0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8%
Ita Mez Sar
Maschi Femmine Totale
Fonte: Elaborazioni CRENoS su dati ISTAT, FdL
Tuttavia è bene notare che la componente femminile delle non forze di lavo- ro è prevalente: nel 2007 il dato nazionale evidenzia nei due anni osservati una media del 66%, nel Mezzogiorno sale al 67,5%, in Sardegna al 66%. Il dato sulle non forze di lavoro femminili non ci stupisce, considerando che il tasso di attività specifico femminile, pur in crescita, è ancora al di sotto del 40%. Ciò denota che il fenomeno della “rinuncia alla partecipazione” è ancora prevalen- temente femminile, evidenziando le enormi difficoltà che le donne italiane in- contrano nel conciliare vita familiare e lavoro.
In conclusione, abbiamo rilevato che è essenziale distinguere le non forze di lavoro di età superiore ai 64 e inferiore ai 15 anni dagli altri inattivi per poter isolare gli effetti demografici da quelli di scoraggiamento sul tasso di inattività della popolazione. L’incremento del tasso di inattività in Italia è dovuto preva- lentemente ad effetti di invecchiamento, anche se nell’ultimo anno si riscontra un incremento delle non forze di lavoro scoraggiate. In Sardegna, e in misura ancora maggiore nel Mezzogiorno, lo scenario cambia: pur essendo prevalente l’incidenza dell’invecchiamento della popolazione, l’incremento delle non forze di lavoro scoraggiate sta diventando un fenomeno di rilievo.
La riduzione del tasso di attività nell’ultimo quinquennio, per il quale si è ipotizzato una riduzione delle forze di lavoro, trova conferma nell’analisi prece- dente: nell’ultimo quadriennio le non forze di lavoro sono aumentate e contem-
poraneamente le forze di lavoro sono diminuite. D’altra parte sono diminuiti an- che i disoccupati. Quindi il rapporto tra forze di lavoro e popolazione dai 15 anni in su diminuisce, determinando una conseguente riduzione del tasso di attività. D’altra parte se le forze di lavoro diminuiscono più dei disoccupati, possiamo an- che spiegare la riduzione del tasso di disoccupazione osservata precedentemente.
Rimane da valutare quale è la qualità dell’occupazione creata. Nella sezione successiva cerchiamo di focalizzare la nostra attenzione su questo aspetto.
4.3.2. Le unità di lavoro
In base alle rilevazioni ISTAT sulle forze di lavoro (FdL) in Italia e in Sarde- gna, l’occupazione è cresciuta dal 1993 al 2007 e il tasso di disoccupazione nel 2007 è sceso al di sotto del 10%. Nell’ultimo triennio nel Mezzogiorno, così come in Sardegna, sta aumentando l’incidenza delle non forze di lavoro, anche qualora si escludano le categorie legate alle dinamiche demografiche. Certa- mente queste dinamiche hanno effetto sul tasso di disoccupazione che diminui- sce; tuttavia questo potrebbe non essere dovuto solo ad un positivo aumento dell’occupazione ma, oltre all’effetto ‘scoraggiamento’ discusso nella prece- dente sezione, al fenomeno del lavoro irregolare o “lavoro nero”.
Questa sezione discute le dinamiche dell’occupazione, in particolare le diffe- renze tra la stima degli occupati nelle rilevazioni delle FdL e le rilevazioni delle unità di lavoro, ovvero unità di lavoro a tempo pieno (ULA). In altre parole, analizziamo il volume di lavoro complessivamente impiegato nell'attività pro- duttiva svolta all'interno del Paese (e distintamente per lavoratori dipendenti, indipendenti e totale), riconducendo a quantità omogenee in termini di tempo di lavoro.
Il concetto di occupato che utilizza l’ISTAT nelle FdL si riferisce alla perso- na fisica di età superiore ai 15 anni che nella settimana di riferimento ha svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o non retribuito nella ditta di un familiare e che risultano occupate regolarmente. L’unità di lavoro, invece, è la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equiva- lente prestato da lavoratori a tempo parziale o da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. La misurazione degli occupati in termini di unità di lavoro si è resa necessaria in quanto una persona può assumere una o più posizioni lavora- tive in funzione
¾ dell’attività (unica, principale, secondaria);
¾ della posizione nella professione (dipendente, indipendente); ¾ della durata (continuativa, non continuativa);
¾ dell’orario di lavoro (a tempo pieno, a tempo parziale); ¾ della posizione contributiva o fiscale (regolare, irregolare).
Questo concetto non è legato alla singola persona fisica (come per il com- puto degli occupati), ma risulta ragguagliato al numero di ore annue corrispon- denti ad un’occupazione esercitata a tempo pieno. Le unità di lavoro sono dun- que utilizzate come unità di misura del volume di lavoro impiegato nelle attività produttive che determinano il prodotto interno lordo in un determinato periodo di riferimento84.
La scelta di confrontare le unità di lavoro occupate e le stime degli occupati rilevate nelle forze di lavoro ci consente di fare un ragionamento sulla qualità dell’occupazione creata. In altri termini, possiamo valutare se l’incremento di occupati in Sardegna è caratterizzato da tipologie contrattuali atipiche e che non consentono di definire la crescita dell’occupazione in unità omogenee. Le unità di lavoro tengono conto dell’esistenza del sommerso (distinzione tra regolari e irregolari) e consentono correzioni per tipologia contrattuale (un’unità di lavoro corrisponde ad un occupato a tempo pieno) e permettono quindi di avanzare ul- teriori elementi per quanto riguarda le valutazioni sull’efficacia degli interventi legislativi degli anni recenti.
Nel grafico 4.9 procediamo ad un confronto per il periodo 2001-2005 tra unità di lavoro e occupati rilevati dalle forze di lavoro, tenuto conto del fatto che le prime rilevano solo gli occupati regolari. Gli istogrammi rappresentano il rapporto tra occupati e unità di lavoro regolari; un valore uguale ad uno rappre- senta una perfetta eguaglianza tra questi, ovvero a ciascun occupato rilevato dalle forze di lavoro, corrisponde un’unità di lavoro a tempo pieno. Un rapporto superiore ad uno corrisponde invece ad una situazione in cui sono necessari più occupati rilevati dalle forze di lavoro per costituire un’unità di lavoro. L’obiet- tivo di questo esercizio è quindi quello di mostrare quanto siano rilevanti le forme contrattuali atipiche, particolarmente quelle part-time.
Il grafico indica che mentre a livello nazionale il peso relativo delle forme contrattuali atipiche è sostanzialmente ridotto rispetto all’occupazione totale, nel Mezzogiorno e in Sardegna il peso di queste forme contrattuali è decisamente su- periore. In particolare, negli ultimi anni mostra una forte tendenza alla crescita.
Grafico 4.9 Rapporto tra occupati FdL e unità di lavoro regolari