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Verifica degli schemi degli autori classici attraverso i resti di alcuni campi collocati lungo il limes nord-africano

Nel documento L'accampamento romano (pagine 89-122)

Lambaesis

La città di Lambaesis faceva parte del regno di Numidia e ne divenne la capitale quando fu creata la provincia omonima.

Prima di assurgere a tale importanza era semplicemente il luogo presso cui accampava la Legio III Augusta che, con lo scopo di sorvegliare la difesa dell’Africa romana, stazionò prima a Tebessa e verso l’inizio del II sec.d.C., forse sotto Traiano, fu trasferita a Lambaesis dove restò per circa 200 anni e provvide alla costruzione del campo95.

Probabilmente esso fu innalzato come postazione provvisoria e assunse maggiore importanza solo quando fu trasferito lì da Theveste: infatti degli attendamenti precedenti innalzati a Lambaesis non rimane nessuna traccia concreta se non in iscrizioni sepolcrali di legionari96.

L’innalzamento del campo è testimoniato da un’iscrizione, piuttosto corrotta ma ricostruibile, che ci dà notizia del nome dell’imperatore, dell’anno della costruzione del campo e del legato che comandava la legione in quel momento97:

IMP(eratore) T(ito) CAESARE DIVI VES/PASIANI F(ilio) AUG(usto) PON(tifice) MAX(imo)/ TRIB(unicia) POT(estate) P(ater) P(atriae) CO(n) S(ule) VIII/ ( mancano due

95 LESCHI 1957, pp. 189 ss.. 96 ROMANELLI 1970, pp. 30-51. 97 LESCHI 1953, pp. 190-191.

80 linee) / L(ucio) TETTIO JULIANO LEG(ato) AUG(usti) PR(o) PR(aetore)/ LEG(io) III AUG(usta) MUROS ET CASTRA A SOLO / FECIT.

“ Sotto il regno dell’Imperatore Tito Cesare figlio del divo Vespasiano Pontefice Massimo, rivestito della I tibunicia potestas, padre della patria, console per l’8° volta……., essendo legato Lucio Tettio Giuliano propretore di Augusto, la Legione III Augusta fece i muri e l’accampamento dal suolo”.

Per quanto riguarda l’imperatore in carica, l’iscrizione sembrerebbe riferirsi a Tito ma intervengono difficoltà in base a quanto scritto nella 3° linea, e precisamente riguardo all’assegnazione della tribunicia potestas che si riferirebbe piuttosto a Domiziano anziché a Tito.

Il testo sarebbe dunque stato inciso tra il 1° luglio ed il 3 settembre 81 d.C. ma ritoccato per essere adattato alla titolatura del sopraggiunto imperatore Diomiziano.

Alla sesta linea dell’epigrafe è inciso il nome del legato allora comandante della III Legio Augusta, ovvero di Lucius Tettio Giuliano, sulla cui carriera ricaviamo da Tacito sufficienti informazioni:

Tac. Hist. I 79 Ibi saevitia hiemis aut vulnerum absumpti.Postquam id Romae compertum, M.Aponius Moesiam obtinens triumphali statua, Fulvus Aurelius et Julianus Tettius ac Numisius Lupus, legati legionum, consularibus ornamentis donantur, laeto Othone et gloriam in se trahente, tamquam et ipse felix bello et suis ducibus exercitibusque rem publicam auxisse.

“Qui li finirono i rigori del freddo e le ferite. Quando la notizia giunse a Roma, il governatore della Mesia, M.Aponio, ebbe l’onore di una statua trionfale e i legati di legione F.Aurelio, Giuliano Tezio e Numisio Lupo, ricevettero gli ornamenti consolari. Otone raggiante, attribuiva a se stesso la gloria, come se il successo militare fosse suo e come se avesse accresciuto lo stato grazie ai suoi generali e ai suoi eserciti”.

81 Tac. Hist. II 85 In eo motu Aponius Saturninus Moesiae rector pessimum facinus audet misso centurione ad interficiendum Tettium Julianum septimae legionis legatum ob simulatates, quibus causam partium praetendebat. Julianus compero crimine, et gnaris locorum adscitis per avia Moesiae ultra montem Haemum profugit; nec deinde civili bello interfuit, per varias moras susceptum ad Vespasianum ire trahens et ex nuntiis cuncabundus aut properan”.

“ In quella situazione, il governatore della Mesia, Aponio Saturnino, tenta un riprovevole colpo di mano: invia un centurione a uccidere il legato della Settima legione Tezio Giuliano, per gelosie personali, cercando di dare all’assassinio un risvolto politico. Giuliano scoperto il pericolo, grazie a guide assai esperte dei luoghi, attraverso luoghi impervi, giunse al di là del monte Emo; alla fine non partecipò alla guerra civile trascinando per le lunghe il viaggio verso Vespasiano e in base alle notizie in arrivo temporeggiava o abbreviava i tempi”.

Tac. Hist. IV 39 Kalendis Ianuariis in senatu, quem Iulis Frontinus praetor urbanus vocaverat, legatis exercitibusque ac regibus laudes gratesque decretae; Tettio Juliano praetura, tamquam transgredientem in partis Vespasiani legionem deseruisset, ablata ut in Plotium Grypum transferretur; Hormo dignitas equestris data.

“Convocato il Senato il primo di Gennaio dal pretore urbano Giulio Frontino, decretò lodi e ringraziamenti ai legati, agli eserciti e ai re; destituì dalla carica il pretore Tezio Giuliano poiché aveva abbandonato la legione che si era esperessa a favore di Vespasiano; la carica fu assegnata a Plozio Gripo e Ormo fu insignito della dignità di cavaliere”.

TAC. Hiast. IV 40 Tum sorte ducti per quos redderentur bello rapta, quique sera legum vetustate delapsa nascerent figerentque, et fastos adulatione temporum foedatos exonerarent modumque publicis impensis facerent. Redditur Tettio Juliano praetura, postquam cognitus est ad Vespasianum confugisse: Grypo honor mansit.

82 “Allora furono sorteggiati i membri di una commissione per la restituzione degli espropri durante la guerra, per la ripulitura delle tavole bronzee, la ricostruzione del testo e la ripulitura del calendario. A Tezio Giuliano fu restituita la pretura quando si seppe che era riparato presso Vespasiano; Gripo rimase in carica”.

La parte più interessante dell’epigrafe è l’ultima linea in cui si dice Legio III Augusta muros et castra a solo fecit ; ci si è chiesti se la formula muros et castra semplicemente da considerarsi un’endiadi 98 oppure se si deve assegnare un valore definito a questi due termini.

Secondo il Leschi99 se con il termine murus si intende parlare di una costruzione solida, fissa, posta intorno al campo, allora si tratterebbe di uno tra i castra stativa; se invece il termine murus doveva servire a definire il termine castra, in tal caso si sarebbe trattato semplicemente di un campo mobile destinato ad una postazione non fissa.

Questo primo campo, situato vicino ad una sorgente e più a sud di quello che sarà costruito nel 128 più vicino alla strada per Thamugadi, forse destinato ad accogliere una sola coorte, risale all’anno 81 d.C.: aveva la forma di un rettangolo di 119,75m x 146,50m, misure piuttosto esigue rispetto al campo descritto sia da Polibio (666m di lato) sia da Igino (480m x 687m).

Nel 128 d.C., precisamente il 1° luglio, si ha notizia di una visita compiuta dall’imperatore Adriano alle truppe stanziate in questa località durante il suo viaggio di ispezione nelle province di Spagna e d’Africa: per questa occasione fu innalzata una grande colonna sulla quale erano riportati gli ordini del giorno che il principe aveva indirizzato alle truppe della Numidia100. 98 ROMANELLI 1970, p .40. 99 LESCHI, Lybica 1953, p. 195. 100 DESSAU, ILS 2487. GSELL 1901, p. 171.

83 A riprova della visita compiuta nel 128 da Adriano ci viene in aiuto il ritrovamento, durante gli scavi compiuti dall’abate Montagnon alla fine dell’’800, degli ultimi frammenti di un monumento commemorativo della visita dello stesso imperatore, documento epigrafico inciso sui quattro pilastri di una base che sormontava una colonna.

Il testo del discorso si rivolge, nella sua totalità, alla legione di stanza in questo campo sotto il comando del legato Q. Fabius Catullinus, legione che aveva dato spettacolo di manovre durante la visita di Adriano ma, in parte, è dedicato alle coorti e ai distaccamenti isolati che l’imperatore ha appena visitato nelle rispettive guarnigioni101.

Questo secondo campo dovette la sua importanza e la sua vita proprio alla visita di Adriano: era più grande del primo campo flavio, era di forma quadrata con circa 200m di lato e con gli angoli arrotondati.

Il suo carattere provvisorio è testimoniato dal mancato ritrovamento di costruzioni fisse, per cui la legione dovette alloggiare in baracche di legno o tende102.

La costruzione del terzo accampamento stabile e definitivo di Lambaesis deve datarsi all’anno successivo alla visita compiuta da Adriano e, forse, in relazione alla politica di consolidamento delle frontiere.

In base agli scavi effettuati risulta che questo terzo accampamento non si discosta dalla struttura-base del castrum romano: è innalzato su un terreno che si inclinava leggermente da sud a nord, è fiancheggiato, su due lati, da torrenti che ne assicurano la difesa e l’approvvigionamento idrico per gli uomini e le bestie.

Ha la forma di un rettangolo di 500m x 420m, cioè le misure necessarie ad ospitare una sola legione e il suo schema ricorda da vicino la pianta dell’accampamento proposto da Igino a partire dalla disposizione delle strade103. (Figura 11)

101 IANON 1973, pp. 193-254. 102 ROMANELLI 1970, p. 41. ROMANELLI 1970, pp. 41-45 . 103 CAGNAT 1908.

84 Il centro del campo, principia, era situato all’intersezione della via praetoria che correva da nord a sud, con la via principalis (da est a ovest) ed era spostato verso la parte anteriore del rettangolo formato dall’accampamento.

Gli scavi hanno messo in luce parte della retentura, parte del praetorium e più dettagliatamente la praetentura.

La praetentura era attraversata dalla via praetoria nel senso della lunghezza ed era divisa dal praetorium dalla via principalis; la praetentura, a sua volta, era divisa da una via che correva parallela alla via principalis, una di quelle vie che Igino definisce vicinariae. Diversamente dal campo di Igino, il praetorium era fiancheggiato da una strada riportata alla luce nel lato est, alla quale doveva, simmetricamente, corrispondere un’altra identica strada sul alto ovest.

Nella retentura sono stati scavati resti di due strade anch’esse parallele alla via principalis ed anch’esse da considerare viae vicinariae.

Tutto il perimetro dell’accampamento era percorso da una strada della stessa larghezza della via principalis, cioè l’intervallum, costruita con scopi difensivi.

Le strade più importanti, la via pricipalis e la praetoria, sboccavano ambedue nelle porte omonime scavate e riportate alla luce, eccetto la porta posta a sud, dietro la retentura. Quello che oggi viene comunemente definito praetorium del campo di Lambaesis (nome dato ad un solo edificio considerato più rappresentativo, ma da estendere, forse, a tutto il complesso), si trova all’incrocio della via praetoria con la via principalis. (Figura 12) L’edificio consta di tre ambienti: una sala d’ingresso molto ampia comunemente definita praetorium: dietro di essa troviamo un grande cortile circondato da costruzioni e separato dall’ambiente seguente da una piattaforma accostata a due scale laterali.

L’ultimo ambiente è ancora un grande cortile sul quale si affacciavano una serie di ambienti, alcuni dei quali terminanti in forma absidale, che contenevano gli uffici dei

85 diversi servizi; intorno all’atrio, vicino al praetorium, correva tutta una serie di ambienti che costituivano i magazzini104.

Rispetto al praetorium descritto da Igino, in quello di Lambaesis mancano l’augural, il tribunal e l’ara, elementi che determinavano il carattere prevalentemente sacro del luogo destinato ad accogliere il praetor anche per un breve periodo.

A Lambaesis il praetorium è una vera e propria costruzione rispondente a scopi diversi: dovevano esservi luoghi di ricovero per la merce, per le armi, uffici ed anche luoghi sacri, locali dunque destinati ad una permanenza prolungata e adatti alla vita militare di un esercito stabile.

Gli ambienti della praetentura che si aprono sulla via principalis e su una via secondaria parallela presentano la pianta di case di abitazione: qui e non nel praetorium doveva trovarsi la residenza dei legati, dei tribuni e degli ufficiali.

Nella zona del campo compresa fra la via secondaria prima citata e l’intervallum a nord, si trovavano quattro edifici destinati forse, a caserme; si nota la totale assenza di dimore mobili, quali tende o baracche, a tutto vantaggio di edifici in muratura.

Una più difficile interpretazione richiedono gli ambienti situati nella parte occidentale e in quella orientale della stessa praetentura, mentre nella parte orientale si trovano un edificio allungato, forse destinato a scuderia ed un altro, formato da dieci ambienti chiusi da una corte porticata.

Il numero di questi ambienti ha fatto pensare al Romanelli che questo luogo potesse essere un punto di riunione delle dieci coorti componenti la legione105.

Nella zona ovest della praetentura è venuto alla luce un altro edificio rettangolare da identificarsi con una rimessa per carri; oltre a questo è presente un ambiente sotterraneo,

104

ROMANELLI non è d’accordo con questa descrizione operata da Cagnat, 1908. Cfr. ROMANELLI 1970, p .43.

105

86 forse un magazzino per viveri o una cisterna, oltre a un edificio con corte porticata, forse un horreum o un valetudinarium.

Dei fianchi del praetorium, solo quello orientale è libero da costruzioni moderne e gli edifici qui presenti costituivano essi pure abitazioni per alti ufficiali e caserme per i soldati. Nella retentura, posta subito dietro il praetorium e da esso separato dalla via quintana, si trovano due edifici, presumibilmente terme o magazzini, mentre l’ultima parte, adiacente all’intervallum, era anch’essa occupata dall’esercito.

La presenza di tutti questi edifici in muratura, nella loro varietà, confermerebbe che l’espressione muros et castra fecit 106 indichi la costruzione di un accampamento permanente.

106

87 FIGURA 11- Pianta dell’accampamento di Lambaesis

88 FIGURA 12 - Pianta e veduta del praetorium di Lambaesis

89

Thamusida

Il campo di Thamusida (attuale Sidi Ali ben Ahmed) aveva la forma di un rettangolo quasi regolare con gli angoli arrotondati, della lunghezza di 165,85m e della larghezza di 138,78m (due ettari e un quarto circa), dimensioni che ne facevano il campo più grande della Mauretania Tingitana. (Figura 13)

Il luogo per il suo innalzamento non era stato scelto a caso ma seguendo le raccomandazioni di Igino107: era posto, infatti, su un terreno in leggero pendio che, lasciando libera la parte più alta della collina, lo avvicinava al fiume Sebou distante 100m circa, che serviva sia per il rifornimento di acqua sia come via di comunicazione.

Il rapporto dei lati del rettangolo comprendente il campo era di 6/5, pari a 561m x 468m, cioè un rapporto di ½, rapporto che non rispetta la proporzione di 1,5 = 3/2 che è quella raccomandata da Igino, anche se le norme teoriche proposte da questo autore non vengono spesso rispettate.

Altre proporzioni si dimostrano più idonee alla difesa del campo, come nel caso del campo di Lambaesis, 500m x 420m, dove la proporzione di 1,2 = 6/5 è rispettata.

Callu e Rebuffat non si dichiarano sicuri del fatto che la proporzione di 6/5 fosse realmente voluta dai sovrintendenti alla costruzione del campo o se essa fosse ottenuta per caso, oppure impiegando altri processi di castrametazione108.

Quando le proporzioni dei campi esulano dai dati precisati dagli autori classici (quadrato per Polibio, 3/2 per Igino, 4/3 per Vegezio) è del resto arbitrario dire se la forma geometrica dei campi non sia stata ottenuta per puro caso anche tenuto conto che, raramente, i lati dei campi erano paralleli a due a due.

107

IGINO, De munitionibus castrorum, 54.

108

90 Nel caso particolare di Thamusida, comunque, sarebbe arduo pensare ad una misurazione ottenuta casualmente, se si considera che i lati piccoli misurano 138,75m e 138,82m, con un errore di cm7 e i lati lunghi 165,70m e 166m, con un errore, cioè, di c30cm, quindi, un rettangolo perfetto.

I due lati del campo prospicienti la città che nascerà in un sito diverso non mostrano una linea di separazione sufficientemente netta, tale da far sapere quale rapporto esistesse fra la difesa e l’agglomerato civile.

L’orientamento del campo, poi, con la porta praetoriana rivolta verso nord-est, è diverso da quello della città e non si incontrano tracce di vie costruite appositamente per unire accampamento e insediamento urbano, per cui il campo era un’entità architettonica indipendente rispetto alla città109.

Il campo era circondato da un muro perimetrale spesso 0,90m costruito con blocchi di cemento a strati sovrapposti; in questo muro si aprivano quattro porte fiancheggiate da due torri rettangolari in mezzo alle quali si apriva un passaggio fiancheggiato da quattro pilastri verticali a formare un corpo unico con le torri.

Si contavano ben ventidue torri: otto torri di porta, quattro torri d’angolo più piccole, dieci torri appoggiate al muro, tutte poste all’interno, eccetto le torri di porta.

Ogni torre era dotata di una porta che si apriva in basso, al livello del vallum ed era stata costruita secondo un progetto unico insieme al vallum, come dimostra la loro dislocazione rigorosamente definita.

Lungo il lato corto si trovavano due torri, tre lungo il lato lungo.

Non tutti i fronti erano altrettanto regolari, solo il fronte est; a sud due intervalli di torri erano perfettamente uguali, sul lato nord si rileva un errore di 20cm; sul fronte ovest una torre d’angolo era più piccola, come una delle torri poste all’interno del muro.

109

91 Forse era venuto a mancare dello spazio, male utilizzato per una torre d’angolo.

L’altezza originale di queste due torri doveva essere di circa 5m, forse legate le une alle altre da un tavolato di legno che correva sulla loro sommità che, insieme al camminamento sul muro, costituiva il passaggio per la ronda.

Quanto alle porte, erano situate tutte sullo stesso piano del muro e formate dal ripiegamento su se stessa della cortina, in modo da sporgere solo internamente.

Le porte rivolte a sud, ovest e nord non hanno rivelato dati precisi: la sistemazione del passaggio della porta sud è poco conosciuta perché il livello antico dello scavo non è stato rispettato dagli archeologi; la porta ovest è rimasta seppellita sotto le proprie rovine e niente segnala la presenza della porta nord alla superficie del suolo.

Resti più sicuri si hanno solo per la porta est, formata da sei lastroni e raccordata dal muro della torre con il vallum.

L’esame delle porte ha permesso di capire quale fosse la struttura delle vie interne del campo: la via praetoria, in ciottoli cementati, (le altre minori, in battuto) all’uscita della porta est, conserva la larghezza del passaggio e si presenta più come una strada di comunicazione che passa fuori del centro abitato anziché metterlo in comunicazione.

Le altre strade minori, come pure l’intervallum e la strada che si trova vicina ai primi caseggiati, non sembrano essere stati costruiti seguendo la stessa tecnica adottata per la via praetoria, quanto piuttosto essere stati costruiti in semplice battuto.

La via praetoria, era bordata da un portico bilaterale di impianto non regolare e con distanza variabile fra il colonnato, dai lati grossolanamente simmetrici in rapporto all’asse della via; inoltre, non sono state trovate tracce di capitelli o di qualche altra struttura, probabilmente perché le colonne erano costruite con un’unica armatura.

92 Davanti al praetorium le colonne si allineavano, come all’altra estremità della via, sulle costruzioni che bordavano la via principalis della quale non sappiamo se fosse o no fiancheggiata da portici.

L’intervallum era molto semplice nella sua tecnica costruttiva: si trattava di un terrapieno in semplice terreno battuto come le vie secondarie, talora intonacato di calce come la porta est, perfettamente regolare nella sua larghezza di dieci metri, sia sul fronte del campo che su quello est e nord, a differenza delle porte di cui non si hanno dati precisi.

Delle costruzioni interne nessuna è stata scavata sistematicamente, ad eccezione del praetorium, per cui il bilancio delle conoscenze è sommario.

Lungo la via decumana si incontrano, partendo dalla porta omonima, due costruzioni, forse caserme, che formavano una sola stanza nel senso della profondità e forse, ancora caserme con più di una stanza, si incontrano dopo la prima via secondaria.

Più lontano ancora, una serie di sondaggi ha permesso di verificare che le costruzioni lungo la strada erano allineate con le prime e che alcune, quanto a tecnica muraria, dovevano essere migliori: quelle che davano sulla via principalis erano di buona qualità e si appoggiavano su un incatenamento di pietre di grosse dimensioni.

Nella pars postica una costruzione di buona fattura, di cui si vede solo il muro della facciata lungo 8,30m, bordava l’intervallum sud, un’altra si trovava nell’angolo nord di questa zona.

Infine, immediatamente a sud del praetorium, si trova l’insula ma la costruzione interna di maggiore rilevanza è sicuramente il praetorium, la cui prima costruzione, contemporanea a quella del castrum, può datarsi con precisione al tempo di Marco Aurelio.

Il complesso aveva una forma pressoché quadrata di 35,80m x 31,60m con la frons che si affacciava sulla via praetoria.

93 Il centro di questa costruzione, all’interno era occupato da una corte scoperta non porticata circondata, su tre lati, da ambienti vari la cui precisa destinazione è abbastanza incerta. Al centro del lato di fondo, sopraelevato rispetto alla corte e accessibile mediante una

Nel documento L'accampamento romano (pagine 89-122)