Su queste stesse coordinate si muove quella che è, forse, l’opera più impervia di Vasilicò, quella più segnata dal continuo spostamento in avanti del limite della ricerca, inconclusa come l’oggetto-libro da cui nasce: parlo del Progetto Musil, lavoro che impegna il regista e il suo gruppo per sei anni tra laboratorio (soprattutto a Roma nel Palazzo delle Esposizioni), prove aperte al pubblico e quelli che lui stesso definisce “esercizi scenici” che toccano anche teatri di Firenze e Milano dal 1978 al 1984. Trascrivo i frammenti del nostro colloquio relativo al progetto:
Il Progetto Musil…si…prove aperte in grandi teatri pieni di pubblico, al Palazzo delle Esposizioni, a Roma e poi a Milano e a Firenze dal 1978 al 1984… frammenti di spettacolo…episodi pazzeschi…non era la trasposizione scenica
dell’opera di Musil, ma una serie di esercizi scenici che servivano per approfondire l’argomento Musil. La difficoltà stava in un elemento di presunzione, perché Musil, matematico,scienziato, laureato in psicologia e ingegneria era un obbiettivo molto arduo da raggiungere; tuttavia mi è riuscito mettere in scena il romanzo, la struttura visiva andava benissimo, il dialogo (le parole di Musil nella loro complessità concettuale), invece, era quasi impossibile da portare in scena. C’erano con me Goffredo Bonanni, Agostino Raff (scenografo e musicista), lavoravamo insieme fin dall’Amleto, dal Sade, da
L’uomo di Babilonia…Musil racconta che ogni volta che stava per concludere gli
si aprivano voragini di abissi interessanti e la strada gli si riapriva…così succedeva a noi. Abbiamo cominciato a leggere insieme i grandi testi per affrontare e chiarire le citazioni musiliane da Nietzsche a San Tommaso. Ciò che ci è riuscita è l’incarnazione del romanzo in palcoscenico. Le parole uscivano benissimo però non trovavano la strada per diventare figura…non mi soddisfaceva…al Valle (molto atteso il debutto del 1984 n.d.r.) il Musil era incompiuto…le frasi che si ispiravano ai grandi filosofi andavano digerite meglio.
Ecco, nell’inseguire Musil lungo le peregrinazioni degli abissi di annientamento dell’io, Vasilicò lo ‘tallona’ lungo l’in-finita biblioteca delle sue citazioni. E con lui i suoi compagni di viaggio e il pubblico delle numerosissime prove aperte.
“Le parole non trovavano la strada”. Il regista, in sostanza, apre con il
Musil un in-finito cantiere, cerca l’”incarnazione” perfetta dell’inconcluso
musiliano: non basta affidarsi alla precipitazione in immagini, con Musil è caduta anche la patina alto borghese che velava i dolori e le accensioni private del mondo proustiano: ce n’est pàs question de Belle Epoque. Dietro il ‘nulla’ de L’uomo senza qualità c’è la ‘fine della storia’ annunciata da Nietzsche ne La volontà di potenza:
Descrivo ciò che verrà; l’avvento del nichilismo. Posso descriverlo ora perché si produce ora qualcosa di necessario – i segni di ciò sono dappertutto, ormai non mancano per questi segni che gli occhi. Qui io non esalto né biasimo il fatto che ciò avvenga: credo che ci sia, nelle crisi più grandi, un momento in cui l’uomo si ripiega su se stesso nel modo più profondo; che poi l’uomo si riprenda, che riesca ad uscire da queste crisi, è una questione di forza: è possibile […]
L’uomo moderno crede sperimentalmente ora a questo, ora a quel valore, per poi lasciarlo cadere; il circolo dei valori superati e lasciati cadere è sempre più vasto; si avverte sempre più il vuoto e la povertà di valori; il movimento è inarrestabile – sebbene si sia tentato in grande stile di rallentarlo - .
Alla fine l’uomo osa una critica dei valori in generale; ne riconosce l’origine;
conosce abbastanza per non credere più in nessun valore; ecco il pathos, il nuovo
brivido101
Vasilicò sembra essere fortemente consapevole dell’ ‘abisso di nulla’ col quale deve fare i conti per allestire il suo teatro/libro più impervio:
Con Musil ci si trova di fronte ad un vero e proprio “crollo metafisico”: la visione-diagnosi di una condizione umana caratterizzata dalla “disgregazione” dell’ “Io”, comune a tutta la cultura dell’epoca (e preannuncio del mondo di oggi) è la base su cui egli lavora. Ed è proprio in questo spazio invisibile, in questa situazione bloccata che Musil lancia la sua ipotesi antropologica…il suo prototipo Ulrich, l’uomo che non vuole vivere secondo schemi spirituali superati, e vede nella frantumazione del mondo e nel crollo di tutte le sicurezze, un’occasione per tentare una nuova sintesi , ed inventare un Uomo Nuovo.102
In questo scritto del 1995 (che riporterò quasi integralmente nei documenti in appendice a questo volume), dichiara apertamente di voler inseguire, dar corpo, ad una precisa ipotesi antropologica di Musil: la “nuova sintesi”, l’uomo del dopo-catastrofe; sa che Ulrich, il protagonista musiliano, ha caricato su di sé la “critica dei valori in generale” di cui parla Nietzsche, sa che egli “conosce abbastanza per non credere più in nessun valore” e sa anche che in questa occasione non può risolvere la moltiplicazione degli stati della coscienza con la moltiplicazione- frantumazione dell’io autoriale, nelle sue in-finite sfaccettature, reificandolo nel corpo di ogni attore della compagnia (come , invece, era avvenuto col Proust). Cerca, Vasilicò, uno specifico ‘corpo d’attore’, che sia, anche somaticamente, prossimo al ‘fantasma’ che si è figurato durante la lettura delle pagine musiliane e, a questo scopo, giunge, persino, a far pubblicare, sul quotidiano romano “Il Messaggero”, un identikit del volto del ‘suo’ Ulrich tracciato in collaborazione con il collaboratore di sempre, Agostino Raf. Ad una precisa domanda di Ubaldo Soddu, il giornalista che cura l’intervista che sta ‘di spalla’ alla pubblicazione del disegno, che, provocatoriamente, gli chiede se questo procedimento non riproduca, in fondo, “tecniche neorealistiche”, Vasilicò risponde:
Credo di aver raggiunto in questo spettacolo il più alto grado di maturazione personale e sento la necessità di personaggi intesi nel senso classico del termine: che uniscano umanità quotidiana e simbolo. Questo non è neo-realismo ma ricongiungersi ad un senso di tragicità che non prescinde da ironia e senso critico103
E, più avanti nella stessa intervista, ancora si legge:
102 G. Vasilicò , L’utopia si realizza a teatro, in “Oz. Rivista Internazionale di Utopie”, n. 3, anno 1995, p. 12 103U. Soddu, Lo cerco e non lo trovo, articolo-intervista a G. Vasilicò apparsa su “Il Messaggero” del 20 giugno
Il tema di Musil è la doppia personalità : dentro ciascun personaggio si deve presagire un assassino potenziale: se l’attore ha già espulso questa sua potenzialità al delitto, ne risulta uno spettacolo diverso senza energia ‘diabolica’, senza quella carica interiore che ho fin da principio colto dalla lettura del romanzo…104
, il Sade de Le 120 giornate di Sodoma(1972) o il Proust della
Recherce(1976) o, ancora, il Musil de L’uomo senza qualità(1984). Su
queste premesse la natura compositiva delle opere di Vasilicò non poteva che fondarsi su di una lunga e inesausta fase di laboratorio, costruita come una sorta di atelièr nel quale il maestro di bottega esamina con allievi e collaboratori gli oggetti da sottoporre allo studio per la rappresentazione. Ma, ancor più, il laboratorio-atelièr assume le caratteristiche di un work
in progress con continue sessioni di prove aperte al pubblico, quasi un
sopralluogo ad un cantiere con l’autore-regista e gli attori che, nelle pause, riflettono con i partecipanti sulla natura delle scelte compiute o da compiere. Un modello di approccio al teatro, questo, già caro a Grotowsky, ma con uno spirito meno mistico, non scevro, anzi, da una qualche finalità pedagogica. A riprova di quanto pesi nell’arte di Vasilicò questa rigorosa, quanto partecipata, ossessione alla ri-lettura e ri-scrittura scenica dei grandi romanzi si pongono alcuni esiti più recenti del suo lavoro. Il regista, infatti, con l’aiuto di allievi istruiti e alla sua scuola e incontrati presso varie istituzioni, è tornato a mettere in cantiere alcune sue opere più significative e, quasi un gioco di rimando verso l’amata
Recherce, questa rivisitazione la compie sul filo della memoria,
assumendo egli stesso il ruolo di una specie di raisonneur che chiosa le passioni di un tempo e, in un gioco di specchi a distanza spazio- temporale, le visualizza nell’esperienza scenica dei ‘corpi nuovi’ dei giovani allievi. È il caso riportato in questa testimonianza di Andrea Grilli, datata 25 febbraio 1999:
T.E.L.A. – Teatri Laboratorio Europei in Azione- ha presentato per una settimana una singolare iniziativa: realizzare uno spettacolo laboratorio sulla base del percorso professionale di un artista teatrale che è autore, attore e regista. Si tratta di Giuliano Vasilicò, importantissima figura del teatro dagli anni settanta in poi. Il laboratorio è iniziato lunedì 15 febbraio con allievi che per la prima volta si potevano confrontare con Vasilicò. Da mercoledì è stato allestito uno spettacolo- laboratorio che ha avuto il suo culmine nel week end di sabato e domenica 20 e 21 quando ormai gli studenti e il maestro si erano potuti conoscere, La
rappresentazione si è articolata su una fusione tra video di alcuni dei più importanti spettacoli di Vasilicò tratti da classici della letteratura europea come Proust, il marchese de Sade e, infine, Robert Musil. La ricerca teatrale dell’autore romano si è infatti mossa proprio sul tentativo, ampiamente riuscito, di tradurre in scena queste opere. Così Vasilicò ha aperto lo spettacolo con affianco Michele Montemagno (ventunenne solo per l’anagrafe, ma ben più maturo) che ha rappresentato l’interlocutore-specchio del percorso creativo. Ogni video veniva introdotto da un monologo dell’autore che presentava e organizzava un razionale viaggio tra di essi, mentre gli allievi riproducevano alcune scene più significative. Infine il terzo video mostrava un lavoro ancora in progress sullo scrittore austriaco Musil e i paradossi su una storia d’amore, che sembra ai due innamorati possa raggiungere l’immortalità solo con la sua troncatura proprio quando è al culmine della sua tensione. Le sporcature e le imprecisioni degli allievi (giustificate dal breve periodo di lavoro) hanno reso, per paradosso, più forte lo spettacolo- laboratorio e permesso al pubblico di entrare nel mondo di Vasilicò senza dover assumere una posizione referenziale quasi da museo, ma da realtà viva, produttiva. Uno specchio tra Vasilicò e il pubblico, ma anche tra sé come autore, attore e regista105.
105A. Grilli, Il percorso creativo di Giuliano Vasilicò, materiali per l’omonimo laboratorio tenuto presso il Teatro
San Martino di Bologna dal 17 al 21 febbraio 1999, con la collaborazione artistica di Michele Montemagno, nell’ambito del progetto T.E.L.A - Teatri Laboratorio Europei in Azione.
LA VOCE DELL'INORGANICO