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La storia di Finmeccanica

• Le origini

“Fra tutte le finanziarie dell’Iri , Finmeccanica fu all’inizio quella che trovò maggiore difficoltà a delineare una sua propria missione: aveva infatti ereditato dalla guerra una congerie di imprese meccaniche che facevano un po’ di tutto e uno dei compiti che i manager di Finmeccanica si ritrovarono per le mani fu quello di identificare il core business di ciascuna delle imprese, di trovare il modo di coordinare le imprese fra di loro per creare sinergie, di evitare doppioni ed esaltare la specializzazione.”181

Già dal 1946, in IRI, era manifesta la preoccupazione per la cattiva tendenza gestionale del settore navale e meccanico della grande holding pubblica e l’intenzione di giungere alla costituzione di una sub-holding che si occupasse del settore. Infatti, c’era bisogno di riconvertire le aziende in direzione di un mercato civile, tutto da ideare, al cospetto di un blocco dei licenziamenti e di una pubblica opinione che incolpava l’IRI dell’estremo disagio in cui erano cadute le aziende che avevano fabbricato per il conflitto.

I primi criteri gestionali mirarono all’avvicinamento alla Confindustria, per affrontare tutti i problemi sociali; nessuna preferenza politica nella gestione, all’insegna del mercato privato, una gestione, cioè, che mirasse all’equilibrio economico, accentrando l’assetto del settore con forti e numerose acquisizioni.

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La filosofia, in tale disegno, è direttamente collegabile al pensiero del già ricordato Beneduce, ma sfidava una situazione economica del Paese disastrata dagli effetti della guerra. D’altra parte, c’era la consapevolezza dell’importanza acquisita dall’industria meccanica nel sistema industriale italiano, in termini di esportazioni, col superamento del meccanico sul tessile, in termini sia di valore aggiunto e sia di addetti; infatti, alla fine degli anni Trenta, la forza lavoro costituiva circa il 30% del totale ed era ulteriormente aumentata in seguito, in quanto la capacità produttiva della meccanica era incrementata del 50% durante il conflitto e i danni di guerra potevano averla abbattuta di un 15%, determinando, così, un aumento totale netto di oltre un terzo, rispetto al livello prebellico182.

Per questi motivi, governo e IRI avevano coscienza della grande responsabilità verso questa industria, che successivamente divenne strategica nel miracolo economico italiano e, tutt’oggi, costituisce un ramo prezioso dell’industria italiana, tanto che, nel 1947, quando per bloccare l’inflazione fu applicata “la linea Einaudi”183, rimase una linea di finanziamento agevolata per tale industria, grazie al fondo per il finanziamento dell'industria meccanica (Fim) creato l’8 settembre 1947.

L’IRI nominò un commissario che studiò il problema, sotto le critiche dell’opinione pubblica, e sostenne di costituire la finanziaria dopo lo sblocco dei licenziamenti avvenuti e la messa a disposizione di adeguate risorse finanziarie. Tali condizioni, però, non furono attese, a causa del conflitto sociale che premeva alle porte, perciò fu emanato il decreto legislativo del capo dello Stato n. 1420, del 15 dicembre 1947, che permise all’IRI di creare la Società finanziaria meccanica, Finmeccanica, con sede in Roma e capitale di 15 miliardi di lire, la quale doveva “[…] assumere partecipazioni azionarie in società esercenti l’industria

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Cfr. Zamagni Vera, Come perdere la guerra e vincere la pace, Il Mulino Bologna 1997, p. 37.

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I punti cardine della “linea Einaudi” sono due: da un lato restringere il credito bancario per salvare lo Stato dalla bancarotta frenando le speculazioni e per riorientare i capitali verso i titoli di Stato piuttosto che verso gli investimenti borsistici; dall’altro immettere sul mercato generi alimentari a basso costo, acquistati all’estero, per frenare l’inflazione e salvare il potere d’acquisto della lira. La politica economica di Einaudi mette un freno all’inflazione, genera un miglioramento nella bilancia dei pagamenti e garantisce più stabilità alla lira consentendo all’Italia di inserirsi nel mercato internazionale. Al tempo stesso, però, provoca una caduta della domanda e la conseguente riduzione degli investimenti e della produzione industriale, con riflessi negativi sull'occupazione e sulla crescita del reddito nazionale. Ma in soccorso della finanza pubblica arrivano gli ingenti aiuti americani del Piano Marschall (1.470 milioni di dollari dal 1948 al 1952).

meccanica e delle costruzioni navali, di curare il riordinamento e il coordinamento tecnico delle stesse e prestare loro, nelle forme ritenute più adatte l’opportuna assistenza finanziaria”.

Sorta come finanziaria, il DPR previde però, da subito, lo scopo di coordinamento tecnico e il 18 marzo 1948 la Finmeccanica si costituì con l’acquisizione, concessa dall’IRI, delle aziende meccaniche e costruzioni navali gestite anteriormente, escluse alcune società quali la Cogne di Imola, la società Rej di Milano, controllata dall’Ilva e l’Omsag di Palermo. La Safog di Gorizia, invece, era controllata dai Cantieri Riuniti dell'Adriatico (Crda) di Trieste e dalla Siemens, facendo così, indirettamente, capo a Finmeccanica. Nella tabella si evidenziano le attività del gruppo Finmeccanica, percentualizzate rispetto alla capacità produttiva del Paese, a dimostrazione che si trattava di una consistente quota dell’industria meccanica nazionale. Infatti, Finmeccanica si trovò a gestire un quarto della produzione potenziale della meccanica italiana, con un’ingente parte nelle costruzioni navali e produzione di armi, ma un’ampia dispersione in quasi tutti gli altri settori. (V. Tabella 4)

Tabella 4 - Il peso delle aziende confluite in Finmezzanica all’interno dell'industria meccanica italiana, fine 1947.

Le principali localizzazioni erano Genova (Ansaldo, San Giorgio), La Spezia (Oto), Trieste e Monfalcone (CRDA), Milano (Alfa Romeo, Filotecnica Salmoiraghi), Brescia (Sant’Eustacchio),Napoli (Navalmeccanica, Fama, Metalmeccanica). Occorreva una discontinuità vigorosa nel settore siderurgico, se voleva fornire il ferro a prezzi competitivi internazionalmente, perciò era necessario realizzare l’ammodernamento impiantistico a ciclo completo; allora, per le aziende consegnate a Finmeccanica, le idee guida divennero il raggruppare le lavorazioni di ogni settore in una capofila, evitando doppioni inutili e la concorrenza interna, fondendo una serie di società per avere impianti completi, scongiurando

il presentarsi sui mercati internazionali con industrie isolate, che al massimo potevano consegnare singoli macchinari.184

Tutto ciò non poteva essere fatto in tempi brevi, mentre i dirigenti di Finmeccanica erano consci delle grandi attese cui erano chiamati a rispondere: l’industria meccanica, asse portante dell’industria nazionale, che stava iniziando a conoscere una forte ripresa, faceva riferimento ai programmi di Finmeccanica, ma le aziende, da questa ereditate, erano proprio quelle che più avevano lavorato in passato per lo Stato e per la guerra e si trovavano, in larga misura, prive di esperienza nelle produzioni per il mercato civile.

Nel 1950, veniva calcolato che, per raggiungere l’equilibrio d’esercizio, senza creare disoccupazione, bisognava incrementare le acquisizioni di commesse da parte dello Stato e di soggetti esteri, di circa un terzo; ma, contemporaneamente, le esportazioni erano rese difficili per la scarsa produttività del lavoro italiana, dovuta, sia ai pochi investimenti fatti nel passato, sia alla scarsa standardizzazione del lavoro e, infine, sia alla scarsa qualità dei beni prodotti.

Risorse disponibili dell’IRI molto scarse all'epoca, non ottimizzavano la speranza di invertire le cose rapidamente, con massicci investimenti. L’intuito gestionale spinse ad espandere Finmeccanica verso settori nuovi, anche improvvisando, continuando però a far vivere assieme troppi tipi di lavorazioni diverse in stesse aziende e invece mantenendo separate quelle collocate in un medesimo segmento di produzione.185 La San Giorgio, per esempio, specializzata in ausiliari di bordo, ottica meccanica di precisione e apparecchi di misura, si mise, anche, a costruire macchine per calze, macchine tessili ed elettrodomestici.

Nel Meridione, il rilancio delle imprese nel Napoletano fu reso difficile dalle distruzioni fisiche, che ne imposero una ricostruzione e dall’avere un mercato locale molto

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Cfr. Zamagni Vera, Finmeccanica. Competenze che vengono da lontano., cit..

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“La San Giorgio, per esempio, specializzata in ausiliari di bordo, ottica meccanica di precisione e apparecchi di misura, si diede a costruire macchine per calze, macchine tessili ed elettrodomestici. La Oto che tradizionalmente lavorava per forniture militari, intraprese la produzione di trattori e macchine utensili e, in un suo stabilimento conferito poi ad altra società, di impianti frigoriferi. L’Alfa Romeo, che aveva del tutto cessato la produzione di automobili durante la guerra, per concentrarsi su quella di autocarri militari e motori per aerei, fu l’unica azienda che poté rapidamente progettare il ritorno ad un mercato precedente, quello dell’automobile, che si prefigurava molto promettente, impostando un nuovo modello con l’aiuto di macchinario acquisito attraverso l’Erp, per la 1900, che venne prodotta in serie a partire dalla fine del 1950.” Da Zamagni Vera,

meno attraente di quello del resto del paese. A Pomigliano d’Arco, all’Alfa Romeo che produceva motori avio, fu messa in piedi la produzione del micromotore “Mosquito”, in modo da offrire un prodotto completo e ad un prezzo accessibile.

Nel 1951 le aree di produzione erano: a) la costruzione navale e di macchine termiche, b) autoveicoli, veicoli ferro tranviari, strumenti di sollevazione e spostamento, realizzazioni in metallo; c) l’elettromeccanica e macchine idrauliche, agricole, tessili, d) impianti industriali; e) ottica e meccanica di precisione, aeronautica. Praticamente sparita è la produzione bellica e lo sforzo di dare omogeneità agli ambiti di produzione è agli inizi, aggravato dal venire acquisite, continuamente, nuove imprese, in seguito al susseguirsi, di volta in volta, di nuovi probabili fallimenti.

A partire da tale data, si profilò un certo risveglio delle forniture sia per la Marina militare sia per l'Aeronautica, che spinse a raggruppare alcune imprese del Napoletano per reinserirle nella produzione di motori e cellule per aereo.

La società Aerfer, che sarebbe stata, in seguito, primo attore in questo settore, fu costituita il 7 luglio 1956, dalla fusione delle Officine di Pomigliano per Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie (Aerfer) con le Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali (Imam). Tale esempio è importante ai fini dell’analisi, in quanto Finmeccanica aveva acquisito l’Imam e l’Avis nel 1952, allorquando esse, facenti parte in origine dei gruppi Breda e Caproni, ricevettero assistenza dal Fondo per le Industrie Meccaniche. A Roma il 14 aprile 1951, sorse l’impresa Microlamda, con sede al Fusaro, Napoli, con competenze, utili al gruppo, nell’ambito dell'elettronica per la costruzione di apparecchi radar, ecogoniometri, scandagli ultrasuoni, calcolatori, in collaborazione con l'importante società americana Raytheon Manufacturing Co., con sede in Waltham, Massachusetts.186 Un’iniziativa che avrebbe avuto un notevole seguito, in quanto dalla fusione di Sindel e di Microlambda sorgerà, nel 1960, la Sipel, Società industriale prodotti elettronici S.p.A., in cui Edison, Finmeccanica e Raytheon avranno partecipazioni azionarie; tale impresa si trasformerà, nel

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La Società Raytheon Manufactoring Co., fondata nel 1922, è, anche oggi, specializzata nel settore della difesa militare statunitense, con produzioni di armi, strumenti militari ed elettronici.

giugno dello stesso anno, in Selenia, ampliando il settore di affari all’informatica e alle telecomunicazione civili. Nello stesso anno coopera alla realizzazione del sistema missilistico contraereo NATO Raytheon MIM-23 Hawk su licenza Raytheon. Selenia si inserirà, nel 1969, nel progetto e costruzione del satellite per telecomunicazioni Sirio 1, grazie alla sua qualificazione nella realizzazione di apparati di telecomunicazione e telemetria.187

Chiaro è il fine di tutto ciò: si aveva intenzione di dar vita ad un polo dell’industria italiano per la realizzazione di compositi elettrici ed elettronici ad impiego militare.

Alla guida di Finmeccanica, nel novembre 1951, va l’Ing. Giuseppe Lojacono, esperto in realizzazioni navali, il quale fu presidente del gruppo fino alla sua morte nel maggio 1956, mentre divenne direttore generale Giuseppe Luraghi, uomo poliedrico che successivamente diverrà molto popolare188.

Poco tempo dopo, in seguito alla ridefinizione della loro politica estera, relativamente alla guerra di Corea e alla guerra fredda, gli Stati Uniti ordinarono a Finmeccanica molte commesse militari. Per di più Finmeccanica decise di inviare molte sue delegazioni in Messico, Argentina, India e Spagna, per vedere di acquisire ordinativi.

Il fatturato allora iniziò a salire, tanto che, a prezzi costanti, ebbe, tra il 1949 e il 1953, un incremento del 50%; però, dal punto di vista del conto economico vi era una notevole sofferenza, a causa del gravame dei costi delle acquisizioni nazionali, pur essendo lo stato patrimoniale privo di disavanzi,189 per l’ovvio motivo che, i finanziamenti concessi dall’IRI erano considerati, dall’Istituto capofila, come depositi infruttiferi.

187

Cfr. Zamagni Vera, Finmeccanica. Competenze che vengono da lontano., cit..

188

“Egli nato a Milano nel 1905, laureatosi in economia all'università Bocconi nel 1927, si impegnò dapprima alla Pirelli e collaborò con Cesare Merzagora, coltivando anche un versante letterario che fu presente in tutto il corso della sua vita. Dopo una breve permanenza in Sip tra 1950 1951, divenne direttore generale di Finmeccanica, dove si applicò alla ristrutturazione del gruppo. Creò la rivista "Civiltà delle macchine", in cui si fondevano umanesimo, scienza e tecnica. Nel 1956 abbandonò il gruppo per divergenze sulla governance delle controllate per passare brevemente come AD alla Lanerossi. Nel corso del 1960 venne nominato presidente dell'Alfa Romeo dove restò fino al 1974. In seguito fu artefice del salvataggio della Necchi e divenne presidente della Mondadori (1977-1982). Morì a Milano nel 1991.” Da Zamagni Vera, Finmeccanica. Competenze che

vengono da lontano, cit. pp. 21-22, nota 24.

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Ma la cosa non poteva durare a lungo, tanto che già nella Relazione al bilancio del 1957-1958, il grido di sofferenza gestionale si leva in modo chiarissimo: “[…] Non tocca certo a noi la formulazione di direttive generali sui compiti delle imprese a partecipazione statale, ma è nostro dovere di amministratori far presente [...] come si renda sempre più necessaria una chiarificazione per far consentire alle direzioni delle imprese di non avere incertezze sui loro compiti, sulla loro area di autonomia e sulla loro responsabilità. Come dato di esperienza ci appare evidente che una articolazione organizzativa che favorisca l’autonomia delle imprese si manifesta chiaramente come miglior mezzo di difesa contro il formarsi di appesantimenti burocratici e contro ogni interferenza di carattere extra-economico [...]. Siamo convinti che le maggiori difficoltà che si presentano per diverse aziende Finmeccanica, pur trovando in parte la loro spiegazione negli indirizzi produttivi originari, nonché in problemi di fondo di settori specifici dell'economia italiana, derivano in misura non indifferente e talora prevalente anche dalla anelasticità delle gestioni. Ci preme affermare chiaramente che i criteri di gestione economica ed efficiente delle aziende non si contrappongono affatto alle esigenze sociali dalle quali, talvolta, hanno trovato origine le deroghe all’applicazione dei criteri medesimi; siamo convinti che soltanto sviluppando gli organismi industriali in modo veramente sano si può concorrere all’aumento di validi e stabili posti di lavoro; situazioni marginali o temporanee debbono essere considerate risolte con i sentimenti più vivi di solidarietà umana, ma non si deve consentire che essi portino a cristallizzazioni e ad accentramenti burocratici, mortificando slanci novatori, creando privilegi e distruggendo i basilari parametri dell’efficienza aziendale. Impostazioni suggerite dall’assillo di gravi problemi di carattere sociale determinano nella generalità dei casi l’impiego irrazionale di capitali e di energie, con negativa conseguenza finale sullo sviluppo del reddito e sui livelli dell’occupazione globale, che costituiscono, per l'appunto, finalità fondamentali nell’intervento dello Stato nell’economia. Tali impostazioni hanno poi l’ulteriore svantaggio di offrire alibi comodi ad errori direzionali di diversa natura [...]. Nel decennio intercorso dalla costituzione della Finmeccanica all’ultimo esercizio, il gruppo ha realizzato sensibili progressi; purtroppo però i risultati economici non hanno segnato apprezzabili miglioramenti

[...]. Di fronte a questi innegabili progressi, grossi e numerosi problemi restano da risolvere: numerosi sono tuttora i doppioni e gli irrazionali frazionamenti di produzione; bisogna concentrare ancora non poche imprese, convogliando le loro attività su direttrici ben delimitate.”190

Parole che evidenziano la sofferenza dei responsabili gestionali per lo stato interno che c’era in Finmeccanica, situazione altresì causa dell’esonero volontario del già menzionato Giuseppe Luraghi, dopo un contrasto con l’allora presidente dell’Iri, Aldo Fascetti, un obbediente alla politica,191 sulla governance delle società controllate. Luraghi racconta così quell’episodio: “[…] Ancora una volta mi dimisi dall’incarico perché non volli accettare alcune direttive di un nuovo presidente dell’Iri di estrazione politica: direttive che urtavano i miei convincimenti tecnici e che del resto assai presto si dimostrarono inapplicabili, tanto da non aver poi avuto alcun pratico seguito”.192

• Una particolare figura di manager

Figura bella quella di Giuseppe Luraghi, che lascia il gruppo di Stato e diviene presidente e amministratore delegato alla Lanerossi, per rilanciarla. Lascerà l’impresa nel 1959, quando per gli eccellenti successi avuti si avrà la scalata in borsa di un raider.

Negli anni tra il 1950 e il 1960 unisce le passioni per la pittura e la scrittura, provvedendo al testo critico dei volumi destinati al pittore brasiliano Candido Portinari, già famoso al di là dell’Oceano e che Luraghi mira a pubblicizzare in Italia.

Nel 1960 è presidente dell’Alfa Romeo. La posta è rischiosa. Egli vuole rendere l’Alfa, in condizioni economiche pessime, una fabbrica competitiva. Diverrà “l’uomo della Giulietta”, simbolo di un’Italia del miracolo proiettata verso un lungo cammino e testimonial di ciò, anche nelle filmografie dell’epoca.

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Finmeccanica, Relazione di bilancio 1957-58, pp. 16-17.

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Aldo Fascetti nato a Pisa il 22 ottobre 1901, ivi deceduto il 25 settembre 1960. Partigiano, nel 1943 fu tra i creatori della DC di Pisa. Fu deputato per il collegio di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara nelle legislature 1948-1953 e 1953-1958. Si dimise da deputato quando fu nominato presidente dell'Iri il 29 marzo 1956, carica ricoperta fino al 1960.

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Luraghi tenterà il salto quantitativo con la creazione dell’Alfasud, ma ancora una volta le difficoltà dell’operazione e l’ingerenza della classe politica, che tende a vincolare l’industria pubblica, conducono alla sua partenza dall’Alfa Romeo nel 1974.

In questo periodo lo studio culturale di Luraghi va in due direzioni: la narrativa, con il romanzo Due milanesi alle piramidi, del 1966 e con undici edizioni, e la saggistica con Le

macchine della libertà (1967), un tentativo di sintesi del suo tipico concetto di uomo di

cultura e di uomo d’industria, offrendo il pensiero di una società democratica moderna e di massa, incentrata sul ruolo giocato dallo sviluppo tecnologico; poi con Milano. Dal quattrino

al milione (1968), riesame sulla città della sua gioventù, e Capi si diventa (1974), una

valutazione sulla propria vita. Collabora sistematicamente con il “Corriere della Sera”, “Repubblica”, “Epoca” ecc., con lo pseudonimo di Dario Renzi.

Maggiori riflessi culturali nel Paese portò la costituzione, nel 1949, della casa editrice La Meridiana, di cui fu promotore con altri importanti personaggi della cultura di allora, che fino al 1957 diffuse, fra le altre cose, una collana di poesia di grande reputazione nello scenario culturale italiano del dopoguerra.

In qualità di direttore generale di Finmeccanica, nel 1953, volle la rivista “Civiltà delle macchine”, come già era avvenuto alla Pirelli, dove lavorò dal 1930 al 1950, con la rivista “Pirelli”. “Civiltà delle macchine” fu diretta da Leonardo Sinisgalli,193 con cui Luraghi ebbe, alla Pirelli, un rapporto professionale e intellettuale.

La rivista, sorta come organo della finanziaria pubblica, fu per un quinquennio un inconsueto spazio di incontro tra sapere tecnico e umanistico, riproducendo l’eclettismo intellettuale di Luraghi.

Negli anni Settanta si dedicò alla ristrutturazione della Necchi, produttrice di macchine per cucire e modello di capitalismo familiare in crisi, per l’ineluttabile sfaldarsi degli assetti che sostennero il successo delle imprese italiane nel periodo propizio del miracolo economico.

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Leonardo Sinisgalli nato a Montemurro il 9 marzo 1908 e morto a Roma il 31 gennaio 1981 fu poeta, ingegnere e copywriter italiano. È conosciuto come “Il poeta ingegnere” o “Il poeta delle due muse”, avendo fatto convivere nelle sue opere cultura umanistica e cultura scientifica.

La carriera di Giuseppe Luraghi terminò con la presidenza della Mondadori, durata dal 1977 al 1982. La fuoriuscita dall’editoriale milanese si verificò in concomitanza con il fallito tentativo di affermazione nel campo televisivo, poiché ci fu la vendita dell’emittente Rete 4 alla Fininvest di Silvio Berlusconi e l’ingresso di Carlo De Benedetti alla sommità della Mondadori.

Politicamente, Luraghi condivise le idee della tradizione socialista riformista italiana, ma rimase, almeno formalmente, fuori da ogni partito. In lui v’era il bisogno di procedere alla