3. Il quadro di riferimento
3.1 Il contesto territoriale e socio-demografico
3.1.3 Viabilità nella fascia costiera
La gestione dello spazio nella fascia costiera pulese è storicamente impostata sulla SS 195, che costituisce funzionalmente ed idealmente il trait d’union fra il centro abitato e gli agglomerati extraurbani che durante la stagione estiva ospitano migliaia di persone. La strada, inoltre, costituisce quasi una barriera fisica fra la zona pianeggiante costiera e la zona collinare e pedemontana, al di là della quale si stagliano le vette del massiccio del Sulcis e le foreste sempreverdi che richiamano a sé l’attenzione dei naviganti e dei bagnanti.
La complessa organizzazione dello spazio della fascia costiera pulese è sostenuta inoltre da una rete minore di viabilità provinciale e comunale che, strutturando i territori agricoli, ha permesso la localizzazione di attività produttive altamente specializzate alle quali si sono andate sovrapponendo floride attività residenziali (attività ricettive alberghiere e agrituristiche) le quali hanno implementato il valore turistico/residenziale del territorio.
L’infrastrutturazione viaria costiera rappresenta, in ultima analisi, una struttura (lineare) fondamentale nella crescita del territorio e una risorsa per lo sviluppo complessivo dell’area, principalmente per la varietà e complessità dei tessuti insediativi e ambiti territoriali che attraversa ed ai quali assicura il necessario legame.
La SS 195 svolge, infatti, funzioni articolate in relazione ai territori attraversati: il numero elevato di intersezioni infatti, con manovre di svolta a sinistra e confluenza (procedendo da Cagliari verso Domus De Maria), determina talvolta un rallentamento dei flussi e la successiva congestione dell’infrastruttura stessa, sottodimensionata – nel tratto ricadente nel territorio comunale di Pula - rispetto agli attuali volumi di traffico, con espresso riferimento a quelli estivi.
In prossimità del centro abitato di Pula la strada si caratterizza come circonvallazione urbana, che serve la mobilità locale e in particolare la zona artigianale e commerciale periferica. Qui si moltiplicano le intersezioni con l’infrastrutturazione della piana agricola e con le immissioni originate dagli insediamenti agricoli, residenziali e turistici della fascia costiera.
Altrettanto critico, dal punto di vista infrastrutturale, si presenta, specie nel periodo estivo, l’attraversamento delle zone turistiche di Santa Margherita di Pula, insediate nello spazio compreso tra la SS 195 e la fascia costiera, con numerose intersezioni che limitano la velocità di percorrenza.
L’asse viario manifesta, insomma, gli effetti di congestione determinati dalle diverse tipologie di traffico e di mobilità che determinano un carico costante, ma a forte oscillazione stagionale. L’attuale livello di congestione della SS 195 è infatti dovuto al sovrapporsi di attività e trasformazioni territoriali su un tracciato storico che nel tempo ha segnato i limiti della propria capacità funzionale, ma che ha saputo assicurare grazie al proprio radicamento nel territorio, lo svolgersi di un intreccio di relazioni locali e sovralocali (Villa san Pietro, Sarroch, Domus De Maria) capaci di determinare lo sviluppo sostenibile del territorio.
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9 3.2 Profilo demografico e sociale della comunità Pulese
3.2.1 L’evoluzione della popolazione residente
La storia demografica di Pula è caratterizzata da una linea di sviluppo costante che, nel corso dei decenni, ha fatto si che il borgo nel quale al censimento del 1901 risultavano residenti meno di 1.800 anime diventasse una cittadina di oltre 7.300 abitanti.
Nei primi decenni del secolo, la velocità di crescita, così come negli altri centri dell’area, risultò contenuta; l’incremento medio fu di poco superiore ai tredici abitanti per anno. In virtù di questo lento processo, da ascriversi quasi completamente ai saldi naturali (nati meno morti) sempre positivi, al censimento del 1951 la popolazione censita fu di duemilaseicento unità, ottocento in più rispetto al valore misurato cinquant’anni prima.
A partire dai primi anni cinquanta i ritmi di sviluppo divennero decisamente più vivaci. L’impulso alla crescita, comunque sempre sostenuta dai saldi naturali positivi, derivò per la parte maggiore dalla differenza tra iscrizioni e cancellazioni al registro della popolazione residente. Il valore medio di incremento di residenti si collocò sulle cento unità per anno, portando la popolazione legale alle tremila seicento unità del 1961 ed alle quattromila settecento contate dal censimento del 1981.
Erano quelli gli anni nei quali in tutta la vasta area che fa da contorno al capoluogo regionale la popolazione cresceva in maniera tumultuosa, sotto la pressione dell’enorme flusso di nuovi residenti provenienti dai Campidani, dalle Barbagie e dall’Ogliastra. Nei quarant’anni compresi tra il 1951 ed il 1991, l’area che, in anni più recenti, è stata definita
“Città metropolitana” accolse oltre duecento mila nuovi abitanti, vedendo raddoppiata la propria popolazione. Un vero e proprio tsunami demografico, generato dalla capacità attrattiva esercitata da Cagliari ma che in larga misura, soprattutto a partire dalla fine degli anni settanta, si riversò sui centri collocati nella cosiddetta prima fascia di conurbazione, cancellandone, in gran parte, le caratteristiche sociali ed urbanistiche originarie.
Come si è visto, soprattutto nei primi due decenni Pula non fece eccezione; la sua popolazione crebbe a ritmi molto sostenuti, confrontabili con quelli registrati per i Comuni più immediatamente contigui al capoluogo. Tuttavia, l’impatto dei nuovi residenti risultò molto meno traumatico rispetto alla maggior parte degli altri centri interessati all’intensa e prolungata turbolenza demografica. La dimensione e la tipologia delle famiglie rimase su valori del tutto simili a quelli originari, e anche il profilo urbano, almeno nella sua parte storica, rimase sostanzialmente inalterato.
Nei decenni successivi al 1971 il trend di crescita dei residenti risultò più contenuto, anche se, comunque, sempre positivo. La popolazione crebbe mediamente di circa cinquanta abitanti all’anno, arrivando a superare le settemila unità al censimento del 2011. Come già nel periodo precedente, l’incremento demografico avvenne senza strappi, consentendo alla comunità pulese di metabolizzarne gli effetti, soprattutto sotto l’aspetto della struttura sociale.
Da quanto appena detto deriva un’indicazione di grande interesse, in funzione delle proiezioni della popolazione residente per il prossimo decennio. Si è detto come a Pula il ritmo di crescita sia rimasto pressoché costante, a partire dai primi anni ottanta, fino alla data dell’ultimo censimento del 2011. Nel frattempo, la maggior parte dei centri che, fino alla fine degli anni ottanta, avevano funzionato da grandi attrattori/contenitori di popolazione, secondo un trend che sembrava inarrestabile, nei decenni più recenti hanno perso gran parte della spinta iniziale. La loro dimensione è ancora cresciuta (con l’eccezione di Monserrato che ha seguito il destino demografico di Cagliari), ma la velocità di sviluppo è risultata progressivamente meno sostenuta. Ad essi, a partire dai primi anni novanta, sembrano essersi sostituiti i centri di seconda e terza fascia, alcuni dei quali, forse impropriamente, considerati esterni all’area metropolitana.
Va detto per chiarezza che i numeri assoluti e relativi che danno conto di queste dinamiche appaiono decisamente più ridotti, rispetto ai primi quattro decenni del secolo scorso. La grande ondata di piena demografica è ormai solo un ricordo. Ciononostante, l’area metropolitana continua ad attrarre popolazione. E a questo contributo esterno alla crescita si aggiunge un notevole dinamismo interno, orientato prevalentemente dal centro verso la periferia. Dai casi che è stato possibile studiare direttamente (Quartu, Capoterra, Monserrato, Assemini, Villaspeciosa, Serdiana e, adesso, Pula), emerge un quadro
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sufficientemente chiaro dei motivi che stanno alla base di questa particolare tipologia di mobilità sociale. Negli ultimi due decenni sono stati moltissimi i casi di famiglie (ma anche di singole persone) che hanno deciso di cambiare il proprio modello di residenza scegliendo, in un ambito urbano meno congestionato rispetto a quello di provenienza, un’abitazione indipendente e dotata, se possibile, di spazi esterni di pertinenza. Una scelta del genere è resa possibile, peraltro, dai costi medi più contenuti delle aree e della abitazioni che consentono di programmare l’acquisto anche alle famiglie che non dispongono di redditi elevati.
Sono questi i motivi che stanno alla base dello sviluppo dei centri collocati alla periferia dell’area metropolitana o addirittura al di fuori dei confini ufficiali della stessa. Uta, Villaspeciosa, San Sperate, Serdiana, Dolianova e altri comuni simili per dimensioni e collocazione risultano, ormai da più di un decennio, in vetta alla graduatoria stilata sulla base del valore relativo di crescita demografica. E a questo dinamismo è strettamente correlato un più basso tasso di invecchiamento della popolazione e un valore più elevato del coefficiente di natalità, sostenuto dalla presenza soprastandard, rispetto alla media dell’area, di famiglie giovani in condizione di mettere al mondo bambini.
È all’interno di queste riflessioni che vanno interpretati i dati relativi allo sviluppo della popolazione di Pula che, nel periodo compreso tra il 1991 ed il 2018, ha registrato un trend di crescita lento ma costante che ha determinato un incremento complessivo della popolazione residente di poco meno di 1.800 unità. In termini relativi la crescita è stata del 28 per cento, valore importante, che si colloca a metà strada tra quelli più elevati calcolati per i centri collocati nella fascia più esterna del comprensorio e i valori più contenuti registrati dai comuni che per decenni hanno guidato la rincorsa tumultuosa alla crescita e che oggi, come si è già ricordato, sembrano aver perso gran parte della propria capacità di attrazione.
I dati appena esaminati, avendo come termine più recente di riferimento il 31 dicembre del 2018, danno conto di un’innegabile capacità di crescita della popolazione del centro in esame anche nei decenni più recenti e ciò – come si avrà occasione di mostrare - nonostante un apporto via via più ridotto fino a risultare negativo del cosiddetto saldo naturale, determinato, come è noto, dalla differenza tra nati e morti fra la popolazione residente. In altri termini, dall’esame di lungo periodo emerge chiara l’indicazione che la città ha conservato fino ai nostri giorni la capacità attrattiva manifestata già a partire dagli anni sessanta del secolo scorso.
Segnali di indubbia vitalità che rimangono tali nonostante l’accenno di inversione del trend demografico registrato nell’ultimo triennio.
Si vedrà infatti che l’elaborazione di dettaglio sui dati relativi agli iscritti ed ai cancellati, resa possibile grazie al prezioso materiale di base fornito dall’Ufficio Anagrafe del Comune, ha permesso verificare che negli anni più recenti il saldo migratorio (iscritti meno cancellati) è risultato molto vicino allo zero, con differenze di segno per le diverse fasce d’età. Ritorneremo su questi dati, la cui elaborazione è risultata fondamentale per la messa a punto delle proiezioni al 2030. Al momento vale la pena di precisare che il rallentamento della curva demografica negli anni più recenti è dovuto in larga misura ai saldi naturali negativi generati dalla contrazione delle nascite registrata negli anni 2015/2018.
Altra questione di grande peso, all’interno delle analisi tese ad ottenere indicazioni utili per il dimensionamento per il prossimo decennio, assume la stima del fabbisogno di unità abitative basata sull’elaborazione dei dati relativi alle famiglie residenti - sia in termini di consistenza e sia di trend evolutivo - resa possibile dalla disponibilità dei dati storici dell’Istat e, per il periodo più recente, dei micro dati forniti dall’ufficio anagrafe del Comune.
Al 16 maggio del 2019 nello schedario anagrafico di Pula risultavano 3.430 schede di famiglie residenti, 348 in più rispetto a quelle contate nell’ottobre del 2011 dal censimento della popolazione. L’esame del trend a partire dal censimento del 1981 mostra come nel periodo osservato il numero di nuclei familiari pulesi sia cresciuto in maniera costante, con un’accelerazione molto forte nel decennio 2001/2011, nel corso del quale l’incremento è risultato pari a +825 unità. Come risulta con grande evidenza, il numero di famiglie è cresciuto molto più rapidamente della popolazione residente.
14 Nell'ultimo periodo di osservazione (2011/2019), in particolare, a fronte di un incremento del 2,5% dei residenti, il numero di famiglie è cresciuto dell’11,3%. L’analisi per singolo anno ha messo in luce come le differenze fra i due andamenti risultino importanti a partire dal 2016, anno nel quale si è registrata l’inversione di tendenza della curva dei residenti, alla quale non ha corrisposto un’analoga modifica del trend dei nuclei familiari che ha proseguito secondo una linea di crescita regolare.
I due differenti andamenti trovano una giustificazione precisa nella progressiva contrazione della dimensione media dei nuclei familiari, il valore dell’indicatore relativo è andato progressivamente calando, fino a sfiorare la soglia dei due componenti per nucleo nel mese di maggio del 2019.
Le cause del fenomeno, che come è noto costituisce uno dei maggiori problemi sociali del nostro Paese, sono molteplici. I figli vanno via, e quando non emigrano formano una nuova famiglia, spesso formata da una sola persona. Il tasso di fecondità, come vedremo più avanti, è da anni in progressivo calo. L’età media del matrimonio (o, più in generale della formazione della coppia stabile) si sposta sempre più avanti anche per la difficoltà di trovare un lavoro stabile e/o di ottenere un mutuo per l’acquisto di una casa. In queste condizioni, si sposta sempre più in là l’età media del primo (e molto spesso unico) parto.
Cause che, come è facile comprendere, interagiscono tra loro e contribuiscono a rendere l’Italia sempre più diversa dal contesto europeo e soprattutto dai Paesi, come la vicina Francia, nei quali i valori degli indicatori sopra citati sono di gran lunga meno allarmanti.
Pula, come si è visto, non fa eccezione. Nell’ultimo periodo di osservazione la crescita del numero delle unità familiari è stata meno rapida rispetto al decennio precedente ma comunque ancora sostenuta.
I dati e le considerazioni presentati fino ad ora costituiscono materiali di base utilizzati per le stime sulla possibile evoluzione del trend demografico per il prossimo decennio da integrare dalla stima del fabbisogno delle unità abitative. Stime che, peraltro, derivano da un’attenta riflessione oltre che sulla specifica situazione del centro in esame, anche su quelle dei centri collocati nel più ampio territorio di appartenenza. Al momento appare sufficiente sottolineare come nella condizione socio/demografica della comunità osservata e, conseguentemente, nella sua capacità di sviluppo, siano presenti sia segnali di forza insieme ad alcuni espliciti fattori di debolezza. Indicatori di segno differente fino ad ora poco conosciuti, sia perché conseguenza di modifiche delle dinamiche sociali ancora troppo recenti e sia perché difficilmente individuabili e interpretabili attraverso le statistiche ufficiali disponibili.
3.2.2 La struttura della popolazione residente
Al 16 maggio del 2019 allo schedario della popolazione residente di Pula risultavano iscritte 7.359 persone, delle quali 3.731 maschi e 3.628 femmine. I valori appena citati fanno si che, con riferimento all’intera popolazione, il rapporto tra femmine e maschi residenti (indice di femminilità) riferito all’intera popolazione si collochi di tre punti sotto il valore 100, che rappresenta la parità assoluta.
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Popolazione residente a Pula al 16 maggio 2019 per sesso e classe d'età.
Indice di femminilità per classe d'età
L'indice di femminilità è calcolato come rapporto tra il numero di femmine ed il numero di maschi (x100) di ciascuna classe d'età
Elaborazione su dati forniti dall'ufficio anagrafe del comune di Pula
La prevalenza dei maschi risulta più spiccata nelle classi d’età meno elevate, con particolare riguardo per la classe relativa ai giovani al di sotto dei 18 anni, per i quali l’indice in questione è pari a 90 ovvero dieci ragazze in meno per ogni cento coetanei maschi. Per converso, le donne, grazie alla loro più elevata speranza di vita, tendono a prevalere, con una progressione crescente, nelle classi di età più anziane, fino a risultare più del doppio dei maschi dopo gli ottant’anni.
Scorrendo i dati e gli indicatori presentati, è possibile avere un quadro via via più dettagliato delle caratteristiche di maggior rilievo dell’attuale condizione demo-sociale della Comunità esaminata. Colpisce, in particolare, il peso della popolazione più matura (di 50 anni ed oltre). Il confronto con alcune delle altre realtà della città metropolitana aiuta ad avere un’dea della dimensione del fenomeno di cui si parla.
La popolazione residente nei diversi comuni osservati ordinata in quattro grandi classi d’età, mostra come il valore misurato per Pula con riferimento ai giovani di età inferiore ai trent’anni - fascia d’età strategica, che rappresenta il futuro delle società pulese - sia molto vicino a quello medio dell’area e superiore soltanto a quello calcolato per Monserrato e per Cagliari, centri nei quali le dinamiche demografiche degli ultimi due decenni hanno generato un fenomeno di invecchiamento che appare inarrestabile.
Situazione già sostanzialmente diversa si registra per l’altra ampia fascia d’età che possiamo considerare strategica, quella relativa ai residenti di età compresa tra i 30 ed i 49 anni che, sotto tutti gli aspetti, rappresenta la parte più produttiva della comunità. I residenti di questa classe d’età sono poco meno del 30 per cento del totale, valore che risulta allineato a quello di un centro ancora molto dinamico come Capoterra e più elevato rispetto a quello di centri come Quartu e Selargius, la struttura demografica dei quali inizia a risentire della rarefazione dei flussi in entrata di nuova popolazione.
Vedremo, nel prosieguo di questa nota, come l’approfondimento dell’analisi – reso possibile dalla disponibilità dei dati estratti dallo schedario anagrafico – abbia consentito di disegnare un quadro molto più sfaccettato, all’interno del quale, insieme ad alcuni indubbi indicatori di sofferenza, sono venuti alla luce elementi di notevole forza e dinamicità, soprattutto per ciò che concerne la struttura per età e la tipologia delle nuove famiglie che negli anni più recenti hanno ottenuto l’iscrizione allo schedario anagrafico del centro in esame.
Proseguendo nell’esame del profilo per età, per le due classi elevate la situazione appare rovesciata rispetto a quella descritta per la classe più giovane. La percentuale di pulesi di età compresa tra i 50 ed i 69 anni risulta in linea con il valore medio dell’area e decisamente più elevato rispetto al dato calcolato per la maggior parte dei Comuni osservati. Particolarmente marcato il fenomeno appare per la popolazione di 70 anni ed oltre. La quota di popolazione anziana risulta infatti decisamente più elevata rispetto a quella calcolata per la maggior parte dei Comuni dell’area.
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Queste prime indicazioni, che forniscono già alcuni importanti spunti di riflessione, sono state approfondite facendo ancora ricorso alla preziosa base informativa costituita dall’archivio delle statistiche demografiche dell’Istat. A questo fine, considerato che il censimento della popolazione del 2011 ha ridefinito la base di calcolo della popolazione residente, si è scelto di effettuare le elaborazioni sui dati relativi ai sette anni immediatamente successivi, compresi tra il 2012 ed il 2019, nel corso dei quali la popolazione residente è cresciuta del 2,5%.
La prima osservazione effettuata risulta statica, essendo costruita attraverso il risultato di due fotografie scattate a distanza di sette anni (1° gennaio del 2012 e 1°
gennaio 2019), grazie alle quali è stato possibile mettere a confronto, alle due date, la struttura per grandi classi d’età della popolazione di Pula.
L’esame dei dati consente, innanzitutto, di misurare la forte contrazione del peso della classe d’età 20/39 anni, che nei sette anni osservati ha avuto un calo di 6,4 punti percentuali.
Si è già ricordato come la perdita di peso di questa importante fascia d’età sia un segnale di tendenziale fragilità sociale, perché ad essa è in larga misura affidato il compito di assicurare la crescita endogena (o, se si preferisce, naturale) della popolazione.
Un’immediata conferma di quanto appena detto deriva, peraltro, dalle statistiche sulla natalità che, per il triennio 2016/2018 segnalano una forte riduzione del tasso di natalità, calo che peraltro, come si dirà meglio più avanti, sulla base dei dati parziali fin d'ora resi noti dall’Istat appare per il 2019 del tutto recuperato.
Come si è detto, su questi temi torneremo, con i necessari approfondimenti, nella parte dedicata alle previsioni demografiche. Ai fini del percorso di analisi al momento appare più rilevante segnalare come la classe inferiore, quella dei giovani di meno di 20 anni, sia molto meno coinvolta nel trend negativo appena descritto. Nel decennio osservato ha perso infatti soltanto lo 0,9% del peso iniziale, valore del tutto in linea con quello misurabile per i centri più dinamici dell’area territoriale di appartenenza.
Anche l’analisi dinamica conferma la difformità di comportamento tra le diverse
Anche l’analisi dinamica conferma la difformità di comportamento tra le diverse