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È chiaro che le cheratosi attiniche rappresentino uno stadio intermedio in un'evoluzione multistep del carcinoma squamocellulare e che debbano essere interpretate come un biomarker che indica un paziente a rischio per lo sviluppo di tumori della pelle.4 Il trattamento delle cheratosi attiniche offre

pertanto la possibilità di una prevenzione secondaria dei tumori della pelle nella pelle danneggiata dal sole. Poiché attualmente è impossibile predire se una data cheratosi attinica regredirà, persisterà

o progredirà, le cheratosi attiniche ideologicamente dovrebbero essere trattate, a maggior ragione in individui immunodepressi e in quelli con una storia di NMSCs.71

Il trattamento della cheratosi attinica si divide in due categorie: diretto alla lesione (“lesion-directed”) o diretto al campo (di cancerizzazione, “field-directed”). Trattamenti di entrambe le categorie possono anche essere combinati in sequenza. Il trattamento ottimale è determinato dall’anatomopatologia della lesione e dalle considerazioni cliniche sul paziente.77

Il trattamento diretto alla lesione è di solito un approccio di prima linea per le lesioni isolate; un approccio diretto al campo viene utilizzato quando sono presenti più lesioni. Poiché il trattamento diretto alle lesioni non tiene conto del potenziale danno alla pelle circostante, il trattamento diretto sul campo può essere il modo più efficace per eradicare lesioni sia evidenti che subcliniche. Ciò potrebbe impedire il potenziale sviluppo di un carcinoma squamocellulare invasivo.69

Anche la posizione anatomica delle lesioni della cheratosi attinica è un fattore significativo nella scelta dell'approccio più appropriato al trattamento. La terapia farmacologica diretta al campo è considerata ideale per posizioni sensibili dal punto di vista estetico o difficili da trattare come il viso, il torace, il dorso delle mani, le braccia e la parte inferiore delle gambe.77

Le tecniche non invasive come l’ecografia ad alta risoluzione, la microscopia confocale a riflettanza e la dermatoscopia, quest’ultima la più usata, possono essere utili per selezionare il trattamento adeguato evidenziando l’atipia e gli elementi di progressione delle cheratosi attiniche.77 Inoltre, gli stessi strumenti non invasivi aiutano il monitoraggio del trattamento evidenziando i pattern spesso subclinici di risposta (completa o parziale, o recidiva).69

Prima di iniziare il trattamento è consigliabile rimuovere qualsiasi ipercheratosi ad esempio con curettage, ablazione laser, trattamento cheratolitico con retinoide topico. Il curettage è preferito perché consente la conferma istologica della diagnosi.73

In base alle precedenti considerazioni sulle linee guida S3 ILDS/EDF, le raccomandazioni terapeutiche sono suddivise per i pazienti con lesioni isolate, quelli con piccoli gruppi di lesioni multiple e quelli con lesioni multiple e coinvolgimento di ampie aree. Le terapie dirette alla lesione sono quelle adatte per il trattamento di singole lesioni disseminate ma che non trattano la pelle circostante, ad esempio la crioterapia. Le terapie dirette a cluster di lesioni sono adatte al trattamento di piccole aree di campi di cancerizzazione (di solito ≤25 cm2) basandosi sulla loro indicazione

autorizzata; possono essere utilizzati 5-fluorouracile, imiquimod al 5% e ingenolo mebutato. Le terapie dirette a cluster di lesioni possono essere utilizzate anche per trattare campi più ampi in cicli di trattamento successivi, sebbene ciò comporti una durata più lunga del trattamento poiché i cicli successivi possono essere iniziati solo dopo che il ciclo iniziale è stato completato seguito da un periodo di riposo. Le terapie per i campi di grandi dimensioni sono quelle adatte per il trattamento di ampi campi di cancerizzazione esposti al sole >25 cm2; utili a questo scopo posso essere imiquimod al 3,75%, 5-fluorouracile al 5%, diclofenac al 3% e terapia fotodinamica (PDT) con acido

essere utilizzate a loro volta per il trattamento di lesioni raggruppate in piccoli campi.73 Recentemente

per il trattamento delle cheratosi attiniche è stata proposta la PDT a luce diurna con MAL e ALA.77

Le cheratosi attiniche singole sospette in associazione con pattern vascolari che suggeriscono una progressione verso il carcinoma squamocellulare potrebbero essere meglio trattate con biopsia o escissione a tutto spessore.69,78

La protezione e l'evitamento del sole comunque rappresentano il cardine di qualsiasi trattamento poiché l'uso regolare della protezione solare riduce il numero di cheratosi attiniche clinicamente visibili.69

Rimozione chirurgica.

Le cheratosi attiniche non vengono regolarmente asportate chirurgicamente e una biopsia non è generalmente necessaria per le cheratosi attiniche isolate con dimensioni e presentazione tipiche. Tuttavia, può essere necessaria una biopsia per lesioni recidivanti e per nuove lesioni che richiedono una diagnosi istologica per escludere la possibilità di un carcinoma squamocellulare invasivo. L'escissione con shaving è comunemente usata per la rimozione di cheratosi attiniche ipertrofiche. L'istologia dell'epidermide circostante può mettere in evidenza anormalità nel campo della lesione o rassicurazione che la lesione biopsiata è stata definitivamente rimossa. Il curettage può essere usato da solo o in combinazione con escissione shaving, l'elettrodissecazione o la criochirurgia. Indipendentemente da ciò, il paziente deve essere monitorato regolarmente per l'insorgenza di cheratosi attiniche aggiuntive nel campo fotodanneggiato e dovrebbe essere sottolineata la necessità di proseguire la fotoprotezione. Le lesioni solitarie possono anche beneficiare dell'asportazione chirurgica. Gli svantaggi delle procedure chirurgiche consistono nel fatto che è possibile trattare solo un numero limitato di lesioni visibili, è necessaria un'anestesia e i pazienti possono sviluppare depigmentazione e cicatrici permanenti.71 Terapie mirate al campo chirurgico come laser riepitelizzante, peeling chimici e dermoabrasione sono efficaci per l'eradicazione della cheratosi attinica. Tuttavia, comportano un piccolo rischio di infezione e cicatrici diffuse e non sono frequentemente eseguite esclusivamente per la gestione delle cheratosi attiniche. Attualmente non esiste una linea guida chiara per quanto riguarda la densità specifica delle lesioni per unità di area cutanea ad indicare il passaggio da una terapia diretta alla lesione a una diretta al campo, questa è solitamente una decisione presa in base al giudizio clinico. Il passaggio da terapie topiche dirette sul campo a escissione chirurgica diretta da lesione sarebbe indicato nel caso di sospetto di carcinoma squamocellulare invasivo.14

Criochirurgia.

Il trattamento locale con azoto liquido (LN2, criochirurgia) è l'approccio più comune nella gestione

delle cheratosi attiniche. La criochirurgia è economica, accessibile e ben tollerata. Gli esiti della criochirurgia dipendono dall'operatore e variano in base al tempo di congelamento, al numero di

applicazioni di azoto liquido e ad altri parametri. Le percentuali di clearance delle lesioni riportate variano notevolmente tra gli studi, a causa in gran parte della mancanza di standardizzazione di questa procedura. Questa tecnica, su lesioni più sottili, ha dimostrato di produrre una clearance del 90% a 6 mesi.14 Tuttavia, è probabile che si sviluppino ulteriori lesioni, poiché la criochirurgia si rivolge solo a lesioni clinicamente evidenti. Infatti, a 1 anno dopo criochirurgia, solo il 4% dei pazienti rimane libero da cheratosi attiniche nella zona trattata; nello stesso studio, trattamenti topici con 5-fluorouracile (5-FU) al 5% o imiquimod al 5% hanno generalmente portato ad una clearance protratta in questo periodo. Pertanto, come prevedibile, il trattamento di criochirurgia non è efficace come terapia diretta al campo di cancerizzazione.71 Le lesioni guariscono in genere con poco disagio, ma l’estetica talvolta non è soddisfacente: tempi di congelamento più lunghi o più applicazioni di azoto liquido possono migliorare i tassi di clearance, ma aumentano anche il rischio di cicatrici e ipo- o iperpigmentazione locali. La maggior parte dei medici suggerisce un tempo di congelamento tra 5 e 10 s, sufficiente per un buon compromesso tra efficacia ed effetti collaterali.14

5-fluorouracile.

Il 5-fluorouracile topico (5-FU) ha avuto un ruolo nel trattamento delle cheratosi attiniche per molti decenni. È un analogo pirimidinico, che interrompe la formazione del DNA inibendo la timidilato sintetasi. Questo impedisce la proliferazione cellulare preferenzialmente in cellule a rapida divisione, specialmente quelle delle cheratosi attiniche e degli strati basali dell'epitelio. 5-FU è disponibile sotto forma di crema in concentrazioni 5, 1 e 0,5% e come soluzione in concentrazioni del 5% e del 2%.14 Anche se utilizzato per la prima volta come trattamento per cheratosi attiniche isolate71, è il trattamento diretto al campo di cancerizzazione più consolidato ed è considerato da alcuni il gold standard tradizionale con cui confrontare tutti gli altri agenti topici. Il regime di trattamento tipico è con crema al 5% due volte al giorno o crema allo 0,5-1% giornalmente per 2-4 settimane. L'applicazione diffusa ha il vantaggio di trattare cheratosi attiniche clinicamente non rilevabili. 5-FU provoca infiammazione, erosione e ulcerazione durante il trattamento, che comunque sono necessari per il successo terapeutico. Nel caso dell’applicazione di due volte al giorno per un periodo standard da 3 a 4 settimane, questi effetti indesiderati insorgono dopo la prima settimana e scompaiono circa 2 settimane dopo la cessazione dell'applicazione, quando si è verificata la riepitelizzazione. Questi effetti collaterali transitori possono però causare la non aderenza alla terapia.14 I risultati estetici a

breve termine sono buoni. Complessivamente, in studi con 5-FU al 5% circa la metà dei pazienti raggiunge la clearance completa, mentre più del 90% sperimenta una riduzione del numero di lesioni. Questo trattamento trova risultati leggermente migliori a breve termine (in uno studio il 67% dei pazienti ha ottenuto la clearance a 4 settimane) ma si ha una sostanziale recidiva di cheratosi attiniche nel campo trattato (solo 33% dei pazienti con clearance protratta dopo 1 anno).71

Imiquimod.

L’imiquimod è agonista del Toll-like receptor 7 e influenza le risposte immunitarie, soprattutto stimolando l’immunità cutanea innata e l'apoptosi. È usato in pazienti affetti da cheratosi attiniche multiple non ipercheratosiche. Possono essere seguiti due diversi regimi di trattamento, in base alla concentrazione: 1) imiquimod in crema al 5% che deve essere applicata due o tre volte a settimana per 4 settimane (può seguire un secondo ciclo dopo una pausa di 4 settimane) e 2) imiquimod in crema al 3,75% che può essere applicata sul viso o sul cuoio capelluto interessato una volta al giorno alla sera per 2 settimane, seguita da una pausa di trattamento di 2 settimane e un altro ciclo di trattamento di 2 settimane.67 La preparazione al 3.75% consente una durata del trattamento più breve su una superficie cutanea più ampia (200 cm2 rispetto ai 25 cm2 della crema al 5%). Il tasso di

clearance assoluto è più elevato per la crema al 5%, al 45%, rispetto al 35% della preparazione al 3,75% con uso quotidiano, e la riduzione mediana delle cheratosi attiniche è dell'83%. L'uso della crema al 5% può arrivare fino al 57% di clearance se usato tre volte a settimana per 16 settimane. La terapia ciclica ha lo scopo di ridurre le reazioni cutanee locali. Gli effetti collaterali includono irritazione della pelle ed eritema, con conseguenze più rare come sintomi simil-influenzali e linfoadenopatia. Esistono prove che suggeriscono che i pazienti possono sviluppare memoria delle cellule T dopo il trattamento con imiquimod, che è probabile riduca il rischio di sviluppare ulteriori cheratosi attiniche. L'imiquimod è usato anche in pazienti immunocompromessi con buoni risultati ed è generalmente considerato sicuro in questo sottogruppo.14

Ingenolo mebutato.

L’ingenolo mebutato è un estere diterpenico che si trova nella linfa della pianta Euphorbia peplus. L’ingenolo mebutato si differenzia da tutti gli altri trattamenti topici attuali in quanto ha un duplice meccanismo d'azione, che può spiegare l'efficacia dopo un periodo di trattamento molto più breve. In primo luogo, vi è una rapida necrosi cellulare attraverso la rottura della membrana plasmatica e il rigonfiamento mitocondriale. In secondo luogo, sussiste una citotossicità cellulare anticorpo- dipendente (ADCC) mediata dai neutrofili, che si rivolge a tutte le restanti cellule epidermiche displasiche. Gli anticorpi prodotti dai linfociti B si legano agli antigeni delle cellule epidermiche displasiche e questi poi si legano ai neutrofili che attivano i loro meccanismi citotossici. I ROS vengono rilasciati, tra gli altri agenti litici, causando la distruzione delle cellule epidermiche displastiche. L’ingenolo mebutato induce quindi sia effetti chemo-ablativi che immunostimolatori dopo applicazione topica.14 L'ingenolo mebutato topico è disponibile in 2 concentrazioni: una

(0,015%) per il viso e il cuoio capelluto e l'altra (0,05%) per il tronco e le estremità. Per le zone del viso e del cuoio capelluto, l’applicazione della crema è una volta al giorno per 3 giorni, un periodo più breve rispetto agli altri agenti topici disponibili, risultando potenzialmente vantaggioso per quanto riguardo l'aderenza al trattamento. Per il tronco e le estremità, invece deve essere applicata per 2 giorni consecutivi. Il trattamento con ingenolo mebutato induce reazioni locali (eritema,

desquamazione, erosioni e formazione di croste) che si risolvono in 15 a 29 giorni dopo il trattamento. Cicatrici e cambiamenti di pigmentazione sono stati giudicati assenti o minimi. In uno studio di follow-up sui pazienti che hanno ottenuto la clearance con ingenolo mebutato, circa la metà ha mantenuto la clearance dopo 12 mesi e il conteggio complessivo delle lesioni è stato ridotto più dell’85% nell'area trattata. Tuttavia l’11% dei pazienti con cheratosi attiniche sul viso e sul cuoio capelluto e il 22% dei pazienti con cheratosi attiniche sul tronco e/o arti ha necessitato di criochirurgia o di altri trattamenti durante il periodo di studio.71

Diclofenac.

Il diclofenac in gel al 3% è un antinfiammatorio non steroideo formulato con acido ialuronico al 2,5%. Il diclofenac è un inibitore della cicloossigenasi (COX) che esercita i suoi effetti antitumorali attraverso l'inibizione della via COX-2 e inibendo la regolazione della cascata dell'acido arachidonico. La produzione di prostaglandine da acido arachidonico può giocare un ruolo nel cancro della pelle indotto da UV-B come il carcinoma squamocellulare e basocellulare e l'inibizione di diclofenac di questa cascata può spiegare la sua efficacia nel trattamento della cheratosi attinica. Questo effetto può essere mediato attraverso l'inibizione dell'angiogenesi e l'induzione dell'apoptosi. La dose raccomandata è due volte al giorno per 60-90 giorni.14,78 L'effetto terapeutico massimo si ha

30 giorni dopo la cessazione del trattamento. Il tasso di clearance completo è del 31% e del 47% dopo 2 e 3 mesi di follow-up, rispettivamente. Il tasso di recidiva a 1 anno è del 21%.78 Il trattamento

con Diclofenac è ben tollerato con una minima irritazione e infiammazione. Le reazioni avverse possono includere prurito, secchezza cutanea e dermatite da contatto.14

Terapia fotodinamica (PDT) e daylight PDT.

La terapia fotodinamica è una terapia in campo procedurale in due fasi, che inizia con l'applicazione topica di un agente fotosensibilizzante nell'area di trattamento. Gli agenti fotosensibilizzanti sono l’acido aminolevulinico (ALA) e metilaminolevulinato (MAL). Questi profarmaci sono convertiti dalla via biosintetica dell'eme in protoporfirina IX (PpIX). Dopo un periodo di incubazione di almeno 1 ora per ALA e 2,5 ore per MAL in cui il profarmaco si accumula preferenzialmente nelle cellule displastiche della cheratosi attinica, l'area trattata viene quindi illuminata da una luce a lunghezza d'onda appropriata. Ciò causa l'attivazione di PpIX che produce specie reattive dell'ossigeno. I ROS prodotti in seguito all’esposizione della luce causano l'apoptosi e la necrosi del tessuto bersaglio, causando la morte cellulare. Il trattamento è attualmente rivolto a pazienti che hanno avuto difficoltà ad aderire a terapie topiche del campo di cancerizzazione, a lesioni resistenti alle terapie topiche o nelle quali ci siano dubbi riguardanti i risultati estetici del trattamento.14,79 Le lesioni trattate

dovrebbero essere rivalutate a 3 mesi e una seconda sessione può essere eseguita se necessario. Nella maggior parte degli studi, sono state effettuate due sedute distanziate una settimana l'una dall'altra,

recidiva a 12 mesi delle lesioni che avevano raggiunto la clearance è stato del 17%. Per quanto riguarda gli effetti collaterali il 60-80% dei pazienti ha mostrato una reazione locale transitoria dopo il trattamento, con sensazione di bruciore, dolore, formazione di croste ed eritema. Il trattamento stesso è doloroso quando la luce viene applicata alle aree fotosensibilizzate. La PDT è una tecnica efficace ma dolorosa. È stato osservato un ridotto disagio con nuovi protocolli, inclusi tempi di applicazione dei fotosensibilizzatori più brevi e PDT alla luce diurna (daylight PDT), utilizzando il fotosensibilizzatore e la luce naturale. Recenti studi hanno evidenziato l'efficacia della PDT a luce diurna per il trattamento delle cheratosi attiniche. La tecnica sembra più semplice e meglio tollerata rispetto alla PDT convenzionale.78

3 CARCINOMA SQUAMOCELLULARE

3.1 Definizione

Il carcinoma squamocellulare è un tumore maligno dei cheratinociti epidermici in cui le cellule che lo compongono mostrano una variabile differenziazione squamosa. È il secondo NMSC più comune dopo carcinoma basocellulare e ne rappresenta il 25% del totale. Nonostante abbia complessivamente una buona prognosi, specialmente quando rilevato nelle fasi iniziali, il carcinoma squamocellulare mostra una capacità metastatica da cui deriva circa il 75% dei decessi dovuti a NMSCs.3

3.2 Epidemiologia

Il rischio di sviluppare un carcinoma squamocellulare nell’arco della vita è del 14% negli uomini e del 9% nelle donne.80 L'incidenza del carcinoma squamocellulare varia da 12 a 201 ogni 100.000

abitanti con una variabilità che riflette l'esposizione cumulativa al sole e la sensibilità del tipo di pelle alla radiazione solare. I tassi più alti si riscontrano infatti in individui di pelle chiara con elevata esposizione al sole, come in Australia.81 In Australia, l'incidenza del carcinoma squamocellulare è pari a 499 per 100.000 per gli uomini e 291 per 100.000 per le donne. I dati europei mostrano che l'incidenza standardizzata per età del carcinoma squamocellulare varia da 9 a 96 ogni 100.000 abitanti di sesso maschile e da 5 a 68 ogni 100.000 abitanti di sesso femminile.82 L'incidenza globale

aggiustata per età del carcinoma squamocellulare varia in base alla latitudine. Gli studi hanno dimostrato che l'incidenza del carcinoma squamocellulare raddoppia con ogni 8-10° di diminuzione della latitudine (prossimità all'equatore).80 L’incidenza sta addirittura aumentando: sebbene i dati epidemiologici siano discutibili a causa della registrazione non sistematica dei casi nei registri dei tumori, l'incidenza del carcinoma squamocellulare sembra essere aumentata negli ultimi 30 anni del 50 e fino al 200%, con tendenze alla stabilizzazione o tassi di crescita più lenti in alcuni paesi. Le implicazioni del carcinoma squamocellulare sulla salute pubblica sono ampiamente sottostimate.83

Il carcinoma squamocellulare è più comune negli individui bianchi. Sebbene meno comune nei pazienti ispanici, neri e asiatici, il carcinoma squamocellulare è il tumore cutaneo più comune in queste popolazioni. Nei pazienti di razza nera, il carcinoma squamocellulare ha un alto tasso di mortalità (18%) a causa della diagnosi ritardata e dell'insorgenza di carcinomi squamocellulari sui siti di trauma o cicatrici precedenti, portando ad una prognosi peggiore.82

C'è un'incidenza crescente con l'età. L'esordio iniziale avviene di solito nella mezza età; tuttavia, nelle popolazioni sensibili, gli adulti di età inferiore ai 30 anni possono sviluppare un carcinoma squamocellulare della pelle. L'incidenza di carcinoma squamocellulare negli individui di età superiore a 65 anni è di 488,9 per 100.000 rispetto a 137,5 e 73,9 per 100.000 nei soggetti di età compresa tra i 55 ei 64 anni e 45-54 anni rispettivamente. Il carcinoma squamocellulare è raro nei soggetti di età inferiore ai 40 anni con un'incidenza annuale di 3,9 per 100.000.80

Vi è una prevalenza maggiore di carcinomi squamocellulari nel sesso maschile, con un rapporto M:F stimato di 2-2.8:1.81

3.3 Eziologia Fattori di rischio.

I fattori di rischio più importanti per il carcinoma squamocellulare includono l'esposizione al sole, l'età avanzata e la pelle sensibile ai raggi UV. L'esposizione cronica ai raggi UV è il più forte fattore di rischio ambientale per lo sviluppo del carcinoma squamocellulare, il che spiega perché l'incidenza del carcinoma squamocellulare aumenta drammaticamente con età. L'incidenza del carcinoma squamocellulare aumenta a latitudini più basse, in correlazione con una maggiore intensità della luce ambientale. Nel 90% dei casi, il tumore si verifica in aree anatomiche cronicamente esposte ai raggi UV come la testa e il collo e il dorso delle mani e degli avambracci. Il carcinoma squamocellulare è più comune nei pazienti che lavorano all'aperto. Inoltre, le fonti artificiali di raggi UV, come la PUVA terapia e i lettini abbronzanti, sono state implicati anch’essi nella patogenesi del carcinoma squamocellulare.83 I fattori genetici sono cruciali per facilitare il ruolo dei fattori ambientali. Una

carnagione chiara (fototipo I e II) predispone alla sensibilità all'esposizione delle radiazioni ultraviolette croniche ed è quindi associato ad un'alta incidenza di carcinomi squamocellulari. Pertanto fattori di rischio genetico che sono alla base della carnagione chiara della pelle, come gli albinismi oculo-cutanei, un gruppo di disordini della produzione di melanina, sono associati ad alta incidenza di carcinomi squamocellulari. Un’altra condizione ereditaria che predispone ai danni genetici UV-indotti è lo xeroderma pigmentoso, una rara malattia che copre uno spettro di difetti genetici nella riparazione del DNA, è caratterizzata da carcinomi squamocellulari multipli e più precoci.83

L'immunosoppressione può svolgere un ruolo importante nel carcinoma squamocellulare, con i riceventi di trapianto di organi solidi che hanno un rischio di carcinoma squamocellulare aumentato da 65 a 250 volte rispetto alla popolazione generale. Il tasso di insorgenza dei carcinomi squamocellulari è proporzionale al numero di agenti immunosoppressivi che i riceventi di trapianto di organi solidi assumono in un dato momento.82 Il carcinoma squamocellulare in questo sottogruppo di pazienti mostra un decorso più aggressivo della malattia, con tassi più elevati di recidiva locale, metastasi e morte.83 I pazienti con leucemia linfatica cronica, che non hanno un’immunità innata e