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CAPITOLO II – La noche de la reina Berenguela: analisi del testo originale

2.3. La trama

La storia è raccontata in forma di opera teatrale, per cui al suo interno hanno molta valenza e spessore i dialoghi, in quanto sono i veri catalizzatori dell’intera vicenda. È attraverso di essi, infatti, che sentiamo il respiro dei personaggi, e soprattutto di Berenguela, anche se, paradossalmente, è un personaggio con pochissime battute. Nonostante ciò, è fortemente presente, fosse anche solo perché gli altri personaggi ne parlano: è proprio da loro che impariamo a farci un’idea della bella regina, che poi viene confermata nel momento in cui lei appare in scena.

Passando più specificatamente alla trama dell’opera, va detto che tutta la storia viene introdotta dal Viejo de las palomas, un anziano signore che passa la sua vita per le strade di Santiago a dare da mangiare alle colombe e che può venire recepito come il narratore, perché nella finzione letteraria lo è. La storia degli ultimi giorni di vita della regina Berenguela, infatti, nell’opera si presenta nella forma del racconto nel racconto, appunto dell’anziano signore. Per dare una definizione, si tratta della situazione in cui “un personaje de un cuento narra, a su vez, un segundo cuento. Concluido este, se regresa a la trama en que se encontraba inserto” (Baquero Goyanes, 1976).

Nel prologo vengono presentati i personaggi di Paloma, una bimba di nove anni, e del Viejo de las palomas. I due si incontrano perché quest’ultimo viene preso in giro dai bambini del quartiere, che lo considerano un folle. A quel punto arriva Paloma, che si preoccupa per l’anziano vedendolo così sofferente. Lui le racconta ciò che è accaduto e lei

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gli confida a sua volta la sua tristezza, dicendo che si sente sola perché viene emarginata da quegli stessi bambini che, poco prima, lo hanno preso in giro dopo aver cantano una canzone popolare sulla regina Berenguela che considerano matta proprio come il Viejo de las palomas. L’anziano, notando la somiglianza tra il sentimento di solitudine di Paloma e quello di Berenguela, comincia a raccontare la storia di quest’ultima, in una narrazione che, per certi versi, può essere interpretata come un flashback, visto che Paloma e il Viejo de las palomas vivono ai giorni nostri (o quantomeno in un’epoca molto vicina alla nostra). Nel prologo appaiono e vengono nominate più di una volta urracas e palomas, all’inizio come veri e propri volatili coinvolti in uno scontro (violento, perché voluto dalla urraca), alla fine come possibile minaccia che si sta avvicinando perché se ne sente il gracchiare, nel mezzo e nel corso di tutto l’atto introduttivo in comparazione con i bambini e le bambine del quartiere e con Paloma. La loro presenza e azione nel prologo funge da

anuncio dramático, in quanto prelude a ciò che avverrà nell’opera, ossia una continua lotta

tra il bene e il male senza, alla fin fine, un reale vincitore.

Nel primo atto compaiono due nuovi personaggi, il menestrello Reinaldos e il suo destriero Sinforoso, che si stanno recando proprio presso la corte della regina Berenguela, che si trova in un paese chiamato Villa del Rey. Reinaldos racconta a Sinforoso del suo amore per Berenguela, che lo spinge a scriverle delle lettere d’amore, per poi inviargliele legate alla zampetta della sua colomba bianca, Rula; i due per raggiungerla girano senza pace per il regno.Con un cambio di scena si passa al castello dove, attraverso i commenti pettegoli delle dame di corte Eleonora e Isidora e del racconto più obiettivo di Dorotea, la giovane damigella personale di Berenguela, si viene a conoscenza della lotta interiore della regina e del fatto che non ama lo status di sovrana e soffre di solitudine, quindi preferisce rimanere rinchiusa in un’alta torre del castello. Con l’entrata in scena di re Alfonso VII, marito di Berenguela, e del suo consigliere, il conde de Traba, si capisce il carattere facilmente influenzabile del re, manovrato come un burattino dall’astuto conte e ossessionato dal cibo.

Il secondo atto si apre con i preparativi a corte dei tornei in onore dei sovrani. In tutto ciò vengono presentati i personaggi di Diego Gelmírez e Fray OdranoeL. Il primo è l’arcivescovo di Compostela, vanesio e codardo, mentre il secondo è il suo copista, un genio incompreso che si dedica a inventare sempre nuovi marchingegni, costretto a scrivere le “gesta” del suo signore, basate però sulla libera ed erronea interpretazione di quest’ultimo. Arriva Dorotea, la quale comunica ad Alfonso che la regina non intende

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scendere dalla torre per assistere ai tornei. Non condividendo il comportamento di Berenguela, l’arcivescovo e il conte dicono al re che la regina è pazza e necessita di un intervento psicologico, ma il re sminuisce la cosa. Nel frattempo Eleonora, con l’aiuto della riluttante Isidora, mette in atto un piano per far scendere la regina dalla torre, in quanto anche lei ritiene che il suo comportamento sia inaccettabile, ma un incidente fa sì che le loro macchinazioni non portino al risultato sperato. Iniziano i tornei senza la presenza di Berenguela, quindi il conte e l’arcivescovo continuano a discutere del suo comportamento con il re, che rimane sulla sua posizione neutrale (più interessato al cibo che a qualsiasi altra cosa). Il conte, allora, fa una proposta sinistra all’arcivescovo, ovviamente all’oscuro del re: uccidere la regina e seppellirla in uno splendido pantheon reale a Santiago de Compostela, costruito appositamente per portare grande onore alla città e al suo vescovo, vista l’affluenza di pellegrini che ogni anno la visitano. Gelmírez è tentato dalla fama e dalla gloria, ma il gesto in sé lo disturba, quindi decide di rimandare questo discorso a un altro momento.

Dopo un intermezzo in cui riappaiono Paloma e il Viejo de las palomas, che continua la sua narrazione, il terzo atto si apre su Berenguela che di notte, nella sua torre solitaria, fa un lungo e poetico monologo nel quale riflette sulle poesie d’amore che le scrive un ammiratore misterioso (nient’altri che Reinaldos) ed esprime il desiderio di incontrarlo. Arrivano alla torre Dorotea e Isidora che rivelano alla regina il complotto in atto nei suoi confronti: vogliono salvarla, quindi Fray OdranoeL la sta aspettando ai piedi della torre per farla scappare e metterla in salvo in un convento. Nel frattempo con il frate c’è anche l’altra dama di corte, Eleonora. Una cornacchia comincia a volarle attorno, trasformandosi poi nella defunta e malvagia regina madre, Urraca, che considera Berenguela un’usurpatrice. Urraca, arrabbiata per il voltafaccia di Eleonora, in precedenza sua fedele servitrice, la trasforma in cornacchia e la costringe a rimettersi al suo servizio in questa forma, annunciandole in maniera sibillina che presto qualcuno morirà. Nel frattempo, la giovane regina decide di utilizzare un congegno alato che Fray OdranoeL ha inventato per lei e si lancia in volo, finalmente libera. Purtroppo la sua felicità dura poco poiché Urraca ed Eleonora (sotto forma di cornacchie) fanno sì che la povera Berenguela cada e si schianti al suolo. Reinaldos e il destriero Sinforoso, che nel frattempo sono riusciti a giungere a corte, scoprono l’accaduto: il povero menestrello è distrutto dal dolore per la morte della sua amata e decide di andare a Santiago de Compostela, dove lei riposerà per sempre.

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L’opera si chiude tornando alla Santiago dei giorni nostri, in una sorta di gioco circolare: è la notte dei Fuochi dell’Apostolo, il 24 luglio, e l’anziano narratore spiega alla piccola Paloma che quella è l’unica notte in cui la regina esce dalla cattedrale di Santiago, brillando come la più lucente delle stelle, forse ancora alla ricerca dell’uomo che tanto l’ha amata (e qui troviamo un’allusione non troppo velata al fatto che quell’uomo possa essere proprio lui, andato oltre il tempo e lo spazio grazie all’amore per la regina).