1. La ricostruzione dell’indoeuropeo comune come punto di partenza dello studio storico-comparativo
1.2. Il sistema verbale indoeuropeo
1.2.1. La categoria verbale indoeuropea del tempo
Tutte le lingue indoeuropee, e quindi anche le lingue slave, possiedono le categorie verbali di numero, persona, genere, tempo, aspetto, diatesi e modo, che sono state ereditate dalla protolingua indoeuropea comune.
Ai fini del nostro lavoro, quella che ci riguarda direttamente è la categoria del tempo, che indica il momento dell’azione in relazione al momento del discorso o a un altro momento che viene preso come punto di orientamento, che è definito in linguistica come centro deittico. In tutte le lingue naturali è possibile situare un’azione sulla linea del tempo, ma il tempo costituisce una categoria verbale solo in quelle lingue che lo esprimono tramite mezzi grammaticali, solitamente affissi; ciò vale per le lingue indoeuropee contemporanee, ma come vedremo la situazione era diversa nell’indoeuropeo comune. Le lingue che possiedono la
4 Gamkrelidze e Ivanov (1984: LXXV) descrivono dettagliatamente il metodo di ricostruzione
linguistica utilizzato in linguistica storico-comparativa, e in particolare si soffermano su cosa è possibile ricostruire. Per quanto riguarda l’interpretazione formale del significato delle parole, ad esempio, bisogna tenere conto di due piani: quello del significante e quello del significato. In altre parole, bisogna verificare che un’eventuale somiglianza tra due forme non sia una pura casualità, ma che sia riconducibile a un’identità anche sul piano del significato. Ciò vale non solo per il lessico, ma anche per la fonetica, per la morfologia e, in alcuni casi, per la semantica. Per risolvere i problemi della ricostruzione di un sistema linguistico comune bisogna ricorrere al metodo della verifica tipologica delle forme ricostruite.
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categoria del tempo si distinguono tra loro per il livello di precisione nel posizionamento di un’azione nel tempo: alcune lingue si limitano a esprimere solo l’anteriorità, la contemporaneità o la posteriorità dell’azione rispetto al centro deittico, mentre altre lingue hanno sviluppato dei mezzi per esprimere anche il grado di distanziamento dell’azione dal centro deittico. Se come centro deittico viene preso il momento attuale, si parla di tempo assoluto; se invece viene preso un altro punto di orientamento temporale, si parla di tempo relativo. I tempi assoluti sono il presente (tramite il quale si esprime un’azione situata nel momento del discorso), il passato (l’azione è situata prima del momento del discorso) e il futuro (l’azione è situata dopo il momento del discorso). La categoria del tempo è strettamente collegata al modo e all’aspetto. Ad esempio, alcune lingue non possiedono mezzi grammaticali per l’espressione del futuro, che viene reso tramite una combinazione di tempo e modo: in questo caso, possiamo dire che il futuro non è un tempo verbale, ma un modo. Per il passato, invece, in particolare per quelle lingue che possiedono più tempi passati, la categoria del tempo è spesso collegata a quella dell’aspetto. Il sistema temporale di molte lingue è organizzato sull’opposizione binaria passato : non-passato, oppure futuro : non-futuro; la maggior parte delle lingue indoeuropee si basa sull’opposizione passato : non-passato, come è chiaro dal fatto che la distinzione tra presente e futuro non è sempre chiara e ben definita, spesso le forme del presente possono essere utilizzate anche per rendere azioni future.
Una categoria strettamente collegata a quella del tempo, e che quindi in maniera indiretta riguarda il nostro lavoro, è quella dell’aspetto, che definisce i limiti temporali della durata di un’azione. In altre parole, non collega il momento dell’azione con un punto temporale, ma influisce solo sull’organizzazione interna dell’azione. Possiamo dire che l’aspetto riguarda l’osservazione della struttura temporale interna all’azione. E’ una categoria molto importante per le lingue slave.
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Generalmente si individuano tre aspetti: perfettivo, imperfettivo e iterativo. L’aspetto non è una categoria obiettiva: i parlanti decidono soggettivamente quale aspetto utilizzare, in base a ciò che vogliono dire. L’aspetto si esprime tramite suffissi e prefissi flessivi o derivazionali, o con mezzi perifrastici, in alcuni casi. Nel protoslavo e nelle lingue slave contemporanee l’aspetto non può essere considerato una categoria flessiva, in quanto le opposizioni aspettuali si indicano tramite mezzi derivazionali e non flessivi. L’aspetto slavo con alta probabilità non è un’eredità indoeuropea, ma un’innovazione slava: il protoindoeuropeo, infatti, a differenza del protoslavo, non prevedeva la possibilità di utilizzare gli aspetti anche al futuro.
Parlando di concetti come “eredità indoeuropea” o “innovazione slava” ci ricolleghiamo a quanto detto nel paragrafo 1.1.3: abbiamo parlato dell’importanza di inserire le lingue in una prospettiva storica al fine di ricostruirne al meglio i dettagli relativi al sistema verbale, e in particolare ai temi di nostro interesse; non dobbiamo dunque trascurare l’origine delle categorie del verbo indoeuropeo. Anch’esse, come vedremo di seguito, hanno subito evoluzioni e cambiamenti. Tutte le categorie verbali indoeuropee avrebbero avuto origine da un’antichissima divisione delle forme verbali dell’indoeuropeo comune in due serie, che sarebbero poi state rianalizzate e mescolate, adattate a suffissi e desinenze, dando origine così al sistema verbale come lo conosciamo oggi. Sembra opportuno portare a conoscenza di questo sistema innanzitutto perchè rappresenta il primo passo verso l’evoluzione che ci porterà, nei capitoli successivi, a discutere della categoria del tempo in termini storico-comparativi, ma anche perché, come abbiamo affermato inizialmente, la ricostruzione delle forme protoindoeuropee rappresenta un modello su cui dovremo basarci anche parlando del protoslavo.
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