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Unit` a del significato

4.2 Significato delle costanti logiche

4.2.2 Unit` a del significato

Adesso che abbiamo un’idea pi`u chiara del rapporto tra i casi che usiamo per ottenere le varie logiche da TGT, possiamo argomentare l’unit`a del significato delle costanti lo- giche nei vari sistemi. Abbiamo infatti supposto che i resoconti del comportamento dei connettivi nelle logiche non siano in contraddizione perch´e sono incompleti, trattano cio`e il comportamento solo su alcuni tipi di struttura semantica. Perch´e questa spie- gazione funzioni, per`o, il resoconto del comportamento delle costanti deve coincidere quando le strutture semantiche presentano ‘accidentalmente’ le stesse caratteristiche. Non deve essere cio`e il significato degli operatori a cambiare, ma i casi riguardo cui le logiche parlano. Se questo fosse vero, potremmo sostenere che la logica che stiamo

trattando `e una sola, dato che il significato dei connettivi `e costante, che a essere molte- plici sono le relazioni di conseguenza logica10. Il caso della negazione `e il pi`u indicativo, proprio per il legame che questo connettivo ha con le caratteristiche di completezza e coerenza dei casi. Cercher`o quindi di mostrare perch´e i modi di intendere la negazione nelle varie logiche non siano in contrasto tra loro.

Negazione classica e rilevante

Il significato della negazione non `e completamente individuato dalle clausole date per essa nella logica classica. Queste chiariscono il comportamento della negazione solo quando si ha a che fare con casi completi e consistenti. Ma il significato della negazione non `e differente nelle varie logiche, che ne individuano comunque aspetti differenti11.

Semplicemente lo studio della negazione nel caso classico ignora il suo comportamento nelle situazioni, come `e normale che sia.

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che i mondi possibili sono un sottoinsieme proprio delle situazioni, e abbiamo spiegato come individuarli. Quello che dobbiamo fare adesso `e far vedere che in quei casi particolari non c’`e differenza tra usare la condizione di verit`a classica o quella rilevante per ¬A. Le due condizioni di verit`a sono:

ril s ¬A s sse s0 1 A per ogni s’ tale che sCs’; clas w ¬A s sse w 1 A.

Dimostriamo che su casi completi e coerenti coincidono.

ril =⇒ clas:

Se s `e una situazione coerente e completa, allora sCs e se vale sCt, allora t v s. Di- mostriamo che s ¬A s sse s 1 A. Assumiamo s ¬A, e otteniamo per la clausola rilevante su ¬ che per ogni s’ tale che sCs’, s0 1 A. Ma siccome sCs, per ipotesi, allora s 1 A. Per dimostrare l’altro verso assumiamo s 1 A. Per poter dimostrare s ¬A

10[Beall e Restall, 2006], pg 88.

11Altrimenti la caratterizzazione stessa delle situazioni individuate dalla logica paraconsistente come

incoerenti non avrebbe senso: “If there were equivocation between two senses of negation, then either in the first case it need not be impossible for the premises to be true, or in the second case they need

usando la clausola rilevante dobbiamo dimostrare che vale anche s0 1 A per ogni s’ tale che sCs’. Siccome sappiamo che s `e completa, sappiamo che s0 v s, e che quindi se valesse s0 A, varrebbe anche s A, per persistenza. Quindi s0 1 A e s ¬A.

clas =⇒ ril:

Assumiamo che w sia un mondo e dimostriamo che la clausola per la logica rilevante si adatta a esso. Dobbiamo dimostrare che w ¬A s sse s0 1 A per ogni s’ tale che wCs’. Il condizionale da destra a sinistra `e evidente, dato che ci basta sapere che uno solo tra gli s’ per cui vale wCs’ non verifica A, cio`e w stesso. Quello inverso `e solo un poco pi`u complesso. siccome vale w ¬A, allora w 1 A. Ma siccome tutte le situazioni compatibili con w sono parti di esso, anche loro non possono verificare A.

CVD Per concludere l’argomento, possiamo far notare che il fatto che la clausola per la negazione sulle situazioni coincida in questi casi con quella classica, rende possi- bile dimostrare il terzo escluso usando questa, nel caso si stia studiando situazioni complete12.

negazione classica e negazione intuizionista

Abbiamo caratterizzato la logica intuizionista come la logica che si occupa degli stadi di costruzione, e abbiamo definito questi in modo che siano ordinati parzialmente da un rapporto di estensione. Abbiamo visto che i mondi possibili coincidono con gli elementi massimi di questo ordinamento. Non essendo possibile estenderlo, questo stadio non pu`o infatti essere incompleto: si tratta quindi di uno stadio classico.

Dimostriamo che le condizioni di verit`a intuizionista per la negazione collassano, se applicate a questi stadi, su quelle classiche13. La condizione di verit`a intuizionista per

la negazione `e:

• s ¬A sse, per ogni s’ tale che s v s0, s0

1 A.

12In questo caso non `e necessario assumere la coerenza.

Dato per`o che non esiste s’ per cui valga s @ s0 nel caso di uno stadio finale di costruzione, l’unico s’ per cui valga s v s0 `e s stesso. Le condizioni di verit`a di un enunciato negato ¬A in uno stadio finale di costruzione sono quindi:

sf ¬A sse sf 1 A.

Questa `e evidentemente la clausola classica per la negazione. Come conseguenza gli stadi finali sono completi rispetto alla negazione.

Le altre costanti logiche: Il fatto che i gli stadi finali di costruzione non possano essere ulteriormente estesi ci permette di ridurre anche la clausola classica per l’impli- cazione a quella intuizionista. Infatti, per lo stesso motivo visto sopra, le condizioni di verit`a per l’implicazione intuizionista passano da s A ⊃ B sse, per ogni s’ tale che s v s0, se s0 A, allora s0 B, a sf A ⊃ B sse se sf A, allora sf B. Dove il condizionale metateorico, che `e classico, permette di riformulare la condizione come sf A e sf B, o sf ¬A, dato che sf `e completo rispetto alla negazione. Ci siamo quindi ricondotti alla clausola classica per l’implicazione materiale.

Anche le condizioni di verit`a per gli enunciati quantificati non sono dissimili da quelli classici. Negli stadi finali di costruzione abbiamo gi`a tutti gli oggetti che possiamo costruire, non c’`e la possibilit`a di estendere ulteriormente il dominio. Le restrizioni imposte sulle condizioni di verit`a per ∃ perdono la loro forza: essendo disponibili tutti gli oggetti in uno stadio finale, non `e una grossa restrizione quella di poter nominare un testimone scegliendo solo tra gli oggetti disponibili allo stadio attuale di costruzione. Il collasso della clausola intuizionista per l’universale su quella classica avviene nello stesso modo di quello riguardante l’implicazione.

Sebbene si possa obiettare che questi stadi finali di costruzione abbiano ben poco di intuizionisticamente accettabile14, non si pu`o negare che all’interno della prospettiva pluralista assolvano perfettamente il loro compito: mostrare che le condizioni di verit`a della logica intuizionista e quelle della logica classica non sono in contraddizione, e che `e possibile accordare la nozione costruttiva di conseguenza logica con quella classica15.

14Anzi, l’articolo [Restall, 2001] di Restall contiene un’obiezione alla possibilit`a di trattare l’asse-

ribilit`a garantita in senso costruttivo in questo modo, almeno volendo restare all’interno del costrut- tivismo. L’autore sostiene anzi che questo tipo di analisi `e possibile solo se si studia l’asseribilit`a costruttiva dall’esterno, in un’ottica classica.

Ovviamente non c’`e un accordo nel modo in cui le due logiche definiscono il compor- tamento delle costanti logiche, dato che quella intuizionista richiede la preservazione della verit`a su tutti gli stadi di tutte le costruzioni possibili, mentre quella classica prende in analisi solo gli stadi finali di costruzione. Il disaccordo per`o `e riconducibile al fatto che le due logiche parlino di cose diverse - costruzioni in atto per la logica intuizionista e costruzioni gi`a concluse per la logica classica - non a differenze riguardo il significato delle costanti logiche16. Proprio questo rende possibile un approccio plu-

ralista che dia senso ad entrambi i concetti di validit`a senza considerarli in contrasto e, al tempo stesso, senza scadere nel relativismo.

Negazione intuizionista e rilevante

Quello che abbiamo argomentato fino a ora - l’accordo delle clausole per la negazione nell’intersezione dei casi classici, rilevanti e intuizionisti - non `e abbastanza per soste- nere che non ci siano incongruenze tra i comportamenti di ¬ nei vari casi. Dobbiamo infatti anche indagare cosa succeda alle condizioni di verit`a intuizioniste e rilevan- ti quando solo queste si sovrappongono. Le costruzioni infatti possono essere viste come un sottoinsieme proprio delle situazioni, e quindi dovremo dimostrare che il com- portamento della negazione in questi casi `e descritto allo stesso modo dalla logica intuizionista e da quella rilevante.

Per analizzare quest’ultimo punto abbiamo bisogno di un’assunzione ulteriore: se sCs, tCt e sCt, allora esiste un mondo w, tale che s, t v w17. Dimostriamo adesso che la clausola costruttiva per la negazione coincide con quella rilevante, cio`e che le costruzioni possono essere considerate coerentemente situazioni.

La clausola delle costruzioni si ricava da un caso particolare della clausola sulle situazioni - ril ⇒ int :

Se A `e tale che s 1 A per ogni cCs, dove c `e una costruzione, allora A `e tale che c0 1 A per ogni c0 w c. Infatti vale c’Cc’, quindi anche cCc’, cio`e tra tutte le situazioni compatibili con c ci sono tutte le costruzioni che la estendono.

16“The fact that there are stages at which classical tautologies (such as A ∨ ¬A) fail does not

address, the issue of whether or not such tautologies are in fact true ... the failure of A ∨ ¬A at certain stages is a sign of the incompletness of those stages”. [Beall e Restall, 2006], pg 68.

La clausola per le situazioni, nel caso particolare in cui si parli di costruzioni, `e derivabile da quella intuizionista - int ⇒ ril :

Se A `e tale che per ogni c0 w c, c0

1 A, allora se s `e una situazione compatibile con c, s `e coerente18, e ci deve essere un mondo che estende sia s che c, per l’assunzione

ammessa prima. In questo mondo non varr`a A, dato che questo estende c, quindi A non pu`o valere neanche in s. Quindi se A non vale in nessuna costruzione che estende c, non deve valere neanche nelle situazioni a essa compatibili.

CVD Con questo abbiamo completato la dimostrazione dell’accordo delle clausole classi- ca, intuizionista e rilevante per la negazione. Abbiamo infatti dimostrato che ovunque ci sia una sovrapposizione e le differenze nei casi cadano, cadono anche le differenze nella descrizione del comportamento di ¬.

18Le costruzioni non possono infatti essere compatibili con situazioni incoerenti, dato che ¬(A ∧ ¬A)

Parte II

Antirealismo

Capitolo 5

Pluralismo antirealista

Fino a qui abbiamo argomentato la tesi pluralista basandoci su un’interpretazione es- senzialmente realista della logica. Gli argomenti sono stati presentati come validi o meno in virt`u della relazione che avevano con alcune strutture di oggetti, come mondi e situazioni. Il riferimento alle costruzioni per trattare la logica intuizionista non `e in contraddizione con questa impostazione, dato che lo studio delle dimostrazioni co- struttive `e perfettamente sensato anche all’interno della matematica classica1, proprio

come lo studio delle procedure di verifica effettive non deve necessariamente portare al rifiuto del realismo riguardo ai fenomeni indagati. Questo orientamento verso una con- cezione modellistica della validit`a deriva dalla TGT, per cui possiamo sostenere che la stessa origine del pluralismo logico lo porti ad essere formulato usando un vocabolario realista.

Restall sostiene tuttavia che la tesi del pluralismo possa essere argomentata senza questa assunzione, in una prospettiva completamente differente, che non utilizzi la verit`a, n´e il riferimento a strutture, come strumenti principali. Quello che si otterrebbe in questo modo non sarebbe un nuovo tipo di pluralismo logico, ma piuttosto un nuovo modo di intendere il pluralismo gi`a definito.

Del realismo e dell’antirealismo possono essere date definizioni differenti. Il mo- do tradizionale di intendere la distinzione `e quello proposto da Dummett, per cui il realismo si identifica con l’accettazione di un concetto di verit`a irriducibile a quello di possibilit`a di verifica. In questo modo un logico realista identificherebbe il significato di

un enunciato con le sue condizioni di verit`a, concependo questa nozione come primitiva, mentre un logico antirealista rifiuterebbe l’idea di un enunciato vero ma inverificabile in linea di principio, considerando le condizioni di verit`a come qualcosa di ulteriormente definibile attraverso la verificazione. Se il concetto di verit`a non `e derivato da quello di procedura di verifica, allora `e sensato parlare di un enunciato vero ma inverificabile; altrimenti la sensatezza di un simile enunciato diventa assai dubbia.

La tesi realista, e cos`ı anche quella antirealista, sarebbe quindi una tesi riguar- dante il significato: mentre i realisti attribuiscono un valore di verit`a e un significato agli enunciati indecidibili, gli antirealisti li considerano privi di significato. Dalla pri- ma impostazione deriverebbe il principio semantico classico della bivalenza, che viene considerato da Dummett come il carattere distintivo del realismo2:

‘Un realista crede che sia richiesta una regola valida per preservare una pro- priet`a di verit`a che pu`o applicarsi a un enunciato indipendentemente dalla nostra capacit`a di riconoscere che vi si applichi. Se non vuole rendere la sua stessa posi- zione indifendibile, deve fare di questo un principio della sua teoria-del-significato: deve sostenere che sia indispensabile per la nostra conoscenza del nostro linguag- gio che noi concepiamo i nostri enunciati come determinatamente veri o falsi, indipendentemente dalla nostra capacit`a di riconoscerli come tali.’ [Dummett, 1991], pg. 269.

In questa accezione, l’antirealismo si identificherebbe con il rifiuto del principio di bivalenza, e con la definizione della verit`a attraverso il processo di verifica. Se accet- tiamo la definizione verificazionista della verit`a, non abbiamo in effetti alcun motivo per supporre che ogni enunciato si dimostri vero o falso, dato che non ci sono garanzie che esso sia verificabile o refutabile. Da questa caratterizzazione seguirebbe, secondo Dummett, che l’unica conseguenza logica accettabile dal punto di vista antirealista sia quella costruttiva, e che l’unica logica giustificabile sia quindi quella intuizionista. L’i- dentificazione della bivalenza come caratteristica distintiva della logica classica `e plau-

2Dummett distingue tra la teoria del significato (the theory of meaning), cio`e la disciplina filosofica

che studia il funzionamento del linguaggio, e una teoria-del-significato (a meaning-theory), cio`e una specificazione completa del significato di tutte le parole e espressioni di un linguaggio particolare; [Dummett, 1991], pg. 22.

sibile, ma non inattaccabile. Humberstone ha proposto, ad esempio, un’interessante semantica per la logica classica che non presuppone la bivalenza3.

Se Restall accettasse completamente la definizione che Dummett d`a dell’antirea- lismo non avrebbe possibilit`a di argomentare l’accettabilit`a della logica classica in questa prospettiva, e quindi verrebbe a mancare proprio la logica che fa da cornice al pluralismo. Nonostante questo, Restall non si discosta eccessivamente dalla definizione tradizionale, mantenendone anzi la caratteristica centrale. Sostiene che si possa chia- mare ‘antirealista’ una concezione della conseguenza logica in cui la verit`a non entri come nozione centrale. Se in una presentazione della logica la nozione di verit`a non `e primitiva ed `e definita attraverso un riferimento alla pratica linguistica, e non attraver- so il riferimento a stati di cose, allora non ci sono dubbi che questa sia essenzialmente antirealista. Si conserva quindi l’aspetto centrale dell’impostazione dummettiana - la verit`a viene definita attraverso concetti relativi alla pratica linguistica, e non attraver- so il riferimento a delle strutture - ma si rifiuta il modo in cui questa viene articolata facendo riferimento all’asseribilit`a garantita.

Su questa base filosofica, Restall deve riuscire a edificare una giustificazione della logica classica e del pluralismo logico. Per far questo dovr`a trovare un sostituto alla teoria verificazionista di Dummett, che `e evidentemente inadatta a questo compito, e proprio come su questa teoria Dummett aveva costruito una teoria della dimostrazione per la giustificazione dell’inferenza, Restall dovr`a trovare una giustificazione delle regole della logica classica. La soluzione di Restall consiste nel porre l’accento sull’aspetto normativo della logica, cio`e sul modo in cui questa norma i comportamenti linguistici. La formulazione attraverso il calcolo dei sequenti sar`a particolarmente utile per questo scopo.

Perch´e questa soluzione funzioni, per`o, si deve fare riferimento ad una nozione di dimostrazione che sia autonoma - cio`e non giustificata attraverso una semantica deno- tazionale - e che sia adatta a rendere conto delle dimostrazioni classiche. Il prossimo ca- pitolo affronter`a questo problema, cercando di fornire le basi dimostrazione-teoriche ne-

3In realt`a, quella sviluppata dall’autore `e una semantica per la logica modale, ma possiamo facil-

mente estrapolarne una per la sola logica classica; [Humberstone, 1981]. Rumfitt ha successivamente ripreso l’idea di Humberstone in [Rumfitt, 2012], sebbene l’argomento principle di questo articolo sia l’intuizionismo.

cessarie per l’impostazione normativa successiva. Questo potr`a avvenire esclusivamente attraverso una rivalutazione delle dimostrazioni con conclusioni multiple.

Capitolo 6

Teoria della dimostrazione

Quello che ci interessa in primo luogo `e una giustificazione delle dimostrazioni classiche, che non faccia riferimento a semantiche denotazionali, per permettere la costruzione di una cornice unitaria per le altre logiche. L’articolazione del pluralismo occuper`a principalmente i capitoli successivi e sar`a sviluppato attraverso i calcoli dei sequenti, interpretati in modo da costituire degli strumenti normativi degli atti linguistici. Per trovare giustificazioni delle dimostrazioni che non facciano riferimento a modelli, l’uni- ca soluzione disponibile `e trovare criteri interni alle dimostrazioni che ne dimostrino la validit`a. Questa linea di ricerca si `e dimostrata molto fruttuosa per individuare giusti- ficazioni interne della logica intuizionista, e in particolare far`o riferimento al lavoro di Dummett e Prawitz1. Questi due autori presentano analisi della validit`a argomentativa non completamente coincidenti, ma per i nostri scopi possiamo attribuire ad entrambi la posizione per cui un sistema di deduzione naturale costruisce deduzioni valide se e solo se definisce deduzioni normalizzabili, e questo `e identificato con la ‘derivabilit`a’ delle regole che permettono l’eliminazione dei connettivi dalle regole che ne permettono l’introduzione.

L’idea nasce in [Gentzen, 1969a], dove si suggerisce che ogni costante logica abbia una propria regola di introduzione che ne definisce il significato. In questo modo la regola di eliminazione associata a quel connettivo sar`a definita attraverso il significato della costante da eliminare, cio`e in funzione della regola di introduzione stessa. Per dimostrare che la regola di eliminazione non contribuisce ad estendere il significato

della costante, ma rende solamente esplicito il significato definito dalla I-regola cor- rispondente, si fa vedere come l’applicazione di una I-regola seguita immediatamente dalla E-regola corrispondente permetta di riottenere la base enunciativa da cui erava- mo partiti. Quando abbiamo una situazione di questo tipo, possiamo cio`e ridurre la deduzione escludendo sia l’applicazione della I-regola che quella della E-regola, come ha fatto notare Prawitz.

.. . A .. . B ∧-I A∧B ∧-E A .. . A

Le formule che si trovano ad essere conclusione di una regola di introduzione e premessa maggiore di una regola di eliminazione vengono chiamate ‘formule massi- me’, e la procedura di riduzione che le elimina insieme all’applicazione delle regole ‘normalizzazione’.

L’idea di Gentzen era quella di sfruttare la normalizzabilit`a delle dimostrazioni della deduzione naturale, per dimostrare la coerenza di alcune teorie formali. Quan- to Gentzen fosse interessato a uno studio puramente dimostrazione-teorico dei calcoli da lui sviluppati, e quanto significato filosofico attribuisse alla normalizzabilit`a `e una questione ancora aperta2. Sicuramente il primo logico ad aver pubblicato una dimo-

strazione del teorema di normalizzazione per la deduzione naturale intuizionista, e ad aver attribuito a questo risultato un autonomo significato filosofico `e stato Prawitz3.

Sia Prawitz che Dummett negano per`o che questi criteri possano essere estesi all’in- tera logica classica, presentando sia argomentazioni formali, sia spiegazioni filosofiche per cui questo non pu`o avvenire4. In realt`a, il fatto che il sistema per la logica clas-

sica crei dei problemi con la normalizzabilit`a `e gi`a evidente se si analizza il sistema sviluppato in [Gentzen, 1969a]:

2Il progetto di Gentzen di dimostrare la normalizzabilit`a delle deduzioni naturali naufraga per la

logica classica, quindi in [Gentzen, 1969a] abbiamo solamente dei riferimenti al rapporto tra I- ed E-regole; per una ricostruzione dello sviluppo delle idee di Gentzen, [von Plato, 2012].

3[Prawitz, 1965].

4Per Dummett questa impossibilit`a `e dovuta al fatto che la logica classica introduce ‘di

NJ (Sistema Intuizionista)

A B ∧-I

A∧B A∧B ∧-EA 1 A∧B ∧-EB 2

A ∨-I A∨B B ∨-I A∨B A∨B [A] .. . C [B] .. . C ∨-E C [A]1 .. . B ⊃-I, ( 1) A ⊃ B ⊥ ⊥-Ei A A ⊃ B A ⊃-E B

Per ottenere NK (Sistema Classico) si deve aggiungere

Terzo Escluso

A ∨ ¬A oppure ¬¬AA Doppia Negazione

`

E evidente infatti che entrambe le regole che, aggiunte ad NJ, permettono di otte- nere la logica classica spezzano l’armonia tra regole di introduzione e regole di elimina- zione5. Non siamo stupiti quindi dallo scoprire che la normalizzabilit`a non si estende

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