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Splendore e decadenza

Due secoli più tardi, nel 1204, i veneziani presero parte alla spedizione della quarta crociata per la conquista di Costantinopoli ma, dopo la vittoria, l'imperatore bizantino che avrebbe dovuto scendere a patti con i vincitori venne assassinato,   e   il   nuovo   imperatore   ordinò   la   cacciata   dei   franco­veneziani. Questo servì solo ad alimentare la voglia di rivalsa di questi ultimi, ed il 9 Aprile 1204   Costantinopoli   venne   riconquistata   e   saccheggiata   di   grandi   ricchezze, nuovi   territori   vennero   gestiti   dalla   Repubblica   sotto   forma   feudataria consentendone così l'insediamento ai propri cittadini.  

Fu così che la Serenissima

si ingemmò di bellezze artistiche […], divenne la metropoli d'Occidente, il centro finanziario e commerciale dell'Europa, la massima potenza navale del Mediterraneo.   Il   suo   arsenale,   ormai   famoso,   lavorava   con   fervore   ad accrescere la flotta da carico e da guerra, i suoi mercanti si irradiavano sino alle più lontani regioni del mondo (basti ricordare per tutti Marco Polo […] spingendosi   fino   in   Giappone),   i   suoi   cittadini   erano   stimati   e   riveriti ovunque: tanto che il governo – per non perdere ottimi sudditi – dovette proibire ai veneziani di accettare cariche straniere. […] Venezia divenne una seconda “terra promessa”, dove confluivano genti di tutte le origini, dove popolo e governanti lavoravano in rara concordia.108

Il vero apogeo si completò nei secoli del Rinascimento, tra il XIV e il XV secolo, in cui la civiltà veneziana fiorisce artisticamente e con raffinatezza si nutre   della   scienza,   traendo   tesoro   da   studiosi   umanistici   e   naturalistici   che contribuiscono a fortificare la grandezza della repubblica.

A questo punto, abbiamo la prova che mito e storia concordino, per lo meno   sull'importanza   strategica   economico­politica   della   Serenissima   e   sulla composizione varia della popolazione veneziana. Un'ulteriore conquista intanto era avvenuta il 21 Gennaio 1339, quando un duro scontro tra gli Scaligeri di Verona   e   la   Serenissima,   confluì   nell'ottenimento   di   quella   città­ponte   tanto ambita   dai   lagunari,   la   futura   Mestre,   garantendosi   così   l'opportunità   di assicurarsi traffici commerciali nell'entroterra.

Sul versante degli interventi antropici, è in particolare dal XII secolo che le   modifiche   morfologiche   apportate   dalla   comunità   veneziana   si   fecero significative;   inoltre   si   rivelarono   decisive   per   contrastare   il   deterioramento causato dall'azione naturale, consentendo la prosecuzione della vita sulla laguna e della laguna. Infatti, i veneziani di quell'epoca, dovettero far fronte a una serie di problemi notevoli:

• Il   massiccio   apporto   dei   sedimenti   convogliati   da   alcuni   fiumi   che sfociavano in laguna superiore (il Brenta ed il Piave, soprattutto). • Le deboli correnti di marea, le quali risultavano insufficienti a trasportare i detriti in laguna aperta, riducendo la capacità e la profondità dei canali. Tali fenomeni, infatti, generarono interrimento e impaludamento, minacciando così l'estensione della superficie d'acqua lagunare e restringendo le bocche (cioè le aperture tra laguna e mare) che consentivano la navigazione.

Questa   situazione   avrebbe   comportato   un   esito   fatale   per   la   laguna, scomparendo   inghiottita  dalla   terra   e  dal   mare,   e  con  essa  la  vita  che   vi   si svolgeva   in   superficie.   Dunque,   gli   ingegneri   della   Serenissima,   del   tutto intenzionati   a   risolvere   la   questione   applicarono   svariati   interventi   per   la

salvaguardia lagunare, ovviamente in base alle conoscenze tecniche dell'epoca e in base anche alle immancabili convenienze politiche.

Ebbe inizio il preludio della diversione dei fiumi, la serie di grandi opere idrauliche   che   sconvolse   l'assetto   idraulico   originario   dell'entroterra   veneto. Prese l'avvio nel contesto del fiume Brenta, tramite la realizzazione in laguna di una struttura chiamata «argini di intestadura», per la formazione di un canale parallelo alla terraferma orientato a sud. Purtroppo, l'opera non solo si rivelò inefficace,   ma   comportò   anche   conseguenze   negative   inaspettate,   tra   cui   la difficoltà   dell'approvvigionamento   dell'acqua   dolce   e   limitazione   del   traffico commerciale.

Lungo il '400 Venezia non si estese solo lungo le coste dell'Adriatico, che costituiva lo  «Stato da Mar», ma si espanse anche in terraferma veneta: lo «Stato da Terra» comprendeva infatti i domini della Serenissima acquisiti tra il 1404 e il 1406,   ovvero   Belluno,   Feltre,   Padova,   Treviso   (già   dal   1339),   Vicenza   e Verona109. Tuttavia le nuove ricchezze e la grande potenza di Venezia attirarono

inesorabilmente la brama di conquista.

Così,   sempre   nei   secoli   XIV   e   XV,   un   colpo   alle   fondamenta   della Serenissima   destabilizzò   il   suo   potere.   A   generarlo   fu   l'ascesa   dell'Impero Ottomano che, dopo una guerra di sedici anni, costrinse Venezia alla resa nel 1479110. Questo scaturì un'importante conseguenza: l'Oriente poté  imporre  la

propria influenza nel Mar Egeo e nel Mare Adriatico. Nonostante ciò, i buoni rapporti  tra   la  Serenissima   e   l'Impero  Ottomano   vennero  recuperati  quando, dopo la tentata offensiva turca e la morte improvvisa di Maometto II, un accordo commerciale tra le parti venne stipulato con il nuovo sultano reggente.

Acquisita   nuovamente   la   stabilità,   la   Repubblica   dovette   fronteggiare l'emersione di nuove necessità. Con l'espansione in terraferma, infatti, il grano per sfamare il popolo ormai accresciuto era insufficiente, così come la canapa

109Ortalli G., Scarabelli G., Breve storia... op. cit., p.68 110 Ivi, pp.73­74

per l'attrezzatura navale. La soluzione architettata dopo lungo ripensamento, fu la presa del Polesine nel 1483. In verità, si trattò di uno dei pochi tentativi militarmente offensivi della Serenissima, in questo caso causato dato dalla scarsa collaborazione del ducato di Este a fronteggiare il problema.

La zona del Polesine venne scelta per attuarvi un intervento antropico di grande   rilievo:   una   bonifica   che   avrebbe   permesso   di   trasformare   terra acquitrinosa in terreno agricolo. Ma   fu   con   la   costituzione   nel   XV   secolo   del Magistrato alle Acque, l'organo permanente della Serenissima responsabile della regolamentazione   idraulica   della   laguna,   che   la   diversione   dei   fiumi   ebbe realmente inizio, non senza remore e opposizioni. Marco Cornaro, uno dei savi del Magistrato, ebbe un'idea radicale: deviare il corso dei fiumi cosicché i corsi d'acqua sfociassero direttamente nel mare.

Il   primo   determinante   intervento   fu   quello   1457,   sempre   relativo   al Brenta111, e che coinvolse anche il Bacchiglione insieme ad altri corsi minori, con

la realizzazione di una nuova inalveazione di 24 km sfociante nel bacino di Chioggia.   Nonostante   un   iniziale   beneficio,   le   conseguenze   negative   derivate dall'insufficiente   pendenza   idraulica   non   tardarono   a   manifestarsi:   piene pericolose e fenomeni di interrimento nel bacino di Chioggia alimentarono le polemiche relative all'opera e la divergenza tra i due savi Cristoforo Sabbadino e Alvise Cornaro si inasprì. Il primo desideroso di mantenere la Repubblica di Venezia salda al commercio e alle vie marittime, l'altro fermo nel ritenere che solo la bonifica avrebbe consentito l'indipendenza di Venezia, offrendole terre da coltivare. Questo scontro tecnico aveva basi di altra natura, come le diatribe odierne riguardanti le grandi opere. Com'è sempre stato, interessi sociali, economici e politici si saldano nelle decisioni tecniche decretando il futuro dell'ambiente. In questo caso le ragioni di Sabbadino vinsero, e il suo monumentale progetto di estromettere le acque dolci dalla laguna veneta venne attuato. Le conseguenze di 111D'Alpaos L., Fatti e misfatti...op. cit, p.39

questa serie di interventi idraulici, susseguitisi dal XV al XVII secolo, possono essere   constate   ancora   oggi,   con   l'analisi   di   alcuni   fenomeni   lagunari   come l'erosione della costa e la omogeneità del fondale.

Proprio a causa della  debolezza delle  correnti  marine  nel  mobilitare i sedimenti e i frequenti interrimenti che progressivamente riducevano gli specchi d'acqua   nell'entroterra,   dal   XIV   secolo   si   fece   pressante   la   necessità   di salvaguardare   la   profondità   delle   bocche   di   porto:   Treporti,   S.   Erasmo   e soprattutto S. Nicolò, fondamentale per la navigazione mercantile e militare.

Per le conoscenze del tempo e le tecnologie disponibili, non fu possibile intervenire efficacemente nella risoluzione del problema,  sovente112  si  preferì

usufruire della bocca di Malamocco come porto principale, poiché più adatta alla navigazione in quanto più profonda, più lontana dal Piave e dunque dal pericolo di interrimenti, e favorita dalla direzione del moto ondoso.

Proprio   nei   riguardi   della   rinomata   abilità   mercantile   dei   veneziani, giunse   un   secondo   colpo   che   minò   fortemente   la   potenza   della   Repubblica, stavolta proprio dal punto di vista commerciale. Inaugurato da Vasco da Gama e monopolizzato dall'impero portoghese, infatti, il nuovo traffico mercantile verso l'India   delineò   un   corridoio   commerciale   che   determinò   l'esclusione   della Serenissima dai traffici mercantili, causando perciò ingenti perdite economiche.

Fu per questa ragione che l'entroterra veneto, divenne uno dei luoghi di un patrimonio rinomato tutt'oggi: le Ville Venete. Con il mutamento dei flussi commerciali, infatti, i nobili veneziani preferirono investire le loro ricchezze in terraferma,   conferendo   all'entroterra   veneziano   un   particolare   rilievo,   e   cioè assumendolo come punto di controllo di grandi proprietà terriere, dando origine a   splendide   residenze   di   villeggiatura,   che   secondo   le   riflessioni   di   Denis Cosgrove113  forniscono   testimonianza   di   quell'operosità   antropica   in   grado   di

inscrivere valori e simboli nel territorio, modellando il paesaggio in forza del

112La bocca di Malamocco venne definitivamente preferita al porto di S. Nicolò nel '700, quando l'entrata in laguna era divenuta assai difficoltosa a causa della gravità dell'interrimento. Cfr. D'Alpaos L., Fatti e misfatti... op. cit., pp.93­94

proprio prestigio sociale.

Dopo l'espansione nel ducato di Milano, e dopo aver accolto quasi tutta la Romagna, la quale spontaneamente si era sottomessa al suo dominio, venne sferzato   il   terzo   colpo   contro   la   Serenissima.   Un   attacco,   questa   volta,   dal pretesto politico­religioso. Determinato ad annientare la Repubblica veneziana, papa Giulio II organizzò una coalizione con tutti gli altri stati italiani, nonché gli imperi   di   Spagna,   Austria   e   Francia.   La   lega   di   Cambrai   si   costituiva   come un'alleanza potente e strategica, e che nel 1509 lanciò un ultimatum a quella Repubblica   poco   cattolica:   la   consegna   di  tutti   i   territori   (tranne   la   Venezia lagunare), per non incombere in una guerra di enormi proporzioni ­visti i nemici coinvolti ­ e la scomunica.

Certamente un ultimatum tanto temibile tanto inatteso, e la Serenissima d'improvviso si ritrovò contro l'Italia e l'Europa intera. La resa poteva sembrare razionalmente   l'unica   soluzione   conveniente,   ma   la   Serenissima   reagì prontamente, generando un esito quantomeno inatteso da parte dell'alleanza: a tre   anni   dall'inizio   dell'immenso   conflitto   Venezia   passò   al   contrattacco,   e cedette i domini romagnoli. Papa Giulio II, ben presto si rese conto che il reale pericolo per l'assetto politico europeo non era costituito da Venezia, bensì dalla Francia.  Così   il  papa  revocò  l'ultimatum  e  la  lega di  Cambrai  venne  sciolta, proclamò   la   nascita   della   Lega   Santissima   contro   la   Francia   nel   1511, coinvolgendo Spagna e Venezia. Il quarto colpo che minò la Serenissima e la sua tanto auspicata pace, giunse poco più tardi. Carlo V, con in mano ormai l'Europa e l'America, nel 1516 dichiarò guerra all'Italia intera, e Venezia dovette suo malgrado imbracciare le armi per difendersi. Solo nel 1529, con la pace di Bologna, il conflitto si arrestò e la Repubblica fu finalmente libera di impiegare le proprie forze per ricostruirsi.

Durante   il   '600,   la   Serenissima   permase   nel   ventaglio   delle   potenze europee di spicco, ma in quell'epoca apparvero piccole e grandi avvisaglie di uno stato   nazionale   non   più   tenace   come   un   tempo:   ad   esempio,   nonostante   la

grande arte e la tecnica di costruzione navale, simboleggiata dall'Arsenale, il problema dei vascelli appare emblematico. Dopo aver risolto il problema dato da imbarcazioni così poderose su un fondo lagunare basso, tramite l'invenzione di una struttura di innalzamento detta “carrello”114, un altro problema, ben più grave, non trovava soluzione. A causa dell'insufficienza di comandanti esperti, i vascelli vennero affidati a gente inesperta, come comandanti di navi mercantili. Dando uno sguardo geografico al territorio, si nota come un importante intervento antropico storicamente collocato tra il 1600 e il 1604, cambiò il corso del   Po   tramite   lo   scavo   di   un   canale   di   7   km   e   generò   il   conseguente ampliamento del delta. Il “Taglio di Porto Viro”115, la grande opera idraulica

desiderata   dalla   Repubblica   di   Venezia,   contribuì   così   in   modo   decisivo   a modificare la morfologia del Delta del Po.

Firmata la pace di Carlowtz nel 1699, ufficialmente sconfitti gli ottomani, giunsero altri presagi della decadenza veneziana. Un altro esempio ci perviene dalla guerra di successione spagnola, che vide lo scontrarsi delle forze spagnole contro   quelle   francesi   in   quel   che   un   tempo   fu   l'incontrastato   regno   della Serenissima: il Mar Adriatico.