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L’introduzione nel nostro ordinamento dei Principi Contabili Interna- zionali IAS/IFRS a partire dal 1° gennaio 20051 in attuazione del Rego- lamento CE n. 1606/2002, sebbene limitatamente ad una ristretta cerchia di società italiane, come previsto dalle opzioni contenute nel citato Rego- lamento2, ha rappresentato un importante momento di svolta nel modo di concepire i bilanci delle imprese.

Per meglio comprendere la portata di una simile affermazione, si ren- de necessario approfondire i presupposti alla base del modello di bilancio dei principi IAS/IFRS, al fine di constatarne l’effettiva distanza rispetto alla impostazione e alle asserzioni della dottrina economico-aziendale ita-

1

In realtà, l’effettiva applicazione delle regole previste dai principi contabili interna- zionali è avvenuta anticipatamente, con riferimento al 1° gennaio 2004 (cosiddetta data di

transizione): tale applicazione anticipata, infatti, è conseguenza dell’obbligo di predispor-

re nei bilanci relativi all’esercizio 2005 i valori di confronto con i dati dell’esercizio pre- cedente.

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Gli articoli 2-4 del D.lgs. 38/2005 definiscono l’ambito di applicazione dei principi contabili internazionali, sancendo per gli intermediari finanziari e creditizi, le assicurazio- ni, le società quotate e le società aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico, l’obbligo di redigere il bilancio consolidato secondo gli IAS/IFRS a partire dall’esercizio 2005, differendo di un anno (cioè al 1° gennaio 2006) l’obbligo di applicare i suddetti principi anche al proprio bilancio d’esercizio. Facoltà (e non obbligo) di applicazione de- gli IAS/IFRS a livello di bilanci individuali a partire dall’esercizio 2005 è invece concessa (oltre che alle società sopra citate) alle società controllate (o collegate) da intermediari creditizi e finanziari e società quotate che, come detto, sono obbligate a redigere i propri bilanci consolidati in conformità ai principi contabili internazionali. Restano invece esclu- se dall’ambito di applicazione le società che possono redigere il bilancio in forma abbre- viata ai sensi dell’art. 2435-bis del Codice Civile.

liana e agli approcci del legislatore comunitario e nazionale, che sono sta- ti oggetto di commento nelle precedenti pagine3.

A questo proposito, l’analisi, necessariamente sintetica, non può che prendere spunto dalle finalità che sono proprie del bilancio redatto secon- do i principi contabili internazionali, la cui chiara enunciazione da parte dello IASB all’interno del Framework vale non soltanto quale supera- mento delle già discusse carenze teleologiche proprie del nostro ordina- mento, ma fornisce tutti gli elementi per comprendere, da un lato, il diffe- rente contesto nel quale traggono origine i principi ispiratori dell’informativa societaria predisposta in applicazione dei principi contabili internazionali e, dall’altro lato, le scelte operate dallo standard setter in termini di criteri generali e specifici che guidano nel concreto gli operato- ri nel processo di redazione dei documenti contabili.

Come specificato dal Framework, la finalità del bilancio redatto secon- do le disposizioni dei principi contabili internazionali “è di fornire infor-

mazioni in merito alla situazione patrimoniale-finanziaria, all’andamento economico e ai cambiamenti della situazione patrimoniale-finanziaria di un’impresa, utili a un’ampia serie di utilizzatori nel processo di decisione economica4”: nonostante l’apparente similitudine con il dettato normativo civilistico di derivazione comunitaria, non può certamente sfuggire l’esplicito richiamo al concetto di utilità decisionale, sconosciuto al legi- slatore nazionale e che il Framework pone invece quale requisito prima- rio dell’informativa di bilancio.

Ciò in quanto il modello di bilancio IAS/IFRS si colloca all’interno del filone dottrinale definito del Decision-usefulness theoretical appro-

ach5, sviluppatosi in Nord America negli anni Sessanta e Settanta in ri-

3

Si veda anche M.POZZOLI, Le tecniche di valutazione: lineamenti generali, in AA.VV.,L’analisi degli effetti sul bilancio dell’introduzione dei principi contabili in- ternazionali IAS/IFRS, Vol. II, Rirea, Roma, 2007, pag. 23.

4

Cfr. IASB, Quadro concettuale per la preparazione e la presentazione del bilan-

cio, op. cit., par. 12.

5

Per approfondimenti sul tema si rinvia, tra gli altri, a: G.J.STAUBUS, A theory of

accounting to investors, University of California Press, Barkeley, 1961; R.J.CHAMBERS,

Accounting, Evaluation and Economic Behavior, op. cit.; R.STERLING, Decision oriented

financial accounting, in Accounting and Business Research, 1972. Per una approfondita

analisi del processo evolutivo dei modelli di bilancio nella dottrina nordamericana si veda, su tutti: G.SANNINO, Il percorso di formazione dei principi contabili nordameri-

cani. Aspetti teorici ed operativi, Cedam, Padova, 1999. Riferimenti sul tema sono rin-

venibili anche in L.POTITO, I “Principi contabili generalmente accettati”, in La certifica-

zione professionale dei bilanci. Problemi generali e tecniche di esecuzione, Giannini, Na-

sposta all’esigenza sempre più avvertita di riconoscere al bilancio un ruo- lo fondamentale nel processo di riduzione del gap informativo esistente tra direzione aziendale – sede delle informazioni relative agli esiti della gestione in atto – e destinatari esterni dei documenti contabili, che di tali informazioni necessitano per assumere decisioni di natura economica: in particolare quelle attinenti le scelte di allocazione del capitale6.

Lo spiccato orientamento verso i fabbisogni decisionali propri degli operatori del mercato dei capitali non sorprende, solo che si osservi come il contesto ambientale nel quale i principi contabili internazionali hanno avuto origine e si sono sviluppati risulta caratterizzato dalla presenza di realtà imprenditoriali molto dinamiche, che hanno nei mercati borsistici il loro riferimento principale per il reperimento delle risorse finanziarie ne- cessarie ad alimentare la propria attività produttiva e per questo risultano aperte a continui mutamenti della compagine azionaria, di per sé altamente frastagliata; elemento, quest’ultimo, che denota la forte dipendenza di simi- li organizzazioni dal rapporto di agenzia tra amministratori e proprietà7.

Uno scenario indubbiamente diverso rispetto a quello che fa da sfon- do al modello di bilancio civilistico, all’interno del quale si muovono im- prese sostanzialmente ancora “chiuse” nei confronti dei mercati finanziari e molto più dipendenti dal capitale di provenienza bancaria, il cui costo rappresenta spesso (secondo alcuni) un onere “esplicito” posto a tutela della stabilità dell’assetto proprietario8: risulta pertanto naturale che in un

ternazionali, Cedam, Padova, 1996, pagg. 125 e segg.; M.PIZZO, Il fair value nel bilancio

d’esercizio, Cedam, Padova, 2000, pagg. 91 e segg.; A.LIONZO, Il sistema dei valori di

bilancio nella prospettiva dei principi contabili internazionali, op. cit., pagg. 26-28.

6

In proposito afferma il Framework al paragrafo 10: “Poiché gli investitori sono i

fornitori di capitale di rischio all’impresa, un bilancio che soddisfi le loro esigenze in- formative soddisferà anche la maggior parte delle esigenze di altri utilizzatori del bilan- cio”.

7 Per opportuni approfondimenti, si rinvia ai numerosi contributi sul tema, tra i quali si citano: E.F.FAMA,M.C.JENSEN, Separation of ownership and control, in Journal of Law

and Economics, n. 26, 1983, pagg. 301-325; K.M.EISENHARDT, Agency Theory: An Asses-

sment and Review, in Academy of Management Review, n. 14, 1989, pagg. 57-74; R.CAFFE- RATA,L.CASELLI, Proprietà e direzione nel governo delle imprese, in L.CASELLI (a cura di),

Le parole dell'impresa, vol. II, Franco Angeli, Milano, 1995; H.L.TOSI,J.P.KATZ,L.R. GOMEZ-MEJIA, Disaggregating the Agency Contract: the effects of monitoring, incentive

alignment, and term in office on agent decision making, in Academy of Management Jour- nal, n. 40, 1997, pagg. 584-602; M.G.JACOBIDES,D.C.CROSON, Information policy: Shap-

ing the Value of Agency Relationship, in Academy of Management Review, n. 26, 2001,

pagg. 202-223. 8

Per approfondimenti, cfr. G.ROSSI, Il principio di prudenza nel bilancio di eserci-

siffatto scenario l’informativa societaria sia concepita, innanzitutto, a be- neficio delle istanze informative dei soggetti che concorrono al finanzia- mento della gestione aziendale: questi ultimi, infatti, sono interessati a valutare soprattutto la capacità dell’impresa di garantire nel medio/lungo periodo l’integrità del capitale, sulla cui solidità essi hanno fatto affida- mento per le proprie attese di restituzione e/o remunerazione.

Diversamente, nel contesto anglosassone, l’elevata autonomia deci- sionale ed operativa degli amministratori delle imprese in cui il capitale è detenuto da soggetti che non sempre sono in grado di esercitare il control- lo, rende il bilancio il principale, se non unico, strumento di valutazione delle performance d’impresa, a beneficio delle attese di remunerazione degli investitori attuali (azionisti) e di quelli potenziali (investitori profes-

sionali9), sempre pronti a dirottare i propri capitali su investimenti ritenuti maggiormente profittevoli, a parità di rischio, secondo un’ottica pretta- mente speculativa che privilegia un orizzonte temporale di breve/medio periodo10.

Le conseguenze di un simile approccio si riflettono direttamente sul contenuto del bilancio e sui principi che ne ispirano la redazione: se, in- fatti, l’angolo di visuale assunto dal redattore del bilancio deve essere quello dell’investitore11, poiché è a tale soggetto che il processo di comu- nicazione economico-finanziaria è rivolto in via privilegiata, coerente-

9

Il riferimento specifico agli investitori professionali è desunta da Lionzo, il quale osserva come “l’informativa di bilancio disegnata dallo IASB, pur essendo destinata a

soddisfare le attese informative di tutti gli investitori, tende ad assumere, all’interno di questa categoria, la prospettiva degli investitori professionali, cioè degli analisti finan- ziari che operano nei mercati finanziari mondiali in qualità di advisor”: l’Autore fonda

questo suo convincimento sulla complessità tecnica che caratterizza l’informativa di bi- lancio, che lascia presupporre che quest’ultima non sia destinata al risparmiatore generico, il quale non è in grado di interpretare con immediatezza le informazioni economico- finanziarie contenute nel bilancio. Cfr. A.LIONZO, Il sistema dei valori di bilancio nella

prospettiva dei principi contabili internazionali, op. cit., pagg. 32-33.

10

Cfr. R.BALL, International Financial Reporting Standards (IFRS): pros and cons

for investors, Special issue, International Accounting Policy Forum, Accounting and

Business Research, pagg. 5-27, 2006. Si veda anche G.CAPODAGLIO, I principi contabili

in Italia e le loro prospettive, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale,

Roma, 2002, pag. 417. 11

Cfr. E.PERRONE, Il linguaggio internazionale dei bilanci d’impresa, Cedam, Pa- dova, 1992, pagg. 292 e segg.. In alcune riflessioni successive, l’Autore osserva, inoltre, come l’angolo visuale dell’investitore tenda a coincidere con quello dell’organo imprendi- toriale, nella misura in cui entrambi condividono l’attesa di un ritorno futuro sotto forma di flussi di cassa. Cfr. E.PERRONE, La ragioneria ed i paradigmi contabili, Cedam, Pado- va, 1997, pagg. 351 e segg.. Si veda anche S.ZAMBON (a cura di), Informazione societaria

mente con l’economia di mercato nella quale tale processo si svolge, ne consegue che il contenuto informativo del bilancio non può che articolar- si in maniera tale da consentire all’investitore stesso di formulare giudizi in merito alla redditività, non solo attuale, ma anche prospettica dell’impresa, alla sua solidità patrimoniale ed alle sue condizioni di liqui- dità, sulla base dei quali l’investitore fonda le proprie decisioni economi- che.

L’oggetto conoscitivo così delineato si estrinseca, pertanto, nella va- lutazione della capacità dell’impresa di generare flussi finanziari (dispo- nibilità liquide e mezzi equivalenti) in futuro12, dal momento che attra- verso i flussi finanziari attesi si è in grado di giudicare, tra gli altri, la convenienza degli investimenti effettuati dall’impresa, la necessità di re- perire risorse finanziarie per soddisfare ulteriori fabbisogni e fronteggiare eventuali crisi di liquidità, nonché le cause di formazione del risultato reddituale e la connessa capacità di remunerare congruamente le risorse impiegate, incluso il capitale di rischio fornito dagli investitori13.

Alla luce di quanto osservato finora, l’utilità decisionale dell’informativa di bilancio risulta dunque massimizzata per gli investitori attuali e poten- ziali allorquando essa esprime l’attitudine dell’impresa a generare flussi finanziari (cosiddetta cash generating ability) in un orizzonte temporale ristretto, vale a dire coerente con le attese di remunerazione di tali sogget- ti14: a ben vedere, come peraltro sottolineato dallo IASB all’interno del

Framework15, l’oggetto conoscitivo così delineato rappresenta una base

12

Osserva Rossi: “le informazioni di bilancio vengono ritenute utile supporto al

processo decisionale degli investitori quando sono in grado di esprimere l’attitudine degli impieghi in capitale di rischio a riconvertirsi in denaro secondo le modalità e i tempi che essi giudicano congrui”. Cfr. G.ROSSI, Il principio di prudenza nel bilancio di esercizio, op. cit., pag. 181.

13

Cfr. A.LIONZO, Il sistema dei valori di bilancio nella prospettiva dei principi con-

tabili internazionali, op. cit., pagg. 35-36.

14

Per approfondimenti sul concetto di cash generating ability si rinvia, tra gli altri, a G.H.SORTER, Earning power and generating cash ability, in J.J.CRAMER, G.H.SORTER,

Objectives of financial statements: selected papers, vol. II, A.I.C.P.A., New York, 1973,

pagg. 112-113. 15

Si legge nel Framework: “Le decisioni economiche che sono prese dagli utilizza-

tori del bilancio richiedono una stima sulla capacità dell’impresa di generare disponibili- tà liquide e mezzi equivalenti e sulla relativa tempistica e sul loro grado di certezza. Ciò determina, in ultima analisi, per esempio, la possibilità di un’impresa di pagare i propri dipendenti e fornitori, di pagare gli interessi passivi, di restituire i finanziamenti e distri- buire dividendi ai soci. Gli utilizzatori sono maggiormente in grado di stimare la menzio- nata capacità di generare detti flussi se hanno a disposizione informazioni che fanno rife- rimento con particolare attenzione alla situazione patrimoniale-finanziaria,

di conoscenza comune anche alle altre categorie di stakeholders dell’impresa, nella misura in cui ciascun interlocutore che intrattenga con essa rapporti di scambio che abbiano ad oggetto capitale, beni o servizi, è comunque interessato, in via diretta o indiretta, ad un ritorno sotto forma di flussi monetari e necessita, pertanto, di valutarne la tempistica ed il grado di certezza, così da poter giudicare la convenienza dello scambio16.

Quanto osservato giustifica prima facie la scelta dello IASB di am- pliare l’articolazione del bilancio, prevedendo la predisposizione obbliga- toria del rendiconto finanziario e del prospetto di variazioni del patrimo- nio netto, strumenti utili per indagare la dinamica della struttura patrimo- niale e finanziaria dell’impresa e non a caso sempre presenti (specialmen- te il primo) nei report degli analisti finanziari; inoltre, riprendendo quanto accennato in precedenza, non si può fare a meno di constatare come il vo- ler privilegiare le esigenze conoscitive degli operatori dei mercati finan- ziari comporti un elevato livello di dettaglio e di complessità delle infor- mazioni fornite, il che contribuisce a rendere sempre di più il bilancio di esercizio uno “strumento di informazione per specialisti17”, al punto da richiedere, a fronte della imprescindibile sintesi degli schemi principali, la predisposizione di una disclosure necessariamente più ampia ed anali- tica.

Le considerazioni finora svolte sui presupposti del modello di bilan- cio IAS/IFRS forniscono la chiave di lettura necessaria per comprendere ed approfondire i criteri generali e specifici che informano il contenuto del modello stesso: la regola generale secondo la quale la definizione del- le finalità perseguite dal bilancio condiziona la statuizione dei criteri di

all’andamento economico e ai cambiamenti nella situazione patrimoniale-finanziaria”.

Cfr. IASB, Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio, op. cit., par. 15.

16 Cfr. A.LIONZO, Il sistema dei valori di bilancio nella prospettiva dei principi con-

tabili internazionali, op. cit., pag. 37. Secondo Perrone, tali interlocutori possono essere

comunque considerati “investitori in senso lato, perché la struttura della relazione che

lega ciascuno di essi all’organismo impresa è sempre un rapporto di scambio- investimento (in senso lato): essi sono datori di contributi all’organismo produttivo in attesa di benefici maggiori (per lo più sotto forma monetaria o comunque ad essa ricon- ducibili) e al pari degli apportatori di capitale di rischio, per prendere le loro decisioni economiche, hanno bisogno di essere informati – mediante il bilancio di esercizio – sulla capacità dell’impresa di generare durevolmente flussi monetari adeguati al soddisfaci- mento delle loro aspettative”. Cfr. E.PERRONE, La ragioneria ed i paradigmi contabili, op. cit., pag. 384.

17

Cfr. A.LIONZO, Il sistema dei valori di bilancio nella prospettiva dei principi con-

rilevazione e valutazione delle operazioni, nonché la predisposizione del- le tecniche di rappresentazione delle stesse, resta valida anche nel conte- sto degli standard contabili internazionali, sebbene si faccia non poca fa- tica ad inquadrare il sistema di regole rappresentato da questi ultimi all’interno di un approccio di tipo assiomatico/deduttivo alla redazione del bilancio, quale quello che caratterizza il modello civilistico attual- mente in uso nel nostro paese.

Quest’ultima considerazione non scaturisce dalla mancanza di chia- rezza dell’impostazione adottata dal Framework che, al contrario, defini- sce uno schema generale di riferimento più strutturato di quello che sor- regge il richiamato modello civilistico, capace di dare completezza ed or- ganicità all’intero sistema di regole predisposto dallo IASB18; in realtà, tali perplessità sorgono in relazione al ruolo subordinato attribuito al

Framework rispetto al corpus dei principi contabili internazionali19, il che parrebbe mettere in discussione la funzione di overriding rule del postu- lato della rappresentazione veritiera e corretta, che costituisce da sempre la clausola generale espressione del fine del bilancio IAS/IFRS.

Tuttavia, le perplessità enunciate non hanno fondato motivo di esiste- re e tale conforto promana dallo IAS 1 (esso sì, principio contabile), il quale statuisce una deroga di carattere eccezionale20 in tutti i casi in cui si

18

Si veda anche R.DI PIETRA, Omologazione degli IAS/IFRS, evoluzione legislativa

e ruolo del Framework dello IASB, op. cit., pag. 85.

19

Si legge nel Framework, a questo proposito:“Il presente Quadro sistematico non

costituisce un Principio contabile internazionale e, di conseguenza, non contiene principi per nessuna specifica tematica concernente la valutazione o l’informativa. Nulla di quan- to contenuto nel Quadro sistematico sostituisce alcun Principio contabile internazionale”

e, inoltre: “Il Board dello IASC riconosce che in un numero limitato di casi vi è la possibi-

lità che sorga un conflitto tra il Quadro sistematico e un Principio contabile internazio- nale. Nei casi in cui vi sia un conflitto, le disposizioni del Principio contabile internazio- nale prevalgono su quelle del Quadro sistematico”. Cfr. IASB, Quadro sistematico per la preparazione e la presentazione del bilancio, op. cit., parr. 2-3. Gaetano giustifica una

simile impostazione, evidenziando come “eventuali ipotesi di allontanamento dalle indi-

cazioni fornite dal Framework siano frutto di scelte consapevoli da parte degli estensori degli standard e vengano legittimate anche dal processo di consultazione e contradditto- rio che deve necessariamente precedere l’emanazione definitiva di ogni standard (e che, nel caso del nostro paese, viene ulteriormente rafforzato dall’assoggettamento alle fasi di omologazione tecnica e politica previste dal processo di endorsement adottato dalla Co- munità Europea)”. Cfr. A.GAETANO, Il principio della prudenza negli IAS/IFRS. Consi-

derazioni critiche, op. cit., pagg. 11-12.

20

L’eccezionalità della deroga si spiega in ragione della presunzione relativa dello IASB, secondo la quale il bilancio redatto in conformità ai principi contabili internaziona- li fornisce, di per sé, una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimonia- le, finanziaria e del risultato economico dell’impresa e tiene, dunque, a limitare al massi-

ha fondato motivo di ritenere che “la conformità con una disposizione

contenuta in un Principio o in un’Interpretazione sarebbe così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio esposte nel Quadro si- stematico21”, con ciò riaffermando, seppure in mancanza di un concreto contenuto di tale deroga22, la validità del paradigma sancito dal Frame-

work23.

Quest’ultimo, come accennato, risulta articolato secondo un preciso ordine gerarchico, che fa perno su due assunti di base (underlying assum-

ption), vale a dire il principio della continuità e quello della competenza economica24, che rappresentano gli assiomi contabili sui cui si basano le caratteristiche qualitative del bilancio, a loro volta articolate in due livelli ed espressione dei requisiti necessari a rendere le informazioni contabili utili per i destinatari del bilancio25. All’interno dello schema appena enun- ciato, dunque, i principi generali che presiedono alla formazione del bi- lancio e che forniscono i riferimenti per la scelta delle modalità di valuta- zione e rappresentazione degli elementi che lo compongono, risultano

mo la possibilità di eventi che giustifichino l’abbandono di una disposizione o di un prin- cipio a salvaguardia della clausola generale. Cfr. IASB, IAS 1 – Presentazione del bilan-