• Non ci sono risultati.

I valori espressi dall’ordine pubblico

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 38-50)

in contrasto con lo Zweck delle leggi tedesche.80 Oggi, il riferimento è all’art. 6 dell’EBGB.81

dell’autonomia privata e della libera iniziativa economica. Il mutamento dei valori avvenuto con l’evoluzione sociale e giuridica, dall’entrata in vigore del codice napoleonico nel 1804 fino alla seconda metà del Novecento, dà modo a Ferri di individuare i nuovi contenuti che la clausola dell’ordine pubblico è chiamata ad esprimere nel nuovo ordinamento. L’individuo assume, ovviamente, un ruolo diverso nella società stanti anche le diverse concezioni politiche. È proprio la Costituzione, con i suoi principi fondamentali, a rappresentare, nel suo pensiero, la fonte per rendere concreti i contenuti dell’ordine pubblico. A parte il fatto che la dottrina ritiene oggi che i principi costituzionali possono trovare applicazione (indiretta e diretta) nei rapporti tra privati,84 Ferri ricorda come l’evoluzione storica, influenzata ora da una Costituzione rigida, abbia determinato il passaggio dal binomio individualismo-proprietà privata a quello comunità intermedie-lavoro.85 Di recente, Loris Lonardo, ricorda che nel momento in cui l’art. 14, comma 2, lett. b), cod. prop. ind.86 ritiene che la contrarietà all’ordine pubblico possa essere sopravvenuta, ciò è indice del fatto che i valori che l’ordine pubblico esprime non sono immodificabili (perché così argomentando non si potrebbe avere una contrarietà sopravvenuta) ma possono variare nel corso del tempo. In questi termini, nonostante l’identità sistematica della formula “ordine pubblico” sempre presente a partire dal codice napoleonico, il significato che esso assume è diverso nei tre campi normativi in cui è comparso: nel codice civile italiano del 1865 di

84 P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità, op. cit., p. 193 ss.: “Secondo la prevalente dottrina tedesca le norme costituzionali verrebbero ad essere applicate in via indiretta, tramite cioè le norme ordinarie, siano queste espresse per clausole generali o mediante il meccanismo della previsione specifica e dettagliata della fattispecie astratta, cioè secondo lo stile c.d. regolamentare. (…) la norma costituzionale (…) diventa parte integrante della medesima normativa destinata a regolare il rapporto concreto”.

85 G.B.FERRI, Ordine pubblico, op. cit., p. 99 ss.

86 Infatti, secondo l’art. 14, comma 2, lett. b), d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 il marchio d’impresa decade “se sia divenuto contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”. Cfr. C.GALLI, La revisione del codice della proprietà industriale: da un’impostazione “proprietaria” a un approccio market oriented, in Corr.

giur., 2011, p. 277 ss.; ID., La riforma del codice della proprietà industriale, in Nuove Leggi Civili Commentate, 2011, p. 841 ss.

ispirazione napoleonica, nel codice civile italiano del 1942 in cui il rapporto interesse pubblico e interesse privato è più favorevole al primo, e, infine, nella nuova lettura costituzionale del codice civile, che è quella attuale e cioè con la necessità di uniformare la formula “ordine pubblico”

presente nell’art. 1343 cod. civ. e nelle altre disposizioni normative alla Costituzione.

La Rivoluzione francese pose l’accento sulla libertà dell’individuo:

libertà dalla quale promanano tutte le altre libertà, tra cui quella d’iniziativa economica privata, e della non ingerenza dello Stato nell’economia (il cd. laissez faire).87 Il codice civile napoleonico ruotava attorno al concetto di proprietà: Pietro Perlingieri ricorda che il codice civile del 1865 – come quello napoleonico – poneva al centro la proprietà privata, con la subordinazione della categoria dell’essere a quella dell’avere: «Chi possiede “è”, ed ha i diritti dell’essere».88

87 Sulla storia di questa formula, cfr. A.ONCKEN, Die Maxime Laissez faire et laissez passer, Bern, 1886. Se l’espressione viene tradizionalmente attribuita al mercante Legendre nella risposta a Colbert a fine XVII secolo (alla domanda di Colbert

“Que faut-il faire pour vous aider?”, la risposta di Legendre fu “Nous laisser faire”), l’Oncken dimostrò che essa fu invece pronunciata in chiara connessione con la dottrina dal Marchese d’Argenson nel 1751: “Laissez faire, telle devrait être la devise de toute puissance publique, depuis que le monde est civilisé.

Détestable principe que celui de ne vouloir grandeur que par l’abaissement de nos voisins! Il n’y a que la méchanceté et la malignité du coeur de satisfaites dans ce principe, et l’intérêt y est opposé. Laissez faire, morbleu! Laissez faire!!”.

Sul punto, si veda, altresì, J.M.KEYNES, The end of laissez-faire, London, 1926. Il saggio venne pubblicato dalla Hogarth Press nel luglio del 1926 e si basa su due conferenze tenute da J.M. Keynes: la Sidney Ball Lecture data ad Oxford nel novembre del 1924 e la conferenza berlinese del giugno 1926.

88 P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, p. 71:

«Sulle orme del codice napoleonico, si pone al centro dell’ordinamento la proprietà privata, in particolare la proprietà immobiliare terriera: i contratti sono modi di acquisto della proprietà privata; la famiglia è lo strumento attraverso il quale si fa sopravvivere e si potenzia la proprietà privata; le successioni per causa di morte sono funzionalizzate alla persistenza ed all’incremento della proprietà privata terriera». Sul collegamento tra personalità umana, proprietà ed iniziativa economica, cfr. P.PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridica, Napoli, s.d. (ma 1972), p. 150 ss.

Quell’ordinamento era diffidente verso le società intermedie (associazioni, partiti, sindacati, ecc.) ed imperava l’individualismo, tanto da parlarsi di un codice individualista.

Con il nuovo codice del 1942 si assiste ad un mutamento di prospettiva: in dottrina si osserva acutamente che il perno dell’ordinamento non è più la situazione statica, la proprietà immobiliare, ma le situazioni dinamiche quali l’impresa ed il lavoro.89 Lo stesso Ferri avverte – siamo nel 1970 – che l’istituto della proprietà non aveva più la stessa rilevanza. A tal fine egli opera anche un’interessante ricostruzione storica dalla quale emerge che è la posizione dell’individuo a mutare nella società, perché accanto alla concezione che poneva al centro l’individuo e le sue libertà nascono e si diffondono fenomeni associativi con lo sviluppo delle società intermedie. Tra i padri fondatori del nuovo pensiero deve essere annoverato Pietro Rescigno90 che ricordava come sul codice civile si innestano le norme della Costituzione, tra cui l’art. 2 Cost. per cui la personalità si svolge anche (e soprattutto) nelle formazioni sociali. L’idea stessa della libertà si pone non più (o non si pone più soltanto) come relazione tra individui e tra individui e Stato ma anche come relazione tra individui e gruppi organizzati. Si legge nelle pagine di Pietro Perlingieri che: “La Costituzione italiana, infatti, ha la caratteristica di dare grande risalto alle comunità intermedie, al fine di integrare la personalità del

89 P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità, op. cit., p. 71: “Nel codice civile del 1942 si prende coscienza che la società è mutata. Esso pone al centro dell’attenzione l’impresa, l’attività produttiva, la regolamentazione del lavoro, la necessità di organizzare la produzione, la forma politica e giuridica dell’interventismo sia pure autoritario dello Stato sui rapporti economici. Vi è un ribaltamento di prospettive: non è più una situazione statica, la proprietà immobiliare, ad essere il perno dell’ordinamento, ma situazioni dinamiche:

lavoro e impresa”.

90 P.RESCIGNO, Persona e comunità, vol. 1, Bologna, 1966. Il libro è dedicato alle formazioni sociali ed il titolo intende tradurre in una formula breve l’art. 2 Cost.

Se è vero che l’Autore ha pubblicato altri due volumi con lo stesso titolo, già a partire da questo primo citato volume, del 1966, gli studi privatistici gli studi privatistici si sono indirizzati verso i temi del pluralismo attraverso la rilettura degli istituti codicistici nel prisma dei principi costituzionali.

soggetto per il tramite del gruppo sociale (art. 2).91 L’uomo si realizza in tutte le comunità nelle quali opera (famiglia, scuola, fabbrica, sindacato, partito, esercito, ecc.), ognuna delle quali dev’essere considerata alla luce del fine generale dettato dagli artt. 2 e 3, comma 2, Cost.”.92

La seconda rivoluzione industriale, tra la metà dell’Ottocento ed i primi anni del Novecento comportò, come si sa, una modifica nelle strutture sociali ed economiche, con l’esigenza non solo di proclamare e riaffermare le libertà negative, le libertà da, ma di conseguire un’effettiva eguaglianza poiché, fino ad allora, la libertà formale (e non sostanziale) non aveva consentito un’eguaglianza economica tra i cittadini.

Occorreva, allora, riconoscere le libertà positive, nel senso di attribuire ai singoli individui il potere effettivo di creare il proprio stato. In questi termini, lo Stato sarebbe dovuto intervenire nei rapporti economici, per effettuare redistribuzione di ricchezza, limitando l’attività dei privati, dirigendola, sostituendosi ad essa, diventando, se del caso, imprenditore.

Così la visione liberale finì per evolversi nell’idea democratica, contrapponendosi all’ideologia marxista. I principi della democrazia erano quelli del liberalismo ma, accanto alla libertà negativa, cioè al garantismo, si affermava appunto la libertà positiva. Si era ad una evoluzione del liberalismo verso concezioni interventistiche democratiche, con l’ingerenza statale. L’individuo può, come detto, creare il proprio stato ed il soggetto originario dei diritti non è più l’individuo ma la società, che consente all’individuo di partecipare. Ferri

91 P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità, op. cit., p. 325: “La personalità ha positiva rilevanza (…) nella valutazione sostanziale dell’interesse meritevole di attuazione, destinato a modificare, dall’interno, la maggior parte degli istituti mutandone la funzione. L’esigenza del rispetto della personalità, del suo libero sviluppo, incide sulla nozione di ordine pubblico, sui limiti e sulla funzione dell’autonomia privata, sull’interpretazione degli atti che ne sono manifestazione, sull’individuazione dei confini dell’illecito e del suo fondamento, sulle configurazioni non soltanto dei rapporti familiari ma anche di quelli patrimoniali, sulla concezione e sulla tutela del rapporto di lavoro, sul giudizio di meritevolezza dell’associazionismo e dei suoi possibili scopi; incide, insomma, su tutto l’assetto del vivere in comunità”. Sulla persona come valore, si veda P.PERLINGIERI, La personalità umana, op. cit., passim.

92 P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità, op. cit., p. 171.

ricorda altresì il dibattito tra liberalismo e liberismo che vide contrapposti due autorevoli filosofi: da un lato, Benedetto Croce riteneva che il liberalismo potesse coesistere con sistemi economici differenti da quello liberistico; dall’altro, Luigi Einaudi – le cui idee sono condivise da Ferri – riteneva che il liberalismo non potesse mai convivere con un sistema economico collettivista.93 Alla base del nuovo ordinamento vi erano, per Ferri, tanto i principi del liberalismo quanto quelli della democrazia: i primi collegati con l’affermazione delle libertà individuali; i secondi con il riconoscimento del principio di eguaglianza (formale e sostanziale).

Il lavoro assume il ruolo che nella codificazione napoleonica era assegnato alla proprietà. Basti pensare che il lavoro è richiamato negli artt.

1, 3 e 4 Cost.: non solo l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1 Cost.) ma la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che impediscono anche l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3 Cost.), riconoscendo a tutti i cittadini il diritto al lavoro (art. 4 Cost.). Dunque: la centralità del lavoro deve essere tenuta presente quando si voglia individuare lo spirito del sistema. L’individuo assume rilievo anche per la sua dimensione di lavoratore, inserito nella società in cui opera. Le sue iniziative non solo valgono come prodotto dell’individuo ma anche (e soprattutto) per quello che rappresentano per la società.

Nello spirito del sistema, allora, accanto alle libertà e all’eguaglianza, si pongono nuovi valori, che dipendono dall’inserimento dell’individuo nella società ed il cui operare incide sull’intera collettività.94 Per Ferri, l’autonomia individuale, la possibilità per gli

93 L.EINAUDI, Dei diversi significati del concetto di liberismo economico e dei suoi rapporti con quello di liberalismo, in La Riforma sociale, 1931, p. 186 ss.; B.CROCE L.EINAUDI, Liberismo e liberalismo (a cura di P.SOLARI), Milano-Napoli, 1957. Sul dibattito, cfr. R.FAUCCI, Einaudi, Croce, Rossi: il liberalismo fra scienza economica e filosofia, in Quaderni di Storia dell’Economia Politica, 1989, p. 113 ss.; L.FIRPO (a cura di), Carteggio Einaudi – Croce (1902-1953), Torino, 1988; M.MONTANARI, Saggio sulla filosofia politica di Benedetto Croce, Milano 1987.

94 G.B.FERRI, Ordine pubblico, buon costume, op. cit., p. 109: “Accanto a quei valori della persona umana che la rivoluzione francese ha fatto emergere e che sono,

individui di darsi il proprio regolamento di interessi, è libera ma deve svolgersi in modo da non recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana ma soprattutto non deve porsi in contrasto con l’utilità sociale, così richiamando con riferimento all’autonomia contrattuale quanto previsto con riferimento alla libera iniziativa economica dall’art.

41 Cost. C’è, insomma, un nuovo ordine di valori che muove non solo dall’individuo ma dalla società e dalle sue esigenze sì che questi valori sociali penetrano nel sistema di diritto privato, costituendo limiti ulteriori al libero agire.95 Se è vero che l’atto di autonomia privata non deve adempiere ad una funzione sociale (oltre a quella sua propria, individuale) il nuovo ordine di valori dà all’ordine pubblico un nuovo contenuto.

L’ordine pubblico esprime, allora, un principio di tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, visti nella nuova dimensione sociale, ma non esprime il principio di supremazia dello stato sul cittadino.

È evidente che nel pensiero di Ferri l’ordine pubblico svolge un ruolo ed una funzione al di fuori dell’ordinamento pubblicistico dell’economia, nei rapporti tra cittadini e non in quelli tra cittadini e Stato.

L’ordine pubblico, in altri termini, opera nel campo dove è affermata l’autonomia privata e la libertà di iniziativa economica. Se l’ordine pubblico opera all’interno dell’autonomia privata ed è una clausola che tutela i diritti fondamentali dell’uomo, allora è indispensabile comprendere le modifiche che hanno riguardato i diritti fondamentali dell’individuo dalla società napoleonica rispetto a quella attuale, alla luce delle variazioni intervenute nelle strutture sociali in conseguenza anche del porsi di società intermedie, dello sviluppo della tecnica,

per grandi linee, riassumibili nella tutela dell’eguaglianza e della libertà, si pongono valori nuovi che appunto dipendono dall’inserimento dell’individuo nella società, come elemento attivo, il cui operare è destinato ad incidere anche sull’intera collettività, oltre che sulla sua sfera d’interessi più immediatamente privata”.

95 G.B.FERRI, Ordine pubblico, buon costume, op. cit., p. 110: “Un nuovo ordine di valori che non muove più soltanto dalla considerazione dell’individuo, ma muove dalla considerazione della società e delle sue esigenze. I valori sociali non soltanto si affermano all’esterno, ma penetrano all’interno del sistema del diritto privato, ponendosi come limiti all’agire libero”.

dell’ingigantirsi delle strutture economiche. In altri termini, per comprendere il contenuto attuale dei valori che l’ordine pubblico esprime è necessario analizzare, per grandi linee, l’evoluzione inerente i diritti fondamentali dell’individuo. Rispetto alla Rivoluzione francese, Ferri riconosce il mutamento subito nella posizione dell’individuo in conseguenza del mutamento della società, con l’affermazione di nuovi valori e l’affievolimento di altri valori, un tempo considerati fondamentali.

Il pensiero di Ferri si articola su vari punti.

I) Egli rileva come vi sia stato un affievolimento dell’istituto della proprietà e, contestualmente, un’accentuazione del fattore lavoro.

Ripercorrendo la vicenda occorsa all’istituto della proprietà, nota come nella codificazione napoleonica la proprietà (disciplinata dall’art. 544 del cod. fr. 1804) fosse diritto sacro ed inviolabile. Carattere suo proprio era quello dell’assolutezza nel godimento e nella disposizione, fatto salvo il rispetto della legge.96 È pur vero che la lettura sull’assolutezza del diritto di proprietà nel codice napoleonico (il proprietario avrebbe potuto esercitare il proprio diritto usque ad sidera, usque ad inferos) abbia incontrato il dissenso di parte della dottrina.97 In ogni caso Ferri ritiene che già negli anni ‘70 la proprietà esprimesse un valore diverso, anche in considerazione della funzione sociale che essa doveva svolgere, come previsto dall’art. 42, comma 2, Cost.98 Nel sistema del codice civile attuale

96 L’art. 544, cod. civ. fr. 1804 recitava: “La propriété est le droit de jouir et disposer des choses de la manière la plus absolue”.

97 Sul tema, cfr. S.RODOTÀ, Note sul diritto di proprietà e l’origine dell’articolo 544 del ‘code civil’, in Foro it., 1968, c. 361 ss. Da sempre la dottrina, pressoché unanime, ha ritenuto la codificazione napoleonica fulgido esempio di carta fondamentale dell’individualismo giuridico. Stefano Rodotà, tuttavia, ha criticato tale lettura, non ritenendola coerente, ricordando anche una decisione della Corte d’Appello di Colmar del 1855 nella quale fu sanzionato l’abuso del diritto.

98 Sulla funzione sociale della proprietà, cfr. M.S.GIANNINI, Basi costituzionali della proprietà privata, in Politica del diritto, 1971, p. 459 ss.; S.MANGIAMELI, La proprietà privata nella Costituzione, Milano, 1986; P.MADDALENA, I diritti umani e la proprietà privata: la giurisprudenza della Corte di Strasburgo e le norme della Costituzione della Repubblica Italiana, in cortecostituzionale.it; N. ABRIANI, La

assumono dunque un rilievo preminente il lavoro e l’impresa, disciplinati nel libro V, più che la proprietà, disciplinata nel libro III, essendo passati dai codici della proprietà ottocenteschi ai codici dell’impresa e del lavoro attuali.

II) Ferri ricorda che, conformemente alla modificazione dell’ordinamento, si è passati dalla eguaglianza formale alla eguaglianza sostanziale. Numerose sono state, infatti, le modifiche che nell’arco di tempo preso in considerazione hanno riguardato eguaglianza e libertà. Se nel codice napoleonico la eguaglianza – intesa in senso negativo – era una eguaglianza meramente formale, una eguaglianza di fronte alla legge, si comprese, poi, che per l’esercizio effettivo della libertà, era necessaria una eguaglianza sostanziale e non formale: la libertà diviene libertà dal bisogno perché non si è liberi se non si è liberi economicamente, autonomi ed indipendenti.

III) Ferri ricorda anche la trasformazione avvenuta dall’individualismo tipico del codice napoleonico ai principi del solidarismo. La struttura portante della Costituzione è rappresentata dai doveri inderogabili di solidarietà economica, politica e sociale di cui all’art. 2 Cost. e lo spirito di socialità, presente già in alcuni articoli del codice civile del 1942, è penetrato capillarmente nei rapporti tra privati. Il contratto, atto di cooperazione individuale, la cui causa assolve ad una

proprietà come diritto dell’individuo: tra diritto internazionale, diritto comunitario e disciplina interna, in Giur. it., 2010, c. 2226; P.RESCIGNO, Lezioni su proprietà e famiglia, Bologna, 1971, passim; A.M. SANDULLI, La Costituente e la Costituzione italiana, in Storia e politica, 1975, p. 99 ss.; U. NATOLI, La proprietà. Appunti delle lezioni, I, Milano, 1965; S.RODOTÀ, Il terribile diritto.

Studi sulla proprietà privata, Bologna, 1981; E. CHELI, Classificazione e protezione dei diritti economici e sociali nella Costituzione italiana, in AA.VV., Scritti in onore di Luigi Mengoni, III, Milano, 1995, p. 1791 ss.; A.FEDERICO, La proprietà in Europa tra “funzione sociale” e “interesse generale”, in G.

D’AMICO (a cura di), Proprietà e diritto europeo, Napoli, 2013, p. 141 ss.

funzione economico-individuale (è, infatti, proprio Ferri, infatti, il teorico della funzione economica-individuale), è rilevante anche nell’ambito sociale: le parti devono improntare i loro rapporti allo spirito di socialità ed i comportamenti oggettivi, le dichiarazioni, possono determinare il ragionevole affidamento dei terzi.

IV) Ricorda la centralità della buona fede, che trova applicazione in tema di interpretazione (art. 1366 cod. civ.) e di esecuzione (art. 1375 cod.

civ.) del regolamento contrattuale, estendendosi anche alla fase delle trattative (art. 1337 cod. civ.) e la cui violazione è fonte di responsabilità (culpa in contrahendo nel caso specifico delle trattative). Accanto alla buona fede, il dovere di correttezza (art. 1175 cod. civ.). Entrambi trovano una copertura costituzionale nell’art. 2 Cost. e, come si dirà, per Ferri sono espressione della clausola generale del buon costume.

V) Ferri ricorda la tutela della situazione apparente presente nel codice civile. Porta, per questo, gli esempi degli artt. 1398 e 1399 cod. civ.

sulla rappresentanza apparente e sull’affidamento incolpevole da parte del terzo, dai quali emerge l’importanza che il sistema assegna alla tutela dell’affidamento e alla situazione apparente.

VI) L’Autore prende in esame l’abuso del diritto. Pur non espressamente disciplinato dal codice civile, parte della dottrina rintraccia un argomento per la repressione del fenomeno nell’art. 833 cod.

civ. sul divieto di atti emulativi. Peraltro, la prima decisione circa la repressione dell’abuso del diritto viene fatta risalire ad una sentenza della Corte di Colmar del 1855 che, nonostante l’allora vigente codice napoleonico con l’assolutezza dei diritti attribuiti al proprietario, ritenne integrato l’abuso nella condotta del proprietario che aveva costruito una canna fumaria di dimensioni spropositate, con l’unico scopo di recare molestia al vicino impedendogli la veduta.99

VII) Infine, Ferri ricorda la repressione dell’abuso di posizione dominante e dei fenomeni di boicottaggio. Peraltro, rispetto al 1970, vi è stata

99 Sul punto, cfr. S.RODOTÀ, Note sul diritto di proprietà, op. cit., passim.

una ulteriore evoluzione con l’introduzione della legislazione comunitaria antimonopolistica.

VIII) L’insigne studioso, poi, trova una serie di applicazioni della richtige Regelung che non assurge comunque a principio generale.

Individua applicazioni di tale concetto nell’equo canone in materia di locazione di immobili non commerciali, nella rescissione che tutela il contraente laddove si appuri una sproporzione originaria della prestazione (artt. 1447 e 1448 cod. civ.), nella risoluzione per eccesiva onerosità della prestazione laddove la sproporzione tra prestazioni sia sopravvenuta (art. 1467 cod. civ.), nella revisione dei canoni di affitto per sopravvenuta modificazione delle condizioni di mercato (art. 1623 cod.

civ.), nella revisione del prezzo dell’appalto per sopravvenuta onerosità o difficoltà d’esecuzione (art. 1664 cod. civ.), ecc. Ritiene peraltro, che al principio di solidarietà si ispirino altre norme come quella che limita la validità delle clausole di esonero della responsabilità sancendone quando esse sono stipulate con riferimento ad ipotesi in cui la responsabilità derivi dalla violazione di norme di ordine pubblico (art. 1229 cod. civ.), quelle che limitano l’efficacia dei patti di concorrenza a precisi requisiti di forma e di sostanza e ne limitano l’efficacia nel tempo (artt. 2125 e 2596 cod. civ.), quelle che consentono la deroga a norme di legge, solo se la deroga sia più favorevoli all’assicurato o al lavoratore (artt. 1923 e 2066 cod. civ.).

IX) Non sfugge a Ferri l’evoluzione verificatasi in tema di responsabilità civile. In particolare, la responsabilità extracontrattuale si evolve, con una diversa concretizzazione della clausola generale del danno ingiusto nel senso che questo viene ampliato, andando a ricomprendere non solo i diritti soggettivi ma anche interessi non protetti, conseguenza di comportamenti antisociali o scorretti e dunque comportamenti commessi in violazione di una clausola generale e non di una norma. In funzione della solidarietà si offre tutela alla posizione del danneggiato e alla esigenza di riparazione del danno, assumendo una minore rilevanza l’elemento soggettivo, così da costruire un sistema fondato sulla sicurezza sociale, con forme obbligatorie di assicurazione, previdenza ed assistenza.

Non può, tuttavia, passare in secondo piano l’appunto fatto recentemente da Mario Barcellona. Per l’Autore, infatti, la dottrina all’indomani della caduta del regime fascista e fino agli anni ’70 era caduta in una “vistosa mancanza” e cioè che, pur avendo ben compreso il funzionamento dell’ordine pubblico “nella selezione delle fonti dalle quali approvvigionarlo [omettevano la] Costituzione repubblicana [che si traduceva] in un radicale oscuramento del nuovo ordine che essa aveva inaugurato e che avrebbe segnato un inedito tempo del diritto e della società”.100 A parte la voce di Paladin del 1957 sul Novissimo Digesto che richiamava la Costituzione (almeno per definire l’ordine pubblico economico),101 dottrina e giurisprudenza erano mute circa la rilevanza della Costituzione nella concretizzazione della clausola generale “ordine pubblico”. Per Barcellona “la questione grave (…) non è tanto che non si fosse tratto alcun nuovo contenuto dell’ordine pubblico dalla fonte primaria dell’ordinamento, quella che si indicava proprio come la sede dei suoi nuovi principi fondamentali (…) ma che non si fosse avvertito neanche il problema del se qualcosa se ne sarebbe potuto, e dovuto, trarre”.102 Il clima – la nuova gerarchia assiologica e normativa – iniziò a cambiare (come ricorda sempre Barcellona) tra la seconda metà degli anni sessanta e gli anni settanta del Novecento: “una nuova generazione di giuristi prendeva la parola e la prendeva rivolgendo lo sguardo alla Costituzione ed all’ordine solidaristico e progressivo da essa introdotto, per immaginare una generale riconsiderazione del diritto privato”:103 rilettura del contratto e della responsabilità civile alla luce della solidarietà sociale, la tutela del contraente debole, l’uso delle tecniche giuridiche per la promozione della persona, la declinazione dell’autonomia privata con l’intervento statale in economia, ecc. Tuttavia, per Barcellona, “l’accademia [nonostante le crescenti monografie che si confrontavano con i principi costituzionali] non si spingeva molto oltre una sofferta tolleranza”.104 L’Autore ricorda che in questi anni venne

100 M.BARCELLONA, Ordine pubblico e diritto privato, op. cit., p. 938.

101 L.PALADIN, voce Ordine pubblico, in Novissimo Digesto Italiano, XII, Torino, 1965, p. 130 ss.

102 M.BARCELLONA, Ordine pubblico e diritto privato, op. cit., p. 939.

103 M.BARCELLONA, Ordine pubblico e diritto privato, op. cit., p. 939.

104 M.BARCELLONA, Ordine pubblico e diritto privato, op. cit., p. 939.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 38-50)