• Non ci sono risultati.

Superiore interesse del minore vs Ordine pubblico

La convenzione ONU del 1989 riconosce la priorità del superiore interesse del figlio e della tutela e della promozione dei suoi diritti fondamentali in caso di conflitto con gli interessi e i diritti degli adulti che esercitano la responsabilità. Per la precisione, questi diritti concernono il rispetto dell'autonomia del figlio, con riguardo alle sue capacità progressivamente acquisite, il mantenimento di stabili rapporti oltre che con i genitori, con altre figure significative di riferimento (nonni, e altri parenti), il divieto di discriminazione anche sulla base degli orientamenti sessuali propri o dei genitori, nonchè l'ascolto e la partecipazione nei processi decisionali che lo riguardano, in relazione alla sua età e maturità48 (capacità di

discernimento).

Si tratta, inoltre di diritti afferenti alle cosiddette aree della Provision e della

Protection, che sono rivolti a proteggerlo dall'abbandono, dal maltrattamento e a

garantirgli l'accesso ai beni e servizi per il suo benessere fisico e psichico, ma anche dei diritti di libertà: di esprimere le proprie opinioni, di essere informato e, soprattutto, di parteciare ai processi decisionali che lo coinvolgono, anche in ambito amministrativo e giudiziario.

L'importanza del diritto di partecipazione è, infatti, sottolineata con forza dai sostenitori dei diritti dei bambini e delle bambine nella convinzione che il suo esercizio offra ai minori l'opportunità di uscire da una condizione strutturale di marginalità, che non verrebbe modificata dai soli diritti di protezione49.

48 Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989.

Secondo Berlotti e La Mendola (2010), il bambino è una persona speciale che è diventata prevalente fra gli studiosi della sociologia dell'infanzia e fra i sostenitori dei diritti del minore.50

Una persona che, da un lato, è dotata di agency morale nel percorso di socializzazione e nei rapporti con i propri pari e fra le generazione e collabora con ogni genere di comportamento degli adulti, e con competenza verbale o di altro tipo sa esprimere anche la natura delle emozioni e i dilemmi esistenziali suoi e dei suoi genitori. Ma dall'altro lato, per le peculiari condizioni di vulnerabilità che lo caratterizzano soprattutto nella prima infanzia, è anche dipendente dagli adulti, e particolarmente dai genitori, e bisognosa di protezione e guida per potersi sviluppare secondo le proprie potenzialità e aspirazione e per scongiurare che l'esercizio dei propri diritti non avvenga contro il suo migliore interesse.

Il "best interest of the child", oggi, rappresenta il principio informatore di tutta la normativa a tutela del fanciullo, garantendo che in tutte le decisioni che lo riguardano, il giudice deve tenere in considerazione il suo superiore interesse. Ogni pronuncia giurisdizionale, per tanto, è finalizzata a promuovere il benessere psicofisico del bambino e a privileggiare l'assetto di interessi più favorevole a una sua crescita e maturazione equilibrata e sana.

Corollario applicativo è che i diritti degli adulti cedono dinnanzi ai diritti del

fanciullo, con l'ulteriore conseguenza che essi stessi trovano tutela solo nel caso in

cui questa coincida con la protezione della prole.

L'espressione in esame si trova formulata per la prima volta nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1959.

Il fanciullo, nell'elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria del secolo scorso, appariva come un oggetto del diritto, parte passiva nelle relazioni familiari e sottoposta all'autorità degli esercenti la "patria potestà". Esisteva quindi una

50 Berlotti, La Mendola, - Il futuro nel presente, per una sociologia delle bambine e dei bambini, Guerini, Milano.

concezzione verticistica del nucleo familiare.

Un tempo i bambini, all'età di sette o otto anni potevano essere mandati a servizio o a lavorare come apprendisti. Da loro ci si aspettava che lavorassero sodo e a volte erano sottoposti a crudeli trattamenti da parte dei padroni. D'altro canto se alla famiglia serva il loro lavoro, i bambini restavano a casa.

I figli erano considerati una risorsa per la famiglia soltanto se il loro lavoro poteva essere usato. Non appena in grado di farlo, i bambini cominciavano ad aiutare i genitori nel lavoro della famiglia. In tempi di crisi quelli che non lavoravano venivano abbandonati o mandati via visto che erano di utilità limitata all'aggregato domestico51.

Parole, queste di Tilly e Scott, che oggi desterebbero scalpore visto il cambiamento abissale che si è avuto nel tempo riguardo alla figura del bambino e all'infanzia in generale.

Secondo quanto affermano nel loro testo "Donne, lavoro e famiglia nell'evoluzione

della società capitalistica, infatti, i figli non diventavano una risorsa per la

famiglia, fino a quando non erano grandi abbastanza per lavorare.

Si pensa anche che queste famiglie mettessero al mondo più figli perchè un giorno sarebbero diventati i lavoratori salariati della famiglia52.

Odiernamente, il fanciullo acquista la propria autonoma considerazione giuridica: egli è soggetto di diritto, titolare di una propria soggettività giuridica da tutelare è proteggere, avendo cura che i diritti fondamentali riconosciutigli trovino compiuta affermazione nelle sue relazioni familiari e sociali.

In questo mutato contesto, il superiore interesse del mionore si riempie di nuovi contenuti: da criterio ispiratore a principio generale nel sistema internazionale a tutela del minore.

51 Cfr. Tilli L.A., Scott J.W. (1981) - Donne, lavoro e famiglia nell'evoluzione della società capitalistica, De Donato, Bari. p.83.

Quando si parla di "ordine pubblico" ci si riferisce all'insieme dei principi fondamentali dell'ordinamento, di ciò che costituisce il pilastro dell'organizzazione giuridica e l'espressione dei valori e del sentire della compagine sociale che compone l'organizzazione stessa.

Si tratta perciò di una clausola generale che esprime il complesso dei valori basilari della società e dell'ordinamento e che rappresenta un limite all'applicazione delle norme straniere.

Le sue caratteristiche principali sono l'indeterminatezza, cioè l'impossibilità di una sua definizione aprioristica, e la relatività nel tempo, ovvero la mutevolezza a seconda del contesto storico. Il contenuto di tale clausola è destinato a mutare e a rispecchiare, di volta in volta i valori vigenti in un determinato momento storico: esso, invero, riflette le concezioni etiche, morali e politiche che sono suscettibili di variare nel corso del tempo in base al contesto di riferimento e in conseguenza dell'evoluzione della società.

Il limite dell'ordine pubblico, richiamato dagli ufficiali di stato civile per negare la trascrizione degli atti di nascita formati all'estero, in realtà trova come "controlimite" il principio del superiore interesse del bambino.

Esso deve essere valutato in concreto, considerando il minore oggetto della questione in quel determinato momento e contesto storico.

La tutela del best interest of the child, dunque, non può essere affidata a valutazioni astratte effettuate dal legislatore una volta per tutte, ma dovrà essere affidata al giudice, il quale dovrà garantirla nel caso concreto.

Di conseguenza, non può ritenersi che la scelta di negare la rilevanza all'omogenitorialità nel nostro ordinamento, negando alle coppie formate da persone dello stesso sesso l'accesso alle tecniche di PMA o all'istituto dell'adozione, soddisfi totalmente il preminente interesse di tutti i bambini, in quanto, così facendo, si esclude la possibilità di porre in essere qualsiasi valutazione in concreto

del superiore interesse del minore.

E' proprio in nome di tale principio fondamentale, che le Corti hanno concesso l'ingresso, in Italia, ai provvedimenti stranieri che hanno dato una veste giuridica all'inserimento di minori in tali ambiti familiari, anche in totale contrasto con le norme del nostro diritto civile.

L'evoluzione legislativa del diritto di famiglia e l'interpretazione giurisprudenziale, dunque, tendono a riconoscere sempre più importanza ai rapporti di fatto che si instaurano nel nucleo familiare, al fine di garantire un corretto svolgimento della personalità del minore.

Possiamo dire, quindi, che nel nostro ordinamento non vi è un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico tra il genitore e il nato. Una conferma la troviamo innanzitutto nella disciplina dell'adozione e poi nell'importanza, assunta a livello normativo soprattutto in seguito alla riforma della filiazione del 2012-13, del concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato.

Per tutti questi motivi si dovrebbe ritenere trascrivibile il certificato di nascita del figlio ottenuto mediante la gestazione per altri o l'inseminazione eterologa e, di conseguenza, anche la filiazione nelle coppie omosessuali. In tutti questi casi, il riconoscimento del rapporto di filiazione è funzionale alla salvaguardia dell'identità personale del figlio e del suo diritto ad appartenere ad una famiglia.

Negare ogni rilievo al rapporto creatosi tra il minore e chi si è comportato alla stregua di un genitore finirebbe col sacrificare fortemente la posizione del minore stesso in quanto verrebbe leso il suo diritto di preservare la propria identità personale53 : il fanciullo infatti costruisce la propria identità nel rapporto costante e duraturo con chi è diventato per lui un punto di riferimento e privarlo di tale rapporto costituirebbe per lui un pregiudizio.

Si evince dunque che i principi di ordine pubblico devono cedere di fronte al superiore interesse del minore al riconoscimento giuridico dello stato di filiazione validamente costituito all'estero e che l'obbligo, per il giudice, di attuare il best interest of the child, può giustificare un'interpretazione anche fortemente evolutiva delle norme nazionali.

Ancora una volta, dunque l'autorità giudiziaria può disapplicare il diritto interno, che consente l'adozione congiunta alle sole coppie coniugate (quindi eterosessuali), al fine di garantire in concreto la piena tutela del minore e del nucleo familiare in cui egli è inserito.

Ma questo modus operandi non può ritenersi pienamente soddisfacente e, soprattutto, non consente di attuare la certezza del diritto.

Infatti, nelle sentenze che ho analizzato nel mio lavoro, i giudici hanno saputo cogliere il mutato contesto sociale e le vere esigenze dei cittadini coinvolti e si sono mostrati recettivi dei principi e valori affermati in ambito comunitario e internazionale.

Non essendoci, però, una legge chiara che disponga il da farsi in casi simili, le coppie recatesi all'estero per costruire una famiglia dovranno sempre scontrarsi con l'incertezza derivante dal possibile rifiuto dell'ufficiale di stato civile o del Tribunale per i Minorenni alla trascrizione e con il lungo iter giudiziale da affrontare per vedersi riconosciuti i propri diritti e, soprattutto, quelli dei minori coinvolti.