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L’Unione Europea vanta un’esperienza trentennale di interventi e iniziative in favore dei giovani, di incoraggiamento allo scambio culturale, al volontariato comunitario, agli stage presso le aziende dell’Unione, fino all’incentivazione alla formazione professionale e allo scambio di operatori occupati nell’ambito delle politiche giovanili (youth work).

A partire dagli anni ‘70, in alcuni Paesi europei, i giovani diventarono destinatari di specifici interventi ed iniziative. L’orientamento comune di queste azioni era definire la categoria dei giovani come un intervallo di età correlata ad una specifica condizione sociale (variabile tra e nei diversi contesti nazionali) più che una successione processuale di ruoli per la transizione all’età adulta (studente, disoccupato, lavoratore, ecc.) (Cavalli, 1980).

Percepire i giovani come un’età a cui si lega una condizione orienta le strategie politiche di settore e gli obiettivi dei successivi programmi europei. Dunque, quali sono le tappe essenziali delle politiche giovanili nell’UE? Nel 1989 fu avviato il programma Gioventù per l’Europa, relativo allo scambio culturale tra gruppi di giovani appartenenti ai dodici paesi aderenti alla Comunità Europea. Il programma diventerà, negli anni successivi, l’asse di riferimento delle politiche generazionali europee (Mesa, 2006; Pattarin, 2002; Neresini e Ranci, 1998; Rei, 2000). Con il trattato di

Maastricht, entrato in vigore nel 1993, sono accolti gli orientamenti elaborati dal Consiglio d’Europa,

che attribuisce all’Unione Europea competenze specifiche nell’ambito della cooperazione giovanile transnazionale, in particolare: istruzione, formazione professionale e educazione informale. Con la ratifica del trattato, la Commissione europea propone due nuovi programmi comunitari indirizzati ai giovani, tra cui: il programma Socrates, che incita alla cooperazione fra i paesi nell’ambito dell’istruzione; il programma Leonardo Da Vinci, che valorizza la formazione professionale attraverso tirocini di giovani lavoratori e formatori presso le imprese stabilite al di fuori del loro paese d’origine e tramite i progetti di collaborazione tra istituti di formazione professionale e le imprese (europa.eu22, 2011). Entrambi affiancano il programma Gioventù per l’Europa, con l’obiettivo di

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accrescere, attraverso l’ampliamento dei finanziamenti, le esperienze di educazione informale e l’introduzione di competenze professionali a sostegno dell’iniziativa.

Il 1996 è l’anno di istituzione dello S.V.E.- Servizio Volontario Europeo, un programma che ha lo scopo di valorizzare le esperienze di apprendimento attraverso lo scambio interculturale dei giovani in età compresa fra i 18 e i 30 anni, gestito in periodi medio-lunghi e a beneficio delle comunità locali accoglienti.

Nel 2000 sono stati proposti programmi strutturali, plasmati dalle esperienze dei decenni precedenti e dalle attività già avviate. Socrates e Leonardo sono programmi specifici a sostegno dell’istruzione e della formazione professionale, affiancanti ad altre iniziative a loro volta accorpate nel nuovo programma Gioventù, riferito all’educazione informale e all’istruzione. Infatti, gli interventi specifici inclusi in Gioventù sono Gioventù per l’Europa, il Servizio Volontario per l’Europa e Gioventù per

il mondo, azioni, queste, di supporto alle politiche di cooperazione tra gli stati membri. Tali singole

azioni, contenute nel programma Gioventù, restano il principale indirizzo non settoriale delle politiche giovanili europee (Mesa, 2006: 113-114).

Nel 2001 è stato redatto il Libro Bianco della Commissione Europea. Un nuovo impulso per la

Gioventù «che rappresenta il momento di sintesi degli elementi raccolti in un lungo e articolato

processo di consultazione di rappresentanze di giovani di tutti i Paesi membri, e allo stesso tempo costituisce il nuovo documento programmatico di indirizzo delle politiche giovanili a livello comunitario» (ibidem, 2006: 114). Il Libro Bianco trae origine dalla consultazione, avvenuta tra il maggio del 2000 e il marzo del 2001, dei giovani di qualsiasi origine, delle organizzazioni della gioventù, della comunità scientifica e dei responsabili politici ed amministrativi. La strategia proposta nel Libro Bianco include gli indirizzi della Commissione Europea sulla governance, con obiettivi di apertura del processo decisionale dell’UE alla partecipazione dei “giovani cittadini”. Il documento è articolato in due sezioni: nella prima è affrontata la condizione giovanile europea e le ipotesi di intervento politico da intraprendere; nella seconda sezione sono delineate le priorità degli interventi. Tre sono gli obiettivi da affrontare: il bilanciamento del rapporto intergenerazionale a seguito dell’invecchiamento demografico dell’Europa; la ridotta partecipazione dei giovani alla vita istituzionale a vario livello; l’integrazione dei giovani in società nazionali sempre più pluraliste. Dagli obiettivi programmatici descritti sono tracciate due linee di intervento: da un lato si costituiscono dei meccanismi di coordinamento politici fra i Paesi che aderiscono all’Unione Europea; dall’altro sono individuati quattro (4) ambiti tematici di intervento.

Nell’ambito dei meccanismi di coordinamento delle politiche giovanili europee è sostenuto il Metodo

aperto del Coordinamento (OMC), relativo alle azioni specifiche rivolte ai giovani, che consiste nella

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conseguimento degli obiettivi da essi fissati a breve, medio e lungo termine; la determinazione, se del caso, di indicatori quantitativi e qualitativi e di parametri di riferimento ai massimi livelli mondiali, commisurati alla necessità di diversi Stati membri e settori, intesi come strumenti per confrontare le migliori pratiche; la trasposizione di detti orientamenti europei nelle politiche nazionali e regionali fissando obiettivi specifici e adottando misure che tengano conto delle diversità nazionali e regionali; periodico svolgimento di attività di monitoraggio, verifica e valutazione inter pares, organizzate con funzione di processi di apprendimento reciproco e l’integrazione delle politiche giovanili con altre politiche di settore»23 (Commissione delle Comunità Europee, 2001). Il Metodo Aperto del Coordinamento (OMC), utilizza lo strumento dello scambio di prassi per migliorare le politiche giovanili offerte dai singoli governi nazionali. Infatti, la struttura organizzativa dell’OMC è data dalla partecipazione della Commissione Europea, attraverso il settore specifico dell’Educazione, Formazione, Cultura e Giovani, e del Consiglio dei Ministeri giovanili. La Commissione Europea e il settore giovanile specifico, richiede e produce report e valutazioni periodiche. I singoli ministeri nazionali sono tenuti a documentare la condizione giovanile dei loro Paesi e gli interventi che i governi hanno in programma per favorire le giovani generazioni. Prima che sia consegnata qualsiasi documentazione alla Commissione Europea, gli Stati membri sono tenuti a coinvolgere i giovani, consultandoli e, eventualmente, rettificando gli stessi documenti (Denstand, 2009). Il secondo strumento è Il Patto Giovanile Europeo, considerato lo “standard europeo” della politica giovanile. Con esso sono introdotte un insieme di misure politiche indirizzate verso alcune tematiche, tra cui (Commissione delle Comunità Europee, 2001 e Denstand, 2009):

• Occupazione, integrazione e avanzamento sociale; • Educazione, formazione e mobilità;

• Riconciliazione fra vita familiare e tempi di lavoro;

• Riconoscimento dell’apprendimento non-formale e informale;

Il Patto re-enfatizza la necessità di consultare i giovani e le loro organizzazioni, operanti a diversi livelli istituzionali, rilevando, al tempo stesso, l’importanza dell’integrazione fra diversi campi di intervento nel settore giovanile.

Il terzo tool di interesse è lo Structured Dialogue24, ossia una cooperazione formalizzata nel

framework giovanile dell’Unione Europea. Il dialogo strutturato, tra il Forum Europeo dei Giovani

e le istituzioni dell’UE ha lo scopo di: migliorare i sistemi di istruzione per evitare che i giovani abbandonino la scuola in anticipo, assicurando l’assunzione di competenze e di capacità per lo sviluppo dell’adattamento dei giovani ai cambiamenti tecnici ed economici; sviluppare misure

23 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2001:0681:FIN:IT:PDF

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specifiche per sostenere i giovani che soffrono di qualsiasi forma di discriminazione che ne causa la mancata integrazione nel mercato del lavoro. Le azioni sono rivolte soprattutto alle categorie giovanili svantaggiate: donne, disabili e migranti (Nowaczek, 2010). Nel dialogo strutturato sono inclusi i ricercatori, i politici, i giovani delle organizzazioni non-governative, la Commissione dell’UE e il Consiglio dei Ministeri giovanili. Gli obiettivi del dialogo strutturato sono riassunti nell’individuazione dei problemi, nell’esplicitazione delle soluzioni utilizzate dai politici dei singoli Stati-membri, nella condivisione di comuni strategie e nell’estensione della partecipazione alle organizzazioni non-formali e ai giovani privi di opportunità.

Gli strumenti di coordinamento utilizzati tra gli Stati membri, nell’ambito delle politiche giovanili, sono riassunti in quattro ambiti prioritari di intervento evidenziati dal Libro Bianco della Gioventù:

La partecipazione, sviluppata dalle autorità locali attraverso l’istituzione di meccanismi flessibili e generativi di consigli regionali e nazionali della gioventù. Essa è indirizzata soprattutto ai meno abbienti, con scarse opportunità di occupazione e con bassa istruzione. La Commissione ha proposto un consolidamento della struttura di consultazione dei giovani su scala europea in relazione alle tematiche prioritarie suggerite attraverso il Metodo aperto del Coordinamento.

Il volontariato, inteso, nell’ambito comunitario, come modalità di partecipazione sociale e di esperienza educativa con obiettivi di sviluppo delle possibilità di integrazione dei giovani nella società. Secondo il Libro Bianco: «è a livello europeo che occorre assicurare il riconoscimento del volontariato quale esperienza di istruzione e di apprendimento non formale. Il Servizio volontario europeo per i giovani potrebbe essere esteso mediante una partnership con gli organismi mondiali che organizzano e sostengono azioni di volontariato» (Commissione delle Comunità Europee, 2001: 18).

L’informazione, sostenuta da feedback virtuosi attraverso la partecipazione. La responsabilità di informare i giovani ricade nelle competenze degli Stati membri che, implementando l’approccio aperto e coordinato, attraverso l’ausilio di strumentazioni tecnologiche all’avanguardia e i media tradizionali, accrescono la socializzazione dei giovani alle nuove tecnologie ed incrementano il loro coinvolgimento alla vita pubblica. Infatti, seguendo il

Metodo aperto del Coordinamento la Commissione ha inteso avviare, nel 2002, un portale web con accessibilità immediata per i giovani e un apposito forum di discussione (ivi, 2001:

18).

Il miglioramento delle conoscenze dei poteri pubblici sulla condizione giovanile, attraverso l’interscambio di studi e ricerche sulla condizione giovanile. L’utilizzo della rete internet e delle banche dati disponibili consente di riflettere: sugli approcci metodologici e teorici

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assunti nell’ambito dell’implementazione e/o costituzione delle politiche giovanili nei diversi Paesi europei; sui programmi di ricerca nazionali; sulla qualità degli strumenti di ricerca utilizzati in ambito nazionale ed europeo.

Mesa (2006) sostiene che il Libro Bianco, più che sviluppare modelli innovativi, reimposta le azioni avviate dalle programmazioni precedenti, inserendole in un quadro organico di priorità e di interventi (ibidem, 2006: 116). In realtà, i temi principali precedentemente descritti si intersecano con altri numerosi settori evocati in occasione delle consultazioni con le organizzazioni giovanili, cui: l’occupazione, l’istruzione e l’apprendimento informale, l’integrazione sociale, il razzismo, la xenofobia, l’immigrazione, il consumo, la salute e la prevenzione dai rischi, l’ambiente e le pari opportunità di genere. Il concetto di cittadinanza attiva si arricchisce di nuovi significati, indirizzando le azioni al loro coordinamento, al riequilibrio dei rapporti intergenerazionali e al contrasto all’emarginazione sociale.

Il programma Gioventù 2003-2006 è stato valutato positivamente nei resoconti finali ed intermedi della Commissione Europea (Mesa, 2006), ma ha presentato alcuni punti sfavorevoli, affrontati in seguito dalla nuova programmazione Gioventù in azione 2007-2013. Le criticità del Programma 2003-2006 sono state attribuite a tre cause distinte:

La partecipazione. Il Programma Gioventù 2003-2006 prevedeva il coinvolgimento di giovani appartenenti ad un range di età compreso tra i 15 e i 25 anni. Mesa (2006) ha sostenuto che il vincolo dell’età non era sensibile alle reali condizioni dei giovani europei. Infatti, attraverso il prolungamento degli anni di studio e della formazione, il conseguente ritardo della stabilità occupazionale e la dipendenza economica/materiale dalle famiglie di origine sono riconosciuti fenomeni complessi e, allo stesso tempo, determinanti per limitare le “rigide” definizioni di gioventù.

L’integrazione dei più svantaggiati. Il programma Gioventù 2003-2006 rischiava di riprodurre tra i giovani le identiche disuguaglianze strutturali della società più ampia, riducendo le opportunità per i meno abbienti di fruire dei diritti e di partecipare ai processi decisionali.

L’integrazione delle piccole organizzazioni. Il Programma Gioventù 2003-2006 rischiava di escludere, dalla governance e dal coordinamento degli interventi, le organizzazioni giovanili di scala più ridotta e con un diverso livello di operatività (Mesa, 2006).

La riflessione e la trattazione delle criticità del precedente programma ha consolidato, in Gioventù in

azione 2007-2013, la sensibilità di indirizzare i nuovi interventi verso i giovani con un conclamato svantaggio sociale, piuttosto che favorire coloro con uno status elevato. Se i principi cardine del

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rilevare che a livello nazionale alcuni Paesi europei (ad esempio l’Italia) hanno conferito, nel 2008, investimenti pari al 4,58% del Pil per l’istruzione pubblica (con un aumento dello +0,03% rispetto al 2000), quasi pareggiando il 5,07% del Pil dell’UE investito nello stesso settore (Eurostat, 2011). Sebbene numerosi sono gli investimenti europei e nazionali nell’ambito dell’educazione formale, molti giovani ereditano disuguaglianze strutturali, vere e proprie barriere culturali, economiche, politiche e sociali che li escludono dai programmi e dai servizi esistenti. L’origine di tale esclusione può essere descritta attraverso alcuni dati statistici nazionali (Istat, 2011) confrontati con quelli europei (Eurostat, 2011). In Italia l’indice di disoccupazione totale nell’anno 2010, relativamente alla coorte di età compresa tra i 15 e i 24 anni, era pari al 27,8% (Istat, 2011), mentre nell’Unione (27 Paesi membri) era stimato al 20,9% (Eurostat, 2011). Se sul dato aggregato l’indice di disoccupazione totale dei giovani raggiunge un picco così alto, la distribuzione per il genere indica che i maschi raggiungono la disoccupazione totale con un tasso del 26,8%, mentre per le femmine è pari al 29,4%. Confrontando l’indice della disoccupazione giovanile con i valori della disoccupazione italiana totale, che è pari all’8,4% (Istat, 2011), possiamo asserire che la prima spiega il 2,26% della disoccupazione totale. Un ulteriore confronto può essere svolto tra il tasso di disoccupazione giovanile italiano, differenziato per genere (26,8% maschile e 29,4% femminile), e l’indice europeo relativo alla stessa coorte di età, rispettivamente del 21,7% per i maschi e del 20,1% per le femmine (Eurostat, 2011). La difficoltà di accesso al mercato del lavoro risulta maggiore per le giovani donne italiane, con un tasso di disoccupazione del +9,3% rispetto alle rispettive coetanee europee.

Nell’ambito della formazione secondaria di secondo grado, nell’anno 2010, l’Istat (2011) rileva un totale di 2.723.56225presenze nelle scuole pubbliche e private italiane, con un’età compresa tra i 14

e i 19 anni: il 48,98% è caratterizzato da presenze femminili e il 51,02% da presenze maschili. Il numero totale di giovani, per la stessa coorte di età, è pari, nell’anno 2009 (Istat, 2011), a 1.822.92226.

Dal confronto tra le presenze scolastiche (2010) e il numero dei giovani residenti (2009) notiamo un forte incremento della domanda scolastica, che è pari al +33,06%.

La numerosità degli studenti compresi nella coorte di età 14-19 anni dei 27 Paesi dell’UE, nell’anno 2008, è pari a 30.604.41027 presenze; tale valore registra un incremento dell’1% degli studenti iscritti se comparato con il valore dell’anno 2000.

Considerando l’accesso alla formazione universitaria italiana, per la coorte di età 20-25 anni, nell’anno 2008, riscontriamo circa 307.14628 presenze di immatricolati, di 1.808.66529 iscritti ai corsi

25 Numero di alunni, con età compresa tra i 14 e i 19 anni, iscritti, nell’anno 2010, in scuole pubbliche e private di secondo grado e di secondo livello.

26 Numero totale dei cittadini appartenenti alla coorte di età 14-19 anni nell’anno 2009. 27 Numero totale degli studenti europei nella coorte di età 14-19 anni nell’anno 2008. 28 Numero di immatricolati nell’anno 2008.

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di laurea e di 649.42630 fuori corso. Nell’UE, invece, gli universitari, nell’anno 2007, sono

107.435.79131 (Eurostat, 2011).

La numerosità degli iscritti italiani ai corsi di laurea non corrisponde necessariamente al raggiungimento della laurea: nel 2007 erano circa trecentomila32 (16%) (Istat, 2011). Tale dato, se confrontato con la media europea delle lauree conseguite (30%) (Eurostat, 2011), rileva un ritardo da parte degli studenti italiani al conferimento del titolo di studio, con una percentuale del -14%. Pertanto, se consideriamo l’interazione tra i diversi fenomeni macro sociali quali: il saldo positivo dell’indice di vecchiaia, il prolungamento degli studi e il ritardo all’ingresso nel mercato del lavoro, la reticenza all’abbandono del tetto familiare, l’incapacità di costituire nuove formazioni coniugali, connesse con le disuguaglianze economiche ereditate giungiamo a considerare che le politiche giovanili sono importanti fattori di riconoscimento e di promozione della cittadinanza giovanile. Quest’ultima, oltre a prevedere lo sviluppo universale del capitale culturale, promuove, attraverso l’UE, la costruzione di opportunità reali per i giovani meno abbienti, orientando strategicamente il loro coinvolgimento nelle decisioni pubbliche e offrendogli professionalità qualitativamente spendibili nel mercato del lavoro. Inoltre, l’investimento nella ricerca, le conoscenze apprese e il superamento dei vincoli dovuti alle disuguaglianze, aiutano a rintracciare le opportunità e a immetterle all’interno di ampie strategie di intervento e di miglioramento della condizione giovanile. Solo attraverso il riconoscimento della virtuosa triangolazione tra formazione professionale, educazione (formale e informale) e ricerca è possibile sostanziare le politiche giovanili per l’acquisizione di cittadinanza.

30 Numero di iscritti ai corsi di laurea fuori corso nell’anno 2008. 31 Studenti del livello ISCED, differenziato per età e sesso. 32 I laureati italiani, nell’anno 2007, sono 300.131.

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