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3 L’analisi sul campo

3.2 Sviluppi futuri dei “nuovi” protagonisti del settore

Lo studio sinora condotto ci ha portato ad analizzare i diversi modi attraverso i quali il blogging di moda viene esercitato dai relativi protagonisti di questo emisfero della comunicazione 2.0, i rapporti col pubblico di seguaci, ma soprattutto le principali implicazioni dello stesso fenomeno nell’ambito dell’intera industria. Come abbiamo ampiamente avuto modo di osservare, nonostante le resistenze poste alla loro affermazione, le fashion blogger si configurano, ad oggi, tra i soggetti più influenti quando si fa riferimento al discorso moda. L’aspetto ultimo che tuttavia deve essere necessariamente preso in considerazione è quello relativo all’andamento futuro previsto, e in particolare il destino che attende questa nuova tipologia di giornalisti online, nell’ambito del complesso ed articolato panorama mondiale della moda. In questa prospettiva ci muoviamo per cercare di analizzare i diversi pareri che col tempo si sono creati in riferimento alle evoluzioni che hanno caratterizzato il fenomeno del blogging, interessando, non soltanto la stessa categoria delle blogger, ma anche e soprattutto quelle che rappresentano le tradizionali e più classiche istituzioni di settore, su tutte redattori ed editori di riviste, da sempre considerati come la guida per lo sviluppo di nuove idee, linee e tendenze. A tal proposito le posizioni assunte nell’ambito dell’intero sistema moda dai diversi protagonisti risultano essere piuttosto ambigue e contrastanti, tanto da rendere difficile l’identificazione di coloro i quali sono favorevoli allo sviluppo del fenomeno, comprendendo a pieno le relative potenzialità e capacità di sviluppo, e di quelli che, al contrario, si sono sempre opposti fermamente alla sua affermazione. Ciò nonostante, seppure con qualche rilevante eccezione alla regola, è possibile identificare due fazioni tra loro contrapposte: da un lato vi sono, chiaramente, le fashion blogger, protagoniste di questa nuova frontiera della comunicazione, e interessate a preservarne il relativo successo per il futuro; dall’altro, invece, abbiamo tutte, o quasi, le principali rappresentanze di settore, che non attribuiscono al blogging vita lunga. Questa diatriba, che si protrae ormai da qualche anno, affonda le sue radici su uno degli aspetti principali che caratterizza l’era dei consumi contemporanea, ovvero il ruolo attribuito al sistema di rete Internet. Abbiamo già avuto modo di sottolineare, più volte, l’importanza assunta dal web nell’ambito dei processi di affermazione, e conseguente sviluppo, del fenomeno del blogging, non soltanto relativo ai consumi di moda, ma più in generale a tutte le principali categorie d’acquisto. La sua introduzione ha, pertanto, modificato radicalmente il ruolo stesso del consumatore, che ad oggi, sempre più frequentemente,

consulta siti specializzati, anche soltanto per ottenere informazioni più dettagliate su un prodotto di suo interesse. L’aspetto che, tuttavia, giustifica le evoluzioni che si sono realizzate in rete, modificando i comportamenti stessi degli individui, è rappresentato dal processo di sviluppo che ha interessato, e interessa tutt’oggi, il fenomeno dell’e- commerce, o commercio elettronico. I dati relativi all’evoluzione dello stesso, soprattutto negli ultimi anni, offrono un’idea abbastanza chiara e definita di come il commercio elettronico sia divenuto uno dei canali di riferimento per il pubblico dei consumatori. Il valore mondiale dell’e-commerce, aggiornato alla fine del 2013, ha raggiunto la cifra di 1,298 miliardi di dollari, con una crescita del 17% rispetto all’anno precedente. I principali mercati che contribuiscono al raggiungimento della suddetta cifra sono sostanzialmente due: quello del Nord America, con Stati Uniti e Canada, e quello dell’area del Pacifico, con Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Australia, Indonesia e altri paesi minori. Il primo, da solo, raggiunge il valore di 409 miliardi di dollari, complessivamente circa il 32% del mercato mondiale. Proprio nel 2013 abbiamo assistito al sorpasso su questo del secondo dei due mercati, quello dei paesi dell’area del Pacifico, che raggiunge il valore di 433 miliardi di dollari, circa un terzo dell’e- commerce a livello globale. Il resto del mondo contribuisce poi con il restante 35% del valore totale, corrispondente a 456 miliardi di dollari. In Europa il mercato del commercio elettronico di tipo B2C, (Business to Consumer), ha raggiunto nel 2013 un valore complessivo di 311 miliardi di euro, con una crescita del 19% rispetto al 2012. A realizzare tale ammontare sono principalmente tre paesi: Regno Unito, Francia e Germania, che costituiscono complessivamente il 61% dell’intero mercato95. E l’Italia? Anche per la nostra nazione, relativamente al commercio elettronico, le cifre parlano chiaro. Il valore dell’e-commerce, per il 2013, è di oltre 13.2 miliardi di euro, e la sua crescita continua a realizzarsi senza sosta. Quali sono i settori più proficui in ambito nazionale? Interessante, in tal senso, l’opinione data alle cifre da Riccardo Mangiaracina, Responsabile Osservatorio e-commerce B2C Netcomm del Politecnico di Milano che, parlando del rapporto fra servizi e prodotti venduti online, durante la IX edizione dell’e-commerce forum organizzato dallo stesso Consorzio Netcomm, ha dichiarato:

I servizi pesano per il 62% delle vendite. Il Turismo ha una quota di mercato nell’e-commerce pari al 41%, le Assicurazioni arrivano all’8%. I prodotti, invece,

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conquistano il 38% delle vendite: l’Abbigliamento ottiene una quota pari al 14%, Informatica ed elettronica raggiungono il 12%, l’Editoria il 3%, Grocery l’1%96.

Sulla base dei dati riportati, il settore tra i prodotti che più di tutti sembra muoversi sempre più verso modelli di consumo informatici è proprio quello dell’abbigliamento, il che ci permette di analizzare, nello specifico, il ruolo assunto dallo stesso commercio elettronico. Ed è proprio in questa prospettiva che il consumatore, oggi, acquisisce un ruolo ed un’importanza diversa rispetto a quanto non avvenisse in passato. Per lungo tempo siamo stati portati a pensare che l’individuo non avesse alcuna influenza sulle scelte e le strategie adottate dalle principali case d’abbigliamento, al fine di collocare i relativi prodotti sul mercato. Effettivamente questo è stato lo scenario preminente fino a qualche tempo fa. La moda non apparteneva al pubblico, il quale poteva soltanto accettare passivamente i dettami imposti dagli esperti all’interno del sistema, e il suo ruolo era persino marginale rispetto ad esso. Questo perché, nella stragrande maggioranza dei casi, gli individui, così abituati, non erano nemmeno pienamente coscienti di cosa volessero acquistare. Con l’avvento delle nuove tecnologie digitali, ma soprattutto lo sviluppo del sistema di rete Internet, lo scenario si è completamente modificato. In tempi moderni i consumatori sanno quello che vogliono molto prima di recarsi al negozio per acquistarlo, e questo grazie al ruolo attribuito a siti di moda specializzati e agli stessi blog, che riconoscono a tutti gli individui la possibilità di crearsi una vera e propria cultura in tema d’abbigliamento, costringendo i rivenditori ad adattarsi a questa nuova situazione97. A tal proposito, parlando di e-commerce, non si può non considerare l’importanza riservata a una delle principali esponenti di questo mondo, ovvero Natalie Massenet. Nata nel 1966 a Los Angeles, dall’unione tra il giornalista californiano Bob L. Rooney e la modella britannica Barbara Jones, ha trascorso la sua infanzia a Parigi, sino all’età di undici anni quando, a causa del divorzio tra i genitori, si è trasferita a Los Angeles con il padre, dove ha continuato gli studi. Dopo la laurea ha trascorso un anno a Tokyo, in Giappone, lavorando come modella e stilista, ed entrando quindi a stretto contatto col mondo della moda. All’età di 33 anni, agli inizi del nuovo millennio, la Massenet si avvicinò all’idea di creare un sito di e-commerce di lusso, Net-a-porter.com, del quale si offre la visualizzazione dell’homepage nell’immagine seguente (vd. Figura 3.5), che nel giro di

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http://www.decalab.it/notizie-dal-web-blog-siti-ecommerce-e-software/49-ecommerce-dati-2014-osservatorio-b2c- politecnico-di-milano.html.

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poco tempo divenne il più importante e seguito al mondo, fugando ogni dubbio di quelli che non vedevano in Internet una vera e propria opportunità di sviluppo.

Grazie allo straordinario successo ottenuto attraverso il sito da lei lanciato, e al prezioso contributo offerto nell’ambito dell’intero sistema moda, Natalie Massenet è stata nominata presidente del British Fashion Council, la camera della moda inglese, nel Gennaio del 2013. Nell’Aprile dell’anno seguente poi, il 2014, il settimanale di informazione americano Time, ha definito la Massenet come uno dei cento personaggi più influenti al mondo nell’ambito dell’industria della moda online, attribuendole l’appellativo di “visionaria”98. In un’intervista rilasciata al sito del quotidiano nazionale

Repubblica.it nel 2011, l’ex redattore di moda e fondatrice di Netaporter.com, ha

parlato del suo impegno costante nell’ambito del settore, in qualità di presidente della camera della moda inglese, nonché degli obiettivi che intende raggiungere negli anni a venire. Interpellata sul futuro dell’intero sistema, sul ruolo delle nuove tecnologie digitali in questo specifico mondo, e sul destino di tanti giovani che aspirano a prendervi parte, ha risposto in modo abbastanza deciso, affermando che:

Il futuro della moda è in un garage. Basta mettere le proprie creazioni su Instagram, sfruttando l’enorme potere che ad oggi viene attribuito ai Social Media, e chiedersi: chi lo vuole? Purtroppo la gente, e i giovani in particolare, pensano ancora che bisogna chiedere il permesso per lanciare il proprio business. Questo è il modo sbagliato di pensare, poiché viviamo in un mondo completamente cambiato. Ed è un

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mondo, contrariamente a quanto si pensa, che offre un momento magnifico per chi ha un’idea creativa.

E ancora, incalzata sul ruolo delle sfilate, definite come uno strumento obsoleto dall’intervistatore, ha ulteriormente dichiarato:

Il problema, a mio parere, è che si continua a pensare alle sfilate come ad eventi per addetti ai lavori mentre oggi invece sono show per il pubblico, per i consumatori finali. Nel mio piccolo, ho 20.000 follower su Instagram, tre secondi dopo che ho visto un look di sfilata, lo possono vedere anche loro. E sono tutti acquirenti, persone che vogliono acquistare subito99.

È abbastanza evidente, sulla base delle dichiarazioni appena riportate, che il fenomeno dell’e-commerce è destinato a fare la voce grossa per molti anni a venire, soprattutto per ciò che concerne il discorso moda. La nascita e l’incredibile sviluppo fatto registrare, in particolare negli ultimi tempi, da importanti piattaforme del web è il segno tangibile di quanto appena osservato. Siti come Mytheresa, Yoox e lo stesso Netaporter nello specifico campo dei capi d’abbigliamento, o ancora Zalando, Sarenza, Asos, per ciò che concerne il mercato delle calzature, realizzano volumi di vendite e di richieste elevatissimi al giorno d’oggi. Lo stesso Amazon.com, nato come una piattaforma che si occupava inizialmente del commercio elettronico di musica e libri, ha esteso negli ultimi anni la propria attività anche al settore della moda e dell’abbigliamento, comprendendone e sfruttando l’incredibile sviluppo da questo realizzato. Questi siti, il cui successo è sancito dall’autorità dei consumatori nella loro nuova veste di individui attivi e partecipanti al sistema, hanno ampliato il raggio d’azione delle singole realtà appartenenti a questo mondo. Inoltre vanno ad integrare il ruolo oggi esercitato da riviste ed editoriali, come Gioia, Grazia e Donna Moderna, o anche la stessa Vogue, solo per citarne alcune, nell’ambito dei relativi processi di legittimazione e diffusione di nuovi stili e tendenze. Il parere autorevole fornito dalla Massenet serve, in questa prospettiva, a stimolare dunque l’attività, l’interesse, e la creatività di tutti coloro i quali sono intenzionati a partecipare attivamente a tali processi. Ovviamente, nell’intervista di cui sopra, non viene fatto un riferimento specifico alla categoria delle blogger, ma è altrettanto evidente, tuttavia, che la questione sollevata dall’americana, relativa al ruolo attribuito al pubblico nell’ambito di eventi come le settimane o le sfilate di moda, si riferisce anche e soprattutto a questa nuova tipologia di giornalisti online, dei quali viene sancita l’autorità in relazione

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all’invito di creare un nuovo e personale business. Le opinioni e le idee proposte da Natalie Massenet sembrano, quindi, fortemente in linea con i processi di sviluppo che interessano il blogging di moda, e più in generale l’importanza attribuita al web in relazione alle scelte e ai comportamenti consumistici dei singoli. Sebbene questa appartenga ad un’epoca in cui un ruolo di primo piano, nel complesso sistema moda, veniva attribuito alle più classiche categorie istituzionali, tuttavia sembra sposare a pieno le evoluzioni che caratterizzano la società nei diversi periodi. La posizione assunta dalla Massenet, nel dibattito a cui si è fatto riferimento in precedenza, è quindi vicina a quella delle nuove categorie di settore, tra le quali le stesse fashion blogger. A tal riguardo, proprio per analizzare al meglio la frattura che si è creata nel corso degli ultimi anni tra le due diverse fazioni contrapposte, possiamo prendere in considerazione l’opinione di una delle esponenti di questa nuova frontiera della comunicazione online, la blogger Ida Galati de Le stanze della moda, (vd. Figura 3.6).

Il caso della blogger romana è uno dei più interessanti in ambito nazionale. Questo non solo in virtù del seguito ottenuto dalla stessa, e misurato in termini di visualizzazioni del blog, ma anche e soprattutto in relazione alla battaglia intrapresa da Ida Galati nei confronti delle principali istituzioni del sistema. Come molte sue colleghe, appassionate di moda, l’attività da blogger è soltanto il punto d’arrivo ultimo nella carriera della Galati, la quale nasce, invero, come psicoterapeuta e formatrice, e ad oggi è anche docente presso le più importanti Accademie di settore, come la L’Oreal ad

esempio100. La sua formazione, realizzatasi in ambiti diversi da quello specifico della moda, le ha permesso di sviluppare un forte senso critico, che emerge anche dalla semplice lettura di alcuni dei post pubblicati sulla sua pagina. In particolare, nel corso degli ultimi tempi, la blogger romana sembra, appunto, aver intrapreso una battaglia molto accesa nei confronti di tutte quelle persone che considerano il blogging di moda come una minaccia, e non un’opportunità di crescita del settore. I soggetti cui rivolge l’attenzione sono principalmente giornalisti e responsabili della redazione di alcune importanti riviste, i quali non perdono occasione, secondo la Galati, per screditare l’attività delle fashion blogger nostrane. In un recente post pubblicato all’interno del suo blog, datato 04/03/2015, si scaglia apertamente contro i primi, accusandoli di denigrare l’evoluzione che caratterizza il fenomeno del blogging, e non accettare la sua preponderante affermazione. L’oggetto della contesa, in questa sede, è rappresentato dal ruolo/non ruolo delle blogger nell’ambito dei principali eventi che caratterizzano l’universo della moda. Di seguito vengono riportati alcuni estratti dello stesso post, dai quali emerge, abbastanza nitidamente, il contrasto, in termini di accettazione del fenomeno, tra la nostra nazione e le realtà straniere:

Ho frequentato grandi scuole di giornalismo all'estero e in Italia e la differenza che mi è saltata subito all'occhio è rappresentata dal fatto che il primo consiglio in terra straniera sia quello di aprire immediatamente un blog, mentre in Italia si spera non ci siano fashion blogger nei paraggi. ……Ed ecco che ho capito che in Italia ancora non ci siamo, ma ci siamo quasi101.

Il controverso e burrascoso rapporto tra questa nuova tipologia di giornalisti online e quelli più tradizionali della carta stampata si manifesta sempre più di frequente, anche e soprattutto in relazione all’affermazione dei primi che sottrae potere e prestigio ai secondi. Il successo che caratterizza il fenomeno del blogging in tempi moderni, tuttavia, mina anche le certezze delle stesse riviste di settore, degli stilisti e dei soggetti più tradizionalmente appartenenti a questo universo, creando dissapori e controversie tra le fila delle storiche categorie. Se da un lato è certamente vero che i principali editori e redattori del mondo, seppur controvoglia, accettano la nuova situazione, è altrettanto vero però che non tutti sembrano volerlo fare nella stessa maniera, né si mostrano disponibili a favorire gli sviluppi futuri del fenomeno. C’è chi infatti è pronto a scommettere sulla morte mediatica delle nuove stelle del firmamento moda, i fashion blogger stessi, come il designer inglese John Richmond ad esempio, il quale, nel corso

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https://it.linkedin.com/pub/ida-galati/23/773/2b1.

101

dell’ultima manifestazione del Pitti Immagine Uomo tenutasi a Firenze nel mese di Gennaio, ha dichiarato:

Ho come l’impressione che i riflettori su di loro vadano via via un po’ spegnendosi102.

Più serafico e calmo al contrario, relativamente alle evoluzioni future che caratterizzeranno il fenomeno del blogging, è sembrato l’atteggiamento dello stilista italiano Giuseppe Zanotti, che ha parlato di una semplice inversione di tendenza, in base alla quale il lavoro del blogger, da generico qual è, diventerà sempre più specifico. Se la posizione dell’inglese non sembra, almeno apparentemente, giustificare i processi di diffusione del fenomeno in esame, la teoria della “evoluzione della specie blogger” macina grandi consensi anche in tutto il resto del mondo. Pareri autorevoli come quelli di Gala Darling, co-fondatrice di The Blogcademy, e Jennine Jacob, creatrice dell’Independent Fashion Bloggers, la community leader delle blogger di moda, sembrano scongiurare il pericolo di estinzione della specie, affermando, oggi come in futuro, la sua straordinaria popolarità. Eppure, nonostante il grande successo e seguito che il fenomeno del blogging è in grado di realizzare, sempre più di frequente i protagonisti di questa nuova frontiera della comunicazione vengono esclusi dalla partecipazione ai principali eventi mondiali, come è successo anche durante la settimana della moda USA, tenutasi a New York tra l’11 e il 19 Febbraio. La mancata partecipazione dei blogger a queste manifestazioni è legata al controverso rapporto che si instaura tra le case di moda e i giovani comunicatori digitali, e che si snoda in un duplice crinale: da un lato vi è l’aspetto positivo legato allo scambio di visibilità reciproca; mentre dall’altro il rischio, sempre più concreto, di sovrapposizione mediatica. Ecco spiegato il perché la categoria dei blogger di moda è considerata una minaccia da parte degli organi istituzionali del sistema, sempre più timorosi nei confronti degli sviluppi e della crescita che il fenomeno blogging sta realizzando. In realtà, come si è già avuto modo di osservare almeno in parte, categorie istituzionali come i giornalisti di moda non vedono di buon occhio l’affermazione di questi nuovi soggetti anche perché ritengono, in buona parte dei casi, scarse le competenze specifiche da questi possedute, e che garantiscono agli stessi la possibilità di arrivare con successo al pubblico di lettori. Eppure numerose sono le caratteristiche che collegano entrambe le categorie, tanto che, in virtù degli sviluppi che si sono realizzati

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negli ultimi anni, molti giornalisti, appartenenti alle istituzioni più tradizionali di categoria, hanno avviato la loro personale attività di blogger. Ed è probabilmente questo l’aspetto principale che non attribuisce agli stessi il diritto di opporsi all’evoluzione del fenomeno del blogging di moda, criticando i soggetti che appartengono a questo mondo. Ciò nonostante è bene operare una distinzione fondamentale, in base alla quale possiamo distinguere, nell’ambito dello stesso fenomeno, due principali categorie di blogger: da un lato vi sono i cosiddetti “fashion posers”, mentre dall’altro i “fashion experts”. In termini strettamente numerici i primi sono notevolmente superiori ai secondi, e si configurano come tutti quei ragazzi o quelle ragazze che propongono, sulla loro pagina personale, le più disparate combinazioni di capi d’abbigliamento. La stragrande maggioranza delle blogger di moda più affermate nell’ambito dell’attuale sistema, tra le quali la regina italiana Chiara Ferragni stessa, ha assunto, come punto di partenza per la propria attività, una posizione da outsider rispetto all’intera industria, cercando di ottenere il successo sperato attraverso non soltanto la possibilità di