3. Le dimensioni della complessità dell’aiuto alla luce dei nuovi obiett
3.2 La sovrapposizione dei livelli di intervento dell’aiuto allo sviluppo:
La seconda dimensione è la sovrapposizione dei livelli d’intervento dell’aiuto: locale, nazionale, regionale e internazionale. Gli interventi sono diventati più frequenti e insieme a questi differenti livelli di decisioni contribuisce a rendere meno chiaro e meno leggibile gli impegni presi. Una altra grande questione che si pone qui sono le comunità politiche impegnate e interessate dalle decisioni prese e davanti alle quali dei conti devono essere resi.
A contribuire a questa situazione è la povertà globale negli anni duemila. In quegli anni si registrano una riduzione e una ricollocazione importante che vede la maggioranza dei poveri nei Middle Income Country (MIC), unione dei Lover Middle Countries (LMIC) e degli Upper Middle Countries (ULMC) (Ianni, 2017). La nuova ricollocazione è alla base da una parte della modificazioni dei livelli d’interventi dell’aiuto. La stessa distinzione binaria, paesi industrializzati -paesi in via di sviluppo, cede il posto a uno scenario frammentato con la nascita di due nuove aree intermedie: l’una costituita dalla crescita del numero dei paesi MIC accompagnata da una diminuzione drastica dei Low Income Countries (LIC), e l’altra fascia della precarietà che raggruppa coloro che si collocano al di sopra della linea della povertà ma non raggiungono il livello che gli offre la garanzia di essere sfuggiti ad essa (Ianni, 2017). Attraverso alcune politiche neoliberali e finanziarizzazione dell’economia, la diseguaglianza ha, infatti, raggiunto livelli allarmanti mentre è aumentato la sua pluralità con l’intreccio sempre più stretto di diseguaglianze verticali e orizzontali con tendenze diverse.
Come riportato sul sito www.mdgmonitor.org, nel periodo 2000-14 l’incremento dell’APS in termini reali è stato pari al 66% cioè un ammontare pari a 135,2 miliardi di dollari USA. Pur essendo altissimo, rimane comunque un incremento inferiore rispetto alle aspettative e alle problematiche da affrontare. C’è stato un biennio di minore crescita. Questa riduzione è dovuta alla crisi finanziaria del 2007-08. Per rendersene davvero conto, si va a paragonare la quota dell’APS calcolato come percentuale del prodotto nazionale lordo dei paesi membri del Comitato per l’aiuto allo sviluppo (Development, Assistance Committee, DAC) dell’OECD gira attorno a
0,29% e solo cinque paesi hanno superato questa quota del 0,7%, sono la Danimarca, Norvegia, Svezia, Regno unito, Lussemburgo.
Con l’agenda 2030 che prevede più progetti articolati, ci vorrebbe di più nel quadro della mobilitazione delle risorse per raggiungere gli ambiziosi SDG, per il quale è stata stimata la necessità di investimento dell’ordine di 3000 miliardi di dollari usa all’anno. Di questi circa il 50% sarebbe necessario per il gruppo costituito dai paesi a medio reddito. Riteniamo che se l’APS si mantenesse ai livelli attuali, o il suo aumento medio riflettesse l’andamento degli ultimi anni, gli SDG non potrebbero essere conseguiti dai PVS. Per questi ultimi risulterebbe pertanto decisivo il contribuito di altri fonti di finanziamento, soprattutto di quelle del settore privato. Schmidt-Traub (2015) stima che circa metà del fabbisogno possa essere finanziato da fonti private e che la mobilitazione di risorse domestiche, soprattutto attraverso la fiscalità, possa aumentare significativamente riducendo il gap di finanziamento per tali paesi entro la forbice compresa tra 152 e 163 miliardi di dollari usa all’anno, pari allo 0,22%-0,26% del PNL dei paesi ricchi.
Globalmente, un volume aggiuntivo di finanziamento compreso tra 1,5% e il 2,5% del PNL mondiali dovrebbe essere investito ogni anno dal settore pubblico e da quello privato per raggiungere gli SDG in ogni paese. Parallelamente alla crescita degli obiettivi da raggiungere, si rialzano anche alcuni paesi economicamente facendo esplodere le fonti di finanziamento dell’APS. Questi paesi sono i paesi dell’Europa centrale e dell’asia che si organizzano individualmente o unilateralmente e il gruppo dei paesi del BRICS che ha scelto un’organizzazione coordinato per affrontare le sfide. BRICS è un acronimo inglese per designare un gruppo di cinque paesi che si riuniscono in vertici annuali per la prima volta nel 2011. Prima che si aggiungesse il Sudafrica, il gruppo si chiamava bric, termine inventato nel 2001 e che ha condotto all’organizzazione del primo vertice nel 2009. Il BRICS è composto da Brasile,
Russia, India, Cina e Sudafrica. Fra questi cinque paesi la il Brasile, l’India e la Cina
sono considerati come grandi potenze attuali emergenti. La Russia invece una potenza in via di restaurazione e il Sudafrica si tratta in più di una potenza regionale (Bourdillon, 2011). Nel 2015, I BRICS sono rispettivamente le nona, dodicesima,
seconda e vinti-cinquesima in parità del potere di acquisto (www.imf.org /external/pubs/ft/weo). In dieci anni, il loro rango nell’economia mondiale a così fortemente aumentato.: il 16% del PIB mondiale nel 2001, essa raggiunge il 27% nel 2011 e potrebbe raggiungere, secondo le previsioni, il 40% nel 2025 (Bourdillon, 2011)
Secondo le previsioni della Banca d’investimento statunitense Goldman Sachs, nel prossimo 2050, fra le cinque prime economie mondiali 4 proverranno dal BRICS (Cina, India, Brasile, e Russia). In più bisogna notare che da quello studio condotto nel 2007, le stime per i paesi del BRICS sono state corrette al rialzo (www.goldmansachs.com).
Figure 6 (www.goldmansachs.com)
I BRICS, per contribuire allo sviluppo in modo generale, hanno creato alcune istituzioni attraverso le quali si impegnano per il raggiungimento degli obiettivi. Durante il vertice di Fortaleza, in Brasile, a luglio 2014, i BRICS hanno deciso la creazione di una banca di sviluppo di cui la sede è a Shangai e di un fondo di riserva. La cosiddetta banca di sviluppo ha una dotazione iniziale (capitale) di 50 miliardi di dollari che sarebbe portato a 100 miliardi di dollari entro due anni. L’obiettivo di
questa banca è di finanziare dei progetti d’infrastruttura, di salute, di educazione, etc., nei paesi interessati e, successivamente negli altri paesi emergenti. La cosa interessante è che i suoi prestiti sono a delle condizioni favorevoli e meno costringente come quelle della FMI. Questo ultimo richiede delle riforme strutturali e un’ingerenza politica inaccettabile i cambio dell’aiuto, ha detto Anton Silouanov, il ministro delle finanze russe. Questa condizione potrebbe sedurre altri paesi emergenti come l’Argentina che rimproverava le condizioni rigide della Fmi. Nella specie queste condizioni del FMI avrebbero causato un serio danno alla sua economia (www.le monde.fr). La Banca dei BRICS è un’alternativa agli organismi tali FMI o la Banca Mondiale. <<È un contributo importante per la riconfigurazione della governance economica mondiale>>, ha dichiarato la presidente brasiliana, Dilma Rousseff. Così i BRICS raggiungono la lista dei paesi donatori e cominciano a concorrere per le risorse e mercati allo stesso modo dei paesi sviluppati. Emerge chiaramente una sovrapposizione delle fonti di aiuto e la difficoltà per i paesi beneficiari a scegliere tra l’una o l’altra partener dello sviluppo. La scelta è molto difficile soprattutto visto le relazioni coloniali esistite tra alcuni paesi in via di sviluppo e altri organismi di finanziamento dalla quale è difficile dissociare.
3.3 La moltiplicazione e la diversificazione degli obiettivi assegnati ai