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Le verifiche della professionalità: proposte per una connessione tra formazione professionale e verifiche

Nel documento La formazione pre-concorsuale (pagine 89-93)

E) Le ipotesi di riforma: la fase della valutazione delle prove

10. Le verifiche della professionalità: proposte per una connessione tra formazione professionale e verifiche

È consapevolezza ormai diffusa che lo sviluppo della carriera del magistrato, oggi di fatto esente da penetranti ed effettive verifiche della sua professionalità dopo il superamento del concorso di am-missione, non è più sostenibile.

(27) Particolare considerazione merita la prima relazione sullo stato dei lavori, presentata il 31.12.1993 dalla Commissione ministeriale per la riforma dell’ordina-mento giudiziario, presieduta dal Prof. ETTORE GALLO, e pubblicata in Documenti giustizia, 1994, nn. 1 - 2, pp. 258 ss. Il documento n. 2, a cura del dott. GIUSEPPE LA GRECA, si occupa analiticamente dell’istituzione di una Scuola di formazione giu-diziaria, le cui linee presentano molti punti di contatto con quelle qui esposte.

Anche questo Consiglio ha formalizzato tale consapevolezza liberando di istituire una sua articolazione interna espressamente de-putata allo studio ed alla proposta di modi di intervento su questa problematica, avendo ben presente, da un lato, la necessità di evita-re che i controlli sulla professionalità possano tradursi in strumenti idonei ad incidere sull’indipendente esercizio della giurisdizione, e dall’altro lato l’esigenza di impedire che, attraverso meccanismi di controllo burocratico, si riproponga l’assetto gerarchico-piramidale della magistratura, che la Costituzione ha inteso rimuovere.

Si rivela, quindi, delicata e complessa l’opzione nello strumen-tario attraverso il quale realizzare dei controlli più soddisfacenti: ed in particolare, per quello che qui rileva, se fra questi controlli possa e debba inserirsi la FP.

In linea teorica le forme di verifica ipotizzabili si raccolgono in-torno a due poli essenziali: l’esame e la valutazione. Il primo, com’è intuitivo, consiste nel saggio diretto delle capacità, la seconda nel giudizio dato in merito a vari indicatori prestabiliti.

L’uno e l’altra, poi, possono variamente atteggiarsi per quanto attiene all’oggetto in base al quale si forma il giudizio, ai momenti della carriera nei quali possono collocarsi, alla loro connessione op-pure no con avanzamenti diretti del magistrato.

Va sùbito detto che l’ipotesi dell’esame è sicuramente da respin-gere.

A parte il rilievo che i concorsi per esame sono stati a lungo pre-visti dall’ordinamento giudiziario ed hanno dato risultati reputati ne-gativi, sino alla loro completa abolizione, si deve osservare che il me-todo di selezionare e valutare il personale di magistratura attraver-so l’esame presuppone un’organizzazione giudiziaria in radicale con-trasto con il vigente modello costituzionale, nel quale la magistratu-ra tutta ormai si riconosce.

L’esame infatti inevitabilmente conduce alla creazione di una struttura di tipo verticale, con una “carriera” articolata per gradi, o almeno per funzioni diversificate secondo un (asserito) ordine di im-portanza, e dunque in insanabile contraddizione con il fondamenta-le precetto costituzionafondamenta-le, posto a presidio dell’indipendenza interna, secondo cui i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni (equiordinate, e non già gerarchicamente organizzate).

Del tutto percorribile, invece, ed anzi da più parti auspicata, è la strada dell’addivenire a valutazioni periodiche della

professiona-lità dei magistrati, da dislocarsi lungo il loro percorso professionale con cadenze prestabilite, più frequenti delle attuali, e con metodi più incisivi e rappresentativi.

Le valutazioni andrebbero effettuate con periodicità triennale o al massimo quadriennale; dovrebbero essere affidate, ai sensi dell’art.

105 Cost., al Consiglio Superiore della Magistratura, il quale dovrebbe provvedere, previo motivato e dettagliato parere del Consiglio Giu-diziario, avvalendosi di tutti gli strumenti conoscitivi disponibili (pre-cedenti di servizio, relazioni dei dirigenti degli uffici, autorelazioni degli interessati, e così via) non esclusi gli elementi di conoscenza offerti dalla Scuola della magistratura, nei termini di cui si dirà.

Questi indicatori potranno essere messi meglioa fuoco quando, con la completa entrata in funzione della Scuola, sarà possibile as-sicurare a tutti i magistrati, in un arco di tempo determinato, la par-tecipazione ai momenti di formazione professionale.

Ma già sin d’ora va osservato che tale partecipazione, specie se re-sa obbligatoria o quanto meno onerore-sa, potrebbe essere utilizzata dal Consiglio, in concorso con tutti gli altri elementi conoscitivi anzidetti, nel quadro della valutazione periodica complessiva del magistrato; e la rilevanza di questa partacipazione sarebbe tanto più incisiva quanto più il magistrato non venisse richiesto della sola presenza alle sessioni di FP, ma in esse fosse sollecitato a fornire un contributo culturale qua-litativamente apprezzabile, mediante scritti, relazioni, interventi.

Questo Consiglio, nella ricordata Relazione del 1991, ha già af-frontato l’argomento, prospettando per intanto una netta distinzione tra la verifica di professionalità preliminare al conferimento di talu-ne funzioni (richiesto dal magistrato) e la verifica d’ufficio in corso di carriera, finalizzata ad un generale controllo delle capacità (il qua-le, se concluso positivamente, consente l’acquisizione di un titolo o di una qualifica, spendibili dall’interessato in determinati successivi snodi della carriera stessa).

La Relazione ha quindi previsto, nel primo caso, la necessità del-la partecipazione a corsi di qualificazione, nel secondo del-la obbligato-ria sottoposizione del magistrato a verifiche periodiche “da organiz-zare presso la Scuola della magistratura”. Queste verifiche “dovreb-bero comportare, nel caso di esito positivo, l’acquisizione di una qua-lifica superiore, e, nel caso di esito particolarmente negativo, fin’an-che la destituzione o il passaggio ad altra amministrazione, a sèguito di una procedura di tipo para-disciplinare”.

“Tali verifiche - prosegue ancora la Relazione - dovrebbero na-turalmente essere sottoposte al giudizio finale del Consiglio Supe-riore della Magistratura, il quale dovrebbe deliberare come di con-sueto su parere del Consiglio giudiziario competente” (28).

La traccia segnata dalla Relazione del 1991 può dunque inte-grarsi con le riflessioni svolte nella presente. Non v’è dubbio che, se si vuole addivenire ad uno sviluppo della c.d. carriera che sia con-notato da effettivi controlli sul mantenimento e sull’affinamento di qualificati livelli di professionalità, non sono sufficienti nè la vigen-te “selezione in negativo” (secondo la quale la valutazione prelude al semplice conferimento di una generica idoneità, e quindi viene ta-rata su una soglia molto bassa, che rimanda a giudizi più penetran-ti nel solo momento concursuale eventualmente successivo: con il ri-sultato che tale tipo di valutazione nè vale a stimolare il magistrato, nè produce sanzioni di tipo espulsivo quando pure la negatività emer-ge con nettezza), e nemmeno la semplice constatazione della parte-cipazione del magistrato a momenti formativi, troppo legata alla vo-lontaria disposizione del singolo a trarne un qualche profitto.

Occorre dunque che questa partecipazione ai momenti di FP di-venti più incisiva, fermo restando che devono essere evitati sostan-ziali trasferimenti di competenze dal Consiglio Superiore a quella qualsivoglia struttura ausiliaria che tale partecipazione dovesse rea-lizzare.

Il punto d’incontro sembra pertanto doversi collocare (a parte la moltiplicazione degli altri indicatori, della quale si è detto) nel con-cepire la struttura ausiliaria (“Scuola”) come servente del Consiglio nei suoi compiti di valutazione, e perciò come occasione nella qua-le si forma il “fatto valutabiqua-le”, ferma restando in capo al Consiglio la prerogativa costituzionale di compiere la valutazione.

In concreto: se il magistrato chiede di passare all’esercizio di funzioni giudiziarie diverse, le quali esigano una patente prelimina-re di competenza, la struttura di formazione ben può forniprelimina-re la pprelimina-re-

pre-(28) Relazione 1991, cit., p. 133.

parazione specifica, ed attestarne il possesso in capo al magistrato richiedente, senza che ciò sottragga al Consiglio il potere-dovere di valutare l’idoneità del magistrato alle nuove funzioni, attraverso que-sto ed altri indici: il Consiglio infatti non possiede, nè istitu-zionalmente nè in via di fatto, la competenza alla somministrazione di cognizioni specialistiche e la idoneità a constatare la loro acqui-sizione.

Per converso, sul versante dei controlli periodici della profes-sionalità, che non siano in connessione con richieste specifiche del magistrato, il Consiglio può fornire indicazioni ed indirizzi circa i modi secondo i quali verificare nel concreto le capacità del magi-strato, senza che ciò comporti un inammissibile sindacato sulla sua attività propriamente giudiziaria.

Si può, in altri termini, prevedere che la struttura servente or-ganizzi, nel quadro delle sue sessioni di FP, momenti e forme di-sparati nei quali il magistrato sia chiamato o a dimostrare il con-creto profitto tratto dall’incontro, ovvero determinati aspetti della sua professionalità; e stabilire che i risultati di tali impegni, senza alcu-na valutazione da parte della struttura, confluiscano con tutti gli al-tri elementi di conoscenza acquisiti dal Consiglio, in funzione della valutazione complessiva.

In tal modo viene rispettato l’assetto istituzionale delle compe-tenze, ma si addiviene altresì ad una verifica penetrante, ripetuta e non formale, atta a stimolare positivamente l’interesse e le capacità del magistrato.

Di riflesso, discende da ciò un ancor più accurato dovere di in-dirizzo del CSM nei confronti della struttura, per quanto attiene l’in-dividuazione e l’organizzazione di questi momenti di verifica; e l’esi-genza di una specifica competenza, anche docimologica, in capo ai componenti della struttura, tipica di personale altamente specializ-zato. Formazione professionale e verifica della professionalità, per-tanto, possono trovare un punto di saldatura che rispetti l’ordine costituzionale delle competenze ed assicuri ad un tempo l’impegno di auto-affinamento in capo a tutti i magistrati.

Nel documento La formazione pre-concorsuale (pagine 89-93)