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Dal tremendo zorno al

Il   secolo   dopo   segnò   l'ormai   improrogabile   declino   della   Serenissima. Dopo l'ultimo bagliore dato dalla vittoria contro gli ottomani, gli alleati austriaci tradirono   la   Repubblica   accettando   la   pace   di   Passarowitz,   che   imponeva   di restituire tutti i nuovi territori acquisiti dai veneziani. Una vittoria che divenne una sconfitta, ad aggiungersi ai traffici  commerciali decimati,  ad un  esercito ormai privo di vigore, un governo letargico e debole, ed una voglia di tranquillità che spinge i veneziani a siglare un trattato di “pace perpetua” proprio con gli ottomani. Così, il 12 Maggio 1797, dopo tredici secoli di splendore e miracolose 114Bragadin M., Storia delle..., op.cit., p.199 115D'Alpaos L., Fatti e misfatti... op. cit., p.18

resurrezioni, la Serenissima ricevette il colpo di grazia. Il «tremendo zorno del

dodese»116  Venezia  cadde   ai   piedi   di   un   minaccioso   Napoleone   Bonaparte.  Il

Maggior Consiglio, il massimo organo politico della Repubblica, votò a favore dell'abdicazione   dell'ultimo   doge,   Lodovico   Manin,   e   dello   scioglimento permanente del governo stesso. Si evitò la guerra, ma la Serenissima Repubblica morì per sempre. Venezia venne consegnata al condottiero francese.

Con il cambio d'epoca anche le imbarcazioni divennero più possenti e voluminose, come i battelli a vapore. Così, nei primi del XVIII, Napoleone fece costituire la Commissione Prony, in cui i maggiori esperti idraulici francesi del tempo   si   confrontarono   sulla   questione.   La   soluzione   fu   data dall'approfondimento della bocca di Malamocco, e la creazione di due dighe a nord   e   a   sud   del   porto,   ormai   sotto   il   regime   austriaco,   che   consentirono interscambi più vivaci tra canale e mare, e il conseguente abbassamento del fondale tra i 9 e i 10 metri. Stesso provvedimento toccò alle altre bocche una volta   che   il   Veneto   fu   annesso   al   Regno   d'Italia,   e   alla   bocca   di   Chioggia effettivamente ultimato solo a ridosso della seconda guerra mondiale.

Queste modifiche morfologiche e idrauliche apportate dall'uomo, se da un lato consentirono alle bocche di non venir otturate dai sedimenti e permisero la navigazione, dall'altro comportarono effetti inattesi sul lungo termine, pertanto possiamo  considerare  questi   interventi  come  la   causa   principale  del   degrado morfologico lagunare attuale.

Napoleone si rivelò un traditore vestito da salvatore sotto la minaccia austriaca, visto che con il trattato di Campoformido cedette tutti i territori veneti – come da previ accordi – all'Impero Austriaco. Riformate   le   amministrazioni   in tre Provvederie – al controllo delle quali vi erano famiglie aristocratiche­ gli austriaci apportarono un'ulteriore modifica in territorio veneziano. Si tratta della costruzione di Forte Marghera, una struttura edificata a scopo militare, per la difesa del porto di Venezia, che verrà completato durante il regime francese, assumendo così la sua attuale forma a pentagono. 116Cacciavillani I., Lo Stato da Terra della Serenissima, Padova, Think ADV 2007, p. 5

Nonostante i moti risorgimentali, Venezia ed il Veneto vennero annessi al Regno Lombardo­Veneto dal 1814 al 1859, uno stato dipendente dall'Impero Austriaco. In seguito alla guerra austro­prussiana e alla sconfitta di Sadowa, avvenne l'annessione di Venezia al Regno d'Italia. Così, Venezia « […] con la sua laguna,   diveniva   una   ‘porzione   indifferenziata’   all’interno   di   un   organismo statale,   che   in   generale   si   mostrò   indifferente   alla   specificità   della   sua morfologia, mentre si presentava l’aggravante di una rivoluzione industriale che accelerava i processi di sviluppo e di modifica ambientale»117.

Da   circa   metà   Ottocento   ai   primi   del   Novecento,   Venezia   iniziò   ad assumere  sempre  più   le   caratteristiche  di  una   moderna  città.   Nel   contempo, anche   Mestre,   cominciava   il   suo   lento   e   indipendente   cammino   verso   la modernità: non più un borgo con castello e piazzette, ma espandendosi in asse nord­sud   prese   via   via   i   connotati   di   una   città   con   vie,   viali,   palazzi, l'illuminazione pubblica,  il gas e l'acquedotto nei primi del '900.

A   Venezia,   il   1846   è   l'anno   in   cui   il   primo   convoglio   ferroviario   che dall'entroterra approdò direttamente sulla costa dell'isola, tramite il ponte sulla laguna. Per la stazione ferroviaria di Santa Lucia bisognerà attendere quasi un ventennio in più. Il 1857, invece, viene ricordato per l'inaugurazione del primo stabilimento balneare118, dando dunque inizio a quel turismo internazionale di cui ancora oggi Venezia, al tempo stesso, prospera e perisce. In generale, tra fine '800 e inizio del '900, si assisté ad un susseguirsi di nuove costruzioni e miglioramenti infrastrutturali, che consentirono l'incremento delle attività portuali nell'area della Giudecca, un fervore industriale che sfociò nella nascita di molte attività industriali (nell'isola di Murano e della Giudecca, ma anche nei sestieri di Cannaregio e di San Marco). Agli albori della prima guerra mondiale (1915­1918), la situazione119  di 117http://www.treccani.it/enciclopedia/venezia/ (ultima consultazione 29 giugno 2015) 118Gerbaldo P., Compagnia italiana dei grandi alberghi. Un sogno italiano dalla Belle époque al  Miracolo economico (CIGA, 1906­1979), Torino, Giappichelli, 2015, p.2 119Una situazione del tutto particolare, quella della Venezia lagunare, data dalla sua peculiare collocazione   geografica,   dal   suo   sviluppo   urbanistico,   e   dall'essere   un   centro   artistico

Venezia non era delle più ridenti, e con lo scoppio del conflitto si trasformò in una città ormai in crisi. La popolazione delle classi basse e medie si ritrovava in pessime condizioni di vita, il lavoro era prevalentemente stagionale ed il salario molto basso, in contrapposizione  ad un  alto  prezzo degli affitti e dei generi alimentari, ma non solo: il porto era chiuso a causa della situazione bellica, e ad importazioni scarse conseguì una produzione industriale insufficiente. Il contesto generale a ridosso dello scoppio del conflitto mondiale era caratterizzato da

[…]   condizioni   di   estrema   povertà   in   abitazioni   malsane,   sovraffollate, spesso composte da un solo locale oltre alla cucina. In tali condizioni di precarietà era sufficiente una piccola perturbazione del mercato del lavoro per far precipitare migliaia di famiglie nell'indigenza. Nel 1910 il 46% delle case veneziane era sprovvisto di acqua corrente; nei quartieri più popolari di Castello, Cannaregio e Dorsoduro, dove la popolazione povera si era andata progressivamente ammassando, si trovava il maggior numero di abitazioni malsane, ubicate al piano terreno.120 Fame e disoccupazione si inasprirono, e il popolo che prevalentemente viveva di lavoro salariato, artigianato, pesca, commercio, invece dovette vivere alla   giornata   architettando   mille   espedienti.   Ad   aggiungersi   a   questa   grave situazione fu la famosa disfatta di Caporetto del 1917, dove l'esercito italiano si era assestato nella zona del Piave per respingere l'offesa austro­ungarica. A sua volta l'esercito nemico scatenò distruttivi raid aerei, che colpirono Venezia in aggiunta ai bombardamenti susseguitisi nel biennio precedente. 

2.1.5 Il primo dopoguerra e Marghera

In prossimità della fine della prima guerra mondiale, a seguire nell'arco degli anni '20, il territorio comunale di Venezia si espanse, comprendendo nella culturale di inestimabile importanza. Su Venezia nel contesto del primo conflitto mondiale, è stata   organizzata   un'interessante   mostra   al   Museo   Correr,   intitolata  Venezia   1915­1918.

Immagini dalla città in guerra. La mostra è suddivisa in quattro sezioni, la prima riguardante

le   strategie   difensive   (soprattutto   antiaeree)   della   città;   la   seconda   evidenzia   l'opera   di protezione e salvaguardia dei beni artistici; la terza sottolinea gli effetti dei bombardamenti aerei sulla città; e la quarta ritrae la Venezia vittoriosa a conflitto terminato.

120http://www.treccani.it/enciclopedia/l­ottocento­e­il­novecento­1­venezia­citta­italiana­ venezia­nella­grande­guerra_%28Storia­di­Venezia%29/ (ultima consultazione 28 Giugno  2015)

sua amministrazione i comuni lagunari (tranne  Chioggia)  e di  terraferma.  Il problema  demografico  e la necessità  di un rilancio economico, fecero sì  che proprio nell'entroterra si incentrasse la soluzione.

Una città nuova, nata dal un nuovo ideale della Città Giardino, prende corpo nel primo ventennio del '900. Una zona urbana altamente vivibile, seppur affatto   periferica,   dalla   bassa   densità   abitativa,   immersa   nel   verde   delle campagne. Questo era il progetto iniziale per Marghera, una città di 1300 ettari per 30000 abitanti. Tra teoria e pratica, però, è andata evidenziandosi una netta tendenza verso la formazione di un quartiere decentrato, altamente popolato, e affiancato da ulteriori centri urbani, come quello di Catene. Tutto ebbe inizio il 23 Luglio 1917, giorno della fondazione Marghera121. Con un decreto, si stipulò l'accordo tra Stato, Comune di Venezia e la Società del Porto   Industriale   di   Venezia,   per   la   nascita   di   una   zona   residenziale.   Un quartiere che avrebbe dovuto migliorare la situazione abitativa del centro storico veneziano,   e   in   prossimità   del   quale   un   nuovo   porto   e   un   nuovo   centro industriale avrebbero dovuto conferire vantaggi economici tali da risolvere la disoccupazione.

Tra il 1919 e il 1922 aveva infatti preso corpo la prima zona industriale di Porto Marghera, annessa al nuovo porto commerciale, con l’escavazione di un canale – il Vittorio­Emanuele ­ e la realizzazione di una annessa città­giardino operaia.122  Il   canale   Vittorio   Emanuele   venne   scavato   approfondendo   un

canaletto già presente all'epoca, ed ampliato tra il 1920 e il 1925. Il canale Malamocco­Marghera, invece, venne  effettuato tra il 1964 e  il 1968.  Questo nuovo canale oscurò l'importanza del Vittorio Emanuele, e fu in ultima analisi l'opera che incise – ed incide – maggiormente nello squilibrio idraulico lagunare, visto che va ad intersecarsi con i canali naturali e, dopo la curva forzata del porto di San Leonardo, convoglia le acque in modo del tutto innaturale in una 121Brocca B., Cuk A. (a cura di), Le vie...op.cit., p.67 122http://www.treccani.it/enciclopedia/venezia/ (ultima consultazione 29 Giugno 2015)

lunga e dritta traiettoria. L'incidenza sulle «acque alte» è lieve, ma gli effetti di erosione  sono  gravi,  così   come  la  risultanza  dei  fondali  omogenei,  visto  che l'operosità naturale è stata estromessa. Fenomeni di interrimento sono frequenti, e ugualmente frequenti sono le attività di dragaggio per liberare dai sedimenti il fondo   del   canale   per   consentire   la   normale   navigazione.   Detto   questo,   è importante   sottolineare   che   ciò   che   mutò   rapidamente   l'equilibrio morfodinamico della laguna, fu lo scavo dei canali menzionati, entrambi voluti per migliorare il collegamento con il polo industriale e portuale di Marghera.

Quanto   alla   città­giardino,   le   scarse   risorse   economiche   messe   a disposizione   dal   comune   dell'epoca   per   consentire   la   costruzione   delle   case popolari   e   per   garantire   i   servizi   di   primaria   importanza   –   come   l'ospedale, l'asilo, la biblioteca, ecc ­, fecero sì che il piano progettuale avanguardistico e fortemente legato al valore e all'importanza della natura dell'ing. Emilio Emmer, venne parzialmente stravolto123. Espropri e indennità procedettero con qualche difficoltà, ma la mancanza di un'organizzazione e di un controllo sistematici in fase d'opera, furono la causa preponderante del relativo fallimento. I primi abitanti di Marghera, al contrario di   come  si  era  auspicato  e  largamente   comunicato,   non  furono  veneziani   in condizioni disagiate, o salariati. Si trattava, invece, di negozianti e delle loro famiglie, impegnati in varie attività, come case­alberghi, trattorie, macellerie. Una di quelle macellerie, riforniva di grasso animale il saponificio Vidal, azienda per cui Fabrizio Zabeo – mio informatore ­ ha lavorato per anni, anche dopo l'assorbimento con una grande multinazionale: FZ: «Ma io l'ho sempre creduto, eh! L'unione fa la forza, ma è il gruppo! Guarda che io, lavoravo alla Vidal [...]. L'Henkel era entrata, era entrata e s'è mangiata la Vidal, però ci mandava a far dei corsi [di pensiero laterale, a Milano], ma era molto intelligente come multinazionale […].»124 Marghera agli albori, è la piccola patria di esercenti di varia tipologia. Tra 123Brocca B., Cuk A. (a cura di), Le vie...op.cit., pp.70­71 124 Zabeo Fabrizio, intervista del 25 Luglio 2015, via Passo Cereda 5, Favaro Veneto (VE)

l'altro, gli abitanti appena stabilitisi, per i primi anni erano soliti costruire casa e bottega assieme. Questo andava contro le regole dei contratti notarili stipulati, che stabilivano l'obbligo edilizio di un'unità abitativa con annesso giardino.

Tuttavia,   il   28   Marzo   1944   venne   segnato   il   drammatico   destino   di Marghera,   che   impotente   sotto   al   bombardamento   anglo­americano   viene distrutta. Il quartiere, come precedentemente ricordato, era sorto adiacente al porto e al polo industriale, all'epoca riconvertito per produzione bellica. Così, nel secondo dopoguerra, prese avvio l'opera di ricostruzione della città.

Una   ricostruzione   frettolosa   e   che   non   tenne   affatto   conto   del   piano urbanistico originario della Città Giardino ­ che prevedeva ampio spazio a viali alberati, siepi, giardini con alberi e orti ­ tramutando così Marghera in una zona abitativa sovraffollata, con problemi ecologici marcati, derivati dall'assenza di regolamentazione territoriale e la prossimità con il polo petrolchimico, e senza spazi verdi. Una questione irrisolta, tanto che nemmeno i consigli di quartiere «degli ultimi anni sono riusciti a creare un parco, nemmeno un piccolo polmone di   verde   pubblico   dopo   settant'anni   di   sviluppo   della   città­giardino   per   i veneziani».125

2.2 Dalla metà del XX ad oggi

2.2.1 Paesaggio ed ambiente nel Diritto

La trasformazione del Veneto va ovviamente inserita in un contesto di proporzioni ben più ampie. Non è questo il luogo appropriato per dibatterne, ma alcuni cenni sul contesto socio­economico occidentale dal secondo dopoguerra in poi trovo che siano utili per una migliore comprensione. Il boom economico e demografico   del   dopoguerra   coinvolse   gli   stati   occidentali,   ed   una   corsa all'industrializzazione   massiccia,   all'agricoltura   e   all'allevamento   intensivi   e deregolamentati,   comportarono   l'estremizzarsi   del  modello  di   sviluppo contenuto già in nuce nella seconda rivoluzione industriale. Alla base di questa

scelta, vi era un approccio alla gestione delle risorse ben determinato: ogni Stato aveva il pieno diritto di usare il proprio territorio e le proprie risorse con la più totale sovranità.

È   il   1941,   quando   il   primo segnale   contrario   germoglia   in America.   La  Trail   Smelter   (Fig.8), una   fonderia   canadese,   viene denunciata   da   alcuni   agricoltori statunitensi   per   le   esternalità negative   che   inquinavano   il   loro territorio. Questo caso giurisprudenziale USA v. Canada, passerà alla storia per la sua sentenza: il Canada sarà ritenuto responsabile per i danni subiti dagli USA. Viene posta così la prima pietra miliare del diritto ambientale: gli Stati non godono di diritto esclusivo sul loro territorio, bensì è necessario relativizzare la loro sovranità ai fini di tutelare l'ambiente. «I confini sono solo politici»126, e

l'inquinamento   lo   sa   bene.   Tanto   che   la   biologa   Rachel   Carson,   nel   1962, espresse e condivise quel rischio percepito e

quel danno già reale, provocato dall'utilizzo a migliaia di chilometri di distanza di DDT e fitofarmaci   che   decimò   l'avifauna   nelle campagne,   e   rendeva   la  Primavera

silenziosa127.

Tra gli anni '50 e '60, prende piede il dibattito   sul   debito   tossico   dei   terreni contaminati. Grande scalpore suscita il caso di  Love   Canal   (Fig.9),   un   quartiere   di

126Zabeo Fabrizio, intervista dell'11 Luglio 2015, via Passo Cereda 5, Favaro Veneto (VE) 127Carson R., Primavera silenziosa, Milano, Feltrinelli, 1966 Fig.8 Trail Smelter nel 1929 ­  © Hughes Brothers Fig. 9 Love Canal 1980 ca. ­  © State University of New York at Buffalo

Niagara   Falls   (New   York)   costruito   su   un   sito   altamente   contaminato.   Un contesto urbano che avrebbe dovuto essere una città­modello, come progettata dall'ing.   Love   all'inizio   del   '900,   la   cui   proposta   di   scavare   un   canale   in prossimità delle rive del Niagara, avrebbe consentito alla cittadina un apporto energetico sufficiente per il suo mantenimento e la sua industria. Ben presto, il canale diventò un canale di scolo e di stoccaggio per rifiuti tossici, utilizzato dalla  Hooker   Chemical   Company,   ma   a   cui   succedettero   altri   proprietari   in seguito. Per anni, parte della popolazione lavorò presso lo stabilimento chimico, adibito alla produzione cloro­soda. L'ultima società che utilizzò lo stabilimento interrò il canale, e l'area venne acquistata dal comune, che vi fece sorgere il municipio ed un asilo nido. I casi di leucemia non tardarono a manifestarsi, così come l'alta incidenza di una larga serie di malattie. Questo caso incentivò il dibattito   pubblico128  e   l'attenzione   sulle   politiche   ambientali,   in   merito

all'esigenza di bonifica di siti contaminati, mentre dal punto di vista giuridico pose in luce il problema dell'individuazione dei soggetti colpevoli e la relativa questione del risarcimento.  Vedere la Terra dall'alto, oltre che essere una meraviglia, fa rendere conto della sua finitezza. È quanto succede dopo le foto (Fig.10) scattate dall'Apollo 8, nel 1968, e diffuse a livello planetario. La Terra non è infinita, e neanche le sue risorse. Da qui inizia a svilupparsi l'idea di economia del limite, dove ci si rende conto che la Terra è un sistema chiuso e l'uso delle sue risorse dev'essere limitato, pena l'esaurimento. 

Il   1972   è   un   anno   importante   per   l'economia   e l'ambiente.   Si   tengono   infatti   due   conferenze   di   rilievo   fondamentale.   La conferenza del Club di Roma e la Conferenza di Stoccolma. Il Club di Roma, un'associazione   no­profit   costituita   da   scienziati,   economisti,   imprenditori,

128 Gibbs L. M., Love Canal: My Story, New York, Groove Press, 1982 Fig. 10 Earthrise © NASA

politici e società civile, dopo aver commissionato al MIT una ricerca sui limiti dello sviluppo, ne pubblicò il rapporto129 divulgando i possibili scenari futuri per

l'umanità,   sottolineando   la   necessità   di   un   cambiamento   radicale,   pena   il collasso   del   pianeta   e   dell'umanità   stessa.   La   Conferenza   di   Stoccolma   fu organizzata dalle Nazioni Unite, seppure il tema ambientale nella Carta di San Francisco del 1945 non fosse esplicitamente contenuto, tuttavia la promozione delle   condizioni   di   vita   delle   società   umane   ne   fornirono   l'assunto.   Dalla conferenza scaturì una Dichiarazione, contenente 26 principi in base ai quali diritti e doveri coinvolgono tanto il singolo abitante quanto gli Stati, e l'indizione dell'UNEP   (United   Nations   Environment   Programme),   avente   il   compito   di monitorare e diffondere informazioni sullo stato dell’ambiente a livello globale. Questa   conferenza   getterà   le   basi   per   una   futura   economia   ancorata   allo sviluppo   sostenibile130,   porrà   in   luce   le   criticità   del   cambiamento   climatico,

nonché la necessità di impiegare energie da fonti rinnovabili.

Proprio per questo la chimica, il petrolio ed il carbone, dagli anni '60­'70 iniziano ad essere considerati puramente nefasti. Altre tecnologie con cui creare energia   sono   necessari,   e   così   si   fa   larga   la   benevolenza   nei   confronti   di un'energia che non è generata dai combustibili fossili, sperimentata già dagli anni '50: l'energia atomica. Di centrali elettronucleari ve ne sono di vari tipi,  si differenziano per generazione e per tipo di reattore, ma indicativamente il loro funzionamento   prevede   di   mantenere   un   ordigno   nucleare   entro   la   soglia dell'esplosione, in tal modo la temperatura raggiunta si aggirerà tra i 1000°C e i 2000°C, i condotti idrici verranno surriscaldati e il liquido contenuto genererà vapore, che produrrà il moto delle turbine, collegate all'alternatore dell'impianto 129Meadows D. H., Meadows D. L., Randers J., Behrens III W.W., The Limits to Growth, Universe Books, 1972 130Tema tanto spinoso quanto di primaria importanza. Vede la genesi sopratutto negli anni '80, e si fonda sull'interazione di tre elementi: economia, ambiente, equità sociale. Porre l'accento sulla protezione della natura (rapporto Carter 1982), piuttosto che sulla necessità di equità sociale   nella   ripartizione   delle   risorse   (rapporto   Bruntland   1987)   pone   un'incolmabile differenza ad effetto domino sulla combinazione degli elementi stessi, e sulle conseguenze che   ne  derivano.   Eleggere   il   rispetto   per   la   natura,   implica   porre   dei  profondi  limiti   al modello   d'economia   reggente.   In   poche   parole,   significa   smantellare   il   sistema   su   cui   il mondo si regge da secoli.

elettrico.   Due   casi   su   tutti   richiamarono   l'attenzione   sugli   effetti   mortali   e devastanti del nucleare: nel 1979 a Three Miles Island (Pennsylvania) e nel 1986 a Chernobyl (Ucraina). Nel primo caso, si sfiorò la fusione del nocciolo, nel secondo caso, come tristemente noto, la fusione avvenne.

Ancor prima del disastro di Chernobyl, una più generale sensazione di insicurezza   scaturita   dall'avanzare   scientifico   slegato   da   un'etica   della responsabilità,   per   dirla   con   Hans   Jonas131,   commista   ai   dilaganti   problemi

ambientali antropogenici, diedero l'impulso alla formazione dei primi movimenti ambientalisti, ad esempio WWF (1961) e Greenpeace (1971). In Italia sorsero Italia Nostra (1955), Enpa (1971), Lega Anti Vivisezione (1977), Amici della Terra (1978) e Legambiente (1980). Come si vede chiaramente dagli esempi riportati, il “problema natura” è di proporzioni ampie, e includendo le specie animali coinvolge in toto ed immancabilmente la sfera della biodiversità. È proprio il tema della protezione della biodiversità a costituire il fulcro di uno   dei   documenti   di   settore   prodotti   della   Conferenza   di   Rio   de   Janeiro, tenutasi nel 1992, a cui si collega l'altro documento di settore, la Convenzione sulla protezione delle foreste. Dalla conferenza scaturisce altresì la cosiddetta Agenda  21,  cioè  l'elenco  di  principi   ed   obiettivi  che   la   politica  e   l'economia dovrebbero porsi nel XXI secolo per implementare lo sviluppo sostenibile.

Arriviamo   ad   oggi.   In   che   direzione   stiamo   andando?   Gli   errori   del passato   sono   serviti   a   rendere   migliore   il   presente?   Difficile   dirlo.   I   disastri nucleari continuano ad essere sfiorati (Fukushima Dai­Chi 2011), biopirateria e land grabbing132 sono all'ordine del giorno, le politiche economiche globali sono