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Special Purpose Acquisition Companies

tutti quei gestori di fondi di investimento che non sono regolat

3.1.4 Special Purpose Acquisition Companies

Se si tiene conto della considerazioni appena svolte con riguardo alle società-veicolo costituite per operazioni di club deal, diventa assai agevole la trattazione di un ulteriore problema interpretativo: se rientrino o meno nell’area della riserva le c.d. Special Purchase Acquisition Companies (SPAC).

La regolamentazione di Borsa Italiana definisce SPAC le società che, mediante offerta pubblica e connessa IPO, raccolgono capitali in vista di un investimento mirato e di controllo in una singola società. Il capitale è compiuta soltanto in caso di autorizzazione da parte degli azionisti della SPAC. L’operazione di investimento da parte della SPAC deve essere compiuta entro un certo periodo di tempo dall’avvio dell’operazione. I promotori dell’iniziativa si riservano, una super remunerazione nel caso di successo dell’operazione che viene attribuita vuoi sotto forma di warrant di sottoscrizione di azioni ordinarie a condizioni vantaggiose, vuoi attraverso

l’emissione di azioni speciali a favore dei promotori con tassi di conversione di azioni ordinarie a condizioni vantaggiose.

La SPAC è, dunque, fattispecie che appartiene, al tempo stesso, al mondo del private equity e al mondo dei capital markets.

Appartiene al mondo del private equity perché l’investimento mirato che costituisce l’oggetto sociale della SPAC è, un acquisto di società non quotata e, di società non significative prospettive di crescita attese: gli esponenti della SPAC si presentano, invero, agli occhi degli investitori come soggetti dotati di apposito know-how

nell’individuazione di possibili target che, grazie, all’importo di nuovi capitali e soprattutto entrepreneurial skills, possono restituire agli investitori ritorni elevati sul capitale investito. Ma essa appartiene, al tempo stesso, anche al mondo dei capital markets. E ciò sotto un duplice profilo: innanzitutto, perché la SPAC fa appello al pubblico risparmio; e, in secondo luogo, perché, grazie alla fusione fra SPAC e target, la società acquisita, che prima era una società privata,

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consegue automaticamente lo status di società quotata. Formalmente, l’unica IPO effettuata con operazioni di questo tipo è, dunque, quella della SPAC; ma, sostanzialmente la vera IPO è quella che si realizza allorquando, post-acquisizione della target e post-fusione fra SPAC e target, quella profit-driven firm che prima apparteneva al mondo del private equity fa ingresso nel mondo dei capital markets.

Si noti bene: prima che sia compiuta l’acquisizione, la SPAC è società quotata tutto affatto peculiare: essa non è ancora titolare di una profit-driven firm, bensì la mera proprietaria di una ingente cassa di liquidità. Ma se l’acquisition della private firm che cosstituisce lo special purpose dell’operazione va in porto, i sottoscrittori delle azioni della SPAC si trasformano, da meri con-titolari di un semplice conto in banca in con-soci di una normale società per azioni che esercita una profit-driven firm.

Le SPAC sono oggi espressamente disciplinate dal Regolamento Mercati di Borsa Italiana che, per quel che ci riguarda, prevede che: l’operazione di investimento debba avvenire entro tre anni; il capitale raccolto debba essere impiegato nell’operazione rilevante secondo certe proporzioni. Degno di nota è anche il segmento di quotazione è quello degli Special Investment Vehicles, riservati a investitori

professionali.

Orbene, circa la riconducibilità o meno delle SPAC all’ambito coperto della riserva per la gestione collettiva del risparmio, Banca d’Italia si è espressa: non è FIA, la SPAC che rientri nell’esenzione prevista per le società di partecipazione finanziaria e cioè per le società holding che sono esentate dalla soggezione alla Direttiva GEFIA nella misura in cui, perseguono l’obiettivo di realizzare strategie imprenditoriali per

contribuire all’aumento di valore nel lungo termine e non abbiano come scopo quello del disinvestimento della società controllata o partecipata.

Che le SPAC non siano FIA e non siano soggette alla riserva di attività per GCR è in realtà, evidente: ma si tratta di una conclusione che prescinde in toto dalla ricorrenza o menno della specifica esenzine disposta per le holding.

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1) Una società-veicolo costituita per un investimento mirato non ha, per definizione, come oggetto quella della gestione del capitale raccolto144: il potere decisionale circa l’effettuazione

dell’investimento non è mai rimesso nelle mani dei promotori dell’iniziativa, ma rimane saldamente nelle mani degli investitori. Si rammenti: gli acquirenti delle azioni della SPAC hanno sempre il potere di approvare o meno l’operazione di investimento e, dato assai significativo, possono sempre recedere qualora dissenzienti. Nessun mandato gestorio dunque.

2) Una società-veicolo costituita per un’acquisizione rilevante non persegue alcun obiettivo di remunerazione degli investitori con rendimento finanziario aggregato: il mandato che i sottoscrittori delle azioni della SPAC conferiscono ai promotori dell’iniziativa non è affatto quello di compiere autonome operazioni di investimento dirette ad una gestione professionalmente diversificata, bensì quello di condurre un’attività di scouting di un’operazione di

investimento destinata ad assorbire la totalità o quasi-totalità della cassa di liquidità originariamente conferita.145

3) L’investitore in una SPAC non è affatto soggetto al rischio di una cattiva gestione del risparmio , ma al rischio di impresa proprio della società target. “L’utile degli investitori, e lo scopo stesso del loro investimento, dunque, non è legato alla plusvalenza che sarà lucrata attraverso la dismissione dell’unico investimento effettuato, bensì si collega direttamente alla redditività dell’impresa target e alla capacità di quest’ultima di affermarsi e operare sui mercato in cui essa offre i propri prodotti e servizi”.146

Insomma, la fattispecie SPAC non presenta alcuno degli elementi cui il legislatore eurounitario e nazionale affidano la definizione di gestione collettiva del risparmio. E sembra, pertanto, fuori discussione la sua estraneità all’area della riserva di attività.

144 Cfr, SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento, p.446 145 Cfr, SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento, p.446 146 Cfr, SANDRELLI, Raccolta di capitali e attività di investimento, p.446

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Né, potrebbe mai ritenersi che una SPAC solleciti quell’esigenza di tutela degli investitori che costituisce la logica tradizionale della disciplina della GCR per la semplice regola che, qui, gli investitori non conferiscono ai promotori alcun potere gestorio, bensì il ben diverso compito di selezionare un’opportunità di investimento ( attività di scouting) che sono pur sempre essi stessi, in ultima analisi, ad approvare o disapprovare.

Certo, l’IPO della SPAC e la successiva fusione fra SPAC e target

sollecitano, si un esigenza di tutela degli investitori : ma non già quella che è propria della gestione collettiva del risparmio, essenzialmente diretta a preservare la professionalità del gestore e a prevenire il rischio tipico del conflitto di interesse , ma quella che è tipica della sollecitazione dell’investimento, diretta ad assicurare che l’investitore sia adeguatamente informato rispetto ad un investimento che non è effettuato dal gestore per suo conto, bensì che egli stesso decide. Né ricorre alcuna esigenza di salvaguardia della stabilità del sistema finanziario che costituisce la logica “nuova” della GCR che si realizza non tanto con il servizio di diversificazione professionale, bensì con l‘apporto di entrepreneurship mediante investimenti maggioritari condotti senza limiti di leva finanziaria: una SPAC acquista per detenere a lungo termine la target, sicché essa è insuscettibile di immettere nel mercato alcun rischio sistemico di instabilità.

In ultima analisi, le ragioni che inducono ad escludere che una SPAC possa essere considerata un FIA soggetto a riserva di attività sono analoghe a quelle che hanno condotto ad escludere che tale possa essere considerato un club deal.

I due fenomeni presentano caratteristiche assai simili:

1) Nell’uno e nell’altro caso l’investimento è deciso non già da alcun gestore che, sia titolare di un potere discrezionale, bensì da ciascun investitore individualmente;

2) Nell’uno e nell’altro caso la società-veicolo ha ad oggetto l’acquisto non di un pool diversificato di titoli, bensì un preciso target;

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3) Nell’uno e nell’altro caso il promotore dell’iniziativa si riserva normalmente una super-remunerazione, la quale, tuttavia,

remunera l’efficace capacità di selezione di specifiche opportunità di investimento.

Vero è poi che i due fenomeni presentano anche tratti differenziali, segnatamente:

1) In un’ operazione di club deal, lo scouting del target da parte del promotore precede la costituzione della cash shell da parte dei partecipanti;

2) Il club deal è costituito attraverso il recepimento ad personam dei partecipanti al club, mentre la SPAC è operazione rivolta al pubblico indiscriminato;

3) L’operazione realizzata da un club deal è normalmente

un’operazione “a termine” che prevede, dunque, il disinvestimento finale della partecipazione acquisita, mentre quella realizzata da una SPAC è tendenzialmente un’operazione a tempo indeterminato che postula, piuttosto, la detenzione a lungo termine della profit- driven firm che viene acquisita.

Per escludere che ci si trovi dinanzi a un fenomeno di GCR basti la sola considerazione che né in un club deal , né in una SPAC è dato

constatare quella separazione fra il proprietario del risparmio

conferito e il titolare del potere di decidere l’investimento, mancando la quale è, a monte, impossibile affermare che si sia in presenza di qualsivoglia fenomeno gestorio.