• Non ci sono risultati.

Il marketing esperienziale: le sue varie forme e declinazioni. "L'efficacia strategica dello storytelling appplicato alle aziende. Il caso Eventi Italia s.r.l."

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il marketing esperienziale: le sue varie forme e declinazioni. "L'efficacia strategica dello storytelling appplicato alle aziende. Il caso Eventi Italia s.r.l.""

Copied!
112
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITA’ DI PISA

Corso di laurea in Marketing e Ricerche di

mercato

Il MARKETING ESPERIENZIALE: LE SUE VARIE

FORME E DECLINAZIONI.

“L’efficacia strategica dello storytelling applicato

all’interno delle aziende; caso pratico EVENTI ITALIA

s.r.l.”

Il Candidato

Andrea Corvaglia

Il Relatore

Prof.ssa Angela Tarabella

(2)

2

INTRODUZIONE

L’obiettivo di questa tesi è quello di analizzare in quale modo e perché le esperienze sono diventate così importanti nella società contemporanea, e come l’esperienza sembra l’unica via valida per l’economia di sopravvivere e comprendere a fondo il consumatore.

Fino ad oggi il consumatore postmoderno, viene descritto come un soggetto eclettico, individualista nelle scelte, poco fedele alla marca e in grado di costruirsi con le proprie pratiche di consumo un profilo personale di identità, che non è del tutto prevedibile. Se guardiamo queste caratteristiche, possiamo affermare che non è facile comprendere a fondo i veri desideri di tale soggetto. Il marketing, è una disciplina che nasce proprio per comprendere il consumatore e sfruttare al meglio le dinamiche di mercato, e bisogna ammettere che esso, insieme alla customer satisfaction e al Customer Relationship Management sembra non riuscire a rispondere in maniera adeguata alle esigenze del consumatore postmoderno. . Tutti e tre questi strumenti, che sono considerati nel marketing tradizionale dei capi saldi, sembrano non riuscire a rispondere adeguatamente alle crescenti esigenze del consumatore postmoderno. Il concetto classico di marketing, infatti, si concentra per esempio, sulle quattro “P” di Kotler, quindi focalizzandosi esclusivamente sul prodotto e non sul cliente. Se guardiamo ad esempio la customer satisfaction, vediamo che è uno strumento per capire se il cliente è soddisfatto o meno delle performance del prodotto. È sicuramente uno strumento funzionale, dove però viene tralasciato l’aspetto più importante, ovvero quello esperienziale.

Anche il Customer Relationship Management non gestisce in realtà le relazioni con i clienti, a dispetto del nome che porta. Esso si limita a misurare le transazioni, ovvero i contatti e le risposte dei clienti; sono puri

(3)

3

dati quantitativi che non fanno riferimento alla qualità di queste relazioni e di questi contatti, tanto meno guardano al tipo di esperienza che sta dietro a tali contatti.

Il marketing esperienziale, argomento cardine della mia tesi, entra in giuoco proprio per sopperire all’incapacità del marketing tradizionale di spiegare il comportamento edonistico dei consumatori. L’esperienza è un evento che coinvolge in modo memorabile i consumatori, in particolare la loro componente affettiva e le caratteristiche personali. Il marketing esperienziale quindi presenta caratteristiche innovative, che hanno effetto su tutte le fasi dell’esperienza di consumo.

Il capitolo 1, è dedicato proprio a questa nuova frontiera del marketing individua cinque ambiti di manovra, dove l’esperienza può essere classificata in cinque differenti tipologie, ognuna delle quali ha proprie e propri processi intrinseci. Si tratta di Moduli Strategici Esperienziali (SEM, Strategic Experiential Module), in quali fungono anche da obiettivi e indirizzano le strategie delle iniziative di marketing esperienziale che possono essere intraprese. Queste cinque tipologie sono: SENSE, FEEL, THINK, ACT e RELATE. Queste cinque tipologie debbono essere viste come branche differenti di marketing e di azioni strategiche che cercano di costruire una esperienza.

Inoltre, abbiamo i cosiddetti Fornitori di Esperienza (ExPro), che sono degli strumenti che attivano i moduli strategici. Il Fornitore di esperienza può essere un componente del communication mix, un commercial, un annuncio stampa, un packaging, un’affissione, un punto vendita, un evento o anche le persone stesse.

(4)

4

Un ultima cosa importante da dire, è che non dobbiamo guardare i cinque SEM, come elementi a se stanti e quindi incompatibili in una stessa realta, perché molto spesso essi posso tranquillamente coesistere. Infatti, vi può essere il caso di un prodotto o servizio che sia Fornitore di Esperienza così potenti , da riuscire a convocare tutti e cinque i moduli, e che quindi risulti l’insieme di cinque marketing differenti.

Il capitolo 2 è dedicato allo Storytelling, ovvero il protagonista del progetto che mi è stato affidato nel mio stage lavorativo, che poi vedremo nel corso dell’elaborato si parlerà di Storytelling Management, ovvero l’evoluzione di tale tecnica, in campo aziendale.

Lo Storytelling è una delle strategie di marketing esperienziale, che fa leva sulle emozioni che un racconto può suscitare nell’ascoltatore. La narrazione sarà più efficace quanto più riuscirà ad insinuarsi nelle pieghe del nostro vissuto, quanto più riuscirà a sembrare reale e convincente.

La storia d’impresa si costruisce attraverso la somma della storia individuale, strategica e di consumo, che insieme devono colpire il cuore dei consumatori, per incuriosirlo, attirarlo e poi fidelizzarlo.

Sempre di più oggi, nell’immensa prateria della comunicazione, è necessario distinguere il proprio messaggio, è necessario renderlo “udibile” per farlo diventare efficace. E questo vale nell’ambito delle piccole aziende, o addirittura dei singoli lavoratori, così come per tutti gli altri. Non pensiamo solo alle grandi multinazionali, con budget decisamente impareggiabili, ma pensiamo a noi, alla nostra realtà quotidiana in cui l’importante è avere un’idea…una buona idea!

Come ho potuto imparare e confermare durante il mio stage, non sono i budget che fanno la differenza, ma la strategia con cui si affronta la

(5)

5

campagna di marketing; le idee migliori spesso vengono dagli imprenditori stessi, o dai collaboratori.

Come già affermato all’inizio dell’introduzione, ci troviamo di fronte ad un nuovo consumatore rispetto al passato, mentre spesso gli advertiser sono rimasti gli stessi, inadatti quindi a soddisfare il cliente moderno, continuando ad inviare messaggi a senso unico con gli stessi mezzi, ed è proprio qui che entra in giuoco la tecnica dello storytelling, ponendosi come nuovo strumento efficace di comunicazione.

Oggi, ognuno di noi è sottoposto a più di 3000 stimoli pubblicitari al giorno, siamo ormai saturi di informazioni, tanto che gli unici messaggi che i consumatori vedono e ascoltano sono quelli che scelgono di vedere o ascoltare.

L’unico modo per ottenere l’attenzione del consumatore e creargli esperienze positive con il brand, così da riuscire ad influenzarne il comportamento d’acquisto ed instaurare con lui un legame di lungo periodo e di conseguenza di fedeltà. Dobbiamo far vivere al cliente un’esperienza forte e caratterizzata, riconducibile alla personalità del bene o servizio erogato, da declinare poi in ogni aspetto del marketing e della comunicazione.

Il capitolo 3, è dedicato alla presentazione della realtà aziendale, con cui sto praticando il mio stage, ovvero la società Eventi Italia s.r.l., che opera nel campo del MICE (Meetings, Incentives, Conferences, and Exhibitions), ovvero quello che in italiano sarebbero: Meeting, Incentive, Conferenze e Mostre.

Eventi Italia è una società che vanta un’esperienza ventennale nel marketing management, nella comunicazione e nella gestione di strutture ricettive e

(6)

6

turistiche, la quale fa del marketing esperienziale uno stile vita in tute le strategie.

Ho visto col tempo, che vantano una svariata tipologia di clienti nei confronti dei quali organizzano, promuovono e gestiscono: convegni, meeting, congressi ed eventi.

Il fiore all’occhiello, che poi è l’elemento differenziante dai suoi competitor, è Il Meeting & Conference Centre Pancaldi di Livorno, una moderna struttura polifunzionale inserita in un antico palazzo d’epoca presso i Bagni Pancaldi; è composta da una sala centrale da 350 posti, da 10 sale da 12 a 60 posti e da una splendida terrazza sul mare di circa 500 mq. Sono gli unici che vantano una propria struttura, ponendoli come leader di mercato nel loro settore.

Il capitolo 4, è dedicato alla presentazione e descrizione, del progetto da me sviluppato presso la società Eventi Italia.

Come precedentemente annunciato, si tratta dello sviluppo di uno Storytelling Management, il cui nome è Daniel MacLean, nato in Irlanda da padre irlandese e madre italiana. Il tutto ha inizio dal suo viaggio che dall’America intraprende verso l’Italia, nella regione della Toscana, perché rimasto incantato dagli affascinanti racconti di sua madre, che gli narrava di questa terra ricca di sapori e colori particolari. Ed è proprio qui che entrerà casualmente in contatto con eventi Italia, instaurandone col tempo una vera e propria collaborazione.

Questo personaggio attraverso le sue pubblicazioni, avrà lo scopo di fare da tramite, tra Eventi Italia e i suoi clienti, esclusivamente con lo scopo di informare e non di vendere un qualcosa. Sarà poi il destinatario del

(7)

7

messaggio che incuriosendosi, si avvicinerà e contatterà tale realtà aziendale.

CAPITOLO 1

IL MARKETING ESPERIENZIALE

“Se me lo dici lo scordo, se me lo spieghi lo ricordo, se mi coinvolgi lo condivido..”

In questo capitolo verrà presentato quello che è il Marketing Esperienziale, teorizzato da Bernd Herbert Schmitt, considerato il padre di tale tecnica. Si tratta di un approccio innovativo, rispetto al tradizionale concetto di marketing e di management, basato sulla nozione di esperienza di consumo.

L’esperienza del cliente, è il nucleo dell’argomento, e viene descritta attraverso gli aspetti sensoriali (SENSE), affettivi (FEEL), cognitivi (THINK), comportamentali (ACT) e relazionali (RELATE).

1. Le critiche al management tradizionale

Sono molte le aziende che riflettono sull’importanza del cliente e sostengono che questi tre paradigmi ovvero, il marketing concept, la costumer satisfaction e il Customer Relationship Management (CRM), siano molto efficaci. In un ottica di Marketing Esperienziale, vedremo come questa affermazioni non sia sostenibile

(8)

8

Dagli anni Novanta in poi, le aziende hanno progressivamente compreso quanto sia importante «orientarsi al cliente» e «farsi guidare dal mercato», invece che restare focalizzati sul prodotto, sulla tecnologia e sulle vendite. Orientarsi al cliente e farsi guidare dal mercato sono le basi di quello che viene chiamato marketing concept. Philip Kotler, considerato il padre del marketing, definisce il marketing concept così:

“In base al concetto di marketing, il raggiungimento degli obbiettivi d’impresa presuppone la determinazione dei bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro soddisfacimento in modo più efficace ed

efficiente della concorrenza”1

Questa definizione, possiamo affermare che contiene principi del tutto condivisibili. Però, se i manager fossero più attenti a quelli che sono i concetti, modelli e strumenti del marketing tradizionale, vedrebbero che non è orientato al cliente come lo si vuol sostenere da anni, ma è governato dall’ingegneria e dalla logistica. Il marketing tradizinale rimane orientato al prodotto e alle vendite e non al cliente:

 quasi tutti i concetti e gli strumenti, del marketing tradizionale, si basano sugli attributi e sui benefici dei prodotti, senza render conto all’immagine e alla qualità intangibile che un prodotti può fornire;  i mercati e la concorrenza vengono classificati in base alle loro

caratteristiche e ai benefici; manca una visione più ampia e appropriata, basata sul consumo e sui contesti d’uso;

 i clienti vengono visti come decisori razionali i quali ragionano in termini di attributi e benefici del prodotto, quando la realtà ci

1

(9)

9

dimostra che molto spesso compiamo degli acquisti dettati dall’emozione, dall’intuizione e dall’impulso;

 la ricerca di mercato è un’attività puramente analitica e prevalentemente verbale, e i metodi che studiano i clienti nel loro ambiente naturale vengono visti come inattendibili e inefficienti;  concetto fondamentale del marketing tradizionale è la

differenziazione. Questo è un concetto puramente focalizzato sul prodotto, dove ciò non garantisce che il prodotto sia adatto allo stile di vita dl consumatore;

 le azioni di marketing attuate attraverso quello che è il marketing mix, ovvero le quattro P, sono incentrate sul prodotto e stabiliscono la necessità di confezionarlo, dargli un prezzo, promuoverlo e distribuirlo. E il cliente dov’è? Quante decisioni sul design, sul prezzo, sulla promozione e distribuzione del prodotto si focalizzano sul cliente?;

 la scala di orientamento al mercato si basa sulle informazioni ed è piuttosto generica. Essa può essere efficace come strumento generale di valutazione, ma non serve a pianificare o a definire la strategia di un’iniziativa davvero orientata al cliente. Essa è solo correlata al successo dell’organizzazione.

Ciò che Schmitt vuole farci comprendere, attraverso questa sua critica al marketing concept, sta nel fatto che vuole far apparire dei concetti e metodi, come un qualcosa orientato al cliente, quando invece si palesano prettamente focalizzate sul prodotto. Inoltre egli sostiene che con questi concetti e metodologie, i clienti non verranno mai compresi sino in fondo.

(10)

10

Come affermato all’inizio del capitolo, sono tre i concetti sottoposti a critica da Bernd Schmitt. Il secondo dei tre, è la costumer satisfaction, che si presenta come orientato al cliente, ma che invece non lo è. Secondo questo approccio, la soddisfazione del cliente porta automaticamente alla fidelizzazione di esso. Questo modello, ci dice chiaramente che la soddisfazione del cliente deriva dal confronto, che essi fanno tra le performance del prodotto e le loro aspettative. Anche qui, come in precedenza, le performance e le aspettative sono viste in termini puramente funzionali e legati al prodotto…e il cliente dov’è?

Quello che manca qui, è il non prendere in considerazione tutti quegli elementi esperienziali del consumo che veramente interessano al consumatore. Per elementi voglio intendere ad esempio, il modo in cui il prodotto fa sentire il cliente, o le aasociazioni emozionali che essi possono avere con lo stesso, oppure il modo in cui il prodotto o il servizio può aiutarli ad inserirli con altri individui o gruppi di persone.

Anche qui vi è l’errore, secondo Schmitt di considerare esclusivamente gli attributi e le caratteristiche del prodotto, senza curarsi dell’esperienza del cliente.

1.3 Il Customer Relationship Management

Il concetto di Customer Relationship Management (CRM) o gestione delle relazioni con i clienti, è anche esso legato al concetto di fidelizzazione dei clienti. Secondo il CRM, in un'impresa "market-oriented" il mercato non è più rappresentato solo dal cliente, ma dall'ambiente circostante, con il quale l'impresa deve stabilire relazioni durevoli di breve e lungo periodo, tenendo conto dei valori dell'individuo/cliente, della società e dell'ambiente. Tutto questo si concretizza fondamentalmente nei database e nei software

(11)

11

utilizzati nei call centre, può riferirsi ad esempio al direct mailing, alla chat online, forum di discussione oppure un indirizzo e-mail a cui rivolgersi, ecc…

Ciò però è del tutto contestabile, perché il CRM si focalizza sulle transazioni e non sulla costruzione delle relazioni, come magari potremmo evincere dal nome “relationship”. Le aziende tengono conto solo di quello che torna facile misurare e registrare, tralasciando quelle informazioni meno quantificabili che potrebbero completare la descrizione sul consumatore. È difficile che in questo contesto si crei un legame emozionale con il cliente

Una vera e propria relazione si costruisce integrando una verità di punti di contatto. I data base di CRM, non vengono integrati con le iniziative focalizzate sulla marca, come ad esempio la pubblicità, le promozioni o gli eventi speciali. Quindi, in definitiva, possiamo affermare che il CRM non gestisce la relazione con i clienti.

2. Un nuovo approccio di Management

Abbiamo visto come tutti questi tre approcci, ovvero, il Marketing Concept, la Customer Satisfaction e il Customer Relationship Management, fanno si che il manager non si focalizzi realmente sull’importanza del cliente e che quindi, si dimostrino meno efficaci di quanto sembra.

Quindi, di conseguenza, il manager ha bisogno di un approccio che prenda in considerazione seriamente il cliente, fornendo così una visione totale su quella che è l’esperienza del cliente. Si focalizzerebbe su qualsiasi elemento che fornisca valore durante il processo decisionale, l’acquisto e l’uso. Permettendo così ai manager, di creare prodotti ed erogare servizi che soddisfino costantemente il cliente e che quindi facciano avere profitto all’impresa.

(12)

12

La risposta a tutto questo si chiama: Customer Experience Management (CEM). Questo nuovo approccio, può essere definito come:

“il processo di gestione strategica dell’intera esperienza del

cliente con un prodotto o un’azienda”

2

Il CEM supera di gran lunga il CRM, perché si sposta dalla registrazione delle transazioni alla costruzione di ricche relazioni con i clienti. Ad esempio, il CEM, riconosce il fatto che i clienti non acquistano un’auto solo perché viaggia bene, ma perché esso è un prodotto associato a uno stile di vita che proietta un’identità.

Il CEM, pria e dopo la vendita, fornisce valore ai clienti trasmettendo informazioni, servizio e iterazioni che danno origine a esperienze irresistibili. Così facendo, fidelizza il cliente aggiungendo valore all’impresa.

Quindi, in definitiva, il CEM è una filosofia aziendale ben definita, dove si pone come strumento pratico a servizio del management, per fornire valore esperienziale al consumatore e, di conseguenza, far ricavare valore finanziario all’impresa.

3. Il CEM, un nuovo approccio di management

Dobbiamo partire dall’assunto che il marketing esperienziale si differenzia dal marketing tradizionale, che è basato su attributi e benefici, per quattro aspetti principali:

1. L’esperienza del cliente;

2. Il consumo come esperienza olistica;

2 Ferraresi Mauro e Schmitt Bernd, MARKETING ESPERIENZIALE, come sviluppare

(13)

13

3. I clienti come animali razionali ed emozionali; 4. L’ecletticismo dei metdi.

3.1 Le esperienze del cliente

Come possiamo evincere dal nome, il marketing esperienziale si basa sulle esperienze del cliente. Queste esperienze si manifestano grazie all’affrontare, al subire o al superare determinate situazioni. Queste stimolazioni poi, vengono percepite dai nostri sensi, dal cuore e dalla nostra mente.

3.2 Il consumo come esperienza olistica

Il marketing esperienziale non focalizza la sua attenzione sulle categorie di prodotto o sulla concorrenza, ma come tali prodotti possono arricchire la sua esperienza di consumo, creando sinergie indissolubili.

Inoltre chi adotta tale strategia esperienziale, è fortemente interessato al significato del contesto di consumo, infatti molti consumatori conferiscono lo status di sacro a una molteplicità di oggetti che sono portatori di valori. Non si concepiscono più i prodotti in modo isolato come se fossero articoli a se stanti, analizzando solo gli attributi e i benefici, ma ci si domanda, in che modo ogni prodotto rientra nel contesto complessivo di consumo e quali sono le esperienze di consumo fornite da tale contesto. Per esempio, Ikea, l’azienda svedese di arredamento, nei suoi punti vendita, ha gli accessori e gli articoli di arredamento esposti come parte di un contesto di consumo, dando così origine a uno stile di vita immaginario per gli occhi del cliente. Lo stesso lo si può notare, nei suoi cataloghi, dove vengono raffigurati i prodotti, inseriti in un contesto di consumo come «fare un’escursione» o «divertirsi all’area aperta».

(14)

14

Un’altra differenza per chi decide di adottare una politica di marketing esperienziale, è credere che le opportunità migliori che la marca ha di influenzare il consumatore, si manifestano nel post acquisto, ovvero durante il suo consumo; questo genererà in colui che usufruirà di tale consumo, soddisfazione e fedeltà alla marca o al servizio erogato.

3.3 I clienti come animali razionali ed emozionali

Cosa significa che i clienti agiscono emozionalmente o razionalmente? Significa che, chi adotta il marketing esperienziale, anche se può imbattersi molte volte in scelte razionali, ciò che gli guida frequentemente sono le emozioni poiché le esperienze di consumo sono spesso dirette verso il raggiungimento di fantasie, sentimenti e divertimento.

Dobbiamo pensare che i clienti, non vanno trattati solo come decisori razionali, ma vogliono essere intrattenuti, sollecitati, coinvolti emotivamente e stimolati nella loro creatività.

3.4 L’ecletticismo dei metodi

I metodi e anche gli strumenti di chi adotta il marketing esperienziale, a differenza delle metodologie analitiche, quantitative e verbali del marketing tradizionale, esse sono diverse e sfaccettate, non vi è una ideologia metodologica standard, ma ben si un qualcosa di più eclettico.

Alcuni metodi e strumenti possono essere analitici e quantitativi o più intuitivi e qualitativi (come le tecniche incentrate sull’intelligenza impiegate per capire il pensiero creativo). Oppure verbali (il focus group, l’intervista in profondità o il questionario), ma anche visive (Zaltman test). Possono avere luogo in un ambiente artificiale di laboratorio o in un bar dove i

(15)

15

consumatori guardano la televisione e consumano bibite. Tutto questo per dire che non vi è un dogma, ma tutto dipende dall’obiettivo.

4. I PRINCIPI DEL CEM, Il concetto di esperienza.

Da diversi anni si evidenzia la sempre più crescente rilevanza dell’esperienza nei processi di consumo dei consumatori.

Tra i principali fattori che determinano tale rilevanza troviamo, oltre alla crescita strutturale delle esigenze della domanda e della pressione competitiva, la multidimensionalità della personalità umana e delle motivazioni di acquisto e consumo, che assume oggi un’importanza centrale.

Il concetto di esperienza interessa anche discipline diverse, quali la psicologia, la sociologia e l’antropologia. Nell’ambito manageriale il paradigma dell’economia delle esperienze è diventato la base per sviluppare uno specifico approccio di marketing, il marketing esperienziale, che viene contrapposto al marketing tradizionale.

Il concetto di esperienza è comunque un concetto di cui non è semplice afferrare il significato. È possibile però comprenderlo analizzando due diverse categorie.

La prima categoria comprende tutte le definizioni in cui l’esperienza viene considerata come fonte o effetto del conoscere. La seconda categoria invece definisce l’esperienza come prova o esperimento e si riferisce soprattutto alle scienze sperimentali.

Molto importante è l’impatto che l’esperienza può avere nell’arricchimento interiore di una persona e nel suo sviluppo morale, intellettuale e culturale. Secondo Ferraresi e Schmitt (2006), le esperienze sono eventi privati che si

(16)

16

verificano in risposta ad una qualche stimolazione; le esperienze coinvolgono l’essere umano nel suo complesso e risultano spesso dall’osservazione diretta o dalla partecipazione a eventi, reali, fantastici o virtuali.

In generale, le esperienze non sono auto-generate ma indotte.

Se si considera anche il significato del termine in filosofia e psicologia, si può notare come, in questi casi, venga sottolineato il legame intimo con il concetto di persona. In filosofia l’esperienza viene considerata in relazione alla conoscenza; essa rappresenta quindi la componente sensibile dell’atto conoscitivo e riguarda ciò che può essere oggetto di percezione sensoriale. In psicologia invece l’esperienza viene vista come espressione di componenti diverse (cognitive, emozionali, sensoriali) riconducibili alla natura multidimensionale della personalità umana, che influenzano il comportamento d’acquisto e consumo.

Schmitt approfondisce la natura multidimensionale delle esperienze; queste sono espresse come eventi particolari che accadono in risposta a certi stimoli e possono essere classificati in: Sense, Feel, Think, Act e Relate, detti anche Moduli Strategici Esperienziali (SEM). Ognuna di queste categorie ha la propria struttura ed il proprio processo, che costituiscono gli obiettivi delle politiche di marketing. Secondo Schmitt, inoltre, la vera “attrazione” esperienziale consiste nel mettere insieme tali caratteristiche in offerte ibride ed in esperienze olistiche che le aggregano tutte e cinque.

5. I moduli Strategici Esperienziali (SEM)

Le esperienze possono essere classificate in diversi tipi e il manager può considerare questi diversi tipologie di esperienza come Moduli Strategici Esperienziali (SEM, ovvero Strategic Experiential Module), i quali

(17)

17

stabiliscono gli obiettivi e le strategie delle iniziative di marketing da lui promosse.

Per comprendere tutti e cinque i tipi di esperienza del cliente, che formano la base di quello che è il Marketing Esperienziale, gli descriveremo nello specifico qui di seguito. Essi sono:

SENSE ( Aspetti Sensoriali )

FEEL ( Aspetti Affettivi ) THINK ( Aspetti Cognitivi ) ACT ( Aspetti Comportamentali ) RELATE ( Aspetti Relazionali )

5.1 Il marketing del Sense

Il marketing del Sense fa ricorso ai sensi, con lo scopo di creare esperienze sensoriali tramite quelli che sono i cinque sensi, la vista, l’udito, il tatto, l’olfatto ed il gusto; può essere usato per distinguere aziende e prodotti, per motivare i clienti ed aggiungere valore ai prodotti.

Un esempio di approccio integrato di marketing del Sense viene dato dalla Illy, la casa italiana produttrice di caffè; Illy infatti si propone di “deliziare i consumatori di tutto il mondo con un caffè eccellente ed una esperienza straordinaria che coinvolga i sensi e lo spirito”. Per fare ciò Illy è ovviamente partita dall’odorato. Ritroviamo infatti 1.500 sostanze chimiche di cui 800 volatili che compongono l’aroma del caffè. Per dar vita al miglior profilo aromatico del caffè, Illy ha istituito nel 1998 Aromalab, un laboratorio volto a studiare i processi chimico-fisici che stanno alla base dell’aroma del caffè; inoltre Illy sviluppa una collaborazione di lungo

(18)

18

termine direttamente con i coltivatori. Così facendo il gusto del caffè si mantiene all’altezza del famoso aroma. Se si pensa anche alla collezione di tazzine Illy disegnate dagli artisti, si può notare come questa azienda ricerchi volutamente e continuamente un forte coinvolgimento dei sensi.

5.2 Il marketing del Feel

Il marketing del Feel fa riferimento ai sentimenti interiori dei clienti ed ha lo scopo di creare esperienze affettive che variano da umori leggermente positivi a forti emozioni di gioia; la maggior parte delle emozioni infatti ha luogo durante il consumo, e la pubblicità emozionale tradizionale non è quasi mai appropriata perché non si rivolge ai sentimenti dei consumatori. Perché questo tipo di marketing sia utile allora bisogna capire profondamente gli stimoli che possono suscitare certe emozioni.

Uno tra i primi esempi in Italia di marketing del Feel, lo troviamo a Milano, nei negozi di Fiorucci. Infatti, il negozio situato in Via della Passerella 1 a Milano, era prima della sua chiusura, un forte esempio di come i sentimenti dei clienti possano essere stimolati da un punto vendita, piuttosto che da una marca.

Altro esempio è dato dall’Acquario di Genova, il più grande acquario d’Europa. Per quanto riguarda la dimensione del Feel, l’importanza di questo esempio, sta nel coinvolgimento emotivo del pubblico, offrendo sia la possibilità di visitare gli spazi sia di immergersi, agirvi e viverli pienamente. Ai bambini, all’interno di un contesto ludico, vengono trasmesse tutte le conoscenze relative al mare, agli animali marini, alla conservazione dell’ambiente ed alla gestione degli ecosistemi; per gli adulti invece il coinvolgimento sul piano emotivo e la ricerca del legame affettivo viene dalla comunicazione, dentro e fuori l’Acquario. L’uso di questo tipo

(19)

19

di marketing consente in questo caso d’instaurare un contatto immediato con il visitatore dell’Acquario; sia per i bambini sia per gli adulti, il sentimento principale suscitato è quello di meraviglia e stupore.

5.3 Il marketing del Think

Il marketing del Think fa ricorso all’intelletto e ha l’obiettivo di creare esperienze cognitive e di problem-solving che impegnino i clienti dal punto di vista creativo; fa quindi ricorso al pensiero dei clienti tramite la sorpresa, l’intrigo e la provocazione. Le campagne del Think sono molto usate per i prodotti tecnologici, ma non si limitano a questi: vengono usate anche nel design dei prodotti, nella comunicazione ed in molte altre industrie.

Lo sviluppo del settore pubblicitario ha prodotto numerose campagne che agiscono sul lavoratore o spettatore chiedendogli di svolgere un lavoro inventivo di decodificazione; alla conclusione di questo lavoro la remunerazione deriva dalla comprensione del messaggio. L’uso di questo procedimento viene richiesto specialmente per la decodificazione di messaggi pubblicitari con pochissimo testo, perciò pubblicità che richiedono pochissimi secondi per essere capite.

Un esempio viene dato da una pubblicità Volkswagen di alcuni anni fa, in cui un gruppo di poliziotti scende velocemente dalle auto e sceglie di andarsi a riparare, fra tante auto molto grandi, dietro ad una piccola ma robusta Volkswagen Polo; lo spettatore immagina quindi che il gruppo di poliziotti si stia riparando da dei criminali e capisce che i poliziotti hanno scelto quell’auto per ripararsi perché tutte le altre non sono Volkswagen.

(20)

20

Il marketing dell’Act ha l’obiettivo di influire sulle esperienze corporee, gli stili di vita e le interazioni. Tale approccio è volto a migliorare la vita dei consumatori consolidando le loro esperienze fisiche e mostrando loro stili di vita, interazioni e modi di agire alternativi. Spesso i cambiamenti negli stili di vita hanno carattere motivazionale, emozionale e spontaneo e sono provocati da star del cinema o atleti famosi.

Un esempio molto noto di marketing dell’Act è dato dalla campagna Nike “Just Do It”, che tramite atleti famosi in azione è in grado di trasformare l’esperienza dell’esercizio fisico.

Anche certe campagne pubblicitarie di Gatorade possono essere inserite in questo filone, basti pensare al famosissimo spot pubblicitario del leone e della gazzella, dove veniva recitata la celebre frase: «Ogni giorno un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella. Ogni giorno una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone. Non importa che tu sia leone o gazzella. Comincia a correre». Un invito quindi a tutti gli sportivi, professionisti ed amatori, ad allenarsi a prescindere dalle proprie prestazioni e dal ruolo più o meno importante che si ha.

Quindi, in definitiva, sia le campagne della Nike, che quelle della Gatorade, ma anche tutte quelle che richiamo il fitness in generale, trovano la loro collocazione nel marketing dell’Act, perché spingono l’essere umano ad una vita più attiva e meno sedentaria.

5.5 Il marketing del Relate

Il marketing del Relate contiene aspetti del marketing del Sense, del Feel, del Think e dell’Act, ma non riguarda soltanto i sentimenti personali dei clienti, piuttosto mette loro in relazione con altri individui e altre culture.

(21)

21

La motocicletta americana emblema Harley Davidson, è la arca Relate per eccellenza; essa non è soltanto una marca di motociclette, ma è uno stile di vita: i clienti considerano infatti i prodotti Harley come parte della loro identità.

Un esempio italiano invece ci viene fornito da Smemoranda, il diario scolastico che dagli anni Novanta è diventato famosissimo e di vastissima diffusione. La dimensione Relate in questo caso si riscontra dal fatto che Smemoranda è diventata un modo attraverso il quale costruire la propria identità personale e culturale, tramite cui far conoscere se stessi e relazionarsi con gli altri. Ciò può avvenire tramite annotazioni di emozioni e pensieri su di essa, o tramite la richiesta agli amici di scriverci alcune dediche.

Va notato però che grande rilievo nell’approccio esperienziale viene dato solitamente agli aspetti affettivi e sensoriali, mentre vengono lasciati in disparte quelli cognitivi, che sono fondamentali per l’interazione tra impresa e consumatore; ne deriva che il concetto di esperienza viene visto come sinonimo di “emozionale”, cosa non accettabile sul piano operativo del marketing. Tale visone però inizia a cogliere alcune obiezioni in virtù della ricerca di un’interpretazione del fenomeno che tenga conto del significato più profondo dell’esperienza, del contesto sociale e culturale di riferimento entro cui ha luogo, del ruolo attivo che il consumatore deve svolgere nella sua realizzazione.

6. I Fornitori di Esperienza (ExPro)

I moduli strategici appena elaborati, Sense, Feel, Think, Act e Relate, si attivano attraverso strumenti specifici chiamati, Fornitori di Esperienza (ExPro, Experience Provider). Essi comprendono la counicazione,

(22)

22

l’identità visiva e verbale, la presenza del prodotto, il co-branding, gli spazi espositivi, i media elettronici e le persone (vedi figura…).

A questo punto, con i SE e gli ExPro si può costruire la griglia esperienziale, che è lo struento chiave della pianificazione strategica (vedi figura..). Il compito quindi del manager, è quello di domandarsi quali ExPro dovrebbero essere utilizzati per stimolare quale SEM, in odo tale da definire l’immagine esperienziale dell’organizzazione e della marca. Esaminiamo ora nello specifico gli ExPro.

6.1 La comunicazione

Gli ExPRo relativi alla comunicazione sono la pubblicità, la comunicazione aziendale interna ed esterna (ad esempio i magalog, le brochure e le newsletter, gli annual report, ecc.), e le campagne di relazioni pubbliche. LA pubblicità, è sicuramente uno degli ExPro più importanti per le aziende.

6.1.1 La pubblicità

La pubblicità, come del resto gli altri ExPro, può creare uno qualsiasi dei cinque diversi moduli strategici tra Sense, Feel, Think, Act e Relate. Vediamoli:

Sense. Un esempio di campagna pubblicitari incentrata sul Sense fu realizzata per lo shampoo Clairol Herbal Essences, che negli Stati Uniti fu il primo shampoo biologico a base di estratti naturli. La Wells Rich Greene BDDP, lanciò quindi una campagna, per la Herbal Essences, che ebbe molto successo, perché invece che realizzare un claim convenzionale, su come il prodotto potesse rendere i capelli belli e luminosi, l’agenzia ha puntato sull’esperienza dell’usare lo shampoo attraverso le tagline « un’esperienza totalmente naturale ». Nella pubblicità, infatti, vi è una donna che entra in

(23)

23

una doccia e incomincia a insaponarsi i capelli con questo shampoo, dal profumo straordinario. L’emanazione di tale odore, spinge la donna a lavarsi la testa con movimenti di piacere intenso. Subito dopo, lo spot, inquadra una coppia annoiata che guardava questa scena in televisione, con la moglie che commentava « voglio comprare lo shampoo che sta usando lei ».

La pubblicità su stampa invece, riprendeva il messaggio esperienziale attraverso layout colorati che mostravano un flacone di Herbal Essences, dal quale uscivano fiori di campo ed erbe, con l’headline che recitava: « Quando è stata l’ultima volta che hai avuto una esperienza totalmente naturale? »

Feel. Un esempio di pubblicità per il Feel fu quella della Patek Philippe, il produttore di orologi di lusso fra i più costosi al mondo, nonché status symbol. Negli ultimi annunci realizzati dall’agenzia londinese di pubblicità Legas Delaney, vi è una giovane donna molto attraente e curata seduta su una panchina, dove dietro di lei, vi è una bambina, di circa cinque anni, che le copre gli occhi come per dire « Indovina chi è? ». Sia la madre che la figlia sorridono, in un’immagine di benessere estremo. La giovane donna portava una semplice fede nuziale mentre non era visibile l'orologio. L’headline recitava: « In realtà non possiedi mai un Patek Philippe. Te ne occupi soltanto per la generazione successiva. Inizia la tua propria tradizione ». Qui il messaggio lanciato era duplice: il senso di felicità del presente e il fatto che il Patek Philippe è un oggetto da tramandare di madre in figlia, simbolo della serenità e della sicurezza familiare. L’annuncio lancia un messaggio molto intenso di tradizione e contemporaneità, ovvero che gli orologi raffinati devono essere tramandati di padre in figlio.

(24)

24

Think. Una campagna pubblicitaria incentrata sul Think, durò tre anni e fu lanciata dalla Newspaper Association of America in collaborazioe con Jerry della Femina e il suo team Jerry & Ketchum.

Lo scopo della campagna era quello di promuovere l’istruzione e la lettura, presentando i quotidiani come un medium attuale e vivace, quindi lanciare il messaggio che i giornali potevano avere un ruolo fondamentale nella formazione dei giovani. Gli annunci mostravano personaggi famosi come, ex presidenti, generali in pensione, giornalisti di MTV, calciatori e rapper, che leggevano il giornale, fungendo da veri e propri portavoce, inoltre, venivano riportate affermazioni del tipo: « Sprona i tuoi figli a leggere ogni giorno » e « Inizia tutto dai quotidiani ».

Act. L’esempio qui è recente, infatti parliamo dell’annuncio della Rogaine, il farmaco per stimolare la crescita dei capelli, che recitava così: « Signori, mettete in moto i vostri follicoli ». La campagna pubblicitaria, si è rivolta ai consumatori uomini, che possono sentirsi a disagio per la perdita dei capelli, e ha voluto dare loro la possibilità di agire, evocando le gare automobilistiche, infatti il messaggio chiave è “mettere in moto”. In questo contesto, possiamo dire che in generale le pubblicità di articoli sportwear incentrate sulla praticità o sulla capacità del prodotto di migliorare le prestazioni, invogliando il consumatore a misurarsi immediatamente, sono da inserire tutte nel contenitore dell’Act.

Relate. Nell’ambito del Relate, vi sono molti esempi, da cui si può comprendere quale sia il senso di esperienza, che lo spot vuole lanciare nel suo messaggio pubblicitario. Basta ricordare il giovane rampante che guida la nuova Z4 della Bmw o il padre felice di dare un passaggio con la propria Mercedes al figlio e alla fidanzata autostoppisti, facendo guidare il figlio e guadagnandosi l’ammirazione della fidanzata. Esse sono tutte

(25)

25

esemplificazioni della messa in relazione della marca con i ruoli famigliari e generazionali.

6.1.2 I magalog

Altra forma di ExPro della comunicazione è il magalog, che come possiamo evincere dal nome è un incrocio tra la rivista ( magazine ) e un catalogo ( catalog ), ed il loro contenuto è eterogeneo, infatti va dfagli articoli sui prodotti e i loro prezzi, tipici dei cataloghi,a fotografie artistiche ed evocative; da speciali dedicati a fenomeni di costume e questioni d’immagine. Ad esempio, il primo dei magalog della Abercrombie & Fitch, A&F Quarterly, includeva servizi su come scegliere il cane giusto, sulle birre e i vini migliori, sulle auto più di moda, e un diario di viaggio intitolato “Sole, surf, sesso e Sydney”. Invece, il magalog di Hermès, Le Monde D’Hermes, nel numero primavera/estate del 1998 celebrava gli alberi e conteneva, come prefazione, un messaggio esperienziale del presidente Jean Louis Dumas-Hermès, che iniziava con la domanda: « Dove saremmo senza alberi?[...] ». Insomma, possiamo affermare che i magalog fanno parte delle strategie aziendali di branding incentrate sull’Act e sugli stili di vita.

Anche in Italia abbiamo esempi di magalog famosi, come Max Mara, che fu la prima testata del nostro paese ad intraprendere questa avventura, stampa in totale 500.00 copiue e la sua notorietà vanta una edizione francese, una inglese e una tedesca. È una rivista femminile che tratta non solo il tema della moda, ma ha anche rubriche sui viaggi, sulla cucina e vari articoli sull’attualità. Al giorno d’oggi, è interessante vedere che non sono solo le case di moda ha trasformarsi in veri e propri editori, ma anche le aziende alimentari, le catene di super e ipermercati e molti altri settori, tutti però con un unico scopo, ovvero quello di creare un vero e proprio legame

(26)

26

esperienziale, dove quando si compie l’azione di sfogliare tale rivista, ci sembra davvero di entrare a far parte in un altro mondo.

6.1.3 Gli annual report

Gli annual report, sono strumenti di comunicazione aziendale prettamente finanziari, che però stanno diventando dei potenti strumenti esperienziali. Prendiamo ad esempio il caso della Walt Disney Company, l’annual report del 2005 è stato capace di racchiudere in 100 pagine tutto il mondo Disney. Infatti, fin dalla lettera agli azionisti del nuovo CEO Robert Iger, lo stile di scrittura è semplice e diretto, in grado di trasmettere messaggi, emozioni e valori positivi tipici dell’immagine dell’azienda. Lo stesso vale per le immagini presenti in tutto il volume, a partire dalla copertina dove sono presenti i protagonisti del lungometraggio ”La maledizione della prima luna”, mentre in ogni sezione sono riportate immagini coerenti con il contenuto della stessa. Per esempio, nella sezione “Studio Entertaiment” si possono trovare locandine di film, personaggi di cartoni animati, attori e conduttori TV; invece, in “Parks and Resort” vi sono fotografie di bambini e di cast member; in “Consumer Products” si vedono bambini che giocano con pupazzi disneyani e interni di casa arredati con prodotti dell’azienda.

Come ogni annual report che si rispetti, alla fine, vi è una parte dedicata all’approfondimento dei dati finanziari. Sappiamo che tale mezzo di comunicazione, ha lo scopo di redigere un completo rapporto finanziario annuale, su una società “X”, durante tutto l’anno precedente. Ma se noi prendessimo l’esempio di Walt Disney Company appena citato, possiamo notare che si tratta di un report esperienziale dal forte messaggio, ovvero, quello di alimentare il rapporto di complicità e magia tra Disney e le

(27)

27

persone di tutto il mondo; un report suggestivo, comprensibile da chiunque sia interessato alle attività della Company.

6.2 L’identità visiva e verbale

Come tutti i Fornitori di Esperienza, l’identità visiva/verbale può essere usata per creare marche incentrate su Sence, Feel, Think, Act e Relate. Relativamente all’identità gli ExPro possono essere i nomi, il logo e i codici di marca e costituiscono il primo settore d’intervento per i consulenti d’identità aziendale.

6.2.1 I nomi

Potremmo elencare numerosissimi casi di prodotti con nomi esperienziali, ma per capire il concetto di tale contesto, ci basterà citarne pochi, ad esempio Schweppes, che richiama l’effervescenza della bibita, oppure Reebok, che riprende il nome di una veloce gazzella, anche se in pochi lo sanno.

6.2.2 Il logo e i codici di marca

Il caso di Disney Channel, è un classico esempio di un logo altamente esperienziale: infatti, è composto da tre cerchi che assemblati insieme, richiamano la forma della testa di topolino, dove venivano declinati utilizzando oggetti, materiali e colori diversi a seconda del programma, della situazione o del periodo dell’anno in cui ci si trova. Per i film in prima serata, ad esempio, veniva utilizzato un cesto di pop-corn e due “pizze” da cinepresa. Per le feste natalizie, il logo era addobbato con una decorazione in vischio e due palline dell’albero di Natale. Questa versatilità del logo era resa anche in televisione attraverso gli ident, ovvero brevi filmati tra un programma e l’altro, dove erano proposti giochi di forme che riproduceano i

(28)

28

tre cerchi. In questo caso, gli spettatori sono stati invitati a creare il proprio logo in occasione di concorsi o eventi. Tutto questo trasmette pienamente, quello che è lo spirito del canale, dove la su missione è far leva sull’0immaginazione, sull’interattività e sull’edutainment.

6.3 La presenza del prodotto

Anche la presenza del prodotto può essere usata per attivare un’esperienza, dove gli ExPro in questo caso sono il design, il packaging, i product display e i personaggi della marca che vengono usati come parte del packaging e del materiale nel punto vendita.

Quando parliamo di design, non ci riferiamo solamente al prodotto principale, ma anche i prodotti collaterali del ,mercato post-acquisto. Pensiamo al caso della Corvette, dove il mercato include magliette, caselle di posta elettronica, teloni per coprire l’auto e biscotti a forma di Corvette: un giro di affari, che nel 1998 ha fruttato alla Midamerica Design, l’azienda produttrice, 26 milioni di euro. Da ciò possiamo capire l’importanza di una giusta pianificazione dell’esperienza, se si vogliono catturare gli occhi e i sentimenti dei consumatori.

6.3.1 Il design del prodotto

Un bellissimo esempio di design del prodotto, ce lo fornisce la Philips, con il depilatore per le donne, Satinelle. Il suo design trasmette femminilità, attraverso la sua forma che rievoca l’anatomia femminile, mentre le sfumature di colori richiamano i petali di un tulipano. Esso evoca, quindi, gli aspetti del Relate, attraverso il suo nome, Satinelle, e la descrizione sensitive, stampata sotto il nome.

(29)

29

Altro mezzo molto potente per produrre sensazioni esperienziali e costituito dal packaging. Al giorno d’oggi, numerose ricerche di mercato e moltissime strategie aziendali, ci portano a conoscenza quanto sia sempre più importante per il consumatore il packaging. Prendiamo il settore dei profumi ad esempio, qui possiamo notare come ci sia una forte attenzione, nel riuscire a creare sensazioni esperienziali attraverso la confezione. La sua ricercatezza, la sua leggerezza di forme o, tutto al contrario, la sua pesantezza barocca, svolgano il compito di rimandare al tipo di profumo contenuto, alla sua fragranza, alla dolcezza in alcuni casi un poco inebriante, oppure al gusto fresco e agrumato. A volte il packaging dei profumi elabora e suggerisce l’idea del lusso o dell’esclusività, come succede per esempio con il parfum diamante o con il Trèsor di Lancôme, dove le ampolle di vetro sono fornite di numerose sfaccettature, in modo da richiamare la forma della pietra o di un oggetto prezioso. Oppure, pensiamo al profumo prodotto da Jean Paul Gaultier, dove la sua confezione ha la forma di un busto di donna con guepière, per rimandare direttamente alla sensualità del prodotto nonché ai suoi richiami sessuali.

6.3.3 I personaggi di marca

Pensiamo agli espositori dei prodotti nei punti vendita, spesso, si legano ai personaggi dei film, per dare quel tocco esperienziale e realistico ai consumatori. Ad esempio, nei display a forma di Darth Vader, realizzato in cartone e in forma naturale, venivano mostrati video sulla trilogia di Star Wars. Altro esempio, fu quando uscì il terzo episodio della saga cinematografica di Harry Potter. Quando è uscito il film le sale cinematografiche sono state arredate con display realizzati in cartone e plastica, in grandezza naturale, dove una di queste raffigurava Sirius Black.

(30)

30

La fotografia di questo personaggio cambiava e si muoveva a seconda dello sguardo di coloro che entravano o uscivano dal cinema.

Il personaggio di marca in questo caso, ha lo scopo di continuare ad essere un Fornitore di Esperienza prima dell’inizio della pellicola (per colui che entra) o quando il film finisce (per colui che esce).

6.4 Il co-branding

Come tutti gli altri ExPro, il co-branding può essere usato per sviluppare uno qualsiasi dei cinque moduli strategici esperienziali. Gli exPro del co-branding possono essere: il marketing degli eventi, le sponsorizzazioni, le alleanze e le partnership, il licensing, il product placement nei film, le campagne in cooperazione e altri tipi di accordi cooperativi.

6.4.1 Gli eventi di marketing e le sponsorizzazioni

Il marketing degli eventi, risulta molto spesso più efficace e meno costoso della pubblicità. Infatti per integrare la pubblicità sui media, un numero crescente di manager si rivolge agli eventi speciali, dove l’obiettivo è quello di creare un impatto forte sul consumatore. Per esempio, la Guinness organizza l’evento Guinness Fleadh a New York, San Francisco e Chicago. Il tutto consiste in iniziative pre-evento rivolte ai commercianti, in promozioni e in una grande quantità di omaggi birra, volti a rappresentare il tea del villaggio irlandese.

Per le sponsorizzazioni, è interessante il caso che risale ai giochi olimpici di Atlanta, dove Coca Cola ha fornito un intensa esperienza di tipo Feel, sponsorizzando il Coca Cola Olympic Torch Relay. Il tutto includeva una festa allestita su una strada di 24 mila km che si snodava lungo il percorso dei tedofori della fiaccola olimpica. Il risultato di questa sponsorizzazione è

(31)

31

stata la vendita di oltre 3 milioni di lattine lungo il percorso e sono stati stimati più di 500 milioni di passaggi sui media. È stato senza dubbio il più grande evento mai sponsorizzato dalla Coca Cola.

6.4.2 Il product placement

Il product placement, negli Stati Uniti costituisce una pratica di marketing molto diffusa. Possiamo definirla come, lo strumento attraverso il quale si pianifica e si posiziona un marchio all’interno delle scene di un prodotto cinematografico o televisivo a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte dell’azienda che viene pubblicizzata. Ad esempio la Ray-Ban, ha triplicato le vendite della sua linea di occhiali da sole “Predator 2” attraverso il film Men in Black.

6.4 Gli spazi espositivi

Quando parliamo di spazi espositivi intendiamo, gli edifici, gli uffici e gli stabilimenti, i negozi e gli spazi pubblicitari, gli stand commerciali.

La nuova sede della IBM ad Armok, New York, esprime attraverso l’architettura esterna e interna il modo in cui l’azienda percepisce se stessa e l’esperienza che vuole creare e trasmettere ai suoi dipendenti e clienti. L’edificio è in armonia con il terreno e con la natura, ed è compatibile con i suoi dintorni. La costruzione si sviluppa quasi schiacciato al suolo, seguendo la configurazione del paesaggio. Il nuovo edificio, inoltre, rappresenta la concezione degli anni Novanta sulla gerarchia aziendale, perché ha un minor numero di porte tra gli uffici, e in questi, un numero maggiore di finestre che danno sui terreni boscosi circostanti. Infine i posti auto non sono visibili e c’è una pista da jogging che circonda la zona.

(32)

32

Il marketing esperienziale si sta diffondendo anche in spazi espositivi come i punti vendita, ad esempio Pottery Barn, Starbucks, Niketown, o ai negozi e ristoranti a tema, come Coca Cola, Disney, Warner Bros, Harley Davidson Caffè, ecc…

6.6 I siti web e i media elettronici

Per molte aziende, internet, è diventato un forum ideale per creare esperienze per i loro consumatori. Pensiamo al sito web esperienziale di Club Med, appena vi accediamo compare lo slogan «Fai a modo tuo», con lo scopo di fornire un’esperienza olistica su misura per ogni persona. I visitatori, attraverso il sito, hanno la sensazione di vivere una storia fantastica orientata alla propria vacanza. Ogni pagina è abbondantemente illustrata con fotografie a colori e cartoni animati vivaci.

6.7 Le persone

Le persone, sono l’ultimo Fornitore di Esperienza, che può risultare molto efficace per tutti e cinque i SEM. In questo caso i fornitori di esperienza sono il personale di vendita, rappresentanti aziendali, gli erogatori di servizio e qualsiasi altra persona che possa essere associata all’azienda o alla marca. Per esempio, il personale di vendita è un elemento fondamentale per far si che riesca a stimolare nel cliente una certa esperienza.

(33)

33

CAPITOLO 2

Storytelling e impresa: studi italiani ed esteri

La rinascita dello storytelling: the narrative turn

Parliamo ora, di un altro grande protagonista della mia tesi, lo Storytelling, attore principale del mio progetto lavorativo presso la società Eventi Italia s.r.l..

Il concetto di Storytelling è nato, sotto questo nome, a partire dagli anni ’90 negli Stati Uniti, ma le origini di tale tecnica sono molto più antiche, provengono dalla narratologia: si tratta dell’arte di raccontare delle storie. Esso recupera gli studi in materia di narrazione precedentemente analizzati mettendoli in valore in un contesto nuovo e dinamico: rispetto al passato, le condizioni sono mutate e quelle che venivano definite prima “fiabe per bambini”, cominciano a catturare l’attenzione di analisti e manager. In una società sempre più oppressa da un flusso di informazioni continuo e martellante, riemerge la necessità di ascoltare e di farsi ascoltare. Questi anni, infatti, sono caratterizzati da un insolito fenomeno definito “the narrative turn”, ossia il dilagare dell’interesse nei confronti delle storie, da tempo ormai accantonate, la cui lettura avveniva nei momenti di svago e l’analisi era relegata agli studi umanistici. Salmon parla di “âge narratif”, età in cui tutti sembrano ritrovare l’interesse per la narrazione, in cui le marche hanno cominciato a parlare puntando sul loro lato emozionale, in cui la sfida più grande che devono affrontare le aziende è la maniera attraverso cui comunicano la loro realtà nel modo più efficace e credibile possibile, sia all’interno che verso l’esterno. L’interesse trova conforto negli studi

(34)

34

degli autori Barthes a Bruner: l’idea che l’uomo comunichi attraverso frame narrative è una scoperta senza precedenti.

Il pensiero narrativo, al giorno d’oggi ha trovato fertilità in molti campi, come quello storico, giuridico, economico e psicologico, questo perché l’uomo sta apprendendo il potere che le storie hanno di costruire la realtà, e il mezzo è proprio lo storytelling. Le scoperte più importanti riguardano l’ambito politico (la retorica del potere, a cui si riallacciano gli studi relativi ai discorsi dei grandi politici americani), l’ambito del marketing, il settore pubblicitario, la formazione (nelle scuole e nelle aziende), la ricerca (es. ricerche qualitative in contesti aziendali), le scienze psicologiche (la psicoterapia), la progettazione di parchi a tema, i videogiochi (es. quello destinato all’addestramento dei militari impegnati in Irak) e non da ultime le imprese.

In virtù di tutto questo, possiamo affermare che lo storytelling, è mutato col passare del tempo e questa sua interdisciplinarietà, che riguarda sia il contesto sia la carica lavorativa, ha portato l’essere umano, ha percepirlo come uno strumento indispensabile per essere ascoltati o per essere scelti. É un potentissimo mezzo per sedurre e convincere, influenzare i pubblici di riferimento (lettori, elettori, clienti), espandere le conoscenze, condividere esperienze ed organizzare il flusso informativo.

In breve, possiamo riassumere dicendo che la pratica dello storytelling nasce da un solido background di studi di stampo umanistico e si sviluppa grazie ad una forte esigenza sociale di fondo, in un ambiente in continua evoluzione in cui emergono nuovi media.

(35)

35

specifico di quello che è il contesto lavorativo in cui ho dovuto applicare tale tecnica narrativa, ovvero la narrazione in azienda: come si sviluppa, quali sono le sue funzioni e chi sono i principali autori di riferimento.

Corporate storytelling: da Denning a Fontana…fra ricercatori e guru

Nel parlare di Corporate storytelling ci faremo aiutare dagli studiosi di ultima generazione che si sono occupati in questi anni della narrazione in azienda.

Iniziamo con un assunto fondamentale, ovvero che tutte le organizzazioni parlano. Con la parola “parlare”, voglio fare riferimento a quella che è la loro necessità di comunicare.

Ora, un’organizzazione può comunicare all’interno e all’esterno secondo varie modalità, ma una di queste è sicuramente l’utilizzo di storie. “E, esattamente come per gli individui, anche per le organizzazioni che si raccontano, e raccontano i loro prodotti e servizi, richiamano tracce emotive, traiettorie affettive, che suggestionano la memoria individuale e di gruppo. In questo senso la narrazione è pervasiva dell’esperienza organizzativa.”3 Le narrazioni popolano la

nostra esperienza organizzativa e la nostra esperienza di consumo. Nel nominare il nome di una marca o azienda, cogliamo subito il concetto tramite un’immagine che spesso altro non è che uno script, una scena di vita.

Certo, non tutte le narrazioni sono storie. Esistono narrazioni frammentarie (osservazioni, aneddoti…) e narrazioni omnicomprensive

3

(36)

36

(storie, saghe…).

Entrambe sono presenti in modo massiccio nei diversi atti narrativi aziendali. Si pensi alle battute scambiate davanti alla macchinetta del caffè o alle discussioni di dipendenti in merito all’immagine aziendale. Non si tratta di un racconto organico e complessivo, ma sono comunque delle narrazioni che possiamo definire frammentarie e che appartengono alla cultura dell’azienda. Altro invece sono le biografie aziendali, i cosiddetti miti fondatori o la storia che avvolge la figura mitica del presidente: narrazioni omnicomprensive.

Come è possibile definire allora le narrazioni che si sviluppano in ambito organizzativo?

Per rispondere a tale domanda, mi sono ispirato ad uno dei massimi esponenti italiani nel campo della scienza della Narrazione e del Corporate Storytelling, ovvero Andrea Fontana, il quale considera le storie in ambito aziendale: “tutte quelle forme narrative che generano prodotti oggettivi e/o simbolici (interni ed esterni) che “parlano” ai diversi pubblici”. O ancora Boje le definisce “sceneggiature di natura semi-narrativa o anche pre- narrativa, che i membri di una comunità usano per mettersi in relazione “con le cose” e dare un senso al loro mondo”4

.

Come possiamo notare, le storie organizzative sono un qualcosa di complesso e vario, difficile da ricondurre ad una sola definizione, infatti attraverso il mio studio, sono venuto a conoscenza che vi sono tre punti di vista attraverso cui studiare le storie organizzative. Essi sono:

1. Punto di vista individuale = tutte le narrazioni con cui le persone esprimono la propria esperienza di lavoro all’interno della comunità → le ricerche qualitative all’interno dell’organizzazione ovvero l’ambito dell’Organizational Storytelling e le operazioni di

(37)

37

comunicazione interna;

2. Punto di vista strategico = il set di storie strategico per promuovere attività, iniziative, progetti → a questo livello ritroviamo lo Storytelling Management e tutte le operazioni di comunicazione interna ed esterna volte a sostenere un singolo progetto oppure a migliorare la visibilità dell’azienda in termini di identità, immagine e reputazione;

3. Punto di vista del consumo = le narrazioni che si occupano di promuovere i prodotti ed orientare il cliente all’acquisto → tratta soprattutto di operazioni di Marketing Narrativo, utilizzato spesso in ambito pubblicitario5.

Pur essendo importanti tutte e tre le tipologie, per non dilagare troppo, nel prossimo paragrafo, andremo ad approfondire solamente il secondo punto di vista, ovvero lo Storytelling Management, perché in definitiva è la strategia comunicativa che ho sviluppato nel mio progetto lavorativo. A tal proposito, s i p r o n u n c i a u n p e r s o n a g g i o m o l t o i n f l u e n t e a i f i n i d e l m i o s t u d i o , g r a z i e a l l e s u e r i c e r c h e i n m a r k e t i n g e c o m u n i c a z i o n e , i l q u a l e pone l’accento sulla differenza fra l’ambito dello storytelling management, cioè quello più strategico, e l’ambito della ricerca, ovvero l’organizational storytelling, che si rifà agli studi sociologici ed organizzativi, parliamo di Gabriele Qualizza, ricercatore presso l’Università di Udine.

Il primo, lo storytelling management, parte infatti da dei presupposti strumentali: “L’arte di raccontare storie è intesa come tecnica, espediente utilizzabile per rendere la comunicazione più coinvolgente ed accattivante. A tal fine diventa oggetto di interesse tutto ciò che può incorporare al proprio interno un elemento narrativo, traducibile a sua volta in un

(38)

38

artefatto simbolico, capace di “parlare” a pubblici diversi: in questa prospettiva, possono diventare “storie” tutti i discorsi con cui la direzione strategica cerca di orientare l’opinione pubblica, ma possono essere rielaborati in termini narrativi anche i messaggi diffusi all’interno dell’organizzazione, così come i processi comunicativi tesi a presidiare i significati che le persone attribuiscono alle proprie esperienze di consumo”6

.

Van Riel e Stephen Denning, sono due nomi che non possono non essere citati all’interno di questo filone, in quanto sono considerati tra i massimi esponenti di questo campo, addirittura al secondo gli si attribuisce la figura di padre dello storytelling management.

L’organizational storytelling invece nasce dall’idea che storie, miti e riti possano essere visti come l’espressione profonda della cultura aziendale. Viene perciò data enorme importanza al vissuto delle persone e a ciò che resta nascosto all’interno di queste storie secondarie e dei comportamenti e discorsi ufficiali.

A metà fra organizational e management, troviamo altre due figure importanti, l’una per essere uno dei padri americani degli studi sullo storytelling (David Boje), l’altra (Andrea Fontana), già citato pocanzi, per aver avuto il merito di portare la riflessione in Italia.

E’ proprio tra m ite l a fus i one d i tu tte q ue ste c or re n ti d i p e n s i e r o , c h e t e n t e r ò d i d a r e un senso all’universo della narrazione in azienda, ovvero, ciò che viene chiamata in termini tecnici, Corporate Storytelling, concetto che abbraccia tutte le dinamiche appena viste.

In modo particolare ci occuperemo di storytelling in relazione alla capacità

6

(39)

39

delle storie di veicolare un discorso solido e strutturato, portatore di valori aziendali, dimostrando come sia possibile grazie ad esso sostenere un’identità forte e coerente. Per farlo, durante il nostro percorso daremo uno sguardo d’insieme a tutti questi strumenti perché è soltanto grazie all’integrazione dei discorsi in un messaggio coerente secondo le tre modalità viste in precedenza che sarà possibile attribuire un valore concreto alla narrazione e raggiungere un vantaggio competitivo reale. Infatti le narrazioni che prendono vita all’interno dei tre filoni, tutte insieme vengono a costruire la Core Corporate Story, che altro non è che l’incontro fra le storie interne, le storie esterne e le storie di consumo7

. Fare storytelling significa allora, per un’impresa, saper gestire meglio il cambiamento culturale ed organizzativo, raccontandolo con nuovi codici e stili linguistici. Vuol dire anche dare vita a prodotti che siano significativi in mercati ad alto assedio testuale. Acquistare un brand significa oggi acquistare sempre una storia (un racconto, una narrazione) un modo in cui immedesimarsi e progettarsi in modo simulato, temporaneo, vicario”8

. Questo perché, ci dice Qualizza, “le narrazioni vengono sempre più spesso collegate alla comunicazione istituzionale, elaborata secondo il concetto di corporate branding”9

.

Tanto per capirci, si tratta di un processo abbastanza complesso che vede le imprese al centro di una fitta rete di narrazioni: non soltanto strumenti, discorsi, storie, provenienti dall’azienda, ma anche storie, racconti, esperienze che derivano dal vissuto dagli stakeholder. Le dinamiche di prosuming sociale contemporaneo comprendono organizzazioni, società ed individui; un sistema di interrelazioni tale da creare un universo sempre più

7

FONTANA A., Manuale di storytelling, op. cit. p. 31, figura 4.2 e VAN RIEL C., Managing the corporate story, p. 189, figura 12.1

8

FONTANA A., Manuale di storytelling, op. cit. p. 32

9

(40)

40

intricato, che Fontana ha cercato di riassumere molto bene nello schema che segue10:

Storie, individui, imprese e società

Con prosuming indichiamo il sistema di coinvolgimento dei pubblici, tale da renderli sempre più dinamici all’interno della relazione con il prodotto/marca/azienda. Si parla di prosumer, termine che deriva dalla contrazione di due concetti diametralmente opposti: produzione e consumo11.

Il consumatore diventa produttore: è presente in modo preponderante all’interno del processo produttivo e lega la sua storia di consumo a quella degli altri, venendo a confermare oppure a negare la grande narrazione aziendale. Per questo la storia del singolo (biografie

10

FONTANA A., op. cit. p. 46, figura 6.1

11 Per comprendere meglio il fenomeno del prosuming si consiglia la lettura di

MAZZOLI L., Network effect, op. cit. pp. 56-74

STORIE D’IMPRESA

Riferimenti

Documenti correlati

sua riconoscibilita`, nonche´ alla sua meritevolezza, quali criteri guida per il giudice in una indagine che abbia come oggetto l’ammissibilita` di una modifica, attraverso lo

• I Caetani e le altre famiglie baronali del Lazio alla fine del Duecento e nella prima metà del Trecento: tipologie dei poteri signorili, in Bonifacio VIII, i Caetani e la storia

temente impegnati alla ricerca di un’alternativa per tutto il Quattrocento 134. Ma la generazione di Pietro e del vescovo Giacomo agiva in un quadro politico fluido, all’interno

Moreover, monitoring of disease progression can be achieved by combining drug delivery with imaging probes, resulting in early detection of metastatic patterns.. This review

Tale indagine pone in luce il legame tra l’immagine del consumatore medio ed il processo di integrazione del mercato unico: la nozione in esame nasce per

Unlike the expected behaviour in narrow junctions where the width is smaller than the magnetic length, we observe a marked diffraction pattern of the critical current as a function

Inoltre sempre parlando di luoghi, oltre alla camera, ci sono anche proprio dei momenti particolari in cui può nascere un momento di narrazione, per esempio con la