento la sua carriera decollava, macinando un ciclo quasi ininterrotto di stagioni d’opera spalmato per oltre un trentennio in fluido colloquio tra l’entroterra veneto e la Dominante.

Ai teatri di Venezia, Orsatto approdava dopo un ‘tirocinio’ di qualche anno nei circuiti di provincia, conseguito sullo scorcio del secolo: prima nella sua Vicenza, poi a Udine, infine ancora a Verona.860 Le città del nord Italia erano spesso un banco di prova prima di arrischiare la fortuna nella capitale del teatro. Quando e in che modo egli avesse bussato per la prima volta alla porta del sant’Angelo, non sappiamo: pur se da qualche anno abitava a Venezia, nell’ambiente musicale

857 Tale deposizione fu rilasciata da Orsatto in qualità di testimone in favore di Pietro Mauro, nipote di

Antonio Vivaldi (era quest’ultimo il figlio di Cecilia Maria e Giovanni Antonio Mauro; cfr. Gastone Vio, Antonio Vivaldi e i Vivaldi, in «Informazioni e studi vivaldiani», 4, 1983, p. 82), in occasione della richiesta di annullamento del matrimonio dello stesso Mauro con Domenica Maria Brembilla, presso la Curia Patriarcale di Venezia. Nella circostanza, Orsatto dichiarò di avere ‘all’incirca’ ottantacinque anni (cfr. ASPV, Filcia Causarum, c. [n. antico] 130, Venezia, 16 gennaio 1747 m.v.; cit. in Micky White-Michael Talbot, Pietro Mauro, detto ‘il Vivaldi’: Failed Tenor, Failed

Impresario, Failed Husband, Acclaimed Copyist, in Vivaldi, ‘Motezuma’ and the Opera Seria: Essays on a Newly Discovered Work and Its Background, a cura di Michael Talbot, Turnhout, Brepols, 2008,

pp. 46-49).

858

È sempre necessario acquisire con cautela le informazioni desumibili dalle varie deposizioni del tempo. Quasi mai certi dati (età compresa) erano dichiarati con esattezza, in buona o in mala fede.

859 Eurione, Vicenza, Amadio, 1696, 62 pp. (copia consultata: Mnb, Racc. Dramm. Corniani Algarotti, 1773). La dedica firmata da Orsatto è alle pp. 3-4.

860

Parallelamente al grande circuito dei teatri veneziani, si era sviluppato un complementare circuito in area padana e nella terraferma veneta, in cui circolavano produzioni operistiche date per lo più in anteprima a Venezia (cfr. Piperno, Il sistema produttivo, cit., pp. 27-28). In tal modo, il repertorio veneziano trovava un canale di smistamento di più ampio respiro, a tutto vantaggio dell’economia musicale (a riprova che anche allora il teatro di repertorio esisteva; cfr. sull’argomento Sara Mamone,

Serenissimi fratelli principi impresari: notizie di spettacolo nei carteggi medicei. Carteggi di Giovan Carlo de’ Medici e di Desiderio Montemagni suo segretario (1628-1664), trascrizione in

collaborazione con Annamaria Evangelista, Firenze, Le Lettere, 2003, p. LVI). Una sorta di «livello B di circolazione teatrale» (Bianconi, Condizione sociale, cit., pp. 385-386), dove Orsatto, passe-partout tra la provincia e la Serenissima, agì con disinvoltura nel ruolo di manager di spettacolo.

lagunare non era ancora nessuno. Eppure più e più volte nel corso della storia di quel teatro i nobili compatroni gliene affidarono le chiavi, segno di un tributo di fiducia corrisposto.

La prima volta di Orsatto come impresario al sant’Angelo fu, secondo i più recenti e aggiornati studi,861 nella stagione 1702-1703,862 quando le sue referenze avevano fatto presa, bene o male, sul crocchio di quegli assortiti locatori, costretti ogni anno a trovar di che affittare il proprio teatro e a sbrigarne le gravose pratiche. In realtà, sulla base di alcune ricerche inedite di Gastone Vio,863 è stato possibile rintracciare un documento che retrodaterebbe l’ingresso di Orsatto al sant’Angelo di tre stagioni buone (e chissà che qualcos’altro non possa emergere nel corso di ricerche future). In una scrittura estragiudiziale dell’8 luglio 1699,864 la cantante Antonia Portis Mantica (per lo più sconosciuta ai cataloghi) rivendicava a Orsatto il saldo di quanto presumibilmente stipulato nel suo contratto d’ingaggio, pari a ventidue ducati, diciannove grossi865 e un soldo. Anche se nel documento la parola ‘impresario’ non viene mai usata, è molto probabile che Orsatto lo fosse. È ipotizzabile che il vicentino fosse subentrato in corsa nella stagione 1698-1699866 al posto della coppia fallimentare di impresari formata dai non meglio identificati

861

Cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 253; Glixon-White, ‘Creso tolto a le fiamme’, cit., p. 5.

862 Orsatto firmò la dedica del libretto di una delle opere presentate al sant’Angelo in quella stagione, L’Almansore in Alimena (musica di Carlo Francesco Pollarolo e libretto attribuito a Giovanni Matteo

Giannini, Venezia, Albrizzi, 1703), autodefinendosi «Impressario di questo Teatro di Sant’Angielo» (copia consultata: Mnb, Racc. Dramm. Corniani Algarotti, 513, p. 5). Va, dunque, aggiornata la cronologia degli impresari al sant’Angelo a cura di Mancini, Muraro, Povoledo, dove si dà Santurini quale impresario del teatro (cfr. I Teatri del Veneto, cit., to. II, pp. 36-37), avendo egli ottenuto il permesso di farvi costruire, quell’anno, «otto palchi tra il pepian, primo, 2°, 3° ordine» (ASV,

Notarile. Atti, b. 1450, n. 51, Venezia, 10 giugno 1702 [estragiudiziali del notaio Valerio de Boni], cit.

in ivi, p. 37). In realtà, quest’ultimo documento non dice che Santurini prese in affitto il teatro, ma si limita ad attestare che a lui erano dovuti gli utili dei nuovi palchi.

863

Cfr. Vfc, Fondo Vio, b. ‘Teatri. S. Angelo’, fasc. ‘S. Angelo’, c. n. n. Il Fondo Vio raccoglie appunti e materiali (molti dei quali inerenti il teatro) accumulati dallo scomparso studioso, frutto della sua inesausta passione per l’archivio e la storia di Venezia. Per un profilo dello studioso cfr. Eleonor Selfridge-Field, In Memoriam Gastone Vio, in «Studi vivaldiani», 5, 2005, pp. 109-112; Talbot, The

Vivaldi Compendium, cit., p. 191, sub. voce ‘Vio, Gastone’. Desidero qui ringraziare la prof. Eleonor

Selfridge-Field per avermi indirizzato nella ricerca.

864 Cfr. ASV, Giudici del Forestier, ‘Domande, scritture, risposte delle parti’, b. 71, n. 153, Venezia, 8

luglio 1699.

865

Nel sistema monetario veneziano, il ‘grosso’ era «la vigesima parte d’un ducato. Il grosso del ducato corrente era di soldi 5 e piccoli 2; quello del ducato d’argento di soldi 6 e piccoli 7; quello del ducato di banco, di soldi 8; e quello del ducato da olio, di soldi 5 e piccoli 8» (Boerio, Dizionario, cit., p. 319).

866

Cfr. quanto appuntato da Gastone Vio in Vfc, Fondo Vio, b. ‘Teatri. S. Angelo’, fasc. ‘S. Angelo’, c. n. n.

Francesco Tidoni e Domenico Sanzogno,867 protagonisti di burrascose vicende giudiziarie. Questi ultimi, in una estragiudiziale del 3 settembre 1698, messa agli atti dal notaio Marco Generini, avevano recriminato ai compatroni svariate carenze nel teatro:

il pavimento della scena del Theatro di S. Angelo è rovinoso, e cadente, in forma che non si

può recitare che con evidente precipitio. Mancano pure quattro anime necessarijss[i]me alle scene solite di tutti li Theatri. Là fondamenta trà il Theatro, et Ca’ Sauvrai in ove si smonta è impratticabile, ance per tal diffetto costretti gl’[…] à valersi de fondamenta dell’altra parte inserviente a casa vicina, hanno prestato li vicini sud[ett]i il commodo di essa fondamenta ma con aprire una finestra hora fatta grandiss[i]ma prospiciente s[opr]a là scena, che non solo lascia il godimento dell’opera a’ più persone, mà là libertà di scender in scena, et in Theatro à loro piacimento.868

La scrittura nasceva in risposta a un’altra scrittura, depositata presso lo stesso notaio in data 27 luglio 1698,869 in cui gli stessi compatroni avevano a loro volta accusato i due ‘conduttori’ Tidoni e Sanzogno di non aver rispettato gli accordi, parlando di recita «arenata» e di teatro «chiuso».870 Di qui, evidentemente, la decisione da parte dei locatori di un cambio al vertice dell’impresa, sostituendo i due malcapitati con Orsatto, semisconosciuto a Venezia ma forte delle esperienze maturate in provincia.

Ma, nonostante tutto, neanche Orsatto dové combinare niente di buono. Se ciò fosse dovuto ai reali disagi denunciati da Tidoni e Sanzogno – il palcoscenico

867 Il 12 aprile 1698 fu firmato il contratto tra i compatroni del sant’Angelo e gli impresari Francesco

Tidoni e Domenico Sanzogno (lo si evince da una scrittura giudiziaria in ASV, Giudici del Forestier, ‘Domande, scritture, risposte delle parti’, b. 67, Venezia, 27 luglio 1698; il documento è stato consultato in facsimile in Vfc, Fondo Vio, b. ‘Teatri. S. Angelo’, fasc. ‘Impresari Compatroni S. Angelo’, ‘Vivaldi S. Angelo’, ‘1698’ (non si è potuto reperire, purtroppo, l’indicazione del numero del documento). In altre carte da me rintracciate all’ASV, Domenico «Sonzonio» risulta agli atti come beneficiario di affitti di palchi per parte del suo creditore Paolo Valnegrini, impresario al san Cassiano nella stagione 1697-1698 (cfr. ASV, Notarile. Atti, b. 4025, fasc. a. 1698, cc. n. n., Venezia, 24 marzo 1698, estragiudiziali del notaio Pietro Antonio Ciola).

868 ASV, Notarile. Atti, b. 6913, Venezia, 3 settembre 1698 (estragiudiziali del notaio Marco

Generini). Il documento è stato consultato in facsimile in Vfc, Fondo Vio, b. ‘Teatri. S. Angelo’, fasc. ‘Impresari Compatroni S. Angelo’, ‘Vivaldi S. Angelo’, ‘1698’ (non si è potuto reperire, purtroppo, l’indicazione del numero di carta). Si sa che il sant’Angelo venne restaurato nel 1693 (cfr. Mancini- Muraro-Povoledo, I Teatri del Veneto, cit., to. II, p. 36); dopodiché, come fa notare Nicola Mangini, «non vi furono fatti lavori di grande mole», sebbene si possa «fondatamente supporre» che il teatro «dovette sottoporsi periodicamente agli opportuni interventi, anche se parziali, per ovviare ai cedimenti delle strutture esterne e al deterioramento del materiale e delle decorazioni della sala» (Mangini, I teatri di Venezia, cit., p. 133).

869 Cfr. ASV, Notarile. Atti, b. 6913, n. 86, Venezia, 27 luglio 1698 (estragiudiziali del notaio Marco

Generini).

870

«rovinoso, e cadente», la mancanza di attrezzatura scenica (le «quattro anime»), la «finestra» praticata dietro la scena – non sapremmo dire. I documenti disponibili non dicono se i problemi in questione furono poi risolti prima dell’inizio delle recite. Fatto sta che le cronologie registrano, per la stagione 1698-1699, solo l’opera d’autunno, Radamisto, poesia di Antonio Marchi, musica di Tomaso Albinoni, il cui breve ciclo di performances, iniziate tardivamente il 17 novembre (come annunciato dagli «Avvisi» e da «Pallade Veneta»),871 ebbe termine il 29 del mese, all’inizio del tempo di avvento.872 L’opera di carnevale, quindi, non si fece. Il teatro dei Marcello, Capello e compagnia rimase al palo proprio nel periodo di alta stagione a Venezia. Del resto, una conferma che «nel Teatro di S. Angelo l’anno 1699 non si fecero, che le pocche recite»873 la offre il nobile Ascanio Giustinian due anni più tardi, nella replica piccata a una intimazione della già menzionata Paulina Vittoria Marcello, consegnata ai magistrati del Forestier il 27 aprile 1701 (i documenti sono inediti).874 La battaglia legale intrapresa dalla gentildonna, madre di Ferigo Vettor, riguardava l’affitto arretrato del palco 26 a pepiano posseduto dal Giustinian in quel teatro.875 Una seccante consuetudine, quella degli affittuari morosi, che teneva in angustie, si è visto, compatroni e impresari. In questo caso, però, la questione era più complessa. Nella sua risposta alla estragiudiziale di Paulina Vittoria, Ascanio Giustinian rinviava al mittente le accuse, facendo notare che in quell’anno «non si fecero le Recite come si doveva per poter obligar gl’affituali al pagamento»; ergo «non havendosi fatto, ne potendosi recittare l’Autuno, ed il Carnovale, non possi esser obbligato in alcun tempo all’affitto intiero del Palco, come vuol la Giustitia».876 Se dobbiamo credere a

871 Cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 232. «Pallade veneta comparve per la prima volta

nel gennaio 1687 come compendio mensile di notizie, strutturato sul modello del Mercure galant. In questo suo formato ebbe vita breve: le sue copie furono pubblicate fino al maggio del 1788. La stampa, a quanto pare, era commissionata dagli agenti degli Inquisitori di stato, per far propaganda alle ‘scienze cristiane’ (tra le quali anche l’opera in musica), come precisa l’editore Lorenzo Baseggio nella prefazione al primo volume. […] Dopo la fine delle copie a stampa, l’iniziativa continuò nella compilazione manoscritta di notiziari settimanali (fino alla fine del 1751) in uno stile molto più prossimo a quello degli avvisi» (Selfridge-Field, Song and Season, cit., p. 315; mia la traduzione).

872 Cfr. Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 232.

873 ASV, Giudici del Forestier, ‘Domande, scritture, risposte delle parti’, b. 72, n. 111, Venezia, 19

maggio 1701.

874

Cfr. ASV, Giudici del Forestier, ‘Domande, scritture, risposte delle parti’, b. 72, n. 84, Venezia, 27 aprile 1701.

875 Tale palco passerà all’erede Girolamo Ascanio Giustinian, del quale avremo modo di parlare più

avanti (cfr. pp. 200-202).

876

ASV, Giudici del Forestier, ‘Domande, scritture, risposte delle parti’, b. 72, n. 111, Venezia, 19 maggio 1701.

queste parole, il nobiluomo non avrebbe avuto tutti i torti a rifiutarsi di pagare l’affitto. Resta il fatto che, di regola, gli affittuari dovevano pagare il palco in anticipo, e non a stagione finita, essendo quest’ultima una prassi tanto radicata quanto scorretta.877 Ne dà conferma Ivanovich:

L’ultimo utile, che si ricava si è quello degli affitti de’ Palchetti, che per esser in numero quasi di cento, diviene considerabile; e questo ò riesca, ò non il Drama, sempre è lo stesso, né può mancare annualmente ogni volta, che recita il Teatro in quel Carnovale.878

Tornando a Orsatto, se quello fu davvero il suo esordio nei teatri veneziani, avrebbe certamente potuto sperare in un destino più fortunato. La cattiva sorte non impedì però né a lui né ai compatroni di darsi reciprocamente un’altra chance. Arriviamo quindi al suo debutto ‘ufficiale’, quello accreditato alla stagione 1702- 1703. Nel merito, la scelta dell’impresario vicentino non fu così pacifica da parte dei compatroni, se venne controfirmata dalle parti soltanto il 12 luglio879 (là dove i contratti di affittanza del sant’Angelo, si è detto, erano solitamente ratificati al principio della quaresima). In effetti, come si evince da documenti inediti successivi, l’operato del vicentino non doveva essere andato a genio al trentasettenne Polo Capello.880 L’anno successivo, il nobile compatrone ebbe di che ridire sulle scelte operate negli ultimi tempi in fatto di impresari. Il suo sfogo è tutto affidato a una estragiudiziale del 4 agosto 1703, scritta per mano del procuratore del nobiluomo, l’a noi noto Andrea Allegri,881 e indirizzata a Giovan Battista Raisoni,882 di professione causidico e allora agente, cassiere e interveniente ufficiale del teatro:

877 I pagamenti degli affitti dovevano avvenire al massimo entro la fine del carnevale della stagione

stessa (cfr. Glixon-Glixon, Inventing the Business of Opera, cit., p. 30). Di fatto, i ritardi sforavano di mesi, a volte perfino di anni (cfr. ivi, p. 32).

878 Ivanovich, Memorie teatrali, cit., p. 410.

879 Secondo quanto appuntato dallo scomparso studioso Vio (Vfc, Fondo Vio, cc. n. n.), la data del

contratto si ricaverebbe da un sollecito del 23 maggio 1703 inoltrato da Orsatto all’aristocratico Gerolamo Duodo per il versamento di due mezzi palchi a lui riservati. Purtroppo non sono riuscito a identificare il documento in questione. In Selfridge-Field, A New Chronology, cit., p. 253, si legge che il contratto di Orsatto fu ratificato in agosto; tuttavia la studiosa americana non specifica la fonte dell’informazione.

880 Polo Capello era figlio di Alvise quondam Polo (cfr. Barbaro, Arbori de’ patritii veneti, cit., vol. II,

p. 261, sub voce ‘Capello K’), tra i firmatari dell’atto di fondazione del teatro di sant’Angelo del 15 agosto 1676 (si rilegga qui p. 110 e n. 675).

881

Si rileggano le pp. 103-106.

882

Le stravaganze che vengono pratticate con notabile pregiud[ici]o dell’importante interesse di mè Polo Capello fù d[e]l q[uondam] Alvise, uno de’ compatroni del Teatro di S. Angelo dagl’altri N.N.H.H. Compatroni dello Stesso omettendo le pronte [congiunture?] più caute, et avantaggiose d’affittar d[et]to Teatro ad uso di Opera, et contrattando, et affittando quello a persone falite e che non hanno niente in eser ad’onta del mio dissenso, intervento, e sottoscrit[tur]a; e senza far li soliti inviti, m’obligano a palisar con l[a] pr[esen]te il mio dispiacim[en]to a voi d[omino] Z[uanne] B[attis]ta Raisoni come Interveniente di d[ett]o Teatro; perché in caso che andasse vuoto, ò altro qualsisia sinistro ch’accader potesse in qualunque tempo, e particolarm[en]te nell’anno corr[en]te per causa delli sopra espressi et altri mottivi da loro dippendenti intenderò di esser giustam[en]te da med[esi]mi rissarcito di qualunque mio danno, et pregiud[ici]o; che gli resta con la pr[esen]te amplam[en]te protestato. Sarà dunque parte della Vostra solita puntualità, et ben nota Esperienza per il procurar di persuaderli a miglior e più aggiustata diretione a tal interesse altrim[en]ti ne casi soprarriferiti sarà da mè essercitate le prog[ressi]ve e competenti rag[gio]ni […].883

Solo implicito il disappunto per i nuovi ‘conduttori’ designati (che difatti Polo Capello si guardava dal nominare). Piuttosto rabbia nei confronti delle decisioni poco «caute» e punto «avvantaggiose» dei compatroni, e un vaso colmo di frustrazioni traboccato per una goccia di troppo, a seguito di stagioni fallimentari affidate a impresari sbagliati («faliti») e senza un quattrino («che non hanno niente in eser»). Probabilmente anche Orsatto rientrava nella categoria di chi aveva deluso: di qui le riserve di Capello, preoccupato di ennesime andate a «vuoto» della stagione teatrale e «altro qualsisia sinistro» («particolarmente nell’anno corrente»). Simili inconvenienti avrebbero avuto non solo disastrose ricadute economiche sui bilanci del teatro, ma anche ritorsioni sul prestigio della sala e dei suoi illustri proprietari. Quindi le preventive minacce di preteso risarcimento all’indirizzo degli altri locatori, là dove le sue infauste previsioni si fossero avverate.

Con questa estragiudiziale, da un lato il nobiluomo metteva agli atti – nei registri del notaio Centone – le sue diffide e le sue risentite richieste; dall’altro, sperava di far ravvedere i suoi pari raccomandandosi alla mediazione del fido Raisoni, solerte

factotum abituato, c’è da scommetterci, a essere strattonato da una parte e dall’altra

alla mercé dei tanti, troppi soggetti che accampavano diritti su quel teatro.

La scrittura di Polo Capello lascia presumere il trend negativo delle ultime stagioni al sant’Angelo. Del resto, dopo la disastrosa stagione inaugurata da Sanzogno e Tidoni, le cose non dovettero andare tanto meglio l’anno dopo con la

883

ASV, Notarile. Atti, b. 3904, n. 26, Venezia, 4 agosto 1703 (estragiudiziali del notaio Alvise Centone).

strana coppia formata dall’abate Giulio Franchini e dal nobile Tomaso Malipiero.884 Sconosciuto agli onori delle cronache teatrali il primo.885 Accreditato protettore del teatro e autore di due libretti d’opera, sempre per il sant’Angelo,886 il secondo. Di fatto, nemmeno questi due impresari riuscirono a evitare i polveroni legali, stando a un’ennesima estragiudiziale, pure inedita, dove si parla di un presunto mancato «esborso di denaro per causa del donativo» promesso dai compatroni ai «Condutori del Teatro».887

Nel biennio successivo, il sant’Angelo tornava a essere gestito da una vecchia conoscenza, il fondatore Santurini.888 Ma la candidatura del veterano impresario non aveva prodotto un consenso unanime tra i compatroni. Lo si evince dalle rispettive date relative ai contratti d’affitto del teatro.889 L’accordo per la stagione 1700-1701