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Stabilità e normativa prudenziale

Nel documento La finanza americana fra euforia e crisi (pagine 113-123)

I mutamenti avvenuti in campo bancario e finanziario nel corso degli anni Ottanta hanno modificato alcuni importanti aspetti del sistema finanziario negli Stati Uniti e negli altri maggiori paesi industriali, rendendo necessario un attento riesame delle strutture normative e di vigilanza.

Sono emersi nuovi strumenti e nuovi intermediari finanziari. Il processo di innovazione e la globalizzazione dei mercati han-no reso mehan-no precise le tradizionali distinzioni esistenti tra isti-tuzioni e funzioni finanziarie.

di profitto hanno spinto le istituzioni finanziarie a introdurre nuovi strumenti il cui grado di rischio non è spesso facilmente valutabile. La proliferazione delle transazioni finanziarie ha al-lentato i legami esistenti tra i prestatori e i prenditori finali, rendendo perciò più problematica un'attenta valutazione del rischio.

Più in generale, si può affermare che la crisi delle maggiori borse mondiali dell'ottobre del 1987 ha dimostrato che i legami sempre più stretti e la crescente interdipendenza tra i maggiori mercati mondiali non fanno che accelerare e amplificare la dif-fusione degli shocks a livello mondiale.

Questi eventi hanno proposto la necessità di rafforzare la vi-gilanza nel settore finanziario. La decisione delle banche centra-li e degcentra-li organi di vigilanza bancaria dei maggiori paesi indu-striali di fissare un livello comune del patrimonio per le banche che operano su scala internazionale12 è un passo importante in questa direzione.

Tuttavia la crisi dell'ottobre del 1987 ha dimostrato che an-che in paesi quali gli Stati Uniti, dove le attività di borsa e quelle bancarie sono tenute separate, esistono legami tra banche e società di investimento in titoli. Queste ultime fanno infatti ampio ricorso al credito bancario sia sul mercato all'ingrosso sia attraverso accordi di sostegno specifici13.

Questi legami implicano che un eventuale grave problema in-contrato dalle società di investimento mobiliare possa riflettersi anche sul sistema bancario. Non sembra quindi possibile isolare completamente le banche e gli organi di vigilanza bancaria dalle difficoltà in cui possono imbattersi le società di investimento in titoli. Ciò risulta ancora più vero alla luce della maggiore frammentarietà ed eterogeneità della normativa che regola il mer-cato dei titoli, dove il processo di globalizzazione si è affermato assai rapidamente.

Pur non sottovalutando le difficoltà derivanti dall'elevato gra-do di segmentazione geografica e funzionale, la stabilità del si-stema finanziario statunitense dovrebbe quindi essere garantita da un approccio di vigilanza maggiormente uniforme e integrato per le operazioni di tutti gli intermediari finanziari. Mentre le banche devono continuare a essere soggette a regole specifiche,

data la loro rilevanza nella creazione di liquidità; nel sistema dei pagamenti e nel processo di trasmissione della politica mone-taria, vi è un crescente consenso sulla necessità di una normati-va più incisinormati-va sull'intermediazione non bancaria.

La stabilità di un sistema finanziario fortemente integrato non può infatti essere pregiudicata da possibili crisi nei settori meno soggetti a controllo. Se si vuole evitare di compromettere la competitività delle banche o di obbligare queste ultime a dover scegliere tra perdita di quote di mercato e aggiramento delle norme è necessario prevedere efficaci forme di controllo anche per gli altri operatori finanziari.

Infine, l'attenuazione del tradizionale grado di specializzazio-ne all'interno del sistema finanziario, in cui le banche svolgeva-no la maggior parte dell'intermediazione, insieme alla nascita di un mercato globale, ha reso sempre più difficile la distinzione degli intermediari in base alle funzioni primarie svolte, così co-me l'elaborazione di una struttura normativa e di vigilanza che non dia luogo a un certo grado di sovrapposizione tra le varie autorità di controllo.

Potrebbero così sorgere difficoltà nel caso in cui la vigilanza venga condotta secondo criteri funzionali e i singoli mercati sia-no controllati da diverse autorità. In questo modo due diversi organi di vigilanza si troverebbero a dover controllare, sia pure per aspetti differenti, lo stesso intermediario. Il rischio implici-to in un approccio di quesimplici-to tipo è quello di cogliere solo un aspetto di una realtà complessa, senza avere la visione di insie-me dell'ampia gamma di operazioni condotte da una singola isti-tuzione.

La Commissione Brady, istituita dopo il crollo delle borse del 1987, ha raccomandato al riguardo che «...Un'unica istituzione dovrebbe coordinare i pochi, ma fondamentali aspetti normativi che hanno un impatto sui relativi segmenti di mercato e sull'in-tero sistema finanziario... La singola istituzione deve essere in grado di valutare a fondo l'interazione dei mercati — e non soltanto di regolamentarne i diversi segmenti. Essa deve avere una visione globale dell'intero sistema finanziario, sia nazionale sia estero, mantenendo allo stesso tempo indipendenza e pron-tezza di reazione...»14.

6. Conclusione

I profondi mutamenti che hanno interessato il campo banca-rio e finanziabanca-rio negli Stati Uniti e all'estero hanno reso una riforma del Glass-Steagall Act auspicabile e, forse, inevitabile. I vantaggi che potrebbero derivarne sono evidenti solo se si con-sidera il numero di casi in cui il Glass-Steagall Act è stato aggira-to dalle banche commerciali e dalle società di investimenaggira-to mo-biliare. Un modo per eludere le barriere normative è stata la creazione da parte delle banche commerciali americane di affi-liate off-shore per le operazioni in titoli e di banche a operatività limitata da parte delle società di investimento mobiliare. Una riforma del Glass-Steagall Act faciliterebbe la riallocazione delle risorse promuovendo una ristrutturazione del mercato dei servi-zi finanservi-ziari negli Stati Uniti.

D'altra parte essa implica alcuni rischi, tra cui quello che la rete di protezione pubblica in favore delle banche possa venire estesa anche alle operazioni in titoli. Infatti, anche se le barriere create all'interno della holding bancaria e le restrizioni sulle tran-sazioni reciproche, quali quelle proposte dal Financial

Moderni-zation Act, dovrebbero ridurre parte di questi rischi, resta la

possibilità che, in caso di difficoltà, la banca possa assistere la sua affiliata che opera in titoli. Questo rischio può essere ridot-to attraverso un adeguaridot-to grado di patrimonializzazione sia per le banche sia per le loro affiliate e con un sistema di vigilanza maggiormente integrato.

Note

1 Questa proposta di legge è stata approvata dal Senato (il 30 marzo del 1988), ma non dalla Camera. Se dovesse entrare in vigore, questa legge permetterebbe alle banche di effettuare tutti i tipi di attività in titoli ad eccezione della sottoscri-zione di azioni, che sarebbe possibile nel 1991 solo dopo una risolusottoscri-zione congiunta del Congresso.

2 Tra queste misure va menzionato il coordinamento delle operazioni di mercato aper-to da parte della Riserva federale e la creazione della Federai Deposit Insurance Cor-poration (FDIC).

3 A questo proposito è stato fatto rilevare che il Glass-Steagall Act, pur non es-sendo riuscito a impedire che le banche di investimento svolgessero funzioni di

banche commerciali, ha invece avuto un discreto successo nell'evitare che le ban-che commerciali svolgessero attività di investimento. (Cfr. l'intervento di Robert L. Clarke, Comptroller of the Currency, alla Camera dei Rappresentanti, 22 aprile 1986).

4 Secondo i dati della Riserva federale, la quota delle attività delle banche com-merciali sul totale delle attività del settore non finanziario è scesa dal 29% nel 1974 a circa il 24 nel 1987.

5 C f r . C. N. DUNCAN e B. O. JOLLY, Banks in the Securities Business: A Regulatory

Primer in M . COLER e E. RATNER (eds.), Financial Services, New Y o r k Institute of

Finance, 1988.

6 La decisione della Riserva federale dell'aprile del 1987 di consentire alle affilia-te delle banche commerciali di sottoscrivere questi tre tipi di titoli è stata confer-mata dalla Corte Suprema nel giugno del 1988.

7 C f r . R. ALTON GILBERT, A Comparison of Proposals to Restructure the Us Finan-cial System, «Federai Reserve Bank of St. Louis Review», voi. 70, n. 4,

luglio-agosto 1988.

8 Nel periodo 1984-87 otto banche di investimento avevano guidato il sindacato di collocamento di circa l'86% del totale dei titoli societari emessi negli Stati Uniti; il mercato delle obbligazioni societarie risultava più concentrato di quello delle azioni (Tavola 2).

9 C f r . ROBERT LITAN, What Reforming Glass-Steagall Will Bring, «The International Economy», marzo-aprile 1988.

10 Tra i maggiori paesi industriali, soltanto negli Stati Uniti e in Giappone esiste una separazione istituzionale tra l'attività bancaria e quella in titoli. In quest'ulti-mo paese ciò è un'eredità dell'immediato dopoguerra, allorché Tokyo adottò quest'ulti-molti degli ordinamenti istituzionali esistenti negli Stati Uniti. Tuttavia, anche il Giap-pone sta considerando la possibilità di modificare la sua legislazione bancaria di tipo Glass-Steagall. Altri paesi (ad es. il Regno Unito e l'Italia), pur considerandole distinte, non operano una separazione istituzionale tra attività bancaria e quella in titoli. In questo caso le banche operano spesso in titoli attraverso sussidiarie specializzate, piuttosto che tramite la casa madre. Infine, in paesi quali la Germa-nia federale e la Svizzera, caratterizzati da sistemi bancari di tipo universale, le banche possono effettuare ogni tipo di operazione in titoli e tradizionalmente svol-gono un ruolo preminente nel mercato.

11 Nel 1987 le sette maggiori banche a livello mondiale erano giapponesi. La pri-ma banca statunitense risultava appena in ottava posizione.

1 2 C f r . BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, Committee on Banking Regulations and

Supervisory Practices «International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards», luglio 1988. Entro il 1992 le banche attive a livello internazionale

do-vranno detenere una base minima di capitale pari all'8% dell'attivo (le diverse attività di bilancio nonché gli impegni «fuori bilancio» vengono ponderati secondo la loro rischiosità) e sono costituiti almeno per la metà dal capitale primario, in modo da garantire ai depositanti un ampio margine di sicurezza.

13 Come sottolinea E. Gerald Corigan Presidente della Federai Reserve Bank di New York «... una delle ragioni per il recente rapido sviluppo della securitization è che in molti casi i titoli vengono emessi con caratteristiche tali per cui almeno alcuni dei rischi eventuali, di liquidità o di credito, vengono assunti dalla banca o da altri intermediari. E forse paradossale che mentre molti osservatori considera-no i titoli la minaccia più grave alla stessa sopravvivenza ecoconsidera-nomica del tradiziona-le intermediario bancario, sono proprio i fidi e tradiziona-le garanzie deltradiziona-le banche — e non

in piccola misura — a rendere attraente il processo di cartolarizzazione, e per gli investitori e per gli emittenti». C f r . E. G . CORRIGAN La struttura del mercato

finanziario: un approccio di lungo periodo, Documenti - Centro Alberto Beneduce,

Roma 1988.

1 4 C f r . il Rapporto della Presidential Task Force on Market Mechanisms, gennaio 1988.

NOISE TRADING AND THE EFFICIENCY OF FINANCIAL MARKETS An Investigation into the Dynamics of Exchange Rates and Stock Prices

Stephan Schulmeister, Michael D. Goldberg

This paper draws heavily on two previous studies on the profitability of technical trading systems in the foreign exchange market (Schulmeisterl987) and in the stock market (Goldberg and Schulmei-ster 1988). We greatefully acknowledge financial support from the C. V. Starr Center for Applied Economics and from the Wissenschaftszen-trum Berlin fùr Sozialforschung. The empirical work was done at the Austrian Institute of Economie Research and we are therefore particu-larly grateful to Eva Horvath who did ali of the statistical work and to Marianne Riese who wrote the computer program for the analysis of the profitability of technical trading rules. We are also grateful to Roman Frydman and Damien King for their many helpful com-ments. A special thanks goes to Erna Kernreich for typing the manu-script.

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1. Introduction

In the General Theory, Keynes distinguished between types of activities in the stock market — speculation and enterprise: If I may be allowed to appropriate the term speculation for the activity of forecasting the psychology of the market, and the term enterprise for the activity of forecasting the prospective yield of assets over their whole life, it is by no means always the case that speculation predominantes over enterprise. As the organisation of investment markets improves, the risk of the predominance of speculation does, however, increase. In one of the greatest investment markets in the world, namely, New York, the influence of speculation (in the above sense) is enormous (KEYNES 1964, p. 158p.).

In the parlance of today's economics, Keynes' speculators would be called noise traders. Such traders are interested only in the «psychology of the market», i.e., in «discovering what average opinion believes average opinion to be» (Keynes 1964, p. 159). Many of these market players attempt to profit from continuou-sly buying and selling financial assets in the short run, without any concern for their long run prospective yields. In other words they completely ignore market fundamentals. Instead, they sub-scribe to a wide assortment of technical trading techniques, which in many cases merely extrapolate the most recent short-run ce movements (i.e., only the information contained in past pri-ces is used). The use of such technical trading strategies has increased strongly in the financial markets of the 1970s and

1 9 8 0 S1. This growth, however, runs counter to one of the most firmly rooted beliefs in economics and finance, namely, that financial markets are efficient. According to this view, no unex-ploited profit opportunities should be available in the market, i.e., market agents should be unable to earn returns systemati-cally in excess of equilibrium expected returns (see Fama 1976). As such, noise trading is irrational and should be absent from the market. Efficient market theorists explain this apparent ano-maly by recognizing that price runs, althoug unsystematic, do exist in an efficient market. A particular technical rule, therefo-re, may seem to be profitable during any given time period,

thus causing market agents to believe mistakenly that they have found a way to beat the market. But, given a sufficient amount of time, such traders will find that their rules are relatively unprofitable on average (see Elton and Gruper 1984 and To-mek and Querin 1984). Efficient market theorists thus view the presence of technical noise trading as a rather transient phe-nomenon.

The purpose of the present paper is twofold. First, it reports the findings of a number of trading rule tests that were conduc-ted in both the foreign exchange market and the stock market, using the dollar-deutschemark exchange rate and the S&P 500 and Dow Jones 30 price indices for the most recent experience of the 1970s and 1980s. The aim here is to test whether the foregoing view on noise trading is accurate, i.e., whether tech-nical noise trading is an unprofitable and therefore transient phenomenon. The tests differ from earlier attempts in that: 1) we examine the profitability of several of the most popular tech-nical trading techniques in both markets; and 2) we use hourly data and take into account the low cost of futures contracts in testing the trading rules in the market for stock2. The pa-per's second purpose is to contrast the findings of the trading rule tests in the foreign exchange market with those in the stock market. In doing so, we attempt to uncover certain features which may be characteristic of speculative prices in general. To this end, we also rely on some rather unconventional methods in quantifying the price dynamics in the two markets.

The structure of the paper is as fallows. Section 2 elaborates upon the pattern of exchange rate and stock price movements. It is shown that a sequence of persistent upward and downward price runs, which are interrupted often by erratic fluctuations, is most typical of the dynamics of speculative prices in the short run. Section 3 presents the results of the trading rule tests ba-sed on gross returns. The analysis finds that the most popular technical trading systems have outperformed consistently the buy and hold strategy in both the foreign exchange market and the stock market by considerable margins. Hence, price movements in both markets are found to involve systematic price runs and to contain information relevant for predicting future price

mo-vements. In Section 4, we adjust gross returns for the cost of transacting. We find that the trading rules are quite profitable in the foreign exchange market, again consistently outperfor-ming the buy and hold. In the stock market, the analysis reveals that while these rules are most likely unprofitable in the cash market for stock, they are extremely profitable in the futures markets for stock, the difference in profitability owing to the fact that futures transactions entail substantially lower transac-tion costs as well as lower margin requirements than do cash transactions. Thus, the information contained in past price mo-vements is found to be exploitable in both the foreign exchange market and the market for stock, if the latter market is broadly defined to include stock index futures (and options), i.e., both the foreign exchange market and the stock market are found to be inefficient. Section 4 concludes with a short discussion on the importance of futures markets for technical noise tra-ding. In Section 5, we report the results of an out-of-sample case study on the profitability of technical analysis during the month of October 1987. The object here is to examine the ex-tent to which technical noise trading might have contributed to the stock market crash of October 19, 1987. The results provide indirect evidence that such trading did play a signifi-cant role in the collapse. Section 6 concludes the paper with a discussion on some of the puzzles the analysis raises.

2. Some Observations on the Pattern of Speculative Prices

Nel documento La finanza americana fra euforia e crisi (pagine 113-123)