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CODICE DELLA LOUISIANA

III. IL TITOLO X DEL CODICE DELLA LOUISIANA DEL 1808: IL CONTRATTO DI MUTUO

Sommario: 1. Cenni sul mutuo e sul divieto delle usure nella società medievale; 2. L’utilizzo della dottrina francese della scuola dell’esegesi nella normativa e nella giurisprudenza della Louisiana; 3. Analisi strutturale del contratto di mutuo; 4. Il prestito d’uso o commodatum; 5. Il prestito di consumo o mutuum; 6. Il mutuo feneratizio; 6.1. Il mutuo con interesse nel Codice della Louisiana del 1808; 6.2. Il mutuo con interesse nel Codice napoleonico; 6.3. Il mutuo con interesse nel Codice della Louisiana del 1825

1. CENNI SUL MUTUO E SUL DIVIETO DELLE USURE NELLA SOCIETÀ MEDIEVALE

Analogamente al Codice napoleonico, il Codice della Louisiana del 1808, parimenti a quello del 1825, distingue il contratto di mutuo dal contratto di comodato in base all’oggetto del loan che, nel primo, è costituito da beni consumabili mentre, nel secondo, è formato da beni non consumabili che vengono “prestati” al fine di un loro utilizzo, tanto è vero che il comodato è anche definito prestito d’uso112

. Mentre il contratto di comodato si

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Digest of the Civil Laws now in Force in the Territory of Orleans, New Orleans, Bradford & Anderson, 1808:

Art. 1. There are two kinds of loans: The loan of things which may be used without being destroyed; And the loan of things which are destroyed by being used. The first kind is called loan for use or commodatum. The second kind is called loan for consumption or mutuum.

Civil Code of the State of Louisiana, cit.:

Art. 2862. There are two kinds of loans: The loan of things which may be used without being destroyed; And the loan of things which are destroyed by

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configura sempre come un contratto a titolo gratuito, rispecchiando così pienamente la definizione che ne dà il giurista Azzone nella sua Summa Codicis 113, il mutuo, tanto nel Codice della Louisiana quanto nel Codice napoleonico, può avere carattere oneroso. Nel basso medioevo, al contrario, il mutuo si configurava sempre come un contratto a titolo gratuito a causa del divieto delle usure, che si riteneva fosse sancito dalle Sacre scritture, intendendosi per usura qualsiasi interesse, anche minimo.

Come evidenzia Umberto Santarelli, le fonti di questo divieto erano costituite da alcuni passi veterotestamentari che, in caso di prestito, sancivano il divieto di imporre interessi. In particolare, nel libro dell’Esodo il divieto delle usure è motivato sulla base dell’indigenza del mutuatario, mentre nel Deuteronomio la proibizione è limitata soltanto al prestito fatto ad un proprio fratello, potendosi per conseguenza praticare interesse nel caso in cui il mutuo fosse concesso ad uno straniero114. Il passo del Deuteronomio, inoltre, specifica l’oggetto del mutuo, individuandolo in cose di genere o fungibili e, sotto questo

being used. The first kind is called loan for use or commodatum. The second kind is called loan for consumption or mutuum.

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Commodatum est alicuius rei ad aliquem specialem usum gratuita facta concession. AZZONE, Summa Codicis, sub De Comodato, 2. Sul contratto di comodato v. : U. SANTARELLI, comodato nel diritto medievale e moderno in U. SANTARELLI Ubi Societas Ibi Ius. Scritti di storia del diritto, I, Torino, Giappichelli, 2010, pp. 481-487.

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Non farai a tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro né di viveri, né di qualunque cosa si presti ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad interesse, ma non a tuo fratello. Deuteronomio, XXIII 19-20.

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aspetto, analogamente dispone il Codice della Louisiana115. Il divieto biblico, tuttavia, finì per essere limitato soltanto al contratto di mutuo, del quale si configurava come elemento tipico ed essenziale a seguito di una erronea interpretazione della traduzione letterale, dal greco al latino, di un passo del Vangelo di Luca. Girolamo aveva tradotto rigorosamente quel passo con “mutuum date nihil inde sperantes”116, ma il termine nihil, secondo Santarelli, non poteva in alcun modo riferirsi alle usure, come invece fecero i giuristi basso medievali, bensì alla somma mutuata, perché in diritto romano, il cui vocabolario tecnico-giuridico Girolamo ben conosceva, la somma restituita estingueva l’obbligazione in quanto corrispondente quantitativamente alla somma mutuata, mentre un’eventuale usura avrebbe potuto essere oggetto di un patto accessorio, non costituendo elemento tipico del mutuum117.

Il tradizionale divieto canonistico delle usure vigente nel medioevo è quindi espressione di un contesto economico- sociale connotato da un prevalente uso del denaro come funzionale al soddisfacimento dei bisogni essenziali dell'individuo, nonché fortemente condizionato dai valori ecclesiastici invalsi nella società dell'epoca. Tale divieto ha poi conosciuto, nella concreta applicazione, fasi alterne, in

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U. SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, Torino, Giappichelli, 1998, pp. 153-158; A. LANDI, Ad evitandas usuras. Ricerche sul contratto di censo nell’ usus modernus pandectarum, Roma, Fondazione Sergio Mochi Onory per la storia del diritto italiano, 2004, pp. 53-54. U. SANTARELLI Ubi Societas Ibi Ius. Scritti di storia del diritto, cit. pp. 616-617.

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U. SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, cit., p.164.

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rapporto alla diversa funzione del denaro, sempre più visto come mezzo di investimento, all'interno di strutture sociali e di mercato che divenivano progressivamente più articolate e complesse118.

La gratuità del contratto di mutuo si scontrava con la crescente esigenza bassomedievale di reperire finanziamenti per esercitare la mercatura, in quanto era assai improbabile che un soggetto rischiasse il proprio capitale senza la prospettiva di ricavare un guadagno dal prestito fatto al mercante. Questa esigenza sostanzialmente si presentò quando da una società pastorale, quindi caratterizzata da un’economia di sussistenza, si passò a una società basata sullo scambio, ossia una società mercantile119. Il contratto di mutuo, quindi, alla luce del mutamento della società, rappresentava uno degli strumenti necessari per far sì che i mercanti potessero praticare la mercatura. Gli storici parlano di storicizzazione del divieto delle usure come uno dei principali problemi che i giuristi dell’epoca dovettero risolvere, in quanto alla luce delle fonti bibliche, considerate iura divina, il contratto di mutuo non poteva avere carattere oneroso. Il binomio mutuo /divieto delle usure era ben saldo, quindi i giuristi dovettero escogitare il modo di eluderlo con una soluzione consistente, essenzialmente, nella ricerca di un nuovo nome, un diverso nomen iuris con il quale fosse possibile qualificare il mutuo oneroso come legittimo ed

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FRANCESCO CAVONE, L’evoluzione nell’evoluzione giurisprudenziale, in Corriere Giuridico, 5,706, Milano, IPSOA, 2013.

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eludere, così, il problema del carattere della ritenuta, essenziale gratuità del mutuo stesso120.

Il nominalismo, che caratterizzò fortemente tutto il Medioevo, coinvolse pienamente la problematica del divieto delle usure e del contratto di mutuo, portandola, fin quasi ai giorni nostri, ad una paradossale estremizzazione. Infatti, nel Codex Juri Canonici del 1917, al Can. 1543121, che chiude il titolo De contractibus, si riscontra la minuziosa descrizione di una figura contrattuale corrispondente al mutuo, il quale, tuttavia, non è mai indicato con tale nome. È introdotta solennemente la completa illiceità dell’usura, per poi affermare, subito dopo, la liceità di un tasso d’interesse legale o maggiorato122.

Il divieto delle usure, grazie ai “rimedi” nominalisti escogitati dai giuristi medievali, fu eluso per poter introdurre, in una società ormai profondamente cambiata, il contratto di mutuo oneroso.

In epoca moderna, il divieto delle usure fu inizialmente e soltanto in modo parziale superato nell’ambiente giuridico protestante. Andrea Landi, in proposito, richiama la

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U. SANTARELLI Ubi Societas Ibi Ius. Scritti di storia del diritto, cit. p. 617; A. LANDI, Ad evitandas usuras. Ricerche sul contratto di censo nell’ usus modernus pandectarum, cit., p. 54.

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Codex Juri Canonici del 1917, can.1543: Si res fungibilis ita alicui detur ut eius fiat et postea tantundem in eodem genere restituatur, nihil lucri, ratione ipsius contractus, percipi potest; sed in praestatione rei fungibilis non est per se illicitum de lucro legali pacisci, nisi constet ipsum esse immoderatum, aut etiam de lucro maiore, si iustus ac proportionatus titulus suffragetur. U. SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, cit., p. 167; ORESTE BAZZICHI, Dall’usura al giusto profitto: L'etica economica della Scuola francescana, Cantalupa (TO) Effatà Edidtrice, 2008, p.102.

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tripartizione del mutuo in eleemosyna, officiositas e negociatio del giurista Charles du Moulin123.

Ben diversa, invece, fu la scelta del legislatore del Codice napoleonico e, in seguito, del legislatore del Digest della