• Non ci sono risultati.

La vicenda giudiziaria del caso Ilva

4.1 Una nuova realtà industriale: le origini dell’attuale

4.1.2 La vicenda giudiziaria del caso Ilva

La difficile convivenza tra i tarantini e l’Ilva in relazione ai notevoli disagi creati dall’industria siderurgica all’ambiente circostante è stata oggetto di numerosi interventi governativi e giurisdizionali inizialmente di carattere emergenziale a cui si sono affiancati provvedimenti di carattere preventivo di difficile collocazione dottrinale. La peculiarità della questione ha origini lontane206, ai controlli sulle emissioni che si sarebbero dovuti avere già negli anni Settanta in applicazione alla legge 616/1966 a cui dovevano seguire le relative autorizzazioni (mai pervenute, se non molto più tardi) da parte della Regione Puglia. Tutto ciò, se non altro, nel rispetto di quanto si leggeva nel documento di politica ambientale sottoscritto solennemente e volontariamente dalla società stessa che si impegnava a “rispettare la legislazione vigente in materia ambientale” e a “supportare lo sviluppo sostenibile adottando il principio del miglioramento continuo in campo ambientale”. L’impatto ambientale dello stabilimento era già talmente elevato da portare il Consiglio dei Ministri a dichiarare l’Ilva di Taranto “area ad elevato rischio

206 MURATORI A, Decreto salva Ilva: scelte difficili, in Amb. e Sviluppo, 1/2013

143

ambientale” tanto che nel 1998, la legge n° 426 qualificava Taranto come sito di bonifica di interesse nazionale che necessita di apposite risorse economiche, successivamente previste dal D.M. n. 468/2001 per il ripristino del sito e la relativa bonifica. In tale direzione, la sentenza della Corte Costituzionale n° 327 del 30 luglio 2008 definisce i tratti qualificanti di un vero e proprio “disastro doloso innominato” in capo all’Ilva, qualificandolo come un "evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi.” che, dal punto di vista offensivo “l'evento deve provocare, in accordo con l'oggettività giuridica delle fattispecie criminose in questione (la “pubblica incolumità”), un pericolo per la vita o per l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone; senza che peraltro sia richiesta anche l'effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti.” Nel 2005 il Ministero dell’Ambiente creava al suo interno una specifica Segreteria Tecnica che definisse gli indirizzi di adeguamento degli impianti dello stabilimento in relazione alle “linee guida per la definizione delle BAT relativa alla lavorazione dei materiali ferrosi”. Nell’aprile 2008 viene stipulato un Accordo di programma per l’area industriale di Taranto e Statte ex art. 5, comma 20 del d.lgs. 59/2005 tra Ministeri dell’Ambiente, della Salute e dello Sviluppo economico della Regione, Enti locali e principali aziende presenti sul territorio, con cui si intendeva ridurre le emissioni di diossina dell’impianto. Nel 2011 viene pubblicata una ricerca

144

coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), il rapporto ”Sentieri” (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), che analizza il profilo di mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di aree industriali in diverse regioni. Tra gli interventi regionali relativi all’impellente emergenza di inquinamento atmosferico, si ricordano nel caso della Puglia, la Legge Regionale 44/2008, recante “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio: limiti alle emissioni in atmosfera di policlorodibenzodiossina e policlorodibenzofurani”, e la Legge Regionale 3/2011, recante “Misure urgenti per il contenimento dei livelli di benzo(a)pirene”.

La prima autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento Ilva di Taranto risale al Decreto DVA DEC – 450 del 4 agosto 2011. Con tale atto il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tenendo conto del parere tecnico proposto dal Gruppo Istruttore della Commissione IPPC e delle risultanze della Conferenza di servizi svolta il 5 gennaio 2011, rilascia l’AIA quattro anni dopo l’ istanza del 28 febbraio 2007 con cui si richiedeva il provvedimento in questione. . In essa sono contenuti i limiti di emissione e le prescrizioni per il loro contenimento, con l’inequivocabile disposizione per cui “Tutte le emissioni e gli scarichi non espressamente citati si devono intendere non ricompresi nell’autorizzazione”.

145

L’AIA così rilasciata ha portato il sindaco del comune di Taranto a chiedere ricorso al TAR di Lecce per richiedere che venissero integrate ulteriori prescrizioni nel provvedimento. Nel frattempo, emergevano nell’inchiesta “Ambiente svenduto” e sull’ILVA stessa le presunte ipotesi di reato riferibili alla gestione ambientale dell’azienda che hanno portato la Magistratura a nuove indagini e procedimenti giudiziari durante i quali sono state acquisite le perizie relative alle ricadute ambientali e sanitarie dell’attività industriale dello stabilimento fino a disporre il decreto del 25 luglio 2012, con cui il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Taranto dispone ex art. 321 c.p.p. il sequestro preventivo, senza facoltà d'uso, di sei reparti dello stabilimento ritenuti causa di emissioni che, secondo i periti, generano “malattia e morte”. Nel decreto in questione si nominano quattro custodi amministratori incaricati al blocco e allo spegnimento immediato degli impianti. La Procura rilevava che “le risultanze tutte del procedimento denunciano a chiare lettere l’esistenza, nella zona del tarantino, di una grave ed attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti convogliate, diffuse e fuggitive, dello stabilimento Ilva Spa207”. Nell’agosto 2012 il decreto del GIP viene confermato dal Tribunale di Taranto in funzione di Tribunale del riesame sottolineando che bisognava sottrarre al gestore la disponibilità delle

207 GIAMPIETRO F, Introduzione al c.d. decreto legge Ilva, Ambiente e Sviluppo, 2013, 5 ss.

146

aree e degli impianti che causavano le emissioni nocive oggetto del provvedimento e che era necessario che gli amministratori prendessero le migliori decisioni per la cessazione definitiva delle sostanze inquinanti. Un nuovo decreto del Gip confermava il sequestro preventivo e ricordava agli amministratori il compito di adottare “tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare le situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse”. Il 26 luglio 2012 viene siglato, intanto, un Protocollo d’Intesa “per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione” tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per la coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia di Taranto, il Comune di Taranto e il Commissario Straordinario del Porto di Taranto. Con il comunicato n° 252/2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale recante decreto del 27 ottobre 2012 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare si rende noto che si è provveduto al riesame dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla Società ILVA Spa ai sensi dell’articolo 29 octies comma 4 del d.lgs 152/2006208.

4.1.3 L’AIA del d.l. 207/2012 e il relativo riesame