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studio.

LO STORYTELLING MANAGEMENT

Lo storytelling management viene applicato soprattutto a livello dirigenziale, per poi espandersi, con i suoi flussi positivi in tutto il sistema aziendale. Si tratta di una riflessione che ruota intorno all’organizzazione, alla sua identità, ai suoi valori e alla figura del leader, la quale è preposta ad incarnare il volere aziendale e portare avanti i suoi principi.

Fra gli autori che hanno scritto di questo tema, ci occupiamo in modo particolare di Van Riel e Stephen Denning. Questi due autori partono da concezioni e background diversi. Mentre Van Riel, appoggiandosi ai grandi pilastri della Corporate Communication descritti nel suo libro, porta avanti l’idea della necessità di una visione globale dell’azienda basata sui common starting points e su una corporate story integrata14. Denning15, si concentra più sulla figura del leader,

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Facciamo riferimento in modo particolare al capitolo decimo del libro “The expressive organization: linking identity, reputation and corporate brand”, op cit. Il capitolo redatto da Van Riel, ed intitolato “Corporate communication orchestrated by sustainable corporate story”, tratta dell’utilizzo di una storia aziendale come cornice al fine di sostenere i valori e la cultura della corporate.

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declinando le funzioni dello storytelling ad uso e consumo del management. Focalizzandoci ora sul concetto di storytelling management, è chiaro comprenderne il principio:

“l’utilizzo di storie all’interno di una strategia consolidata volta a raggiungere un dato fine”.

A tal proposito Denning nel suo libro “The leader’s guide to storytelling : mastering the art and discipline of business narrative”, ci fornisce un quadro di otto situazioni ( che lui definisce: “the eight narrative patterns” ) all’interno delle quali la narrazione può essere un utile strumento.

Ovviamente tali situazioni, sono collegate ad un particolare obbiettivo di management:

1. comunicare un cambiamento in azienda ed incoraggiare gli stakeholder all’azione: springboard story;

2. permettere al leader di comunicare se stesso, di creare fiducia, e di incarnare valori e principi dell’azienda;

3. comunicare l’essenza dell’azienda: corporate identity, corporate branding;

4. trasmettere i valori aziendali: la cultura, le tradizioni, la storia;

15 I libri a cui rimandiamo sono i seguenti : The leader’s guide to storytelling :

mastering the art and discipline of business narrative, op. cit. ; e Squirrel Inc. A fable of leadership through storytelling. Molto utile anche il sito internet: http://www.stevedenning.com/site/Default.aspx

44 5. incoraggiare alla collaborazione i diversi team;

6. addomesticare i rumors;

7. trasmettere i saperi: knowledge management;

8. guidare le persone verso il futuro16.

Siamo in una situazione dove si costruisce un puro racconto a servizio del management. Denning affronta più volte la tematica nei suoi due libri maggiori ma anche in articoli successivi, fornendo al leader (all’intera classe dirigente) le indicazioni formali per raggiungere il suo fine: come dev’essere la storia (forma e contenuto), quali devono essere i comportamenti, il tono, la postura… Per esempio, in riferimento al punto due, relativo a come comunicare la figura del leader, Denning si sofferma su come creare la storia (focalizzarsi su un punto di svolta, raccontare la storia in tono positivo, creare un contesto di riferimento in cui inserirla ) e su come debba essere presentata allo stakeholder (essere autentico, usare l’ironia e l’emozione)17

. Consigli pratici ad uso e consumo della classe dirigente che dovrebbe trarre spunto per realizzare la propria strategia di comunicazione: vengono creati infatti 8 template, ovvero modelli pronti per essere applicati alla situazione.

Prestando attenzione a ciò che ho compreso nel mio studio, è che vi sono due punti fondamentali, che dobbiamo tenere sempre presente, se vogliamo

16Questi punti li troviamo all’interno del libro- guida di Denning, The leader’s guide to

storytelling : mastering the art and discipline of business narrative, e a pagina 9 dell’articolo, advance text del libro successivo Squirrel Inc., 2002, dal sito dell’autore: www.stevedenning.com/squirrel.htm. La tabella in questo secondo caso, riporta solo 7 degli 8 obiettivi presentati nel libro

17 Capitolo 4 “Build trust in you. Using narrative to communicate who you are”, in

The leader’s guide to storytelling : mastering the art and discipline of business narrative, op. cit.

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costruire una storia che abbia delle fondamenta solide e ben radicate: 1. Prima di tutto, la cosa importante prima di creare una storia, è

stabilire quale sia l’obiettivo, un elemento cardine della comunicazione d’impresa. Anche perché come ogni strategia aziendale che si rispetti, l’obiettivo sta alla base di tutto il progetto. 2. Secondo, tenere sempre presente, ciò che afferma Denning, ovvero

che la figura del manager contemporaneo è differente rispetto al passato, deve essere un leader interattivo, una figura moderna che si inserisce bene nel nuovo contesto del web 2.0, in modo da utilizzare tutti i mezzi messi a disposizione dalla rete, per far si che il suo messaggio, sia facilmente raggiungibile e accessibile da tutti i destinatari. Tutto questo preclude che partecipi dell’universo dei suoi stakeholder, che comunichi e sappia mettersi in gioco senza mai dimenticare i suoi obiettivi. Quindi storytelling management e Web 2.0, devono procedere di pari passo.

La coerenza di queste due mie affermazioni, le constaterete nell’ultima parte della mia tesi, dove vi presenterò il progetto lavorativo nella sua interezza.

Risulta molto interessante anche l’approccio di Van Riel, aiutato dagli studi di Shaw, Larsen e Mouritsen18, dove al centro delle sue analisi resta sempre la comunicazione.

Egli sostiene che le storie aiutano a creare delle identità forti ed autentiche, mettendo in luce i credo dell’azienda. Van Riel trae dalla rete di storie e discorsi aziendali la forza per inquadrare l’organizzazione in un discorso più ampio e pieno di significati: la corporate story a questo livello viene implementata secondo un

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Stiamo parlando dei cap. 10-11-12-13 del libro: SCHULTZ M.- HATCH M. J. – LARSEN H. M., The expressive organization: linking identity, reputation and corporate brand, op. cit. pp. 157-227

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processo di storytelling e monitorata in modo constante. Nella sua forma più alta, vengono a crearsi delle story-factory, delle aziende che sono loro stesse una storia, declinata attraverso il logo, il brand, i prodotti…

Q u e l l o c h e è i n t e r e s s a n t e a n a l i z z a r e , è il passaggio dall’ottica di Denning a quella di Van Riel: dal prendere il messaggio e trasformarlo in una storia condita di particolari ed emozione a generare una storia che rappresenti l’essenza dell’azienda, che possa essere trasmessa ed eventualmente declinata a seconda dell’obiettivo di management. Ciò che risulta ottimale è la fusione degli assunti, di questi due studiosi, perché la corporate story di Riel, dovrebbe essere usata come base di partenza per implementare il processo, mentre i consigli di Denning possono aiutare il leader nella dinamica di gestione della storia, nell’inframmezzare l’epica imprenditoriale con micro-narrazioni create sulla sua pelle a partire da una singola situazione o necessità.

Lo storytelling management, q u i n d i , si trova n e l l a f u s i o n e delle due pratiche, dove solo grazie alla loro integrazione sarà effettivamente possibile raggiungere gli obiettivi che il leader ed in generale il management si è preposto attraverso la narrazione.

Il racconto nel web 2.0: corporate digital storytelling e transmedia storytelling

Con il termine corporate digital storytelling, intendiamo l’utilizzo di “(…) strumenti digitali per creare storie multimediali dal forte impatto

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emotivo da raccontare, condividere, preservare”19.

Il racconto nell’era del digitale ha trovato nuovi mezzi attraverso i quali veicolare i propri messaggi: video, blog, siti, social network, banner. Queste nuove piattaforme hanno permesso al concetto di racconto di espandersi ed inglobare forme innovative, più aperte al coinvolgimento dell’utente e di viaggiare su più canali contemporaneamente.

Si parla non a caso di transmedia storytelling. Secondo Jenkins, “transmedia stories are stories told across multiple media. At the present time, the most significant stories tend to flow across multiple media platforms”20

Si tratta di un approccio importante perché aumenta l’engagement del pubblico, creando una vera e propria esperienza di racconto. Questo anche perché i nuovi media permettono l’accesso a nuove modalità di espressione grazie all’integrazione di immagini, video, musica, voce. L’utilizzo di questo strumento in ambito aziendale si deve già dalla metà degli anni 90, grazie a Dana Atchley, fondatore della “Digital Storytelling Foundation”, il quale ha cercato di incoraggiare manager e dirigenti a raccogliere, studiare e raccontare storie che riguardassero i fondatori, la comunità aziendale, i partner, i clienti, gli obiettivi e i marchi aziendali. In particolare Atchley si era focalizzato sul corporate brand utilizzando il digital storytelling per comunicare l’identità di marca al pubblico sempre più diversificato di internet. Il web permette infatti di raggiungere un pubblico

19 FONTANA A., Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e

identità d’impresa, Etas, 2009, Milano

20Transmedia storytelling narrative strategies, fictional worlds and branding in

contemporary media

production:http://www.slideshare.net/cscolari/transmedia-storytelling- narrative-strategies- fictional-worlds-and-branding-in-contemporary-media- production

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più ampio ma anche molto diversificato. Inoltre la comunicazione cambia, facendosi più diretta, più simmetrica, partecipata ed interattiva, tanto da arrivare addirittura alla co-creazione di storie o all’incoraggiamento a scriverne per confrontare le proprie esperienze di marca.

Naturalmente il digitale può essere variamente declinato ed utilizzato dall’azienda in contesti diversi: dal potenziamento di identità aziendale o di marca, al marketing, come strumento di comunicazione interna oppure di knowledge management. Le possibilità in ciascun caso sono infinite: blog, Twitter, piattaforme di YouTube, Facebook, video aziendali, iniziative sul sito. Particolarmente in voga in quest’ultimo periodo sono i social media.

Si potrebbe anche in questo caso aprire un capitolo a parte, tale la vastità dell’argomento e gli sviluppi ancora in corso. Non credo sia possibile al momento presente definire i confini del discorso, data l’attualità del problema. Le aziende stanno cominciando ad aprirsi ora a questo nuovo mondo e a capire l’importanza dell’instaurare una relazione con i propri stakeholder. Certo è che, rispetto al passato il digitale ha portato nuove opportunità ma anche rischi notevoli per le organizzazioni. Ci avverte Fontana: “I social media possono dare voce a chiunque, e quindi anche alle persone che lavorano nelle organizzazioni, mettendo in comunicazione individui con opinioni e punti di vista simili, e questi con altre parti al di fuori dell’organizzazione. Di conseguenza, il digital storyteller attraverso i blog e YouTube potenzialmente mette in condizione le persone di disporre di un canale tanto efficace e diffuso quanto quelli utilizzati dai professionisti che curano le pubbliche relazioni”1. E’possibile quindi che il mezzo, se non monitorato, si rivolti contro l’azienda: sempre più spesso i social media sono utilizzati come strumenti di denuncia e nel peggiore dei casi come mezzo per screditare o recar

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danno all’azienda. Al pari dei rischi, le opportunità sono molte e vanno di pari passo con la trasformazione del consumo in rete di narrazioni e del consumatore in prosumer: l’UGC, lo user generated content è la chiave che apre le porte al dialogo con l’esterno. In questo senso è interessante non soltanto la possibilità di creare storie ma anche di ascoltare le storie che vengono raccontate sull’azienda, aprirsi alle esperienze di marca degli stakeholder, recepire le dinamiche di vita del prodotto nel “mi piace” o “non mi piace” degli utenti. Questo feedback è un indicatore oggi più che mai importante per le aziende e per la loro reputazione: non si tratta solo di accrescere la visibilità o migliorare l’immagine, ma di guadagnare anche in credibilità, aumentare il vantaggio competitivo su diversi fronti.

Figura 3.12 Il panorama mediatico attuale del web 2.021

In tale contesto cosa succede alla narrazione come l’abbiamo studiata nelle sue vesti classiche? Si passa da una concezione lineare ad una declinazione

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Immagine del panorama mediatico attuale del web 2.0; dal sito: http://socialmediamarketingmadeeasy.co.nz/

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in forma ipertestuale, proprio perché la rete è formata da ipertesti. Pertanto la storia si frammenta e si espande sul web manifestando nuove potenzialità rispetto al passato, ma tenendo fede alla struttura di archetipi e attanti. Possiamo raccontare la nostra storia sul sito aziendale e fargli percorrere una miriade di strade diverse oppure come nel caso del trans media storytelling, partire da una campagna offline per attrarre le persone sulla rete creando buzz ed accessi sul sito.

Abbiamo già esempi italiani interessanti soprattutto del primo tipo, case history che verranno analizzate più avanti, ma molti passi avanti verranno fatti nei prossimi anni, perché la rete ora, il web 2.0, è un mondo ancora tutto da scoprire per i singoli, le aziende e le associazioni.

Quel che è certo è che il paradigma della comunicazione organizzativa è destinato a cambiare: lo storytelling narrativo né è un esempio concreto.

Ovviamente “il digital sotorytelling non è adatto ad ogni organizzazione e per ogni tipo di contenuti o contesto comunicativo. Tuttavia (…) può aiutare le organizzazioni a superare le barriere tracciate da una comunicazione impersonale e interagire con i diversi interlocutori, all’esterno come all’interno, in una modalità più diretta, densa e coinvolgente”22

.

Ai fini del mio studio, ho voluto dedicare una parte anche a questa tematica per due motivi fondamentali:

 primo, perché considero il mondo del web e tutto ciò che lo circonda, un elemento fondamentale per le aziende di oggi, ma soprattutto del domani;

 secondo, perché per mettere in atto la mia strategia comunicativa,

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per la società con cui lavoro, ovvero Eventi Italia S.r.l., ho dovuto redigere un piano di Web Marketing, che mi ha permesso di comunicare ad hoc il mio storytelling management.

Tutto questo perché ho preso coscienza, giorno dopo giorno, che in un epoca di crisi ed incertezza, come viviamo oggi, è importante saper costruire delle relazioni solide con i propri stakeholder. La rete ci offre in questo senso enormi possibilità adatte a tutti. Quello che farà davvero la differenza non saranno soltanto gli zeri degli investimenti stanziati per il digitale, ma la strategia adottata, il monitoraggio continuo e la disponibilità ad aprire un canale di discussione e critica costruttiva capace di rassicurare lo stakeholder e renderlo un consumatore fedele perché crede nella nostra azienda, perché si fida, perché la nostra storia gli trasmette dei valori, qualcosa di grande in cui sperare, è per questo che alla base di tutto il mio progetto vi è un approccio al marketing di tipo esperienziale.

CAPITOLO 3

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