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4.2 L’articolazione del processo di valutazione dei crediti nello IAS 39:

4.2.1 La valutazione iniziale: il fair value all’atto dell’acquisto o

Facendo seguito a quanto appena detto, si fa presente che il paragra- fo 43 dello IAS 39 stabilisce che nel momento in cui uno strumento fi- nanziario viene rilevato per la prima volta nel sistema dei conti di un’impresa, esso deve essere misurato al suo fair value, che “normal- mente” coincide con il prezzo della transazione56. Ciò equivale ad af- fermare che, nel caso di un credito, in condizioni “normali” si può rite- nere corretta l’impostazione che fa coincidere il fair value con il valore nominale del credito: tale valore, infatti, viene ritenuto rappresentativo dell’importo esigibile dal creditore in base agli accordi contrattuali57.

Tale identificazione non può tuttavia assurgere a regola generale. In altre parole, il fatto che lo IASB nella statuizione della norma abbia pre- ferito affidarsi al fair value in luogo del valore nominale non risulta asso- lutamente frutto del caso: la scelta terminologica operata dallo standard

setter internazionale sottende, piuttosto, la chiara intenzione di rilevare

l’operazione al valore al quale due parti disponibili e perfettamente in- formate sarebbero disposte a perfezionarla, tenendo quindi conto di tutti i rischi ad essa associati e del livello di rendimento ritenuto coerente.

Ne scaturisce, a ben vedere, una previsione normativa la cui portata risulta indubbiamente più ampia di quella che potrebbe trasparire da una prima e approssimativa lettura della stessa. La valutazione iniziale del credito richiede, infatti, l’effettuazione di una verifica preliminare circa la corrispondenza tra il corrispettivo erogato a titolo di finanziamento diret- to o indiretto (o il prezzo pagato in caso di acquisto) ed il fair value dello

56

Cfr. IASB,IAS 39 – Strumenti finanziari. Rilevazione e misurazione, op. cit., parr.

43 e AG64. 57

Si tiene a sottolineare come l’impostazione presentata nel testo non valga in pre- senza di rapporti creditizi acquistati in data successiva all’erogazione originaria, il cui va- lore di scambio (in ipotesi di fair value) non coincide normalmente con il valore contabi- le, in quanto tende a scontare fattori di rischio non catturati dall’importo iscritto nei conti dell’impresa. Per approfondimenti sulle differenze tra fair value e valore contabile dei crediti, cfr. Infra, pagg. 199 e segg..

stesso58, sopra definito nei suoi lineamenti generali: laddove tale corri- spondenza non dovesse realizzarsi, occorrerebbe indagarne le cause al fi- ne di definire il trattamento contabile più opportuno da riservare alla dif- ferenza esistente tra i due valori (utili o perdite da prima rilevazione, co- siddetti day-one gain e day-one loss59).

Secondo il modello di bilancio dello IASB, pertanto, il valore iniziale di bilancio di un credito, non intende più rappresentare il mero diritto formale all’ottenimento di una determinata prestazione da una contropar- te, ma deve rappresentare il valore corrente di un investimento posto in essere dall’impresa a condizioni che non necessariamente riflettono le at- tese di redditività del mercato degli investitori e che, a seconda che risul- tino più o meno vantaggiose rispetto a quelle che sarebbe stato possibile negoziare sul mercato stesso, possono rispettivamente comportare l’emersione di maggiori valori (utili) o minori valori (perdite) già in sede di prima rilevazione dell’operazione60.

A titolo esemplificativo, in tutti i casi in cui il finanziamento sia stato erogato a condizioni “fuori mercato”, vale a dire applicando un tasso che non include una componente di rendimento parametrata al merito crediti- zio della parte debitrice (si pensi ai prestiti a “tasso non di mercato” o a “tasso zero”), al fine di consentire a quest’ultima di approvvigionarsi di risorse finanziarie a costi inferiori rispetto a quelli stabiliti dal mercato per operazioni similari, appare evidente come la rilevazione del credito al

58

Amplius: cfr. A.GAETANO, Gli strumenti finanziari, op. cit., pag. 228. In proposi- to, il paragrafo AG76 dello IAS 39 afferma: “La prova migliore del fair value (valore e-

quo) di uno strumento finanziario al momento della rilevazione iniziale è il prezzo di transazione (ossia il fair value (valore equo) del corrispettivo dato o ricevuto) salvo che il fair value (valore equo) di tale strumento sia determinato mettendolo a confronto con al- tre operazioni correnti di mercato osservabili nello stesso strumento (ossia senza modifi- che o ristrutturazione dello strumento) o basato su una tecnica di valutazione le cui va- riabili includono soltanto dati derivanti dai mercati osservabili”.

59

Cfr. IASB,Emendamenti allo IAS 39. Transizione e iscrizione iniziale delle attivi- tà e passività finanziarie, Dicembre 2004.

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Appare significativa in questo senso la riflessione di Gaetano, riferita al caso dei contratti derivati e delle operazioni di finanza strutturata, ma la cui validità può essere e- stesa, senza eccessiva difficoltà, all’intero novero degli strumenti finanziari: “Infatti, in

queste ipotesi [le operazioni sopra richiamate, NdA], i valori finanziari scambiati tra le parti all’atto della stipula del contratto risultano spesso assai poco idonei ad esprimere il reale valore delle operazioni, a misurare le loro conseguenze – anche giuridiche – e ad indicare ai lettori del bilancio l’impatto da questi generato sull’economia dell’impresa, con conseguenze negative e a volte devastanti che, purtroppo, nella maggior parte dei casi, emergono solo a posteriori”. Cfr. A. GAETANO, Il principio di prudenza negli

suo valore originario o nominale non è in grado di rifletterne le reali con- dizioni di redditività che, per l’ente erogatore, in tali circostanze scontano dei costi opportunità legati alla alternativa di finanziare una controparte ad un prezzo che non lo ripaga in maniera adeguata del rischio di insol- venza sopportato.

Secondo l’ottica dello IASB, una simile evenienza, se significativa, incide nella valutazione operata dal mercato circa il grado di performance con il quale l’impresa sta conducendo la propria gestione, ed è pertanto meritevole di una opportuna rappresentazione in bilancio: ciò si traduce nella rettifica diretta del valore contabile del credito al fine di allinearlo al suo fair value e nella registrazione a conto economico di una day-one loss tra le rettifiche di valore delle attività finanziarie o in altra voce, a secon- da della natura e delle caratteristiche dell’operazione61.

Le differenze rispetto alla prassi diffusa in ambito nazionale ed euro- peo prima dell’avvento dei principi contabili internazionali sono evidenti: per quanto si sia constatata in linea generale la scarsa attitudine delle im- prese italiane a seguire le indicazioni fornite dal principio contabile n. 15, laddove lo stesso prevedeva una valutazione iniziale al valore attuale per i crediti con scadenza superiore ai 18 mesi, si è però avuto modo di com- mentare l’orientamento palesato dal principio stesso e consistente nel pri- vilegiare l’esposizione nei conti e nel bilancio dei crediti al loro valore nominale, optando quindi per una rettifica indiretta degli stessi mediante il ricorso a ratei o risconti: scelta che consente di conciliare l’incompatibilità tra i criteri ispiratori del bilancio civilistico e la rappresentazione a valori correnti, con la necessità di rilevare correttamente, ossia secondo compe- tenza, le componenti economiche associate agli investimenti posti in es- sere dall’impresa, sebbene ciò possa andare a scapito della trasparenza e della chiarezza del bilancio.

Al di là di queste divergenze di carattere formale, da un punto di vista sostanziale i due approcci esaminati, quello dei Principi Contabili Inter-

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In particolare, si osserva come la differenza tra il valore nominale del credito ef- fettivamente erogato ed il suo fair value potrebbe anche essere riferita ad una forma di remunerazione di prestazioni ricevute dall’impresa erogatrice e, come tale, va contabiliz- zata nella voce più pertinente in base alla natura della prestazione sottostante. A titolo e- semplificativo, nel caso di finanziamento erogato ai propri dipendenti a condizioni più favorevoli rispetto al mercato, la day-one loss potrebbe assumere la natura di prestazione integrativa a favore dei dipendenti e, pertanto, essere ricondotta tra i costi del personale. Qualora invece la differenza richiamata sia riferibile ad una difficoltà di pagamento da parte del debitore (è il caso, ad esempio, dei crediti rinegoziati a condizioni più favorevo- li) ovvero a situazioni non specificamente individuabili, la stessa deve essere imputata tra le rettifiche per perdite di valore su crediti.

nazionali e quello dei Principi Contabili Nazionali, condividono proble- matiche di determinazione dei valori che, per il principio OIC 15, si ma- nifestano all’atto della scelta del tasso di attualizzazione per la valutazio- ne di fine periodo, mentre per lo IAS 39 riguardano il calcolo del fair va-

lue, anche iniziale, del credito.

Anticipando aspetti che saranno oggetto di uno specifico approfon- dimento nelle prossime pagine, si osserva come, nel caso di un credito, soprattutto se questo è un credito finanziario o commerciale non oggetto di quotazione, risulti molto difficile desumere il fair value da quotazioni connesse a scambi avvenuti su un mercato attivo, nei fatti inesistente per tali strumenti finanziari, mentre l’assimilazione del fair value ai prezzi desunti da transazioni recenti aventi ad oggetto strumenti quotati e con caratteristiche similari (si pensi a prestiti obbligazionari o a certi derivati creditizi) appare una scelta rischiosa per realtà imprenditoriali non abitua- te ad operare con frequenza su tali mercati e penalizzate da un’asimmetria informativa che non consente di valutare in maniera chiara e completa le caratteristiche di rischio/rendimento di tali strumenti.

Alla luce di queste considerazioni, ai fini del calcolo del fair value di un credito si rende necessario il ricorso al modello di attualizzazione dei flussi di cassa attesi, come peraltro suggerito dallo stesso principio conta- bile internazionale62, in base al quale il valore corrente del credito scaturi- sce dall’attualizzazione, ad un opportuno tasso di sconto, desunto dal mercato, dei flussi futuri generati dall’investimento: secondo lo IAS 39, infatti, nella misura in cui nell’applicazione di un simile procedimento si fa prevalentemente ricorso a parametri che il mercato considererebbe nel- la fissazione del prezzo al quale scambiare potenzialmente l’attività og- getto di valutazione in una cosiddetta arm lenght’s transaction63, si può ritenere che il valore così determinato approssimi con sufficiente grado di attendibilità il fair value della stessa.

62

Il paragrafo AG64 infatti afferma: “Per esempio, il fair value (valore equo) di un

finanziamento o credito a lungo termine non fruttifero può essere stimato al valore attua- le di tutti gli incassi attualizzati utilizzando il(i) tasso(i) di interesse di mercato prevalen- te(i) per uno strumento similare (similare per valuta, termine, tipo di tasso di interesse e altri fattori) con un merito di credito similare”.

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Con tale espressione si intende una transazione avvenuta tra parti indipendenti, di- sponibili allo scambio ed in possesso delle medesime informazioni circa il bene o servizio oggetto dello scambio.

In particolare, tra i parametri elencati dettagliatamente dal principio contabile internazionale64 e maggiormente rilevante per la fattispecie og- getto di analisi, figura anche il rischio di credito del debitore, che il mer- cato solitamente prezza attraverso l’applicazione di uno spread aggiunti- vo al tasso base di un investimento con caratteristiche similari in quanto a durata e tempistica dei pagamenti, ma considerato privo di rischio (risk-

free rate): pertanto, nella misura in cui l’operazione creditizia sia stata

conclusa a condizioni “fuori mercato”, ossia senza la corretta inclusione di tale parametro, appare evidente che l’attualizzazione dei flussi contrat- tuali, realizzata in sede di valutazione iniziale ricorrendo al corretto tasso di mercato, non potrà che restituire un ammontare sensibilmente inferiore al valore originario di scambio del credito, obbligando così alla rettifica dello stesso.

Anche nel modello dello IASB, dunque, la misurazione del fair value iniziale di un credito ruota intorno alla definizione del tasso di attualizza- zione e presenta problematiche già analizzate in precedenza − che in questa sede risultano accentuate dall’impossibilità di ricorrere a soluzioni di com- promesso (come il costo medio del finanziamento esterno dell’impresa, suggerito dal principio contabile OIC 15) −rintracciabili nella rigida, ma coerente, previsione dello IAS 39 secondo la quale qualsiasi tecnica di valutazione che si prefigga la stima del fair value di uno strumento finan- ziario deve massimizzare il ricorso a parametri direttamente osservabili sul mercato65. Infatti, laddove ciò non avvenga, per l’impossibilità di col- lezionare dati ed informazioni oggettive e svincolate dalla specifica tran- sazione, il principio contabile internazionale non giudica attendibile la stima e non consente la rilevazione di un utile o una perdita in sede di va- lutazione iniziale66.

64

Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari. Rilevazione e misurazione, op. cit., par. AG82.

65

Emblematico, in questo senso, il dettato del paragrafo AG75: “La finalità

dell’utilizzo di una tecnica di valutazione è di stabilire quale prezzo avrebbe avuto l’operazione alla data di valutazione in un libero scambio motivato da normali conside- razioni commerciali. Il fair value (valore equo) è stimato sulla base dei risultati di una tecnica di valutazione che effettua il massimo utilizzo dei fattori di mercato e si affida il meno possibile a fattori specifici dell’entità. Una tecnica di valutazione dovrebbe giunge- re a una stima realistica del fair value (valore equo) se (a) riflette ragionevolmente come il mercato dovrebbe stabilire il prezzo dello strumento e (b) i fattori della tecnica di valu- tazione rappresentano ragionevolmente le aspettative di mercato e le valutazioni dei fat- tori di rischio-rendimento inerenti allo strumento finanziario”.

66

Cfr. IASB,IAS 39 – Strumenti finanziari. Rilevazione e misurazione, op. cit., par.

D’altro canto, non vi è dubbio che il tasso applicato ad un’operazione di finanziamento (diretto o indiretto) rappresenti la variabile maggior- mente soggetta all’influenza di fattori connessi allo specifico legame che si viene ad instaurare tra la parte creditrice e quella debitrice (specialmen- te in presenza di solidi rapporti di natura commerciale, o di vincoli di na- tura partecipativa), al punto da condurre ad accordi contrattuali conclusi a

zionale: il FASB, ad esempio, all’interno dello SFAS 157, il principio contabile che disci- plina la valutazione al fair value, sottolinea innanzitutto la differenza concettuale tra il corrispettivo versato all’atto dell’acquisizione di un’attività finanziaria (entry price) ed il suo fair value (exit price); inoltre, al fine di determinare se sussiste la coincidenza tra i due valori, lo standard setter americano ritiene necessario fare riferimento ai fattori con- nessi alla specifica transazione piuttosto che al mercato, dal momento che è analizzando le condizioni alle quali l’operazione è stata perfezionata che risulta possibile evidenziare un eventuale disallineamento rispetto al fair value (ad esempio, la circostanza che la transa- zione sia avvenuta tra parti correlate può essere considerato un indizio in tal senso). In base ad un simile approccio, apparentemente compatibile con quello esaminato nel testo, viene in realtà consentita l’imputazione a conto economico di qualsiasi differenza tra cor- rispettivo erogato e fair value dell’attività acquisita, indipendentemente dalla capacità di determinare il fair value attraverso l’esclusivo ricorso a parametri di mercato. Cfr. FASB,

SFAS 157 – Fair value measurement, 2006, parr. 16-17. Si sottolinea come sul tema sia

già da tempo aperto un progetto congiunto IASB-FASB per la elaborazione di un princi- pio contabile comune avente ad oggetto le modalità di determinazione del fair value, che ha portato alla pubblicazione, nel mese di Novembre 2006, di un documento di consulta- zione dal titolo “Fair value measurement”: mediante tale documento, lo IASB non inten- de espandere ulteriormente il campo di applicazione del suddetto criterio di valutazione nei bilanci, bensì rendere più agevole la determinazione del fair value convogliando, all’interno di un unico standard, le molteplici e non sempre coerenti indicazioni contenute nei diversi principi contabili finora emanati e definendo, dopo un’opportuna sintesi e l’apporto dei necessari aggiustamenti, un set di regole completo e coerente rivolto al no- vero delle attività e passività del bilancio valutabili al fair value. Per approfondimenti, cfr. IASB,Fair Value Measurement, Discussion Paper, 2006. Nel mese di Ottobre 2008, inol-

tre, a seguito della profonda crisi dei mercati finanziari e del connesso calo dei corsi azio- nari, l’Expert Advisory Panel dello IASB (vale a dire un’apposita commissione costituita per la disamina di tale situazione), ha prodotto un documento, condiviso con le autorità di vigilanza dei mercati finanziari americani, illustrante le linee guida per la determinazione (e la relativa disclosure) del fair value, con particolare riferimento agli strumenti finanzia- ri quotati su mercati non più attivi. In sintesi, le indicazioni fornite dallo standard setter internazionale, oltre a chiarire il concetto di mercato inattivo, ai fini dell’utilizzo dei prez- zi in esso negoziati per il calcolo del fair value, ha altresì sottolineato la preferenza del ricorso a modelli e tecniche di valutazione in uso presso le imprese (avallando il cosiddet- to mark to model delle stime del fair value) in situazioni di profonda instabilità dei merca- ti (quali quelle che hanno caratterizzato la seconda metà del 2008). Per approfondimenti, cfr. IASBEXPERT ADVISORY PANEL, Measuring and disclosing the fair value of financial

condizioni non perfettamente allineate alle effettive caratteristiche di ri- schio che tali operazioni presentano.

L’alternativa di procedere all’attualizzazione dei flussi di cassa attesi ad un tasso privo di rischio67, elimina solo apparentemente le difficoltà connesse alla determinazione del tasso di attualizzazione, giacché sposta le problematiche di calcolo ai flussi di cassa che, in un simile approccio, dovrebbero essere rettificati già in sede di rilevazione iniziale (cioè all’atto della stipula del contratto) per tenere conto della minore redditivi- tà generata dall’investimento rispetto alle attese del mercato. Peraltro, tale procedimento non sembra perfettamente allineato allo IAS 39, il quale appare invece orientato a privilegiare, esclusivamente in sede di valuta- zione iniziale, il riferimento ai flussi contrattuali: d’altronde il principio contabile internazionale appare molto attento alla dinamica finanziaria connessa agli investimenti effettuati dall’impresa ed accetta correzioni ai flussi di cassa soltanto per riflettere rettifiche imputabili alla manifesta- zione di evidenze obiettive di perdita già incorse (incurred losses) e veri- ficabili; pertanto, l’ipotesi di rettificare i flussi di cassa futuri per perdite soltanto attese che un errato pricing non è stato in grado di incorporare all’interno del tasso di interesse pattuito con la controparte, non sembra del tutto conforme alle regole IAS68.

Le considerazioni finora effettuate riflettono senza ombra di dubbio le difficoltà operative implicite in un modello concettuale così complesso qual è quello predisposto dallo IASB per la valutazione degli strumenti finanziari: non stupisce, pertanto, che all’atto pratico la maggioranza del- le imprese quotate italiane nei loro bilanci consolidati dichiari il sostan- ziale allineamento del valore di scambio iniziale dei propri crediti al loro

fair value, senza peraltro esplicitare le modalità di calcolo dello stesso;

indubbiamente meno rigorosa, da un punto di vista della conformità alle disposizioni normative appena commentate, appare invece la diffusa

67

Per approfondimenti, si rinvia a: A.GAETANO, Gli strumenti finanziari, op. cit., pagg. 249-250.

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Riflessioni simili, sebbene riferite al contesto particolare degli intermediari credi- tizi, sono rinvenibili in R.MAZZEO,E.PALOMBINI,S.ZORZOLI (a cura di), IAS-IFRS e im-

prese bancarie, op. cit., pagg. 90-91. Secondo altri Autori, invece, “le regole IAS citate paiono ambigue su un punto fondamentale, per cui non è chiaro se, ai fini del calcolo del rendimento effettivo iniziale in presenza di perdite attese rilevanti, si dettano utilizzare i flussi attesi al netto di tali perdite, oppure i flussi contrattuali”: di fronte a tale, presunta,

ambiguità, essi suggeriscono di procedere all’attualizzazione dei flussi corretti in base alle previsioni di perdita, così da determinare un tasso di rendimento effettivo atteso. Cfr. L.ER- ZEGOVESI,M.BEE,I modelli di portafoglio per la gestione del rischio di credito, Bancaria

prassi di affermare che la misurazione iniziale delle attività finanziarie debba avvenire al valore originario: presumibilmente tale scelta intende superare il problema di dover affermare (e difendere) la corrispondenza tra fair value e valore contabile delle proprie attività (crediti inclusi) an- che in sede di rilevazione iniziale69.

Superato il principale ostacolo rappresentato dalla determinazione del