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Gli spazi che “L’Unità” poteva offrirgli non erano sufficienti a contenere il suo desiderio di scrivere Ecco, allora, la collaborazione

alle principali testate che uscivano nella Sardegna di quegli anni. Ancora “Rinascita Sarda”, ancora inchieste e cronaca politica, ma soprattutto teatro, musica, cinema, televisione e libri. Con un inte- resse che si fa sempre più chiaro, la volontà di osservare, nelle di- verse manifestazioni artistiche, le peculiarità di “una espressione autoctona”, quella che in Sardegna si era espressa da sempre e che ora si misurava con analoghi tentativi nati in altre parti del mondo. Ma anche con l’affacciarsi di interrogativi sicuramente ingenui, nel 1974, destinati però a crescere nell’arco di un ventennio per arrivare alle risposte contenute nel romanzo Passavamo sulla terra leggeri: «È tempo questo di romanzi epici?»5.

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G. MARCI, Quel gioioso mestiere di scrivere, “La Nuova Sardegna”, 23 aprile 1991.

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Nello stesso 1974 collabora con “Il Lunedì della Sardegna”, con “Il messaggero sardo” e con “L’Unione Sarda”. Gli chiedono arti- coli di cronaca politica e inchieste (ricompaiono i quartieri cagliari- tani, primo fra tutti Is Mirrionis)6, ma, soprattutto, gli chiedono di occuparsi di fumetti e musica. Musica pop e cantautori italiani, con- certi organizzati nei licei cittadini e Jimi Hendrix, gli Inti Illimani che, esuli dal Cile, avevano trovato in Italia, ed a Cagliari, ospitali- tà, apprezzamento per il loro canto, sostegno politico. Canti popola- ri cileni e canti sardi, Maria Carta e il Coro di Orgosolo, Violetta Parra e Victor Iara, accompagnati da una citazione del poeta cileno Domingo Maureira: «Le note musicali sono proiettili che attraver- sano le nostre coscienze».

Nel 1975, interrotto il rapporto con “L’Unione Sarda”, inizia una collaborazione con “La Nuova Sardegna” destinata a durare fino al 1984. Inizialmente gli interventi si mantengono sul piano giornali- stico propriamente detto, ma ben presto gli viene affidato il ruolo di recensore librario che svolgerà sistematicamente, se non in maniera esclusiva.

Il problema che dobbiamo porci, in assenza di informazioni di- rette, è principalmente quello riguardante la scelta dei libri da re- censire. L’impressione derivante dall’esame dei materiali elaborati nel corso di questi anni è che, fatta salva qualche indicazione reda- zionale, per lo più Atzeni sia stato lasciato libero di occuparsi dei libri che preferiva leggere o che leggeva spinto da qualche motivo contingente (ad esempio: compaiono numerose recensioni di volumi pubblicati dagli Editori riuniti e, in ambito sardo, dalla Edes, case editrici alle quali, per motivi diversi, era vicino. D’altra parte, anche 6

Può essere interessante ricordare un articolo dedicato a un concorso all’ENEL, l’ente pres- so il quale lo stesso Atzeni lavorerà dal 1976 al 1986. Parlando di quanti non riusciranno a superare il concorso e non troveranno nessun’altra occupazione in Sardegna, il cronista commenta: “Alla fine partiranno verso Torino, Milano, l’Europa comunitaria del benessere di cui hanno sentito parlare, verso una nuova, grande e cocente delusione che segnerà la loro vita” (S. ATZENI, L’angoscia del posto, “Il Lunedì della Sardegna”, a. II, n. 20, 27 maggio 1974): singolare previsione del destino che gli sarà riservato quando, lasciato il la- voro all’ENEL, si avvierà sulla strada dell’emigrazione più o meno verso i luoghi citati, anche se con diverso esito di fortuna.

in periodi successivi, ormai traduttore affermato, presterà la sua o- pera per piccoli editori che, per intuibili motivi di bilancio, gli offri- ranno in compenso i libri del loro catalogo: una sorta di scambio in natura del quale mostrava di compiacersi. A quelle case editrici, ai libri che per tali motivi arrivavano sulla sua scrivania, prestava più facilmente attenzione).

Lo spoglio delle recensioni consente di dire che, al di là di una scelta ipoteticamente casuale, è comunque possibile individuare una linea di tendenza che porta verso gli interessi dell’età matura. Intan- to Atzeni si occupa di quanto viene pubblicato in Sardegna, con uno sguardo che ruota a tutto campo. Recensisce opere che parlano di ambiente e di gastronomia, di storia e di teatro, di letteratura e di tradizioni popolari, segnala, promuove, incoraggia, mostra di avere a cuore le sorti dell’editoria isolana. Talvolta, quand’anche non ci sia il pretesto di una recente edizione, rievoca autori sardi del passa- to, ne ricostruisce la biografia, analizza le opere. Ma si sofferma an- che su pagine significative della storia regionale o segnala episodi solo apparentemente minori quale, ad esempio, quello relativo alla nascita di radio Sardegna7.

Nel contempo spazia sui panorami più vasti dell’editoria nazio- nale, seguendo filoni di interesse che abbiamo cominciato a cono- scere. Si occupa sistematicamente di fumetti (sia delle strisce tradi- zionalmente note, Tex e Topolino, Corto Maltese e Linus, sia di quelle più recenti che impiegano i disegni a fumetti per illustrare la storia – come fa Enzo Biagi – la cronaca politica e sindacale, i rac- 7

Non si tratta, in questo come in analoghi casi, dell’espressione di una curiosità erudita per fatti riguardanti la cronaca locale. In realtà un segno costante mostra come Atzeni stia ela- borando una personale visione che nasce dagli aspetti più alti del dibattito culturale sardo. Non a caso spesso, nei suoi pezzi, egli chiama in causa, citandolo o intervistandolo, Umber- to Cardia e la sua moderna e dinamica concezione del pensiero autonomistico. Così avviene anche nel caso in questione: il cronista raccoglie una dichiarazione di Cardia che, nel 1945, aveva contribuito a fondare l’emittente radiofonica: «Apparve fondamentale l’esigenza di fare di questo strumento un’espressione della Sardegna come entità autonoma, che si dedi- casse non solo all’informazione e allo svago, ma anche, e soprattutto, alla formazione di una coscienza democratica e autonomista» (S. ATZENI, La dura lotta di Radio Sardegna per la

conti di fantasia ambientati in un mondo parallelo – il Viaggio nel paese di Giammai di Richard Corben – o le gesta di un brigante me- ridionale), di musica e di sport (presenta la Storia critica del calcio italiano di Gianni Brera8), ma per lo più dedica le sue recensioni al- la narrativa.

Anche in questo caso, orizzonte largo: gli ambiti letterari che di preferenza frequenta sono, oltre all’italiano, quelli del Sud America e della Germania (ed è un’indicazione di cui occorre tener conto per le future scelte narrative), ma non mancano gli autori francesi e quelli russi, gli inglesi o gli americani. La sua critica risente ancora dell’impostazione politica che aveva caratterizzato l’avvio dell’atti- vità giornalistica, ma va progressivamente liberandosene. O meglio, conserva, di quell’impostazione, l’interesse verso i contenuti sociali (del resto non trascurabili, ad esempio, in autori quali García Már- quez o Amado), ma a poco a poco comincia a scindere, tra i genera- li messaggi politici eventualmente contenuti nei testi dei quali si oc- cupa, quelli che si riferiscono alle tradizioni culturali anche lontane che concorrono a formare l’identità dei personaggi letterari. Il fiuto di lettore lo aiuta a evitare i rischi dello schematismo politico: se da un lato, infatti, apprezza i modi in cui Jorge Amado ridicolizza l’«intellighentsja brasiliana dominante, colonizzata e succuba dei miti nordamericani»9 e non manca di notare l’elemento di denuncia della società nordamericana presente nei romanzi di Dashiel Ham- met10, è anche vero che nella letteratura degli States, da Hemingway a Raymond Chandler e alla “scuola dei duri”, comincia a vedere una qualità stilistica dalla quale rimane colpito e che non mancherà, in futuro, di esercitare influssi sul suo stile di narratore.

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A Brera guarda costantemente come a un maestro che ha saputo esprimere nella sua opera le passioni, da Atzeni condivise in egual misura, per il calcio e la letteratura, per «l’impasto di padano, latino e italiano», per «le allegre follie verbali de L’arcimatto» (S. ATZENI, Spor-

tivi sì, ma sedentari, in “La Nuova Sardegna”, 22 novembre 1978).

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S. ATZENI, Il samba politico di Amado, in “La Nuova Sardegna”, 12 maggio 1979.

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Il giudizio su questo autore trova conferme nell’attenzione che gli dedica Oreste del Buo- no, per Atzeni sempre un punto di riferimento indiscutibile (Cfr. S. ATZENI, Un delitto ma-

Né può essere dimenticato, infine, che dalle spire dell’ideologia lo difende la stessa latitudine dei suoi interessi di lettore onnivoro, la biblioteca di Babele, l’oralità di Borges, la letteratura fantasy, Tolkien, Ende e Robert E. Howard, creatore della saga di Conan il barbaro, il gusto per la fiaba (da quelle ebraiche di Isaac Singer, che lo portano verso gli dei e i demoni delle culture etniche, alle fiabe sarde).

La lettura delle recensioni ci consente di capire che sta elaboran- do un personale progetto narrativo e che questo progetto ha a che vedere con la sua cultura etnica, con i modi dell’oralità e con le fia- be della Sardegna.

Scrive a proposito dell’Intervista a Maria di Clara Gallini: «Un’ultima osservazione: questa intervista è anche un testo di nar- rativa sarda. Nel fluire delle sue parole Maria abbonda in racconti, storie ed esempi, che giungono intatti, nel modo in cui furono pen- sati – o, addirittura, socializzati o tramandati –, senza alcuna media- zione linguistica esterna. È un patrimonio: di quanto a Tonara – e altrove, ma molto accanto – si racconta, di quanto si narra. Maria si fa quindi narratrice della sua realtà, ed è una narrazione nella quale l’arcaico si mescola al contemporaneo, l’individuale parlato alla de- scrizione epica»11.

Siamo nel 1981: nel 1978 aveva dato alle stampe, insieme a Ros- sana Copez, le Fiabe sarde, libera trascrizione dei testi raccolti da Gino Bottiglioni; nel 1984 pubblicherà il primo racconto, Araj di- moniu, ispirato da un’antica leggenda sarda.

6. Mentre ancora dura il rapporto con “La Nuova Sardegna”,