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Statistica spaziale per lo studio dei sistemi insediativi

3. Metodi della ricerca

3.5 Sistemi Informativi Geografici e analisi spaziali

3.5.5 Statistica spaziale per lo studio dei sistemi insediativi

Pur costituendo un'evidente semplificazione, la rappresentazione grafica di manufatti, contesti (ad esempio unità abitative o tombe) o siti come punti è di gran lunga la più comune in archeologia. Per questo motivo l'analisi e l'interpretazione della configurazione spaziale dei 'punti sulle carte' costituisce un tema di notevole importanza nella ricerca archeologica. A livello puramente ideale, le configurazioni spaziali che un insieme di punti può formare sono di tre tipi (Fig. 3.2):

a) casuale o random;

b) regolare (definita anche 'dispersa'); c) aggregata (definita anche 'nucleata').

Fig. 3.2. Rappresentazione delle possibili configurazioni spaziali di punti: (a) casuale; (b) regolare; (c) aggregata (da Bevan, Crema, Li, Palmisano 2013, Fig. 2.1)

63 La formula della regressione è la seguente:

Yi= b₀+ b₁Xi + ԑi

dove i indica la variazione delle osservazioni; Y è la variabile dipendente; b₀ è l'intercetta (ossia il coefficiente di X quando Y è uguale a 0); b₁ è il coefficiente angolare (ossia l'angolo della retta di regressione); ԑ indica l'errore statistico. Il processo di regressione consiste nel trovare due numeri, ossia i due parametri costituiti dall'intercetta e dall'angolo della retta di regressione, che meglio approssimano i dati osservati. Si tratta dunque di costruire e verificare un modello che può variare a seconda che i punti di osservazione siano collocati tutti lungo la linea di regressione (correlazione forte) o che i punti risultino più dispersi (correlazione debole). La forza di questa correlazione può essere misurata attraverso un indice, il cosiddetto coefficiente di correlazione di Pearson che varia da -1 (correlazione negativa perfetta) a 1 (correlazione positiva perfetta), che poi viene generalmente tradotto in un coefficiente di determinazione (espresso come r²). Questo risultato indica la proporzione della variazione dei valori di Y determinati da X (per una spiegazione dettagliata del metodo e per le applicazioni in archeologia cfr. Shennan 1997, 114-134; Conolly, Lake 2006, 149-158).

Molto spesso l'interpretazione di queste configurazioni spaziali non è per nulla intuitiva e per questo motivo le tecniche di statistica spaziale possono costituire un valido supporto. Configurazioni regolari dell'insediamento sono state spesso messe in relazione all'instaurarsi di forme di competizione tra abitati vicini, che basano la loro economia su sistemi di sussistenza prevalentemente agricoli64 .E' stato ipotizzato, infatti, che tali configurazioni sottendano alla mancanza di una gerarchia insediativa molto sviluppata; al contrario, configurazioni spaziali tendenzialmente aggregate sono state interpretate come indizio della presenza di insediamenti centrali di primaria importanza (central place), come risultato di processi di 'attrazione' per i vantaggi che la vicinanza a tali centri può offrire, ad esempio in termini di risorse65.

Una tecnica di analisi delle configurazioni spaziali dell'insediamento molto usata è l'Indice del Vicino Prossimo (Nearest Neighbour Index), ideato nell'ambito dell'ecologia e applicato in archeologia a partire dagli anni '7066. Il successo di questa tecnica in archeologia è principalmente dovuto alla semplicità nel calcolo ed alla facilità di interpretazione del risultato, che varia attorno a 1: un valore vicino allo zero significa che i punti sono distribuiti in maniera aggregata, un valore vicino a 1 in maniera casuale mentre superiore a 1 indica un

pattern regolare67.

Sono state sviluppate in anni più recenti ulteriori tecniche per l'analisi delle configurazioni spaziali che tengono conto della variabilità della scala di analisi e sono dette per questo multi-scalari, come la funzione K di Ripley68. Sono parte integrante della tecnica della

64 Su questa ipotesi: Hodder, Orton 1976, 54-85. 65 Ibidem; Roberts 1996, 24 e sgg.

66 Per l'Indice del Vicino Prossimo: Clark, Evans 1954; per le prime applicazioni in archeologia: Hodder, Orton 1976.

67 Per tale analisi, applicata anche in questo studio, si misura per ogni punto la distanza del punto più vicino, e si divide la media delle misurazioni per un valore atteso se la distribuzione fosse random. Questo presuppone la stima di un'intensità media ottenuta dividendo il numero di misurazioni per la dimensione complessiva dell'area di analisi. Benché di facile applicazione, questa tecnica ha il suo limite principale nel fatto che il risultato è fortemente influenzato dalla dimensione dell'area, che risulta spesso difficile da selezionare con criteri oggettivi. Alla base dei limiti di un'area di indagine possono esserci criteri geografici dati da limiti di carattere fisico o criteri culturali dati dallo sviluppo delle identità culturali. (per i risultati e la discussione cfr. infra Par. 6.2.).

68 Il procedimento consiste nel calcolare il numero medio dei punti ad una distanza r da tutti i punti osservati e ripetere il procedimento su valori differenti di r. Il rapporto tra tale valore e l’intensità del processo ossia il rapporto tra il numero di misurazioni e dimensioni dell'area di studio) ci permette di identificare il valore

funzione K di Ripley le simulazioni di Monte Carlo (Monte Carlo simulation), che possono avere un largo utilizzo in archeologia. Si tratta infatti di un'insieme di tecniche statistiche applicate a partire dalla seconda metà del secolo scorso (soprattutto nel capo della fisica, ma recentemente anche nel campo delle scienze sociali), al fine di stimare i parametri di popolazioni complesse69. Questo metodo riduce, infatti, l'incertezza nelle modalità di selezione del campione casuale mediante la ripetizione della scelta anche più di 1000 volte, rendendo poi possibile esaminare i campioni sulla base di un valore statistico, che generalmente è costituito dalla media aritmetica70.

Monte Carlo (Monte Carlo simulation) in base alla quale se il valore osservato è maggiore di quello ipotetico si ottiene un pattern tendenzialmente aggregato mentre viceversa si ottiene un pattern tendenzialmente disperso. Si tratta dunque di un confronto statistico compiuto tra un campione osservato e uno random. mediante un processo stocastico definito anche come Complete Spatial Randomness (CSR) e postulando che i campioni abbiano una certa corrispondenza con le popolazioni da cui essi sono tratti (Ripley 1976) (per un'illustrazione del metodo nel dettaglio e applicazioni a livello archeologico: Orton 2004; recentemente Palmisano 2013; per una completa disamina sull'utilizzo della simulazione di Monte Carlo per lo studio dei pattern insediativi: Bevan, Crema, Li, Palmisano 2013).

69 Per il metodo della simulazione di Montecarlo cfr. Robert, Casella 2004; per le applicazioni nelle scienze sociali: Fotheringham, Brunsdon, Charlton 2001, pp.114-128; in archeologia: Orton 2004.

70 Per una sintesi sulle applicazioni della simulazione di Monte Carlo in archeologia cfr. Conolly, Lake 2006, 161; Bevan, Crema, Li, Palmisano 2013; per il numero di ripetizioni e quindi il numero di campioni random necessari per ottenere una background population affidabile cfr. Lake, Woodman 2000. Nell'ambito di questa ricerca i test che hanno previsto l'applicazione della simulazione di Monte Carlo sono stati svolti ai fini dell'individuazione la possibile relazione esistente tra i tumuli e luoghi elevati. Infatti, dopo aver notato una certa corrispondenza tra la posizione dei tumuli e le scarpate erosive dei maggiori corsi fluviali, la simulazione è consistita inizialmente nell'ottenere la media aritmetica del cambiamento di pendenza (espressa in gradi) esistente in un raggio di 100 m di 99 campioni di 34 siti ciascuno posizionati casualmente nell'area di studio; successivamente, è stata confrontata la media del cambiamento di pendenza nell'area stabilita del campione di siti (il campione osservato di 34 tumuli verificati o probabili) con quella per ciascun campione di siti posizionati casualmente (la background population o CSR). Il cambiamento di pendenza nell'area dei tumuli risultava significativamente più alta rispetto a quella dei siti collocati in maniera random, suggerendo in questo modo una correlazione tra la posizione dei tumuli e i luoghi elevati. In altre parole, grazie a questa tecnica e al confronto tra due campioni, quello dei siti osservati e quello dei siti localizzati casualmente, è stato possibile verificare se la posizione dei primi fossero o no influenzati da alcune variabili prevalentemente ambientali come, in questo caso, l'altimetria del terreno (cfr. infra Par. 6.3.1).