E’ tempo che diventi tempo E’ tempo”
3.3 Una strada, un muro e quattro paesagg
è stato piantato un solo albero di Ginkgo biloba che richiama l’albero di Paulownia
tomentosa che i visitatori troveranno nella vasca d’acqua alla fine del Memorial
Road. Da qui, un parapetto permette di affacciarsi nella zona delle reliquie, dove pezzi e macerie create dalle scosse del 1976 anticipano in maniera astratta quello che sarà il tema di tutto il memoriale. Un muro di cemento grigio scuro coperto da una targa di bronzo su cui sono scolpite alcune iscrizioni commemorative prepara l’animo del visitatore a quello che rappresenta il fulcro di tutto il memoriale: il grande muro nero. Proprio come nel progetto di Maya Lin, quasi un omaggio alla sua scelta stilistica, un muro di granito lucido nero16 rappresenta il secondo asse
del parco e, come una guida spirituale, lo divide nelle diverse aree, esaltando le caratteristiche morfologiche diverse. La lucidità del materiale con cui è realizzato riflette il cielo, la terra, i paesaggi circostanti e i visitatori, che sembrano integrati con i nomi dorati delle vittime incisi. Lungo questo muro commemorativo, il sentiero si alza gradualmente, facendo scorgere ai visitatori la grande vasca d’acqua mentre, tra le fessure delle 12 lastre che lo compongono, si può intravedere il bosco. Il senso di oppressione che si ha all’inizio della visita diminuisce man mano che lo spazio si apre, ma subentra un forte senso di vuoto e tristezza che culmina nella piazza delle rovine, situata alla fine della strada della memoria e del muro commemorativo. In questo luogo sono infatti custodite le rovine del terremoto: un vecchio binario distorto dalla potenza del terremoto è collocato in una vasca d’acqua in cui scompare gradualmente. Il visitatore può attraversare la rotaia e arrivare
16 L’altezza di 7,28 metri di questo muro simboleggia la data del terremoto, ovvero il 28 luglio. Si
tratta della più grande pietra tombale del mondo, lunga oltre 400 metri, e i nomi delle 240.000 vittime sono scolpiti sulla superficie in maniera omogenea e senza alcuna distinzione.
al centro dell’acqua: qui due alberi di Paulownia
tomentosa collegano visivamente le estremità
del tracciato. Voltandosi a guardare indietro, si scorgerà solamente il muro commemorativo e le rovine del terremoto sullo sfondo: una scena molto toccante, che fa riflettere sul rapporto tra vita e morte, uomo e natura e sul potere distruttivo di quest’ultima.
L’uso della vegetazione, in questo progetto, gioca un ruolo essenziale: le due file ordinate di alti pioppi dietro il Muro rappresentano la vita, mentre i boschi richiamano il significato dell’albero nelle sepolture antiche e l’idea della rinascita. I due esemplari di Paulownia tomentosa, alberi forti e vigorosi, sembrano quasi totem, la distesa
Fig. 14_Il binario distorto dal terremoto all’interno della vasca d’acqua
d’acqua, che riflette il cielo, congiunge il mondo dei vivi e quello dei morti. Le macerie del disastro e i nomi delle 240.000 vite spezzate si riflettono sull’acqua, come un incoraggiamento ricco di speranza verso la vita per i sopravvissuti17, e un
ricordo per le generazioni a venire. Ricordare il passato e affrontare il futuro.
17 Considerando che all’epoca del terremoto vivevano 1,8
milioni di persone, in pratica ogni famiglia perse almeno un componente nel tragico evento.
Fig. 16_La zona delle reliquie, dove sono cusotidite le macerie causate dal terremoto
Fig. 15_Tangshan Earthquake Memorial Park, uno dei viali che conducono i visitatori dal muro al boschetto
Talvolta un evento tragico e assolutamente imprevedibile cambia il destino di un luogo: è il caso di Bijlmer, una città satellite di Amsterdam. Il 4 Ottobre 1992 un aereo18 si schianta negli
edifici di quel quartiere residenziale19, un
quartiere divenuto ghetto per immigrati20 di cui
paradossalmente l’incidente accelera il processo di recupero. Dal momento del disastro viene realizzata una barriera protettiva di sicurezza attorno al luogo dello schianto: qui, nei mesi a seguire, i residenti di Bijlmer e i parenti delle vittime portano spontaneamente lettere, poesie, foto e fiori per ricordare quanto accaduto. Si riuniscono in un punto particolare, attorno ad un grande Populus che, nonostante si fosse trovato piantato vicino al luogo della tragedia, è rimasto illeso dal forte impatto. Soprannominato “l’albero
18 L’aereo cargo della compagnia El-Al con quatto persone a
bordo e oltre 110 tonnellate di materiale parte da New York diretto a Tel Aviv. Nel suo itinerario di volo è prevista una sosta per il rifornimento del carburante ad Amsterdam, ma una volta ripartito dall’aeroporto di Schipol, il Jumbo perde il controllo di entrambi i motori, schiantandosi tra gli edifici Groeneveen e Kruitberg, entrambi di 11 piani, all’interno del quartiere residenziale di Bijlmer. Sono le 18.35 e nell’impatto perdono la vita 47 persone (43 nell’edificio e 4 nel velivolo).
19 Secondo i principi della pianificazione urbana moderna,
in questa zona di Amsterdam era stata costruita nel 1966 la città satellite di Bijlmer, chiamata La città del futuro. Gli edifici di cemento, come delle stecche tutte uguali, lunghe fino a 400 metri, erano disposti attorno ad un parco pedonale centrale, piegati a forma di esagono e sagomati in un pattern a nido d’ape. Un elaborato sistema di percorsi ciclabili e parcheggi multipiano chiudeva il quartiere.
20 Sebbene le intenzioni iniziali del governo fossero quelle di
trasformare Bijlmer in una prestigiosa città satellite, il ceto medio olandese si rifiutò fin da subito di trasferirsi nelle nuove abitazioni, lasciando tutto il complesso in mano agli immigrati neri provenienti da oltre 90 popolazioni delle ex colonie africane olandesi.