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Tentativi di classificazione in Rete

PARTE I Titolo, Traduzione e Comunicazione

CAPITOLO 4: Catalogazione e studio del campione

4.4. Tentativi di classificazione in Rete

Prima di procedere all’illustrazione di alcuni tentativi di classificazione trovati in Rete, ritengo opportuno definire i contenuti da me analizzati, consultabili in videografia, e le loro caratteristiche. Youtube e i videoblog rappresentano, infatti, un terreno fertile per il proliferare di opinioni, scambi d’informazioni, materiali e commenti.

Partendo dal concetto di Web 2.0, esposto per la prima volta dall’editore statunitense Tim O’Really nel settembre 2005, possiamo notare come il punto fondamentale che distingue i vecchi siti dai nuovi servizi sia la partecipazione attiva degli utenti. La blogosfera e la vlogsfera risultano un sottoinsieme di una Rete che, ormai, è diventata un gigantesco Social network, ovvero una struttura sociale composta da nodi (i singoli individui) in relazione reciproca gli uni con gli altri. Nel Web 2.0, infatti, si attivano la comunicazione e le forme di narrazione collettiva; un esempio noto risulta essere Youtube. Bruno Pellegrini scrive: “Nato nel febbraio 2005 da un’intuizione di tre dipendenti PayPal, è oggi il sito di video-hosting con il maggior tasso di crescita: secondo i dati comunicati dall’azienda, ogni giorno vengono visualizzati duecento milioni di video, e 65.000 vengono ‘uploadati’ (caricati) ogni giorno”203

. Il successo di Youtube, quindi, sta proprio nell’unire una piattaforma dalla struttura emozionante e potente con un’organizzazione dell’informazione resa universalmente accessibile e utile in tutto il mondo. Bruno Pellegrini, inoltre, definisce un videoblog come:

Un blog multimediale, ovvero un sito aggiornato frequentemente con video ordinati cronologicamente, come in un diario, che consente l’apposizione di commenti da parte del pubblico. Molti videoblog sono a tutti gli effetti dei blog testuali arricchiti di video e altri file multimediali. […] vale per i canali che tutti possono aprire nei siti di video hosting204

quali Youtube. Questa e altre piattaforme similari sono spesso utilizzate dai vlogger in funzione dell’hosting che offrono gratuitamente: i video vengono pubblicati su Youtube e quindi incorporati nelle pagine del videoblog originario205.

La critica più frequente mossa dai professionisti della comunicazione ai videoblog risiede nella loro apparente mancanza di regole e nella bassissima qualità della produzione spontanea. In realtà non è così e lo dimostra soprattutto il fenomeno della Long Tail: il Web, infatti, contrariamente a tutti gli altri media tradizionali, non soffre di scarsità di risorse e l’inserimento di un nuovo contenuto video non toglie visibilità a quelli già esistenti. Risulta vero che in Rete c’è ancora molta spazzatura, ma:

203

B. Pellegrini, Io? Come diventare videoblogger e non morire da spettatore, Roma, Luca Sossella editore, 2007, p. 57.

204

Servizio di Rete che consiste nell'allocare su un server le pagine web di un sito Internet, rendendolo così accessibile agli utenti; il termine inglese host significa ospitare.

205

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“[…] in assenza di colli di bottiglia o risorse scarse nei canali distributivi, la quota di mercato di tutti i prodotti della Long Tail (ovvero quelli che hanno scarse vendite unitarie e che in presenza di canali distributivi strozzati non sarebbero venduti) è maggiore di quella dei best sellers”206. Un esempio di Long Tail è Amazon, venditore on-line di moltissimo materiale che grosse librerie non possono far giacere in magazzino; Amazon fa molti più soldi con questo genere di libri poiché essi hanno costi fissi bassissimi. La stessa regola, quindi, può valere anche per un vlog e come scrive Bruno Pellegrini: “[…] per l’economia della Rete basta che vengano visitati anche da una sola persona”207

.

Al di là del fenomeno della Long Tail, la caratteristica che porta al successo un videoblog è la sua struttura208. Nasce, quindi, l’importanza di avere un format o almeno un concept di sviluppo che racchiuda: “[…] cosa si vuole comunicare, quel è il target, a quali bisogni e desideri risponde, in che modo prenderà forma la comunicazione, quali saranno gli elementi distintivi, attraverso quali canali e per quanto tempo”209

. Ma cosa si intende per format?

Il format televisivo rappresenta secondo Paolo Mosca210: “La rivoluzione massmediatica più importante degli ultimi decenni”211

. Si intende, nello specifico, l’insieme delle regole che determinano lo svolgersi di un programma televisivo. Il format rappresenta la struttura sulla base della quale autori e creativi sviluppano trasmissioni o cicli di trasmissioni definendo quelle che sono considerate delle caratteristiche generali; i singoli programmi, invece, si sviluppano attraverso dinamiche proprie ed obiettivi diversi, adattandosi al pubblico di arrivo.

Daniele Doglio individua tre diverse accezioni del termine format:

 Quella tecnica, inerente alla dimensione e al formato dell’immagine sullo schermo;

 Quella temporale, legata alla durata di un programma e alla sua posizione in un palinsesto;

 Quella testuale, ovvero la struttura di base sulla quale il programma viene realizzato.

E, di conseguenza, definisce il format come: “L’insieme delle caratteristiche che costituiscono gli elementi originali e distintivi di un programma o di una serie di programmi, e quindi ma mon solo: l’idea o il concetto di origine, la struttura, l’ambientazione, i personaggi e i loro rapporti, gli argomenti e altri fattori materiali”212

.

206

Cfr. http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail.html?pg=1&topic=tail&topic_set. 207

B. Pellegrini, op. cit., p. 117. 208

Per informazioni sugli strumenti e sulle tecniche specifiche per la creazione di un vlog si veda sempre B. Pellegrini, op. cit., pp. 141-167.

209

B. Pellegrini, op. cit., p. 118. 210

Autore televisivo di programmi come L’isola dei Famosi, Music Farm e Italia’s Next Top Model. 211

P. Mosca, Reality. Dal Grande Fratello all'Isola dei Famosi, Milano, Bompiani, 2009, p.8. 212

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Inoltre, in Italia è possibile registrare il titolo del format come se fosse un marchio e depositare in S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori ed Editori) il soggetto in quanto:

Opera dell’ingegno avente struttura originale (titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi) esplicativa di uno spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi essenziali e tematiche, idonea a essere rappresentata in un’azione radiotelevisiva e teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione anche in vista della creazione di multipli213.

In questo senso un format può essere tutelato come copyright; in alternativa l’autore italiano si può difendere con l’articolo 2598 del codice civile in materia di concorrenza sleale. In conclusione, uno spettatore (una specificità della domanda di prodotti creativi) entra nella finzione, interpreta e funge da elemento attivo per sviluppare nuove idee. I contenuti User Generated (UGC), infatti, crescono sempre più di numero e sottolineano la volontà degli individui di vivere in società aperte, dinamiche ed innovative. Il limite maggiore resta, comunque, la mancanza di un senso comune cui aderire a fronte di una moltitudine talentuosa e desiderosa di scambiarsi informazioni, ma disorganizzata.

Dopo questa breve panoramica di carattere storico e teorico porto ad esempio due autori che, proprio in Rete, hanno espresso la loro volontà di portare avanti una possibile classificazione delle dinamiche traduttive in ambito cinematografico.

Fabrizio Tognetti in Lost in translation. Quelle strane traduzioni…, articolo apparso il 7 Dicembre 2009 in TrovaCinema, riduce solamente a tre le opzioni per la traduzione:

1. Una traduzione letterale del titolo originale;

2. Una versione con titolo originale più sottotitolo esplicativo;

3. Un titolo totalmente nuovo, che non ha nulla a che fare con l’originale.

Anna Angelucci (cfr. nota 128), invece, suddivide maggiormente le categorie, cercando anche di fornire una spiegazione per ogni film portato come esempio. La sua analisi, inoltre, porta alla luce un aspetto ulteriore, quello della “traduzione etnocentrica” (dalla sua intervista a RadioRadio del 16 maggio 2012, la professoressa Angelucci la definisce come: “Una traduzione orientata sul target, quindi sulla tipologia dello spettatore” – e cita, come esempio, il film A Few Best Men (2011) di Stephan Elliott distribuito in Italia come Tre uomini e una pecora).

Nella Tab. 7 propongo una mia rielaborazione dei dati presenti in un suo articolo214.

213

Definizione ufficiale elaborata dalla S.I.A.E. nel 1994 e poi riutilizzata nella delibera n. 699/01/CSP del 2001 e nella n. 60/09/CSP del 2009 dell’Autorità Garante per le Comunicazioni.

214

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Tab. 7: rielaborazione della classificazione proposta da Anna Angelucci.

ECLETTISMO ESPRESSIONISTICO (ultimo triennio) NON TRADOTTI FILM ITALIANI IN LINGUA STRANIERA (sudditanza culturale)

Tre uomini e una pecora (2011)

traduzione italiana di A Few Best

Men di Stephan Elliott

EPONIMO

Faust (2011) di Aleksandr

Sokurov

This Must Be the Place

(2011) di Paolo Sorrentino

We Want Sex (2010)

traduzione di

Made in Dagenham di Nigel Cole

REFERENZIALE London Boulevard (2011) di William Monahan Là-bas (2011) di Guido Lombardi Nessuno è al sicuro (2012)

traduzione di Safe House di Daniel Espinosa

AUTORIALE

The Tree of Life (2011) di

Terrence Malick

A.C.A.B. (2012) di Stefano

Sollima

(All Cops Are Bastards)

Paradiso Amaro (2011)

traduzione di The Descendants di Alexander Payne

Knockout - Resa dei conti (2011)

traduzione di Haywire di Steven Soderbergh

Ovviamente le due casistiche presentate qui sopra danno solo l’idea di ciò che si può trovare in Rete. Il mondo del Web, complesso, vario e talvolta disorganizzato, offre numerosi spunti di riflessione che, tuttavia, non sfociano in tentativi di categorizzazione. Vero è anche che implicitamente molti utenti, seppur non portino avanti una suddivisione organizzata e un’analisi sistematica, danno il loro importante contributo anche solo semplicemente commentando, partecipando a discussioni, forum, blog e siti specializzati. Ricercando informazioni on line è comunque emerso che, nella maggior parte dei casi, gli utenti si sono esposti per manifestare il proprio dissenso nei confronti delle traduzioni dei titoli dei film che, stravolgendo l’originale, hanno comportato perdita di significato. Al contrario, minore interesse è riservato alle pellicole le cui traduzioni, risultando efficaci ed esaustive, sono entrate nel linguaggio comune tanto da offuscarne il titolo originale.

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