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La variabilità’individuale e la razza

1.6 I fattori che influiscono sul comportamento materno

1.6.3 La variabilità’individuale e la razza

Nella specie ovina, la razza merino manifesta dei comportamenti materni leggermente diversi rispetto ad altre razze, come ad esempio, nel caso in cui la pecora partorisca più cuccioli, il comportamento materno di grooming può essere diretto maggiormente a quei cuccioli nati prima nella sequenza e questo comportamento risulta particolarmente evidente nella suddetta razza rispetto a tutte le altre (Broom e Fraser, 2007).

Sempre nelle pecore, Houpt (2011), riporta che anche le pecore di razza targhee non mostrano un comportamento materno analogo a quello delle altre razze.

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Studi condotti da Champagne e colleghi (2007)e molti altri autori quali Franks e colleghi (2011), Weber e Olsson (2008), su diversi ceppi di ratti, hanno mostrato che l’espressione del comportamento materno durante la prima settimana post-partum presenta delle significative differenze tra un ceppo e l’altro oggetto della ricerca, soprattutto per quanto concerne la frequenza del licking-grooming ed il tempo speso nella postura di nursing, evidenziando che anche nei ratti il comportamento materno può essere in parte influenzato dalla razza di appartenenza e da variabili genetiche.

La presenza di una grande variabilità di cure materne tra madre e madre, ma anche la presenza di differenze nelle cure materne da un giorno all’altro nella stessa madre, sono riportate anche da Rheingold (1963), e Pal (2005).

Broom e Fraser (2007), riferiscono che in effetti il comportamento materno è un fenomeno estremamente complesso, e che può esistere un alto grado di variabilità sia tra madri di differenti specie, sia tra madri appartenenti alla stessa specie o razza.

Questo è in accordo con quanto riportato da uno studio condotto sulle variazioni naturali nelle cure materne in ratti Long- Evans (Meaney, 2001; Champagne, 2008). In questo studio veniva valutata la frequenza con la quale le femmine si impegnavano nel LG (licking-grooming), che variava notevolmente tra gli individui (Champagne et al., 2003; Champagne, 2008). Così, le femmine possono essere classificate come impegnate in alti, medi, o bassi livelli di LG materno (Francis et al., 1999; Fleming et al., 2002; Champagne et al., 2003; Champagne, 2008).

In particolare, secondo Champagne e colleghi (2003), le differenze individuali nel comportamento di licking-grooming sono stabili in una madre nelle sue cucciolate successive e non sono associate a differenti dimensioni delle cucciolate, al peso allo svezzamento dei cuccioli né al genere della cucciolata (maschi vs. femmine); nel complesso questi risultati indicano notevoli, normali variazioni nel licking-grooming nel ratto, che sono stabili e individuali caratteristiche delle madri di ratto.

Il fatto che esistono delle differenze individuali nel comportamento materno in diverse specie sembrerebbe contraddire l’idea che il comportamento materno è necessariamente la conseguenza inevitabile degli ormoni della gestazione in combinazione con la presenza del neonato; nelle scimmie ad esempio le differenze individuali nel comportamento materno, secondo alcuni autori, sono stabili e sono comunemente trasmesse da madre a figlia (Fairbanks, 1989). Fairbanks (1996), notò che anche se un particolare pattern di cure materne di una scimmia femmina poteva essere influenzato da variabili sociali ed ecologiche, le differenze individuali nel pattern di cure materne tra le varie femmine risultavano relativamente costanti quando le femmine esaminate venivano valutate in condizioni simili.

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Anche Pal (2005), nel suo studio su cani randagi in India, riporta delle differenze individuali nell’espressione del comportamento materno da parte delle madri oggetto dello studio, soprattutto per quanto riguarda il contact con i cuccioli, mentre per quanto concerne in

nursing, le differenze nella frequenza di tale comportamento più che individuali erano legate

ad un fattore temporale.

Rheingold (1963), nella sua ricerca ha evidenziato un’elevata variabilità del comportamento materno, sia tra le madri oggetto dello studio, sia da un giorno all’altro per la stessa madre, senza considerare però gli effetti della razza (le femmine oggetto dello studio appartenevano a razze diverse, quali cocker spaniel, cane da pastore scozzese o delle Shetland e beagle), le dimensioni delle cucciolate, l’età della madre o il numero di parti, sulle differenze riscontrate. La stessa autrice riporta differenze tra le razze oggetto della sua ricerca degne di nota, come ad esempio il fatto che la cavità del ventre del cocker spaniel determina un più facile accesso ai capezzoli da parte dei cuccioli rispetto alla cavità arrotondata del pastore scozzese. Il rigurgito dell’alimento da parte della madre ai cuccioli come supplemento all’alimentazione lattea è stato osservato nel cocker spaniel e nel pastore scozzese, ma non nelle madri di razza beagle.

Similmente, Dunbar e colleghi (1981) osservarono notevoli differenze nel comportamento materno tra una madre e l’altra nello studio condotto su tre femmine di razza beagle.

Anche le condizioni di allevamento possono influenzare il comportamento materno nella specie osservata (Weber e Olsson, 2008).

Jakubowski e Terkel (1982), affermano che il topo da laboratorio potrebbe essere un modello fuorviante per lo studio del comportamento parentale in “mus musculus’’, dal momento che esistono numerose differenze di comportamento tra la specie selvatica e la specie di laboratorio.

Dall’altra parte, utilizzare direttamente la specie selvatica comporta notevoli difficoltà: questi animali sono molto sensibili alla presenza di umani (McCarthy e vom Saal, 1985), e alle condizioni restrittive dell’ambiente di laboratorio.

In generale, le condizioni di laboratorio sono regolamentate in modo tale da garantire igiene e standardizzazione, spesso a discapito dei comportamenti naturali specie specifici,

In condizioni naturali le femmine di topo costruiscono nidi comuni e i maschi esibiscono cure parentali. Al contrario, in condizioni di laboratorio, le femmine sono spesso collocate in singole gabbie e molti studi dimostrano che tali condizioni influiscono sui parametri riproduttivi (Jakubowski e Terkel, 1982; Weber & Olsson, 2008; Champagne, 2011; Jensen e Champagne, 2012).

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