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121 La struttura fieristica è stata, inoltre, dotata di un sistema d

collegamento moderno ed efficiente. Infatti, per l’importanza e le dimensioni che ha assunto, oltre che per la sua collocazione a ridosso dell’insediamento abitativo e produttivo milanese, è stato necessario che il sistema fieristico fosse sorretto da una potente rete di comunicazione stradale e ferroviaria, in grado di sostenere e incentivare il flusso prodotto dagli eventi fieristici.

Per favorire l’accessibilità veicolare all’area è stato, quindi, realizzato un asse di collegamento con la strada provinciale Rho-Monza e con la strada del Sempione, ed un sistema di sei nuovi svincoli di interconnessione con la tangenziale ovest di Milano, con l’autostrada Milano-Torino-Venezia e con l’autostrada Milano-Laghi.

Riguardo al trasporto pubblico, è stata prolungata la linea 1 della metropolitana, che parte dal centro di Milano, ed è stata realizzata una nuova stazione in corrispondenza del polo fieristico. Questa nuova fermata metropolitana sarà trasformata in un importante nodo di interscambio tra metropolitana, ferrovia e trasporto pubblico e privato su gomma, ed in particolare consentirà il collegamento con la nuova linea ferroviaria di Alta Capacità Milano-Torino.

Anche all’interno dell’area, una cura particolare è stata posta al disegno del sistema stradale, impostato su due assi ortogonali: un percorso pedonale in direzione est-ovest, che collega due porte di accesso all’area, ed un asse in direzione nord-sud, che taglia a metà il sistema fieristico e termina in corrispondenza del terzo e principale ingresso. Per favorire il transito, è stato realizzato un sistema di circolazione differenziata tra merci, pubblico e visitatori, articolato su tre diversi livelli: il primo centrale e pedonale, dedicato alla viabilità di avvicinamento agli spazi pubblici interni alla fiera; il secondo perimetrale all’area e riservato agli autoveicoli; il terzo, riservato esclusivamente ai mezzi pesanti ed alle vetture degli espositori per il carico e lo scarico delle merci.

Tra gli attori coinvolti nel processo di riabilitazione un ruolo fondamentale è stato assunto dalla fondazione proprietaria dell’area e dalle istituzioni locali. Nel 2001 la Fondazione Fiera Milano SpA ha costituito una società di engineering e contracting, la società Sviluppo Sistema Fiera SpA, alla quale è stata affidata la gestione della realizzazione dell’intero sistema fieristico di Milano, e quindi la trasformazione dell’area dell’ex raffineria in nuovo polo fieristico esterno e la riqualificazione del quartiere fieristico storico.

Le iniziative della fondazione, però, sono state supportate anche dalla collaborazione con gli Enti locali (Regione, Provincia e Comuni di Milano, Rho e Pero), che hanno reso coerente la localizzazione della struttura

Attori coinvolti

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espositiva con i progetti previsti nei piani urbanistici e territoriali, con le politiche di investimento pubblico in campo infrastrutturale, e con le istanze del territorio in cui il nuovo polo si è andato a collocare, in maniera tale da garantire un effetto di miglioramento della qualità urbana esteso a tutta l’area metropolitana.

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3.4DEDUZIONI

Mentre nella prima fase del dibattito scientifico il fenomeno della dismissione è stato considerato come un problema drammatico della città, nel tempo questo concetto si è trasformato. Nella seconda fase del dibattito, infatti, si è affermata l’idea dell’opportunità offerta dalla presenza di aree dismesse per la trasformazione e riqualificazione urbana, ed all’inizio del XXI secolo è stato riconosciuto a queste aree il ruolo di catalizzatori di interventi per il rilancio urbano.

Il dibattito è oramai approdato ad una fase matura, in cui l’interesse nei riguardi delle sue possibili cause si è attenuato, e il fenomeno della dismissione è ormai considerato come uno degli effetti del complesso processo di trasformazione economico-produttivo territoriale che ha investito le città italiane ed europee. In questi contesti il numero di aree dismesse di tipo residenziale e/o legate al terziario è in crescita, e quindi, lo sviluppo futuro del dibattito urbanistico è indirizzato verso il tema della dismissione di ampie parti urbane residenziali, che saranno al centro dell’attenzione non solo di quanti studiano il fenomeno ma soprattutto delle amministrazioni pubbliche e del mercato.

Superate le difficoltà che fino alla fine degli anni ’90 hanno frenato la riutilizzazione delle aree dismesse, e grazie quindi:

- all’effettivo avvio dei programmi complessi ed all’applicazione della nuova legislazione amministrativa, che hanno concretizzato le tanto attese innovazioni nelle procedure di gestione del territorio, superando la rigidezza degli strumenti urbanistici tradizionali e primo fra tutti del PRG;

- al supporto che alcuni dei programmi complessi hanno apportato alla realizzazione degli interventi di riutilizzazione, contribuendo alla riduzione degli oneri complessivi con risorse per la preurbanizzazione, la demolizione, la bonifica, la messa in sicurezza;

- alla maggiore disponibilità e capacità da parte dei Comuni di applicare le tecniche di perequazione urbanistica fra i soggetti coinvolti per il trasferimento dei diritti edificatori e delle destinazioni d’uso previste nei piani, da una parte all’altra del territorio;

- alla ripresa del mercato immobiliare;

- al ricorso sempre più frequente a concorsi nazionali ed internazionali per accrescere la capacità progettuale nelle operazioni di riconversione,

- alla disponibilità delle Amministrazioni locali a promuovere il riuso delle aree abbandonate anche con demolizioni degli edifici obsoleti, pur di garantire una rapida trasformazione dell’area;

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- all’accelerazione dell’iter delle decisioni da parte della pubblica Amministrazione, molte delle operazione e dei programmi di riconversione di aree dismesse sono avviati (Spaziante, 2006).

Agli inizi del Ventunesimo secolo c’è stato chi (Spaziante, 2000) ha affermato che nel percorso di riconversione delle aree industriali dismesse si è arrivati ad un punto di non ritorno, volendo in questo modo sottolineare come molti dei programmi e dei progetti di riuso o recupero dei complessi abbandonati dalle attività produttive sono giunti nella fase più delicata di tale percorso, in cui un ritorno sulla scelta delle operazioni avviate potrebbe compromettere la conclusione e, in ogni caso, comporterebbe gravi perdite. Per questo motivo, negli ultimi anni il dibattito sulla dismissione ha spostato la sua attenzione verso la valutazione delle operazioni di riconversione delle aree dismesse; anche perchè in molte città italiane, oramai, sono ultimati o in via di completamento gli interventi che hanno investito nelle aree dismesse o che hanno elaborato “strategie e procedure di trasformazione complessiva che hanno utilizzato la defunzionalizzazione di vaste aree come occasione per ripensare ad un assetto urbano adeguato contestualmente alle necessità degli abitanti, alla conservazione delle risorse disponibili, al rilancio competitivo dell’intero sistema urbano” (Gargiulo e Papa, 2001). In altri termini, i programmi di riuso di aree dismesse, conclusi o in uno stato di avanzamento prossimo alla conclusione, sono tanto numerosi da poter cominciare a valutare gli effetti e le ricadute sul territorio determinate da queste lunghe e complesse operazioni.

In questa ultima fase del dibattito si è cominciato a riflettere sulla conclusione degli interventi di recupero delle aree dismesse, ad individuare gli strumenti ed i meccanismi che hanno consentito il superamento degli ostacoli e dei ritardi, caratterizzanti i primi momenti del processo di recupero, a fare delle considerazioni sui risultati ottenuti, anche rispetto agli obiettivi posti a monte degli interventi.

“È opinione di molti studiosi che questo sia il momento giusto per porre con forza la richiesta di osservare …ciò che avverrà nei prossimi mesi ed anni nelle aree che circondano questi interventi e nelle stesse città che li ospitano, per sottoporre a verifica quanto assunto, dichiarato, proposto ex ante, ed ora finalmente in corso di attuazione” (Spaziante, 2006).

In verità, le operazioni di rigenerazione urbana, di riuso e riqualificazione delle aree dismesse andrebbero valutate non solo in rapporto al ruolo che possono svolgere all’interno del proprio territorio comunale e regionale, ma anche in relazione alle ripercussioni che possono generare nell’intero Paese a sostegno delle politiche territoriali dell’Unione Europea, che guardano alle città e, in generale, al territorio come ad un insieme di risorse a cui attingere per accrescere la coesione economica e sociale, e la competitività globale dei Paesi membri dell’Unione.

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