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USARE PAROLE SEMPLICI

Comando Polizia xxx

CAPITOLO 6 ANALISI PRAGMATICA

7.8 USARE PAROLE SEMPLICI

La lingua italiana offre diverse possibilità per esprimere la stessa informazione: abbiamo più parole a disposizione tra le quali quelle di uso comune e quelle rare. Nei verbali il redattore predilige l'uso delle parole rare piuttosto che quelle comuni. Compromettere la chiarezza e l'efficacia per dare un tono più sostenuto al testo o per renderlo più elegante non è tollerabile. Al contrario, vi sono dei casi in cui le parole più comuni hanno un significato più ampio e generico mentre quelle rare danno maggiore precisione al testo. La regola è di verificare quante parole non appartenenti al lessico comune sono state usate, capire se si tratta di parole sostituibili o meno e se il loro significato è univocamente deducibile dal contesto (Pellegrino – Cortellazzo 2003 : 113-114). Come si è visto nell'analisi in maniera inequivocabile, nei verbali sono presenti numerose parole o espressioni che, per inerzia o per tradizione, si ripetono sistematicamente nei testi e che possono essere sostituiti da parole di uso comune senza avere degli spostamenti di significato. È un fatto assolutamente normale che una parola abbia più di un significato e che uno di questi sia tipico del settore giuridico e penale (polisemia) (cfr. cap. 4, par. 1); però, nella maggior parte dei verbali in cui ci si rivolge anche ai cittadini, è bene evitare di creare equivoci e confusioni. La valutazione che io faccio sempre è che l'utilizzo di una parola invece che di un'altra va ponderato in base al contesto in cui avviene la comunicazione e ai destinatari a cui il verbale si rivolge. Il personale delle Forze dell'Ordine, però, in alcuni casi, fa uso di termini tecnici propri del linguaggio giuridico e settoriale per i quali non è possibile la sostituzione con sinonimi; quando ciò accade, significa che questi termini possono essere compresi e interpretati non correttamente dalla “sfera” di pubblico indifferenziato. Quando è irrinunciabile usare termini tecnici è quindi consigliabile spiegarli con parole di uso comune almeno la prima volta in cui vengono usati nel testo, anche se potrebbe essere ripetitivo e ridondante per l'ente competente a cui i verbali si rivolgono. Ribadisco, infatti, che i verbali, per la loro natura, sono diretti principalmente all'A.G. o all'ente competente che è pienamente a conoscenza e padrona di termini tecnici del settore in cui operano. Le forze di polizia si trovano, quindi, a comunicare spesso tra due “estremi”. In altri casi il redattore fa uso di pseudotecnicicsmi, cioè di parole apparentemente tecniche facilmente sostituibili da parole più comuni; il loro utilizzo non è giustificato. Una buona regola è anche di preferire il lessico concreto piuttosto che quello di natura astratta. Infatti le parole di significato astratto rendono poco chiaro il testo in quanto possono dar luogo a diverse interpretazioni. Le parole concrete, al contrario, aiutano il lettore a visualizzare mentalmente il concetto rappresentato.

Talvolta accade che nei verbali il redattore utilizzi dei neologismi, ossia delle parole di nuova formazione nate dall'esigenza di definire oggetti o azioni che prima non esistevano; se i neologismi non sono diffusi al di fuori dell'ambito specifico, è bene evitarli e adoperare al loro posto parole più comuni, anche a costo di utilizzare espressioni esplicative lunghe.

distinguere i forestierismi che ricoprono effettivamente dei vuoti lessicali dell'italiano, dai forestierismi che si sovrappongono semanticamente a parole italiane già esistenti (prestiti di lusso). Solo nel primo caso la parola straniera rappresenta una risorsa preziosa dal punto di vista linguistico. Invece vanno evitate le parole straniere che hanno equivalenti in italiano già diffuso nell'uso comune (Pellegrino – Cortellazzo 2001:130).

Ho già affrontato il problema che i verbali adottano delle forme eufemistiche che tendono ad attenuare l'asprezza di un significato sostituendo all'espressione diretta una costruzione sentita più rispettosa. (cfr. cap. 4, par. 4) In alcuni casi vi sono delle genuine ragioni di sensibilità che possono essere giustificate. Tuttavia queste scelte linguistiche hanno due effetti negativi: rendono il testo più lungo perché spesso le espressioni eufemistiche sono costituite da più parole al posto della parola singola, ed inoltre è un modo per “addolcire” l'effettivo senso della comunicazione al fine di non provocare una reazione negativa sul lettore. Eufemismi e forme di attenuazione nei verbali non hanno alcuna ragione di esistere considerata la loro ratio informativa e l'effettivo destinatario.

I testi presi in esame fanno un largo uso di preposizioni, congiunzioni e avverbi complessi, cioè formati da più di una parola. Molte di queste locuzioni possono essere sostituite da congiunzioni o preposizioni o avverbi più semplici e diffusi nel linguaggio comune. Lo stesso discorso vale per l'uso delle locuzioni verbali al posto dei corrispondenti verbi semplici.

7.9 SPIEGARE LE SIGLE

L'uso di sigle e abbreviazioni è molto diffuso. È buona regola limitare il loro uso perché sono ovvie per chi scrive ma talvolta non sono chiare a chi legge.

Affinché i testi siano chiari a tutti i destinatari, è opportuno usare con criterio abbreviazioni e sigle; il loro uso è pratico per alleggerire il testo rendendolo più scorrevole ed eliminando noiose ripetizioni, l'importante è non abusare e adoperare criteri omogenei di scrittura (Ittig – Accademia della Crusca 2011:29-30). Se si usa un'abbreviazione o una sigla è appropriato farla precedere dall'espressione per intero oppure racchiuderla tra parentesi tonde; nella continuazione del verbale il redattore può liberamente riportare solo la sigla o l'abbreviazione.

7.10 CONCLUSIONI

Il mantenimento del linguaggio burocratico, considerato tanto prestigioso nei secoli passati e ancora utilizzato per la redazione dei verbali, viene quasi a rappresentare un segno distintivo per il personale che lo utilizza.

Nei documenti presi in esame le tracce di “burocratese” sono visibilmente presenti, e questo non è un caso. Come ho già puntualizzato precedentemente, l'effettivo destinatario di questi verbali è l'Autorità Giudiziaria o l'ente competente che viene informato di un fatto giuridicamente rilevante. Quest'ultimi sono pienamente a conoscenza del tipo di linguaggio utilizzato nei verbali in quanto anche essi ne fanno uso quotidianamente. Tuttavia, il cittadino ha il diritto di capire ciò che il personale delle Forze dell'Ordine trasferisce su carta: ciò che è scritto in verbale, ciò che sta confermando, ciò che sta sottoscrivendo e di cui sta eventualmente ricevendo copia. Le Forze dell'Ordine, quindi, si trovano a comunicare contestualmente per mezzo dei verbali sia con il cittadino, sia con l'Autorità Giudiziaria, e ciò implica una profonda difficoltà nell'orientarsi tra due estremi: il profano e l'esperto del settore. Inoltre, i redattori ricorrono a vecchi prontuari in cui sono presenti dei modelli di verbale che seguono alla lettera quanto previsto dai codici in vigore. Questi prontuari non sono obbligatori, ma sono dei modelli di riferimento a cui i redattori si ispirano, a scapito del rinnovamento linguistico.

Le tracce di “burocratese”, tuttavia, stanno diminuendo grazie anche alla politica di semplificazione linguistica adottata negli anni passati e tuttora in vigore. È ovvio che il processo è lento e graduale ma il personale si sta dimostrando sensibile alla questione e si sta facendo sensibili passi avanti. Alcune formule stereotipate che derivano dal linguaggio di trenta anni fa o più, latinismi, termini palesemente obsoleti, sono scomparsi quasi del tutto. E io lo posso confermare con certezza, visto che leggo e osservo quotidianamente atti provenienti da tutt'Italia, oltre che a redigerne personalmente.

Le Forze dell'Ordine sono delle istituzioni vicine al cittadino, che s'impegnano con grande spirito di sacrificio a far rispettare le leggi. Questa vicinanza, come si è visto, si manifesta in più modi. Anche la lotta al burocratese è un valido strumento di prossimità al cittadino, oltre che di trasparenza, in quanto permette di rendere ancora più vicina le istituzioni agli utenti: l'uso di un linguaggio comune che facilita la comunicazione scritta rappresenta a questo fine uno strumento valido e innovativo. E il mio lavoro vorrebbe essere un contributo in questa direzione.

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