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della popolazione e delle abitazion

TAVOLA ROTONDA

Censimento permanente della popolazione: nuovi scenari, nuove opportunità di crescita per decisioni consapevoli

Interventi:

Giuseppe Costa

Università degli Studi di Torino

Paolo D’Attilio Ministero dell’Interno Stefano Michelini Cisis Romano Minardi Anusca Marco Trentini Usci Francesco Modafferi

sessione plenaria

Sessione plenaria

Il Censimento permanente

della popolazione e delle abitazioni

Buongiorno a tutti e benvenuti alla sessione plenaria sul Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. È un grande piacere vedervi così numerosi nonostante lo sciopero nazionale dei trasporti. Abbiamo un’ora e mezza. Sono previste le relazioni di due colleghe protagoniste dello straordinario cambiamento del corso censuario: alla mia destra la dottoressa Cacioli, Direttore della direzione per la comunicazione e alla mia sinistra la dottoressa Buratta, Direttore della direzione per le statistiche sociali. Continueremo con una tavola rotonda ricca di ospiti e di letture diverse del complesso processo censuario.

Vorrei introdurre le relazioni di questa mattina con due riflessioni di quadro, di carat- tere generale, che scaturiscono da due esperienze lavorative: una fatta fuori dall’Istat, l’altra interna all’Istat. Inizio con quella esterna. A poco più di 36 anni mi chiedono, con l’avallo del Mef, di guidare la direzione generale al bilancio di una regione com- plicata, come quella del Lazio, che aveva un disavanzo strutturale di parte corrente importante. In particolare il disavanzo sanitario era di oltre due miliardi: spendevamo dodici invece di dieci miliardi. Era appena stato approvato il Piano di rientro sanitario, quindi serviva un forte cambiamento con l’idea di efficientare.

Di questa esperienza vi riporto due aneddoti. Il primo riguarda il processo di forma- zione del bilancio. L’utilizzo del concetto della spesa storica mi ha sempre colpito ne- gativamente. Il processo inizia attraverso la raccolta dei fabbisogni con innumerevoli incontri con funzionari, dirigenti, assessori, consiglieri, parti sociali e della società civile ripartendo di fatto dalla spesa effettuata nell’anno e negli anni precedenti, stori- ca appunto. Si tenga conto che cambiare uno stanziamento significa modificare quel patto con gli elettori, tra interessi legittimi territoriali e interessi locali.

Ecco, immaginate che la spesa storica era una driver molto forte che riproponeva di anno in anno lo stesso ammontare di spesa, spesso fuori da una reale programmazio- ne e soprattutto lontana da una logica di utilizzo più efficace dei dati, anche in quei capitoli di spesa dove sarebbe stato facile quantificarne il realistico ammontare (si pensi ad esempio alla quantificazione del contributo a fondo perduto che si dà agli agricoltori per non lasciare le carcasse degli animali sui corsi d’acqua – un problema ambientale enorme).

La prima esperienza che vi riporto, riguarda quindi lo sforzo con cui ci adoperam- mo per introdurre nel processo di formazione del bilancio la necessità di integrare gli aspetti di programmazione e di politica con quelli oggettivi che ci venivano dalla quantità di dati che avevamo e che avremmo potuto utilizzare.

Tale sforzo ci ricorda che l’utilizzo consapevole dei dati è anche e soprattutto ancora un tema culturale, oltre che operativo, molto importante e che ancora, in realtà come quella che vi ho descritto, problemi persistono.

Il secondo aneddoto riguarda le notti che si facevano, prima della ripartizione del Fondo sanitario nazionale. Il Fondo sanitario nazionale era di oltre 100 miliardi di euro; veniva ripartito tra le regioni, e si faceva sempre di notte alla fine delle quali i soli Presidenti si riunivano per “aggiustare” in maniera consensuale la ripartizione

Tommaso Antonucci

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finale, che pur seguiva regole ben precise. Il Lazio nel 2008 chiedeva 300 milioni in più, perché mancavano all’appello 150 mila residenti rispetto alla stima attualizzata dell’ultimo dato censuario decennale. E 150 mila residenti in più, moltiplicati per due- mila euro, pari al costo sanitario pro capite della Regione Lazio, significavano appunto 300 milioni di euro. Solo nel 2011, col censimento generale del 2010, arrivarono i dati che ci davano ragione e che in quegli “aggiustamenti” non fummo capaci di far valere. Questo a conferma che la proposta del censimento permanente che prevede la resti- tuzione annuale dei dati sia un’opportunità di cambiamento straordinaria. Una pro- posta che poi è diventata legge di cui ne sentiamo oggi l’onere ma, son sicuro, di cui sapremo esserne orgogliosi.

Sarà un’opportunità per poter meglio gestire non solo la ripartizione e la distribuzione delle risorse sul territorio – il Fondo sanitario, ma anche dei trasporti, del sociale, etc. – ma anche per indirizzare le stesse politiche economiche e sociali. Un’opportunità di efficientamento generale per il sistema Paese intravedo chiaramente nel sistema dei censimenti permanenti, e non solo con riferimento a quello della popolazione e delle abitazioni, ma anche delle imprese, delle istituzioni, del non profit e dell’agricoltura. La legge infatti si riferisce all’indizione di tutti e cinque i censimenti permanenti. Concludo la mia introduzione con l’esperienza interna. Questa nasce da quello che i colleghi hanno chiamato: “Il mercoledì di Antonucci”, cioè sessioni settimanali fati- canti che sono durate per mesi, in cui abbiamo affrontato e siamo entrati nelle que- stioni. Tutte le settimane, con un ordine preciso.

Condivido con voi oggi l’idea che il censimento non è solo un processo complesso ma anche un percorso. Il tema del percorso non è un tema banale, perché dentro i percorsi si trovano delle soluzioni che a volte non si vedono, degli equilibri che, pur necessari, a volte sembrano non esserci. E il tema dell’equilibrio tra diritti è molto importante quando il percorso mette in gioco risorse, persone, relazioni istituzionali, accordi. Vi leggo poche righe di questo percorso: “A dicembre 2017, dopo cinque anni dalla 179/2012, si concludevano per legge le attività preparatorie del censimento perma- nente. A gennaio del 2018 l’Istituto si è fatto trovare pronto, inserendo nella legge di bilancio dello Stato, per il 2018-2020, la norma di indizione di tutti i censimenti permanenti: popolazione e abitazione, censimento imprese, istituzioni, non profit e agricoltura, valorizzando tra le altre la necessità dell’integrazione delle fonti già pre- vista dalla normativa europea, la 223/2009”.

Per i cinque censimenti generali, nel periodo 2001/2010, era previsto uno stanziamen- to di 755 milioni di euro. Per i censimenti permanenti, attraverso i piani generali dei censimenti approvati recentemente in Consiglio e poi in Conferenza unificata, è pre- vista a regime una spesa di 268 milioni di euro, con un risparmio atteso di quasi 500 milioni di euro. Abbiamo fatto un salto concettuale e operativo enorme, e l’abbiamo fatto grazie all’esperienza, competenza, lavoro, alle relazioni tra persone e istituzioni, dentro percorsi di ascolto effettuati necessariamente senza radicalità, senza veti, nella ricerca di faticosi ma necessari equilibri.

Grazie. Passo la parola alla dottoressa Buratta per la sua relazione.

Buongiorno a tutti. Io cercherò in breve di descrivere il profilo del censimento che stiamo per avviare.

Il censimento di oggi è una macchina di produzione del tutto nuova. Siamo abituati a sentir parlare dell’Istat, in particolare del censimento, come di qualcosa che fa foto- grafie. L’Istat fotografa l’Italia, il censimento fa la fotografia dell’Italia. Assecondando

Vittoria Buratta

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questa metafora potremmo dire che la macchina fotografica che abbiamo per questa stagione di censimenti è una macchina completamente nuova, e lo vedremo. Questa nuova macchina, diversamente da quanto è accaduto in passato, ci darà continuità informativa perché il processo del censimento oggi è innestato in un sistema costituito dai registri, dalle rilevazioni censuarie e dalle indagini. Questo censimento ci consenti- rà anche di guardare avanti ed indietro nel tempo. È la prima volta che questo accade, con un minor disturbo sui cittadini e con costi decisamente inferiori. Il censimento cambia natura, la cambia metodologicamente e tecnologicamente, ma nel momento della restituzione, nel momento dell’output rimane il censimento, cioè: universale, territoriale e simultaneo. Vedremo in che senso.

Per continuare nella metafora della macchina fotografica: in primo luogo questa nuo- va macchina non è una macchina fotografica a pellicola ma è una macchina digitale. Digitale in tutto, perché anche nella fase di raccolta non ci sarà più carta. Quella che, anche nell’ultimo censimento, era la fase ancora di raccolta cartacea, questa volta è sostituita dalla raccolta via tablet. Quindi i rilevatori che andranno presso le famiglie, quando le famiglie non avranno risposto via web, ci andranno con i tablet. Questa volta i dati arriveranno tutti completamente digitalizzati. Quindi possiamo parlare di un censimento digitale.

È una macchina molto potente, ha molti pannelli, molti menu di controllo. Il primo dei suoi principali obiettivi è la continuità informativa. Cosa intendiamo per “conti- nuità informativa”? Diversamente dal passato ogni anno raccoglieremo dati, e ogni anno diffonderemo i dati censuari fondamentali e, nel momento in cui il sistema sarà consolidato, questo patrimonio di dati, diffusi ogni anno, sarà molto più ricco. Che cosa diffonderemo? I profili demografici della popolazione: sesso, età, stato civi- le, cittadinanza. I profili delle famiglie: la maggior parte delle policy sono orientate alle famiglie, quindi è fondamentale conoscere, non solo la popolazione, ma come si aggrega nelle famiglie. Poi i profili sociali, e cioè come la popolazione cresce in termini di livello d’istruzione, come si colloca sul mercato del lavoro e in quali set- tori lavora.

Ci potremmo forse chiedere: se ogni anno, i dati sulla popolazione per sesso ed età, a livello di comune, li abbiamo già dalle statistiche demografiche tutto questo cam- biamento poteva non essere necessario? Io qui vi ho riportato quello che è il risultato dell’ultimo censimento della popolazione, del 2011: lo scostamento tra censimento e anagrafe fu di un milione 815 mila unità. Questo ha significato, come ha sempre significato in passato, che all’anno del censimento i dati sulla popolazione vengono azzerati e vengono sostituiti, da lì in avanti, con i dati del censimento.

Può sembrare poco; ma ricordiamoci che questa è la base per prendere tutte le deci- sioni, questa è la base, per esempio, per eleggere il Parlamento, questa è la base per fornire i rappresentanti dell’Italia nelle istituzioni europee. Questa è la base per gli enti locali, per i loro consigli e le amministrazioni regionali.

Questo scostamento c’è stato nell’ultimo censimento, ma c’è sempre stato in realtà. La distanza tra censimento ed anagrafe è nel tempo sempre presente. E sta crescen- do. Cresce perché cresce la componente dei cittadini stranieri, quella che dà il più grande contributo allo scostamento tra censimento e anagrafe e cresce perché cresce la mobilità dei cittadini da e per l’estero. Nel Testo unico sulle leggi locali c’è un articolo che, espressamente, dice: “La popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento ufficiale”. Bene, noi vogliamo portare questo scostamento, che l’ultima volta è stato di un milione 800 mila, lo vogliamo portare più prossimo a zero.

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Per fare questo come ci siamo mossi e come stiamo lavorando? Stiamo lavorando con una logica di integrazione, che costituisce il secondo obiettivo caratterizzante del nuovo censimento.

Abbiamo già, in Istituto ma più in generale abbiamo già come Paese, tanti dati già rac- colti. Sono i dati amministrativi. Storicamente, ormai sono decenni che la statistica uf- ficiale conta sui dati amministrativi. Li utilizzeremo in forma strutturata per contenere, il più possibile, le altre forme di acquisizione e per aumentare la coerenza del sistema. Dentro questo nuovo sistema censuario i protagonisti sono: il registro base degli in- dividui, uno dei quattro registri statistici di base che l’Istat sta costruendo; il nuovo sistema delle indagini sociali – che non posso approfondire perché non c’è tempo e che anticipa anche gli effetti del nuovo regolamento europeo sulle statistiche sociali che entrerà in vigore tra due anni – e infine, ed è la leva che muoverà tutto questo, il censimento permanente che, come ci ricordava il Direttore generale, è stato indetto dalla legge di bilancio appena fatta.

I quattro registri di base di cui vi parlavo, sono: il registro degli individui, il registro delle unità economiche, il registro dei luoghi e il registro delle attività che, come vede- te, collega luoghi, individui e attività economiche. Questa infrastruttura sarà servente rispetto al censimento, ma sarà anche destinataria del censimento.

Sul territorio come andremo? Andremo con due rilevazioni: una cosiddetta “da lista” perché è un grande campione estratto dalla lista del registro, e una cosiddetta “areale” perché si andrà su aree territoriali, al buio, e i rilevatori si muoveranno senza avere dati precedenti. Proprio per mappare la reale situazione come nel vecchio censimento tradizionale che ricordiamo: il rilevatore va porta a porta e rileva tutti gli individui che trova. Questo servirà ad aggiustare quel registro di base che, ogni anno, fornirà i totali di popolazione per sesso, età e quelle variabili che ho citato. Aggiungo che il master sample, che è il campione di questa indagine da lista, sarà anche (lo dico per inciso e non ci torno più, per farvi capire quant’è profondo il processo di integrazione), questo master sam-

ple come lo chiamiamo noi, sarà la base per i campioni delle indagini sociali ricorrenti

dell’Istituto. Forze di lavoro, spese delle famiglie, redditi, quelli che conosciamo tutti. Il terzo obiettivo importante: la longitudinalità. Cosa significa questa parola? Nel corso della tavola rotonda ci sarà, su questo, un approfondimento. Quella nuova macchina digitale ha la fotocamera frontale, che guarda davanti a sé, ma anche una fotocamera posteriore, che ci consente di guardare nel tempo, all’indietro, le storie individuali di famiglie e individui. Ci consentirà, per sua natura, di ricostruire alcuni passaggi fon- damentali. Si potranno così distinguere, per la prima volta, cause ed effetti, cosa viene prima e cosa viene dopo, nelle successioni degli eventi; e potremo studiare i processi di transizione. Si potrà ad esempio ricostruire i percorsi di mobilità sul territorio, che sono diversi per sottogruppi di popolazioni.

Sul territorio. Ieri il professor De Rita, nella sua conversazione e chiusura della gior- nata ci diceva: “Una delle prime lezioni che ho imparato è che conoscere il socia- le, conoscere la società, significa conoscere il territorio”. Questo strumento, il nuovo censimento, è uno strumento in primo luogo per il territorio, e questo è il quarto obiettivo caratterizzante. I dati statistici che produrremo dovranno essere utili per gli amministratori, che sul territorio gestiscono i servizi, per declinare le politiche sociali, ma anche per chi deve rappresentare le situazioni e le trasformazioni rilevanti: l’urba- nizzazione, le periferie, il consumo di suolo, le smart city, le aree interne di cui si era parlato tempo fa. Pensiamo ai sistemi locali del lavoro che sono, come altre aggrega- zioni, alla base per tante decisioni che il Paese ha preso. Pensiamo ai bacini di utenza, ai distretti locali. Potremo finalmente avviare una stagione di analisi spaziali.

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Tutto questo lo faremo con l’obiettivo di un disturbo decisamente minore sulla popo- lazione perché, come vedrete, ogni anno ci andremo con grandi campioni, ma sempre solo sottoinsiemi di popolazioni e di famiglie: 950 mila famiglie circa nell’indagine da lista, 450 mila in quella areale; complessivamente circa un milione 400 mila famiglie, laddove in passato erano 24 milioni.

Ultimo grande obiettivo: la riduzione dei costi. Come è riportato nella relazione di ac- compagnamento alla legge di bilancio, rispetto alla spesa per il censimento del 2010- 2011 che fu pari a 490 milioni 838 mila, il nuovo censimento presenta un fabbisogno di 207 milioni 683 mila euro per il primo quadriennio del nuovo censimento perma- nente (2012-2021) e di 224 milioni 292 mila per il round successivo (2022-2031), decisamente inferiore rispetto all’ultimo censimento generale del 2011. Parlo inizial- mente di quadriennio perché il censimento conoscerà due round di realizzazione, il primo dei quali copre il periodo 2018-2021. Al 2021 il regolamento europeo impone infatti a tutti i paesi europei di inviare i dati di censimento. Non potevamo ignorare questo passaggio; il primo periodo sarà quindi quadriennale, fino al 2021. Successiva- mente avremo un intervallo decennale, ma il censimento si svolgerà sempre tutti gli anni e restituirà tutti gli anni. Il costo indicato per il periodo a regime è dunque per dieci anni.

Come ho detto all’inizio questa grande operazione va intesa come una grande opera- zione di output. Il censimento si svolgerà ogni anno, diffonderemo i dati ogni anno, sulla popolazione, sulle famiglie, sui territori, sui luoghi, sulle microzone e poi su aspetti tematici: stranieri, lavoro, scuola, bambini, donne e quant’altro. Poi verranno prodotti i dati longitudinali, sulle trasformazioni.

I principali output del censimento saranno: microdati, open data, sistemi informativi statistici, ipercubi di diffusione, popolazione legale. Alcuni sono output storici: la popo- lazione legale è il dato storicamente associato al censimento. Gli ipercubi di diffusione sono le classiche tabelle che ogni volta il censimento rilascia; perché noi vogliamo arricchire, non certo ridurre, il patrimonio informativo. Avremo sistemi informativi statistici interrogabili, quindi anche profilabili secondo le esigenze. Non abbandonere- mo gli open data perché i nostri interlocutori sono tanti pubblici e tra questi anche la comunità scientifica. Quindi dati riusabili per tutti, e questo nel solco di un’iniziativa che abbiamo già lanciato.

In sintesi, il nuovo censimento permanente ha la finalità di rilasciare ogni anno i tradizionali dati censuari a livello comunale e anche infracomunale attraverso l’uso simultaneo dei registri e la realizzazione di rilevazioni campionarie che, nell’arco del periodo di riferimento, toccheranno tutti i comuni italiani almeno una volta. Sotto questo profilo l’infrastruttura è quella che già conosciamo.

Questa innovazione ci consentirà di ridurre i costi del 50 per cento, di contenere sen- sibilmente il disturbo statistico, di contribuire a un miglioramento sostanziale dei re- gistri anagrafici. Ricordiamo infatti che per noi le anagrafi sono un patrimonio, e se riusciamo a portare prossimo a zero quello scostamento tra censimento e anagrafe, quindi a portare l’anagrafe a essere l’infrastruttura portante, ma di qualità, questo si traduce in un investimento per il Paese. Puntiamo inoltre al rafforzamento del sistema perché quest’operazione mette in primo piano i comuni, soprattutto i comuni sopra i 17 mila abitanti, che parteciperanno tutti gli anni, e quindi è importante puntare ad un rafforzamento sistematico dell’apparato statistico organizzativo dei comuni. Tutti i cittadini naturalmente verranno adeguatamente informati su tutto questo e su ciò che significa per loro.

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Grazie. Patrizia, ti chiediamo di raccontarci come racconteremo al Paese questo enor- me sforzo e nuovo corso censuario.

Buongiorno a tutti anche da parte mia. Anziché raccontarvi come sarà la campagna che andremo a realizzare per promuovere i Censimenti (anche perché è in fase di aggiudicazione, per cui non posso farlo), mi sembra utile condividere con voi le rifles- sioni che ci hanno portato a pensare e a ipotizzare la strategia di comunicazione di questi nuovi censimenti.

Raccontava poco fa Vittoria come la produzione si sia trovata a confrontarsi con una vera novità, con un’organizzazione nuova. Anche noi della comunicazione abbiamo avuto un problema analogo che potrei sintetizzare in un quesito del tipo: come raccon- tare questo storico cambiamento di passo e contestualmente promuovere la massima partecipazione da parte dei rispondenti? La prima decisione importante è stata quella di fare, a differenza delle esperienze precedenti, un’unica campagna per tutti i censi- menti permanenti. A renderla efficace per gli obiettivi di ciascun censimento sarebbero stati un’articolazione in fasi e i diversi livelli informativi e comunicativi. Il collante di tutto sarebbe stata una campagna generalista e fortemente corporate finalizzata a pro- muovere le caratteristiche comuni dei censimenti permanenti, realizzati per la prima volta. In particolare, dovevamo trovare il modo di riuscire a spiegare efficacemente perché i censimenti non erano più decennali, a cosa servivano, cosa cambiava nella loro realizzazione. La prima vera difficoltà era, a nostro avviso, far comprendere che ogni anno d’ora in avanti soltanto una parte della popolazione, delle imprese, degli imprenditori agricoli sarebbe stata chiamata a rispondere ai questionari, ma il loro