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Il territorio senese

Nel documento La vetrata nella Toscana del Quattrocento (pagine 193-197)

IV. Sviluppi

9. Il territorio senese

Prima di tornare alla città di Firenze esamineremo brevemente le vetrate senesi121.

Come abbiamo già accennato, erano attive diverse maestranze per tutto il secolo XV a Siena e nel suo territorio, probabilmente in maniera autonoma rispetto alla prevalente corrente fiorentina122. Le opere conservate sono tuttavia poche e risalgono tutte alla

seconda metà del secolo. Queste opere, inoltre, non sono documentate e di conseguenza gli studi sinora condotti si concentrano per lo più sul problema dell’attribuzione dei disegnatori. Formulare ulteriori ipotesi su questo versante esula dallo scopo della presente tesi; in questa sede, invece, ci limiteremo a commentare le singole opere e a confrontarle in maniera generale con il filone principale nella Toscana, quello fiorentino. Tenere conto delle vetrate senesi, pur in maniera provvisoria, sarà utile anche per esaminare ulteriormente le vetrate fiorentine, rendendo più chiare le caratteristiche

121 Per le vetrate quattrocentesche a Siena e nel suo territorio in generale v.

Pope-Hennesy 1946, Marchini 1956, p. 225 nota 36, Angelini 2002.

peculiari di queste ultime.

Nella città di Siena sono conservate due vetrate circolari, assai danneggiate: il S. Ansano della facciata dell’omonima chiesa in Castelvecchio (tav. I.1), realizzato nel secondo Quattrocento inoltrato123, e la Madonna col Bambino e i Ss. Bernardino e Caterina da Siena (tav. I.2) dell’occhio della facciata della chiesa di Fontegiusta, databile agli ultimi decenni del secolo124. Nella provincia di Siena sono rimaste due

opere. Nel Museo della Collegiata di Chianciano è conservata una vetrata rettangolare raffigurante S. Giovanni Battista (tav. I.3) e proveniente dalla Collegiata dedicata all’omonimo santo125. Nella facciata della chiesa di S. Sebastiano di Chiusdino è

123 La vetrata è attribuita da Marchini (1956, p. 225 nota 36) allo stesso ambiente

dell’occhio della chiesa di Fontegiusta, disegnato, secondo lo studioso, da Guidoccio Cozzarelli. È stata recentemente studiata più accuratamente da Alessandro Angelini e attribuita a Pietro Orioli (Angelini 2002). Dopo un confronto con gli angeli raffigurati in monocromo nella sua pala raffigurante una Madonna col Bambino e santi della pieve di Ss. Pietro e Paolo a Buonconvento, Angelini attribuisce allo stesso Orioli anche gli angeli con le teste rosse e le ali azzurre che ornano il bordo. La corrispondenza tra i due tipi di angeli non è tuttavia precisa: va tenuto conto della possibilità che l’invenzione della bordura sia dovuta al maestro vetraio o, più genericamente, alla tradizione vetraria, anche se tale possibilità non può essere accertata a causa del numero ridotto delle vetrate senesi. V. anche Torriti 1987, p. 215; Riedl-Seidl 1985, vol. 1-1, p. 329.

124 La vetrata è attribuita a Guidoccio Cozzarelli sia da Pope-Hennesy 1946 che da

Marchini 1956, p. 225 nota 36. La vetrata è stata di recente sostituita con una copia realizzata nel 2006, ed è ora custodita in una sala adiacente alla chiesa. La vetrata fu probabilmente eseguita nel periodo della costruzione della chiesa, ed in particolare negli ultimi due decenni. Si spiega così anche la presenza dell’arma di uno dei primi operai della chiesa, Pietro Scarpi, come indica Marelli 1908, pp. 37, 62 nota 62. V. anche Torriti 1987, pp. 290-291; Santi 1999a, p. 95.

Nella Cattedrale e nel deposito della Soprintendenza di Siena sono conservate inoltre alcune vetrate, tutte provenienti da Colle di Val d’Elsa e databili agli ultimi decenni del XV secolo o ai primi del XVI (tav. I.8-I.11). Si tratta tuttavia di produzioni fiorentine. Cfr. cap. IV.13.

125 Secondo Pope-Hennesy (1946) la vetrata è fiorentina. Anche Salmi (1954, p. 36)

segue questa linea e la attribuisce a un “imitatore” di Andrea del Castagno. Marchini (p. 225 nota 36) la indirizza verso la scuola senese. Quest’ultima opinione è condivisa dalla maggior parte degli studiosi successivi. Bellosi 1970, p. 29 [Margherita Lenzini Moriondo] indica più

collocata una piccola vetrata circolare, che rappresenta al centro S. Sebastiano e S. Rocco e un altro santo (S. Francesco?) ai lati (tav. I.4)126: assai rovinata, e sarà rimossa

fra poco e conservata nel museo locale. Più lontano, ma sempre nella zona di influenza senese, nella Cattedrale di Grosseto vi sono due grandi finestre eseguite probabilmente nell’ultimo quarto del secolo, che risultano tuttavia in buona parte rifacimenti posteriori (tav. I.5-I.6)127. Nella vicinanza, a Buriano, nella chiesa di S. Maria Assunta, si trova

una finestra eseguita nei primi decenni del Cinquecento, composta da due scene tratte dalla vita di Maria (tav. I.7)128.

Se si vedono queste vetrate come un gruppo, ci si accorge dell’assenza di alcuni elementi tipici dell’arte vetraria fiorentina. Nessuna opera possiede la bordura con motivi vegetali di forma naturalistica su fondo rosso129, che era invece utilizzata

precisamente l’ambito di Guidoccio Cozzarelli. Forse siamo più vicini a Matteo di Giovanni, come lascerebbe ipotizzare il portamento agile delle gambe rilassate. V. per esempio lo stesso santo rappresentato nell’Annunciazione di Matteo di Giovanni, oggi conservata nel Museo Diocesano di Siena (fig. 93). I tratti fisionomici, la resa particolare del naso, tuttavia, non corrispondono né a quelli del Cozzarelli né a quelli di Matteo di Giovanni. V. anche Brogi 1897, p. 115. Sulla collegiata di S. Giovanni Battista, v. inoltre Maggi-Angeli [1997], pp. 71-80.

126 Marchini (p. 225 nota 36) attribuisce la vetrata, insieme a quella di S. Ansano di

Siena, allo stesso ambito dell’occhio della chiesa di Fontegiusta, realizzata, secondo lui, da Guidoccio Cozzarelli. La vetrata, la cui grisaille è andata in gran parte perduta, non permette di formulare una conclusione per via della sua collocazione attuale in alto nella facciata. V. anche Brogi 1897, p. 124.

127 I disegni delle vetrate sono stati attribuiti alternativamente a Benvenuto di

Giovanni e a suo figlio Girolamo, comunque alla Scuola senese. La critica corrente si indirizza verso il padre. Tuttavia è necessario ancora un esame più attento. Per le varie opinioni, v. Fumi Cambi Gado 1996. Il rilievo grafico per indicare le sostituzioni posteriori delle tessere, redatto nell’occasione del restauro del 1988, è parzialmente pubblicato in Burnam 1989.

128 La vetrata è stata recentemente riprodotta a colori in Santi 1999, pp. 130-132 e

attribuito all’ambito di Girolamo di Benvenuto. Per questa vetrata, cfr. anche cap. II.3.b.

129 Alcune vetrate rappresentano motivi floreali ma di forma astratta e geometrizzata. V.

per esempio la bordura della vetrata di Fontegiusta, i cui elementi principali sono costituiti da tessere bianche quadrate su cui è dipinto un fiore a grisaille. Nell’allestimento attuale è difficile scorgere i colori dello sfondo di questa vetrata, ma è composto da azzurro

diffusamente nelle vetrate fiorentine nel Quattrocento ed era ancora valida – seppure meno frequentemente – negli anni intorno al 1500, come si vede nelle due vetrate provenienti dalla chiesa di S. Maria Maddalena de’ Pazzi di Firenze e ora conservate a Washington (tav. E.5-E.6). Gli schemi architettonici sono per lo più semplici: non sono utilizzati i tabernacoli gotici che erano invece indispensabili nell’arte vetraria fiorentina nella prima metà del secolo e persistettero ancora, come vedremo, nel secondo Quattrocento inoltrato. L’architettura dell’occhio della chiesa di Fontegiusta risente dei modelli pittorici contemporanei, mentre quella dei finestroni di Grosseto, costituita da semplici archi a tutto sesto, propone confronti interessanti con le vetrate fiorentine. Uno schema architettonico altrettanto semplice fu impiegato nella zona fiorentina verso la metà del Quattrocento, pur mantenendo ancora elementi gotici, nella vetrata della cappella Medici di S. Croce (tav. C.13) e in quella conservata a Vicchio (tav. E.1): questa tipologia, tuttavia, ebbe poco seguito e non fu mai utilizzato nelle grandi finestre in questa zona. Nelle vetrate fiorentine della seconda metà del Quattrocento l’architettura tendeva invece a diventare sempre più complessa, padroneggiando via via le regole prospettiche.

L’immagine di S. Ansano della chiesa omonima (tav. I.1) presenta infine una tipologia interessante, mai osservata nella zona fiorentina del Quattrocento: la figura del santo si staglia su fondo bianco costituito da vetri incolori a tondelli. L’occhio a cui fu destinata la vetrata è una delle poche aperture della chiesa130 e questa scelta derivava

sicuramente dalla necessità di permettere alla luce di entrare nella chiesa. A Firenze, per tutto il secolo, si eseguivano sempre vetrate di colori intensi nella Cattedrale, in S. Croce, S. Maria Novella ecc., sacrificando la luminosità dell’edificio, come avrebbe osservato in maniera critica il Vasari131. Naturalmente non potremmo semplicemente

paragonare la piccola chiesa di S. Ansano saldamente inserita nel tessuto urbano a quelle grandi fiorentine, ma possiamo ricordare, a questo proposito, la preoccupazione dei senesi di interrompere l’esecuzione dell’occhio della facciata della Cattedrale affidata nel 1440 a Guasparre da Volterra per non oscurare la chiesa132. Nel caso di S.

Ansano la decisione di rappresentare la figura del santo titolare su fondo bianco poteva essere quindi il risultato di compromesso tra due esigenze per certi versi contraddittore. Con le poche opere superstiti non si può caratterizzare l’arte vetraria della zona verdeggiante.

130 V. la pianta della chiesa in Riedl-Seidl 1985, vol. 1-3, tav. 12.

131 Vasari-Barocchi 1966, I, p. 160, III, p. 103. Cfr. cap. II.1.a e anche cap. I.1.c. 132 Per questa discussione, cfr. cap. II.1.a .

senese, ma la presenza di questa alternativa dimostra che gli sviluppi nell’ambito fiorentino non erano affatto dati per scontati. Fatta questa premessa, torniamo ora a Firenze per ripercorrere l’evoluzione che la vetrata fiorentina conobbe nella seconda metà del Quattrocento.

Nel documento La vetrata nella Toscana del Quattrocento (pagine 193-197)