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L'Autorizzazione integrata ambientale e il caso ILVA di Taranto

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Indice

Capitolo Primo

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Il diritto e l’ambiente

1.1 Ambiente e diritto: analisi delle fonti internazionali ed europee della normativa ambientale………...4 1.2 Ambiente e diritti: attività economica e sviluppo sostenibile; dalle normative sovranazionali all’approccio

costituzionale………....11 1.2.1 La nozione di Ambiente: da M.S. Giannini alla riforma

costituzionale n° 3 del 2001 del titolo V………...11 1.2.2 Ambiente e Pubblica Amministrazione………...14 1.3 Recezione nazionale delle direttive comunitarie: il codice dell’ambiente e gli strumenti giuridici di tutela ambientale. Il ruolo centrale del diritto amministrativo………...17 1.3.1. Dal diritto europeo al diritto interno……….……...17 1.3.2 Uno primo sguardo al Testo Unico dell’Ambiente: il d.lgs 152/2006 e i suoi elementi caratteristici……….….…...20 1.3.3 I principi del diritto ambientale e la loro rilevanza sistemica per le autorità pubbliche……….……….…..28

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Capitolo Secondo - Prevenzione e responsabilità:

strumenti a confronto

2.1 Principi e valori: un nuovo sistema di limiti e controlli a politiche di sviluppo (economico-sociale) sempre più

sostenibili…..………...….…..40 2.1.1 Principi e valori: da una realtà insostenibile ad una

nuova idea di sviluppo………..…...45 2.1.2 Verso una nuova qualifica di sviluppo: lo sviluppo

sostenibile………48 2.1.3 Sviluppo sostenibile: una rivoluzione

concretizzabile?...51 2.1.4 Alcune caratteristiche della sostenibilità e i nuovi settori di applicazione dello sviluppo sostenibile………...60 2.2 Lo studio delle procedure autorizzative:

da un approccio emergenziale ad uno integrato…...68 2.3 I procedimenti amministrativi ”speciali” in materia

ambientale: la valutazione ambientale strategica e la valutazione dell’impatto ambientale.

Interazione e definizione dei singoli istituti……….………....76 (Segue): Analisi degli istituti: la valutazione ambientale strategica e la valutazione dell’impatto ambientale…….………...…76 2.3.1 La valutazione strategica ambientale…….…………...82

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2.3.2 La valutazione d’impatto ambientale…….……….…..85

2.3.3 Il d.lgs 104/2017 e la nuova VIA………..…………...85

Capitolo Terzo - L’autorizzazione integrata

ambientale

3.1 Autorizzazioni e ambiente: l’Autorizzazione integrata ambientale……….…...…….90

3.1.1 Autorizzare: profili generali………...90

3.1.2 L’autorizzazione e le situazioni di vantaggio……….……...94

3.1.3 L’Autorizzazione integrata ambientale: strumento di tutela sistemica dell’ambiente e mezzo di “prevenzione e riduzione integrate degli inquinamenti”………...96

3.2 AIA: fasi per il rilascio dell’AIA, il riesame e la relativa efficacia………..102

3.2.1 Definizione e iter del provvedimento………...111

3.2.2. Efficacia del provvedimento e rinnovo/riesame dell’AIA...113

3.2.3 VIA E AIA; quali rapporti?...115

3.3 L’Autorizzazione integrata ambientale in Gran Bretagna, in Francia e in Germania: cenni per una prospettiva comparata dell’istituto………..……….115

3.3.1 Gran Bretagna………..……….…….116

3.3.2 Germania………..……….…….117

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3.4 La semplificazione amministrativa; l’ Autorizzazione unica

ambientale………..………...120

(Segue) Le fasi procedimentali della nuova AUA……..….…...124

Capitolo Quarto - Un caso di studio: il ruolo dell’AIA

nel caso ILVA S.P.A di Taranto

Premessa……….……...132

4.1 Una nuova realtà industriale: le origini dell’attuale ILVA……….…….…...136

4.1.1 Dal Novecento ad oggi; il ruolo dei tempi……….…...……136

4.1.2 La vicenda giudiziaria del caso Ilva……….…....…….141

4.1.3 L’AIA del d.l. 207/2012 e il relativo riesame…...…...145

4.1.4 I decreti legge successivi e la situazione ambientale attuale………...…...159

Conclusioni………….………...169

Bibliografia………….………....174

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CAPITOLO I

IL DIRITTO E L’AMBIENTE

“Anche le città credono d'essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.” Italo Calvino - Le città invisibili

1.1 Ambiente e diritto: analisi delle fonti internazioni ed

europee della normativa ambientale

La disciplina ambientale presenta punti di criticità tali da rendere l’Ambiente1 vero protagonista di continua ricerca e studio in ambito sociologico e giuridico. I sistemi di governance del territorio intendono oggi porre maggiore attenzione alla tutela delle risorse ambientali, attraverso la corretta applicazione di leggi, direttive, regolamenti, trattati e strumenti volti a contemperare i tanti e diversi interessi che la miopia del legislatore antropocentrico2 del passato ha alimentato e contrapposto nel tempo.

1 In un’ottica totalizzante dell’ Ambiente come valore, bene, diritto, sistema; oggetto di diritto per cui promuovere una piena tutela sostanziale. Cfr. N. LUGARESI “Diritto dell’ambiente” – IV edizione, CEDAM, 2012 p. 5 e ss.

2 Prospettiva antropocentrica ancora presente nella Dichiarazione di Rio de

Janeiro del 1992, Principio 1:”gli esseri umani sono al centro delle problematiche per lo sviluppo sostenibile (...) essi hanno diritto ad una vita

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Oltre alle osservazioni scientifiche e sociali, l’ambiente, inteso come insieme di beni pubblici3 e valore fondamentale4, espressione di interessi pubblici contrapposti, si presta oggi a una sempre più precisa analisi di costi - benefici ad opera dello Stato che è chiamato a regolamentarne la domanda e ad utilizzare i risultati economici relativi ai costi ambientali a sostegno di nuove politiche e scelte di discrezionalità amministrativa.

Ambiente e diritti, diritto ed ambiente; il riconoscimento dato dapprima a livello internazionale, poi comunitario e in ultimo, nazionale, alla tutela ambientale ha permesso che si avesse una vera rivoluzione copernicana e una conseguente evoluzione della materia. Essa, infatti, è oramai considerata legittima parte in causa del fervente dibattito giuridico, sociale, politico che non può più essere sordo verso i diritti di chi una voce non ce l’ha ma che non nasconde, nel tempo, i suoi effetti e il suo ruolo di attore principale nella vita quotidiana di ogni essere vivente. La tendenza delineata con l’evoluzione tecnologica e la globalizzazione del XX secolo, ha alimentato un surplus di produttività di risorse sul versante industriale e man mano ha solidificato la consapevolezza, sostenuta da molte ricerche

sana e produttiva in armonia con la natura”; E ancora nella direttiva dell’Unione Europea 337/85, secondo la quale nel concetto di” ambiente” risiede “l’insieme degli elementi che, nella complessità delle loro relazioni costituiscono il quadro, l’habitat e le condizioni di vita dell’uomo”

3 MADDALENA P. –“La scienza del diritto ambientale ed il necessario ricorso alle categorie giuridiche del diritto romano”, Riv. Quadrim. Dell’Amb, Giappichelli, n°1, 2011

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nell’ambito delle scienze della natura e dalla tecnica, di trovarsi, con ogni probabilità, di fronte all’esaurimento di alcune fonti di energia e al loro sempre più pericoloso impatto sulla qualità della vita e del pianeta5. Una prima risposta legislativa volta ad una nuova analisi di tali tendenze si ebbe a livello internazionale con la conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972 in cui è stato deciso che gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le risorse in loro possesso, secondo le proprie politiche ambientali e, tuttavia, hanno allo stesso tempo il dovere di impedire che le attività svolte entro la propria giurisdizione o sotto il proprio controllo arrechino danni all’ambiente di altri Stati o comunque a spazi non sottoposti alla sovranità di alcuno Stato. È stato disposto, inoltre, che l’applicazione degli standards ambientali non debba essere per forza omogenea ma tenga conto delle differenze tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo.

Dall’inizio degli anni Settanta, con la prima vera crisi energetica6 e con l’aumento della popolazione e dei consumi, è maturata anche la convinzione che all’insieme di problemi che riassumiamo con l’aggettivo “ambientali” è necessario dare delle risposte precise e ben lontane dalla retorica. Con maggiore distanza dalla teoria, si giunse poi nel 1992 alla Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro che

5 Come confermato dalle analisi del Club di Roma e dal Rapporto sui limiti dello sviluppo del 1972, la responsabilità dei paesi più ricchi e delle aree di più intensa

urbanizzazione nel produrre emissioni che influiscono sul cambiamento climatico appare sempre meno controversa e dà luogo, com’è altrettanto noto, a difficili accordi e protocolli internazionali.

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consacrò definitivamente il legame inscindibile tra protezione ambientale e crescita economica attraverso la Dichiarazione di principi su ambiente e sviluppo (cd. Dichiarazione di Rio), l’Agenda 21 (Programma d’azione globale) e la Dichiarazione di principi sulle foreste. La Dichiarazione di Rio afferma come principale obiettivo la creazione di uno sviluppo sostenibile7 attraverso il quale sia possibile soddisfare le esigenze delle generazioni presenti senza compromettere quelle delle generazioni future. Emerge sempre con maggiore evidenza una nuova attenzione nel diritto per la tematica ambientale tanto che in ambito internazionale l’ambiente viene riconosciuto come «bene comune dell’umanità»8. Con il plan of action per il Global Sustainable

7 Pur non contenendo una definizione generale di sviluppo sostenibile, la Dichiarazione di Rio elenca una serie di principi che ne precisano il contenuto: il principio di equità intergenerazionale; il principio di integrazione delle esigenze di protezione ambientale nei processi decisionali in materia di sviluppo; il principio di partecipazione del pubblico nei processi decisionali; il principio di precauzione; il principio di prevenzione dell’inquinamento transfrontaliero.

8 Le tappe fondamentali dell’affermazione del principio di sviluppo sostenibile a livello internazionale sono: Stoccolma 1972, Conferenza ONU sull’Ambiente Umano; IUCN 1980, Strategia Mondiale per la Conservazione; Commissione Mondiale su Sviluppo e Ambiente 1983 e Rapporto Brundtland 1987; Rio de Janeiro 1992, Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo; Programma d’azione Agenda 21; Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici; Italia 1993, Piano Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile; Aalborg 1994, 1a Conferenza Europea sulle Città Sostenibili; Lisbona 1996, 2a Conferenza europea sulle Città Sostenibili; Hannover 2000, 3a Conferenza Europea sulle Città Sostenibili; Unione europea 2001, VI Piano d’Azione Ambientale 2002/2010; Johannesburg 2002, Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile le cui novità sono sostanzialmente le seguenti: la crescita economica non è la base dello sviluppo; è opportuno distinguere tra crescita e sviluppo; nella piramide

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Developement del XXI secolo si definì il contenuto del principio dello sviluppo sostenibile e si incluse la tutela ambientale come finalità essenziale per la piena garanzia dei diritti umani e della giustizia sociale. A sostegno delle raccomandazioni di Rio e per la loro implementazione nazionale9, in seno all’Assemblea nazionale delle Nazioni Unite nacque la Commission on Sustainable Development. Uno dei Summit più recenti si ebbe nuovamente a Rio, nel 2012. Oltre alla Convenzione sulla biodiversità del 1992 (Nairobi), si segnalano importanti eventi che portarono poi nel 1991 alla Convenzione di Espoo sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero e si diede ampio rilievo all’accesso all’informazione, alla partecipazione del pubblico ai processi decisionali e alla giustizia in materia ambientale nella Convenzione di Aarhus del 199810. Il crescente rilievo dato all’ambiente dal diritto internazionale è stato recepito in ambito comunitario, prima ancora dell’UE, con una serie di Programmi d’azione di cui se ne ricordano sette. Il Primo

dei valori, il pilastro sociale è al vertice dei pilastri economico ed ambientale; comunque nessuno dei pilastri potrà essere considerato a sé stante; è prioritario lo sviluppo rispetto alla crescita economica; è necessario valutare i costi sociali ed ambientali delle politiche

9 L’importanza di un approccio multilaterale e costante e l’affermazione delle best practice con cui favorire lo sviluppo sostenibile furono i temi principali del Wold Summit on Sustainable Development di Johannesburg (2002) 10 Corte di giust., 22 dicembre 2010, C-524/09; Id., 28 luglio 2011, C-71/10. Strettamente collegati: principio di sussidiarietà e di partecipazione o “democrazia ambientale”, poiché senza informazione, ovviamente, non ci possono essere né democrazia ambientale, né sussidiarietà; al principio internazionalistico di cooperazione fra gli Stati e principio costituzionale di leale collaborazione tra le pubbliche amministrazioni; principio di prevenzione.

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Programma d’azione11 in materia fu approvato in seguito al Vertice di Parigi del 1972: in quella sede si stabilì l’impegno degli Stati alla lotta sempre più incisiva contro gli inquinamenti e altri fattori nocivi nel rispetto dell’ambiente, col fine di garantire un miglioramento qualitativo crescente delle condizione di vita. La prospettiva ivi presentata si qualifica come riparatoria rispetto a situazioni di danno ambientale già verificatosi e non di prevenzione, come poi si assiste successivamente.

Dei Programmi d’azione12 successivi si ricordano in particolare, il Terzo13 dedicato al rapporto tra ambiente, crescita economica e occupazione che già prima dell’Atto Unico europeo diede le basi per una politica comunitaria e per un primo sistema di controlli ambientali. Esso permise l’emanazione della Direttiva 85/337 CEE sulla valutazione di impatto ambientale di specifici progetti pubblici e privati per cui bisognava procedere ad un giudizio di sostenibilità ambientale e aprì dunque alla creazione di specifici strumenti che furono poi implementati dal Quarto Programma d’azione del 1987 finalizzato a favorire “i modi di accesso più agevoli da parte del pubblico alle informazioni in possesso delle autorità ambientali”. In tale contesto, si segnala il ruolo della giurisprudenza europea che,

11 GU n. C/112 del 20.12.1973

12 Per una puntuale ricostruzione: Cfr. MASSENA A., Diritto amministrativo e ambiente. Materiali per uno studio introduttivo dei rapporti tra scienze, istituzioni e diritto, Editoriale scientifica, Napoli, 2011

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in presenza dei soli Programmi d’azione14 e non di regolamenti e direttive in materia, con la sentenza del 7 febbraio 1985 C-240/83 e la successiva pronuncia del 10 settembre 1988, C-302/86 suggellò la materia ambientale come “scopo essenziale della Comunità15 ed “esigenza imperativa”16” capace di limitare i principi di libertà del commercio, della concorrenza e di circolazione delle merci.

In senso sempre più definitorio dei diversi settori di azione comune, in un’ottica di tutela dell’ambiente in senso sostenibile, si consideri il Quinto Programma d’azione, per il periodo 1993/1999; il miglioramento della qualità dell’ambiente urbano, la durevole gestione delle risorse naturali, la riduzione del consumo di energie non rinnovabili, il controllo integrato dell’inquinamento sono ambiti di intervento che vedono come diretta destinataria del Programma appena presentato la stessa collettività che, con politiche di sensibilizzazione e informazione alla materia è protagonista essenziale per la buona riuscita delle previsioni in esame. Siamo oggi giunti al Settimo Programma17 che ricomprende nei suoi 9 obiettivi una serie di recenti iniziative ambientali strategiche, compresa la roadmap per l’efficienza delle risorse, la strategia 2020 per la biodiversità e la Low Carbon Economy Roadmap. Esso resterà vigente fino al 2020 e auspica un

14 Strumenti di soft law

15 Corte di Giustizia, sentenza 7 febbraio 1985, C-240/83 16 Corte di Giustizia, sentenza 10 settembre 1988, C-302/86 17 http://ec.europa.eu/environment/action-programme/

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sempre maggiore dialogo tra Unione Europea, scienza e Stati membri in un’ottica sempre più sostenibile.

Proseguendo nell’excursus evolutivo dell’ambiente nel diritto comunitario, fu con la creazione del titolo VII nell’Atto Unico europeo (1987) dedicato ad una prima indicazione dei principi e degli obiettivi ambientali europei18 che si ebbe il primo esplicito riconoscimento dell’ambiente come materia di competenza comunitaria.

L’Unione Europea dal trattato di Maastricht del 199219 ha riconosciuto la politica ambientale come “politica comunitaria” di competenza concorrente tra Stati e Unione (art.4 par.2, lett. e, TUE), le cui decisioni necessitano di una maggioranza qualificata dal punto di vista procedurale. I diversi programmi d’azione trasversali e di “command and control” hanno favorito il ruolo della tutela ambientale come obiettivo politico dell’UE nel trattato di Amsterdam del 1997; esso intende bilanciare i valori della tutela ambientale nel rispetto del principio di proporzionalità20 per cui i principi ambientali idonei, adeguati e necessari a perseguire determinate finalità vengono contemperati ai costi e ai benefici che derivano dall’eventuale interferenze con altre libertà individuali (es: libera concorrenza nel

18 principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga» e mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità 19 DELL’ANNO P., Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, 2004

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mercato)21 e tiene conto, inoltre, del principio di sussidiarietà (art.5 TUE) e di ragionevolezza perché possa realizzarsi una completa e organica armonizzazione dei principi europei in materia con le singole legislazioni nazionali. Il legislatore europeo mostra con evidenza la volontà di includere l’ambiente tra i diritti fondamentali dell’Unione22 stessa accentuandone progressivamente il livello di protezione e prevedendone i limiti in relazione alle altre politiche. L’articolo 11 del TFUE invita i diversi Stati a integrare23 la tutela dell’ambiente tra i diversi valori con cui compiere le proprie scelte politiche come previsto già nel preambolo del TUE per cui si prospetta la promozione del progresso economico in senso sostenibile. Il TUE e TFUE rimandano più volte ad una sempre più piena e attenta garanzia dei valori ambientali al pari di quelli fondamentali della persona tanto da dedicare il titolo XX del TFUE alle politiche

21 FRACCHIA F., Introduzione allo studio del diritto dell’ambiente. Principi, concetti, istituti, Editoriale Scientifica, Napoli, 2013

e ROSSI G., Diritto dell’ambiente, III ed., Torino 2015, p. 11 ss. Si veda: Corte di Giustizia, sentenza 7 febbraio 1985 C-240/83

22 Definito come:”principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di taluni

interessi sugli interessi economici”

Si vedano: Tribunale di I grado, 26 novembre 2002, in cause riunite T-74/00 altre: Artegodam, p.to 184 ripreso in Tribunale I grado, 21 ottobre 2003, in causa T-392/02, Solvay, p.to 121

23 Comunicazione della Commissione europea sul tema Una strategia per integrare l’ambiente nelle politiche UE [COM(1998) 333 def.] del 27/5/1998 e alla Comunicazione della Commissione europea sul tema L’integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche – Un bilancio del processo di Cardiff [COM(2004) 394 def.] del 1/6/2004.

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ambientali (di competenza concorrente tra Stati e Unione). L’articolo 191 del TFUE prevede le attività di rilievo dell’Unione in ambito ambientale; esse sono ascrivibili a quattro categorie di cui si identifica una prima categoria attinente alla salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente, una seconda categoria relativa alla protezione della salute umana, una terza gestione razionale delle risorse e in ultima, quella attinente alla promozione di misure atte a risolvere sul piano internazionale problematiche ambientali di carattere mondiale (climate change)

Appare evidente come anche a livello comunitario la tutela ambientale presenti il proprio carattere di interdisciplinarietà e le venga riconosciuta una necessaria coordinazione in senso programmatico e definitorio delle procedure e dei piani atti ad una sempre migliore attuazione dei mezzi e delle modalità di dialogo tra le diverse istituzioni, con la comunità scientifica e la società.

1.2 Ambiente e diritti: attività economica e sviluppo

sostenibile – l’approccio costituzionale

1.2.1 La nozione di Ambiente: da M.S. Giannini alla

riforma costituzionale n° 3 del 2001 del titolo V.

In dottrina, diversi sono stati i tentativi di definire la nozione giuridica di “ambiente”; da ciò è diversamente considerabile il rilievo

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riconosciuto ad esso nei molteplici modelli di tutela, nella definizione dei vari ambiti di competenza e di innumerevoli, delicati aspetti che ne connotano la materia. Nel tentativo di definire e creare un primo collegamento normativo tra l’ambiente e Costituzione, i principali filoni dottrinali considerano l’ambiente o come materia unica e a sé stante, o viceversa, in senso negazionista, come un complesso di interessi giuridici, caratterizzati da un’intrinseca “necessaria settorialità”24 che verbalmente venivano ricompresi nella

cosiddetta:“tutela ambientale” .

La seconda impostazione risulta però figlia dei tempi in cui è stata teorizzata; l’ambiente, infatti, prima della riforma costituzionale del Titolo V, parte II, avutasi con la legge n°3 del 2001, non veniva esplicitamente menzionato in Costituzione e i soli riferimenti ai suoi diversi ambiti di tutela potevano essere rinvenibili in autonome previsioni costituzionali, quali l’articolo 9 Cost. (diritto del paesaggio) e l’articolo 32 Cost. (diritto alla salute). Il contesto precedente ad una prima affermazione nazionale del diritto ambientale si mostrava altamente frammentario e confuso, presentava diverse leggi di settore che si ispiravano ai principi, ai regolamenti, alle direttive, alle sentenze

24 Settorialità necessaria distinta in tre ambiti differenti: paesaggio, salute e urbanistica (attuale governo del territorio ex art 117 Cost) ; per un’analisi puntuale si rinvia a Cfr: GIANNINI M. S., Ambiente: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, in Riv. Trim. dir. pubbl, 1973 Si vedano inoltre: E. CAPACCIOLI– F. DAL PIAZ, voce Ambiente (tutela dell’). Parte generale e diritto amministrativo, in Nss. D.I., Appendice, I, Torino, Utet, 1980, pp. 257 ss., e A. PREDIERI, voce Paesaggio, in Enc. dir., XXXI, Milano, Giuffrè, 1981, pp. 503 ss.

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interpretative della Corte di Giustizia europea e solo con la legge 349/1986 si ebbe l’istituzione del Ministero dell’ Ambiente che divenne titolare delle funzioni principali che erano state individuate fino a quel tempo, in materia. Il contributo della riforma ha elevato la materia ambientale a valore costituzionale e ha segnato la stessa nel novero delle competenze esclusive dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lett. s25 , conferendo alla competenza concorrente Stato-Regioni la materia “valorizzazione dei beni culturali e ambientali” (art. 117, comma 3). La riforma ha alimentato un vero e proprio dibattito costituzionale che in parte si rifaceva all’originaria diatriba sulla qualificazione dell’ambiente come materia non unitaria26 e che, nel contempo, vedeva l’emergere delle posizioni regionaliste27 che non seppero comprendere come potessero essere escluse dalla legislazione ambientale di competenza esclusiva dello Stato e allo stesso tempo essere destinatarie di competenze esclusive o concorrenti strettamente legate alla tutela ambientale come ad esempio la sanità, la gestione dell’energia, l’agricoltura ecc. La Corte Costituzionale ha dunque ribadito la riserva statale comprensiva dell’individuazione dei

25Tali competenze oggetto di riforma, nel 1972, furono in parte assegnate alle Regioni con una serie di decreti delegati di funzioni; la riforma ha definito le materie di competenza esclusiva dello Stato, delineato quelle di competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni considerando le altre materie non disciplinate nelle due precedenti classificazioni, di competenza esclusiva delle Regioni.

26 Corte cost. 104/2008 , 398/2006

27 Corte cost. 407/2002

Per una puntuale ricostruzione: DELL’ANNO P. , Diritto dell’ambiente, CEDAM, Padova, 2018

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principi e della legislazione ordinaria in materia ambientale28 e ha ammesso la possibilità per lo Stato di attribuire alle Regioni poteri legislativi e/o amministrativi in materia secondo quanto disposto dall’articolo 116 II e III comma Cost., nel rispetto di uno speciale procedimento negoziale che si avvia con l’iniziativa della Regione interessata a cui seguono poi la consultazione degli enti locali, l’adozione di un’intesa Stato-Regione e la previsione del conferimento sulla base di una votazione della legge a maggioranza qualificata. La Corte ha successivamente chiarito che le Regioni, “nell’esercizio delle proprie competenze possono perseguire fra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale - pur rispettando l’assetto di competenze previsto dall’art. 117 Cost, - e solo se tale intento non confligge con gli obiettivi posti dalle norme statali che proteggono l’ambiente”29 La sentenza della Corte Costituzionale numero 214 del 2008 invita inoltre le Regioni ad attenersi alla normativa nazionale in materia, tanto da non derogarvi né in melius né in pejus, riconoscendo allo Stato il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere uniformemente garantiti in tutto il territorio nazionale30, contemperando diversi interessi che attengono alla materia ambientale.

La crescente importanza degli interventi nell’ ambito ambientale manifesta il carattere sociale e solidale che i valori ambientali recano

28 Corte Cost., sent. 364/2006 ; 378/2007 ; 214/2008 29 Corte Cost. 431/2007 e Corte Cost. 104/2008 30 Art. 117 Cost 2 comma, lettera m

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in sè al punto tale da assurgere a veri e propri “doveri che i singoli e lo Stato devono rispettare”31; dall’ analisi dell’articolo 2 della Costituzione per cui: ”la Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà” si è giunti oggi a considerare anche l’ambiente (e l’ecosistema in generale) come oggetto di un dovere di protezione32 che ricade su tutti i cittadini, gli enti e le imprese.

1.2.2 Ambiente e Pubblica Amministrazione

L’interesse all’ambiente, così come tratteggiato dalle fonti sovranazionali e interne, assume rilevanza primaria rispetto ai diversi interessi in gioco, tra cui lo stesso sviluppo economico.

L’affermazione del concetto di “sviluppo sostenibile” come delineato in seguito alla Conferenza di Rio del 1992 e di Johannesburg del 200233, è oggi un vero parametro di valutazione e di liceità dello sviluppo economico e del buon andamento delle attività preposte alla Pubblica Amministrazione.

31 GRASSI S, Introduzione , in ID- CECCHETTI M, ANDRONIO A, Ambiente e diritto, Firenze, 1999, 21 e ss

32 FRACCHIA F., Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, in Dir. Econ., 2/2002 pag 231 e ss. 33 Principio dello sviluppo sostenibile fondato su tre fattori interdipendenti: tutela dell’ambiente, crescita economica e sviluppo sociale.

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Si assiste ad una nuova evoluzione34 del concetto di sviluppo sostenibile che abbraccia al suo interno la natura, la natura umana e quella della terra e la eleva a bene comune35 da tutelare, dando vita al più alto valore dell’ecologia economica, sociale e culturale che dovrebbe diventare parte della vita quotidiana di ogni individuo. Date tali premesse, si arriva ad estendere anche l’idea di “ambiente in senso lato”, come quell’insieme di elementi che includono tutto l’habitat umano, l’equilibrio ecologico del pianeta e degli esseri umani e di tutti i viventi. Da ciò, si impone con forza la visione di ambiente che riflette e favorisce il progresso economico e sociale , che è parte dell’evoluzione dei sistemi sociali, economici e quindi giuridici della società e delle future generazioni; quella di un settore che necessita di sempre più puntuali interrelazioni tra le istituzioni, la società, la scienza e il diritto.

Sviluppo e ambiente, in definitiva, sono ormai da considerarsi elementi destinati a una costante e reciproca integrazione, fondati su un vero sistema di norme e di tutele multilivello. Rafforzando gli elementi finora analizzati, nella sentenza n° 379 del 2007, la Corte Costituzionale afferma che:“… sovente l’ambiente è stato considerato

34 ROSSI G. , L’evoluzione del diritto dell’ambiente, Giappichelli, Riv. Quadrim, Di Dir. dell’Amb., anno 2015 / N°2

35 Marciano nel famosissimo D.1.8.2.1 (Marcianus libro terbio institutionum).

“Et quidam naturali iure omnia communia sunt illa : aer, aqua profluens, et mare,

et per hoc litora maris”. Il concetto comune di ambiente è già indicato in nuce in questo testo di Marciano

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come “bene immateriale”. “Sennonché, quando si guarda all’ambiente […] è necessario tener presente che si tratta di un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole Componenti [...] oggetto di tutela è la biosfera, che viene presa in considerazione, non solo per le sue varie componenti, ma anche per le interazioni tra queste ultime, i loro equilibri, le loro qualità, la circolazione dei loro elementi, e così via. Occorre, in altri termini, guardare all’ambiente come “sistema”, considerato cioè nel suo

aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto. […] spetta allo Stato disciplinare l’ambiente come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto”.

Lo studio dinamico degli istituti e dei principi strettamente legati alla tutela dell’ambiente è inoltre terreno fertile di riflessione per la teoria generale del diritto; risulta riduttivo e poco agevole tentare di ascrivere nelle diverse categorie generali le diverse trasformazioni, relazioni ed evoluzioni che caratterizzano e rendono unica la materia in analisi e che ne rilevano dunque la complessità e relativa incertezza36.

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1.3 Recezione nazionale delle direttive comunitarie; il

codice dell’ambiente e gli strumenti giuridici di tutela

ambientale. Il ruolo centrale del diritto amministrativo.

1.3.1 Dal diritto europeo al diritto interno.

Il processo di armonizzazione dei principi ambientali di matrice europea è avvenuta in tempi e modalità differenti nelle diverse realtà dell’Unione. Gli Stati hanno poi accolto l’onere di creare una vera e propria politica ambientale che si è concretizzata in interventi

legislativi interni .

In Italia, autorevole dottrina37, distingue quattro fasi in cui si è manifestata la crescente sensibilità ambientale del Legislatore nel

nostro ordinamento.

Da una iniziale totale assenza di disposizioni in materia per una tutela ambientale diretta e immediata, ignorata da una visione incentrata al solo sviluppo economico e urbanistico, si è giunti ad una seconda fase, negli anni settanta, caratterizzata da una maggiore attenzione a diversi settori di rilevante interesse pubblico quali la sanità pubblica o l’urbanistica per cui si constata un ruolo centrale e suppletivo del diritto amministrativo e civile da parte della giurisprudenza penale. Soltanto dagli anni ottanta, notevolmente in ritardo rispetto al restante

37 FONDERICO F, La tutela dell’ambiente , in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, cit., 2015 ss, Giuffrè, 2003

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contesto europeo, si assiste a una copiosa attività normativa interna, sostenuta dai contributi della dottrina e della giurisprudenza nazionale e comunitaria38. Inizia così una smodata, caotica produzione di decreti legislativi, leggi e regolamenti spesso di carattere emergenziale, finalizzati a definire i diversi aspetti e settori del diritto dell’ambiente nell’ordinamento italiano. Mancando un organismo centrale di governo e di amministrazione dell’ambiente nel 1986 con la legge n°349 nasce, accanto al Ministero dei beni culturali ed ambientali, il Ministero dell’ambiente, attuale Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare. L’ambiente ottiene così un autonomo dicastero39 finalizzato a promuovere un regime amministrativo speciale attraverso specifici poteri e ambiti di intervento strettamente affini alla materia ambientale. È già con la stessa legge del 198640 che vengono integrati principi di matrice europea quali il principi di prevenzione, di integrazione, di risarcibilità del danno ambientale, di proporzionalità ed adeguatezza; nascono istituti giuridici come: la valutazione d’impatto ambientale, la dichiarazione di area a grave rischio di crisi

38 1976/1977 Anni in cui si ebbe una prima recezione dei principi comunitari in materia ambientale;

si veda: DELL’ANNO P., Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, CEDAM, Milano, 2004, p.36.

39 FONDERICO F., La riorganizzazione del ministero dell’ambiente, in

Giorn. dir. amm., 2000, 876 ss.;

SAVINO M., Il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, in Giorn. dir. amm., 2001, 1091 ss.

40FONDERICO F., L’evoluzione della legislazione ambientale, in Riv. giur. edilizia, 2007

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ambientale, il danno ambientale. Si assiste alla creazione di nuove situazioni giuridiche soggettive quali il diritto di accesso all’informazione ambientale in favore di ogni cittadino, il diritto di partecipazione al procedimento di valutazione d’impatto ambientale, e con la formazione delle associazioni ambientaliste41, viene riconosciuta loro la legittimazione a ricorrere in giudizio a tutela dell’interesse ambientale “diffuso”. Tali elementi “innovativi” diventano imprescindibili capisaldi dell’attività amministrativa come viene poi confermato dalle successive leggi sull’ordinamento locale e dalla legge n° 241 del 1990 sul procedimento amministrativo.

Ricordando parte della forte produzione legislativa statale volta a dare una “lettura quadro” a diversi settori, viene emanata la legge 979/1982 per la difesa del mare, la legge 431/1985, c.d. Legge Galasso (ambiente-paesaggio), la legge 183/1989 sulla difesa del suolo, la legge 394/1991 sui parchi e le riserve naturali i “testi unici monosettoriali innovativi” ossia i vari decreti “Ronchi” su rifiuti, acque e rischio industriale e molte altre, fino a giungere a vari tentativi di codificazione42 del diritto ambientale ed in ultimo al Nuovo Testo Unico Ambientale, il d.lgs. n°152 del 2006.

41 ANPA, ISPRA, ANTA, ecc. riconosciute ai sensi dell’art 13 l. 349/86 e successive modificazioni ; www.minambiente.it

42 FONDERICO F., La codificazione del diritto dell’ambiente,in Italia: modelli e questioni,in Riv. trim. dir. pubbl., 2006

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1.3.2 Uno primo sguardo al Testo Unico dell’Ambiente:

il d.lgs 152/2006 e i suoi elementi caratteristici

Rubricato come “norme in materia ambientale”, il Testo Unico dell’Ambiente si compone di sei parti; a dispetto del nome, il nuovo “Codice dell’Ambiente” necessita ugualmente di continue integrazioni con i principi e le direttive comunitarie43, con alcune normative previgenti44 e lascia ampia autonomia alle materie per cui già nel 2004 era stata prevista una delega di riordino dei diversi settori45. Il Testo Unico intende abrogare e innovare altre materie, come ad esempio la legge sulla difesa del suolo per cui comunque oggi resta una vera e propria lacuna normativa. Ancora una volta, l’intento unificatorio del Legislatore interno in materia ambientale sembra risentire della forte frammentazione che si intendeva eliminare. Diversamente dal codice

43 In ossequio dell’art. 1 della legge n. 241/1990, tra i

principi che devono essere rispettati nello svolgimento del’attività amministrativa, si richiamano quelli dell’ordinamento comunitario.

TAR Lazio, sent. N° 5118 , 31/5/2004 sez. I, Roma

44 Anomala deroga al criterio temporale delle leggi (tempus regit actum). Art 15 preleggi codice civile.

45 Legge n°308 del2004 ; I settori e le materie individuate dalla legge di delegazione sono: a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b) tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche; c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione; d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna; e) tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente; f) procedure per la valutazione di impatto ambientale, per la valutazione ambientale strategica e per l’autorizzazione ambientale integrata; g) tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.

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ambientale francese46, l’attuale testo unico italiano mal si presta a una vera e propria definizione di “codice”; per il suo carente carattere innovativo, per la costante etero integrazione delle norme e una evidente disorganicità interna a cui si aggiunge la mancanza di una “parte generale”47; il d.lgs 152/2006 resta ben lontano da una prospettiva omogenea e romanistica di codice48. A riprova della marcata a-sistematicità del d.lgs n°152 del 2006, numerosi sono stati i decreti correttivi e legislativi che si sono susseguiti negli ultimi anni; l’attuazione della legge delega n° 308 del 2004 ha reso ben più flessibile l’apparato normativo ambientale e alimentato diverse perplessità sulle stesse modalità con cui le correzioni e gli interventi sono stati elaborati, con riferimento alle stesse garanzie costituzionali. La stessa legge delega all’articolo 1 comma 7 e l’articolo 3 comma 1 del Testo Unico Ambientale, ripreso dall’articolo 3 bis del decreto legislativo 128/2010 prevedono che le integrazioni, deroghe, abrogazioni e modifiche al d.lgs 152/2006 debbano avvenire esclusivamente in modo espresso e specifico. Intese come “norme sulla normazione e sull’esercizio dell’attività

46 Si veda (a cura di DE CAROLIS D., FERRARI E, POLICE A), “La carta costituzionale dell’ambiente “in “Ambiente, attività amministrativa e codificazione” .Giuffrè, 2006, p. 83 e ss.

47 ROSSI G., Le fonti, in Diritto dell’ambiente, a cura di G. Rossi,Torino, 2008, 47, con bibl. alle pp. 48 s.

48 SOLIDORO L.,” Codici antichi e codici moderni” in “I percorsi del diritto. Esempi di evoluzione storica e mutamenti del fenomeno giuridico”, Giappichelli, Torino 2011, p. 1/36

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amministrativa” con quelle che riprendono i principi costituzionali e quelle che rinviano ai principi comunitari si compensa in quella “parte generale” mancante nel Testo Unico in analisi. Le perplessità iniziali restano presenti anche nelle diverse fasi di raccordo e attuazione con le discipline speciali, (si pensi agli otto allegati relativi alla normativa tecnica), riflettendo ancora una volta le connaturate “patologie” sistemiche proprie della materia, ben lontane dall’essere arginate e corrette una volta per tutte. La caoticità è ancor più espressa dall’articolo 3 bis49 terzo comma che, tentando di dare maggiore coesione alla materia, pare voler derogare allo stesso principio del tempus regit actum elevando le recenti correzioni alle disposizioni ambientali a mo di “leggi rinforzate”50 e vincolando il legislatore futuro ai “principi sulla produzione del diritto ambientale” in esso contenuto. Si nota una sorta di generale confusione nel legislatore che sembra voler affermare con forza delle preclusioni a future modifiche con leggi ordinarie che per la stessa natura del diritto dell’ambiente, dal 2001, non potrebbero comunque avere alcuna efficacia su una materia di competenza esclusiva statale51. Gli articoli 3 ter e 3 quater, recependo i principi internazionali ed europei e non di meno, dando

49 D.lgs 4/2008

50 Inesistenti nel nostro ordinamento, confuse probabilmente con la contrapposizione tra leggi generali e leggi speciali. Per una fedele ricostruzione della questione: DELL’ANNO P. , Diritto dell’ambiente, CEDAM, 2018

51 Corte Cost. sent. 214/2008 Corte Cost. Sent 62/2008 Corte Cost sent 378/2007

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attuazione al nuovo assetto previsto dalla riforma del Titolo V del 2001, riaffermano quel principio di solidarietà già precedentemente analizzato, ai sensi dell’articolo 2 e articolo 3 della Carta Costituzionale per cui tutti i soggetti pubblici e privati sono chiamati a garantire la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi e conformare ogni attività giuridicamente rilevante al principio dello sviluppo sostenibile. È lo stesso articolo 3 bis al secondo comma che attribuisce poi alle Pubbliche Amministrazioni una serie di indicazioni relative al pieno esercizio dei poteri rimessi loro dalla legge 241/1990.

Si assoggetta l’attività provvedimentale al principio dello sviluppo sostenibile e si delimita il raggio di azione della discrezionalità amministrativa52, nella sua attività di valutazione comparativa di interessi pubblici e privati, ritenendo in essa prioritari gli interessi ambientali e del patrimonio culturale. Quest’ultimo tentativo di ricondurre due materie assestanti ad un unicum parametro di valutazione viene comunque corretto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 85 del 201353 affermando che non possa esistere una prevalenza di interessi costituzionali su altri e ciò è da estendersi anche a quelli attinenti alla tutela ambientale, essendo necessario un bilanciamento degli stessi in relazione ai diversi casi concreti. I decreti correttivi n° 128 del 2010 e n° 4 del 2008 hanno introdotto l’articolo 3 quinquies nel d.lgs 152/2006 che interviene definendo e distorcendo in

52 Articolo 3 quater, comma 2

53 Sul caso ILVA, si ritornerà a riguardo nel proseguo della presente trattazione.

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parte gli indirizzi dati dalla Corte Costituzionale in tema di sussidiarietà orizzontale, avuti in seguito alla riforma costituzionale n°3 del 2001, cui si fa rimando al paragrafo precedente. Il “fai da te” regionale che si ammette con il secondo comma dell’articolo 3 quinquies sconfessa il nuovo assetto di competenze frutto della riforma. Il giudice costituzionale ha in parte contemperato tale diverso orientamento, svilendo la riserva legislativa statale54 dell’articolo 117 II comma lett.s Cost, prevedendo che quanto disposto dall’articolo 3 quinquies II comma possa comunque permettere una sorta di deroga a favore della legislazione regionale qualora essa riguardi materie concorrenti e attigue alla tutela ambientale a patto che abbiano ad oggetto:“forme di tutela ambientale più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del territorio”55.

L’ordinamento italiano, seppur nelle diverse contraddizioni presenti nella disciplina in questione, ha inteso recepire con l’articolo 3 quinquies III e IV comma, il principio di sussidiarietà e di leale collaborazione56 così come inteso dall’articolo 5 del Trattato dell’Unione Europea.

54Corte Cost, sent. 214/2008 55Corte Cost; sent. 197/2004 Corte Cost. sent. 58/2013 Corte Cost sent. 325/2011

56 Si rimanda all’analisi dell’art. 191, commi 2 e 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione in cui deve essere tenuto in considerazione il principio di differenziazione nella piena attuazione del principio di sussidiarietà e di adeguatezza. Esso implica che l’Unione, nel legiferare in base al principio di sussidiarietà, debba comunque lasciare aperta la possibilità che i singoli Stati membri, o determinati enti territoriali che

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In una breve prospettiva comparatistica, appare ben intuibile comprendere come in Stati caratterizzati da un forte federalismo interno, come la Germania o il Belgio, alcuni principi come il principio di sussidiarietà e adeguatezza (art. 5 TUE) hanno avuto una diretta applicazione presentando modelli di decentramento e distribuzione delle diverse funzioni normative e amministrative ben più affini alla forma federale. Segnatamente a questo principio, l’Unione Europea ascrive la materia “ambiente” di competenza concorrente tra gli Stati e l’UE e prevede, a garanzia di un sufficiente ed effettivo grado di tutela, interventi specifici di politica ambientale solo con riferimento alle materie di propria competenza (art 5, par 2) al fine di attuare le politiche del libero mercato nel rispetto del principio di integrazione della materia ambientale. Si assiste ad ipotesi specifiche di accentramento amministrativo da parte dell’UE in senso ascendente che sebbene vada in direzione opposta alla sussidiarietà orizzontale e verticale prevista tra Stato, Regioni ed enti locali nel nostro ordinamento, condivide la ratio di tali diverse allocazioni.

Con il d.lgs 4/2008, l’articolo 3 quinquies III e IV comma prevede che:” “lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell’azione prevista, in considerazione delle

abbiano capacità normativa nei singoli ordinamenti nazionali, per fronteggiare situazioni peculiari e specifiche relative ai territori dei medesimi Stati introducano integrazioni, deroghe, miglioramenti o anche possibili peggioramenti del livello di tutela ambientale previsto in ambito europeo. Si rinvia a RENNA M, I principi in materia di tutela

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dimensioni di essa e dell’entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati. Il principio di sussidiarietà opera anche nei rapporti tra Regioni ed enti locali minori.”; esso si atteggia a un evidente collegamento della normativa interna agli elementi costitutivi della stessa sussidiarietà57 europea, di carattere cooperativo58. Corollari di tale principio sono il principio di proporzionalità e di adeguatezza: l’adeguatezza postula che la sussidiarietà “verso l’alto”59 debba necessariamente prevalere ogniqualvolta si verifichino situazioni in cui la concreta capacità (organizzativa, finanziaria, etc.) di un’amministrazione inferiore o locale di risolvere delle questioni attinenti alle proprie competenze sia insufficiente o inadeguata. La proporzionalità si manifesta concretamente nel risultato e nel processo che sottende ogni valutazione delle Pubbliche Amministrazioni che, nel rispetto dei principi sull’attività provvedimentale e riprendendo quanto disposto

57 Sul punto, si rinvia a RENNA M., I principi di sussidiarietà,adeguatezza e differenziazione, in AA. VV., Studi sui principi del diritto amministrativo,

Milano, 2012

MADDALENA P.,La giurisdizione della Corte Costituzionale in materia di tutela e fruizione dell’ambiente e le novità sul concetto di “materia”, sul concorso di più competenze sullo stesso oggetto e sul concorso di materie,cit. p.691

58 SPADARO A, Sui principi di continuità dell’ordinamento, di sussidiarietà e di cooperazione tra Comunità/Unione Europea, Stato e Regioni, Riv. trim. dir. pubbl., 1994, 1081

59 RENNA M, I principi in materia di tutela dell’ambiente, Riv. Quadrim. Dir. Amb. , Giappichelli, numero 1-2, 2012

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dall’articolo 191 III comma del TFUE prevede che si proceda ad ogni livello governativo ad un bilanciamento di interessi e tra gli stessi diversi interessi ambientali tenendo conto:”dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione”.

Segnatamente alla recezione di principi tipici60 della materia ambientale si individuano il principio di precauzione, il principio dell’azione preventiva, quello di correzione alla fonte e in via prioritaria dei danni all’ambiente, il principio dell’elevato livello di tutela e del “chi inquina paga”.

1.3.3 I principi del diritto ambientale e la loro rilevanza

sistemica

È l’articolo 3 ter che richiama in senso generale il principio di precauzione che è ripreso a sua volta agli articoli 304 e 301 sulla responsabilità dell’operatore in caso di pericoli all’ambiente e dall’articolo 1 della legge n° 36 del 2001 sull’inquinamento elettromagnetico. L’emersione di tale principio si giustifica in un’ottica che mira al raggiungimento dell’elevato livello di tutela degli interessi ambientali, così come previsto dall’articolo 191, II comma del TFUE e dall’articolo 3 comma III del TUE. Mentre lo speculare principio di prevenzione fonda le proprie radici sulla certezza scientifica per cui ad

60 CAFAGNO M., Principi e strumenti di tutela dell’ambiente, come sistema complesso, adattativo, comune. Torino 2007

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un determinato evento possano conseguire effetti dannosi all’ambiente, scientificamente misurabili, la precauzione sfugge dai confini delle valutazioni scientifiche e ammette la legittimazione all’azione rispetto al mero “rischio” che determinate condotte umane possano nuocere gravemente alla salute umana, alla sicurezza e alle risorse ambientali, quand’anche per esse la scienza non possa avere risposte e risultati certi in termini di gravità o estensione del pericolo stesso61.

In una recente pronuncia, la Corte di Giustizia62 ha precisato che si è di fronte ad un rischio per cui poter agire in attuazione del principio di precauzione63 qualora in relazione alla valutazione di un piano o di un progetto esso presenti un rischio che non possa essere escluso con riferimento ad elementi oggettivi che intacchino il sito64 interessato. Tale principio, come gli altri a seguire, evidenzia le forti tensioni che possono sorgere tra interessi privati, libera concorrenza e interessi pubblici seppure si richiede, come contro limite, che le misure in materia ambientali siano proporzionate e dunque necessarie e adeguate

61 Corte di Giustizia, 5 maggio 1998, causa C-180/96, punto 99 Trib I grado, sent. 26 novembre 2002, causa T-74/00

62 Corte di Giustizia, 7 settembre 2004, in causa C-127/02

63 C. Stato, sez. IV, 27-03-2017, n. 1392. Il «principio di precauzione», di derivazione comunitaria, giustifica l'adozione di misure di protezione nelle ipotesi in cui sussistono incertezze scientifiche riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone; il principio di precauzione, infatti, lungi dal vietare l'adozione di qualsiasi misura in mancanza di certezza scientifica quanto all'esistenza o alla portata di un rischio sanitario, può, all'opposto, giustificare l'adozione, da parte del legislatore dell'unione, di misure di protezione quand'anche permangano in proposito incertezze scientifiche.

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alle finalità che si intendono conseguire. Gli interventi a sostegno di tale principio devono inoltre risultare coerenti con provvedimenti già adottati, non discriminatori, basati su un’ analisi di costi - benefici65 specifica, definitori della responsabilità o dell’onere della prova attinente al rischio per cui viene comunque richiesta una valutazione scientifica e un costante monitoraggio dei risultati conseguibili nel tempo66. Diverse e spesso contrastanti sono le sentenze dei vari tribunali amministrativi regionali che tentano di definire i contorni applicativi del principio in analisi; il TAR Piemonte, con la sentenza n°2294 del 3 maggio 2010 ha affermato che, in materia di rifiuti e relativi nulla osta, si escludono interventi di maggiore protezione da parte delle autorità qualora l’amministrazione centrale abbia già definito, sulla base di dati scientifici, con specifico e puntuale provvedimento relativo a un rischio potenziale o in fase di studio, la portata applicativa del principio di precauzione ad un determinato fenomeno. Non mancano tuttavia, pronunce di taglio opposto e ben più

65 Per quanto sul punto, la Comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000 ha affermato che “l’esame dei vantaggi e degli oneri non può ridursi soltanto ad un’analisi economica costi/benefici. Tale analisi è più vasta nella sua portata e comprende considerazioni non economiche. L’esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un’analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile. Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quello relativo all’efficacia delle opzioni possibili e alla loro accettabilità da parte della popolazione. È possibile, infatti, che una società sia pronta a pagare un costo più elevato al fine di garantire un interesse, quale l’ambiente o la salute, riconosciuto come di grande rilievo.”

66 GRASSI S., Prime osservazioni sul principio di precauzione nel diritto positivo, in Dir. gest. amb., 2001, pp. 45 ss.

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estensive delle maglie di applicazione del principio di precauzione da parte delle singole pubbliche amministrazioni.

In una nota direttiva europea, la 96/62 CE, il legislatore ha inteso definire cosa si intende per “convivenza con un rischio”, precisando che l’esistenza di un rischio spesso comporta necessari provvedimenti che limitino eventuali danni ambientali non di rado direttamente pregiudizievoli del diritto alla salute; situazioni simili comportano interventi puntuali che rilevano i parametri dei principi di prevenzione e di precauzione. Il successivo decreto legislativo67 attuativo di tale direttiva ha dato vita ad un insieme di obblighi per i diversi soggetti interessati e per le amministrazioni, manifestando la necessaria sinergia dei due principi in materia di regolazione degli stabilimenti con sostanze pericolose. A garanzia di un’azione preventiva volta ad evitare la comparsa di danni ambientali, risulta necessario un sistema di autorizzazioni e costanti scambi di informazioni68 per cui la partecipazione della collettività e degli enti locali all’attività informativa con pareri e consultazioni appare essenziale; sulla base della sola precauzione69, si legittimano, inoltre, una serie di misure atte ad evitare l’effetto domino anche solo potenziale di determinati eventi.

67 D.lgs 334/1999 in materia di responsabilità ambientale

68MANFREDI G, Osservazioni su ambiente e democrazia, in Riv. giur. amb., 2010, 293 ss.. In giurisprudenza, sulla Convenzione di Aarhus e sulla

disciplina comunitaria del diritto di accesso alle informazioni ambientali, si cfr.: Corte di giust., 22 dicembre 2010, 524/09; Id., 28 luglio 2011, C-71/10.

69 il presupposto delle misure precauzionali è il “rischio probabile” anziché il

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Si ricordi inoltre la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, dell’ 8 marzo 2017, n. 1089 per la quale:” ai sensi degli art. 242, 1º comma e 244, 2º comma, d.lgs del 3 aprile 2006, n. 152, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla p.a. solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento, e cioè quelli che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato; d'altra parte se è vero, per un verso, che l'amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria - la quale impone al soggetto, che fa correre un rischio di inquinamento, di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione - per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra, pertanto, nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i

DE LEONARDIS F., Il principio di precauzione nella recente codificazione, cit., 86.

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danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'accertamento del dolo o della colpa.”70 In risposta a tali esigenze preventive e precauzionali, con il grande contributo della giurisprudenza, assume una posizione di rilievo il principio del “chi inquina paga”71, anticipato in parte dalla precedente pronuncia. Esso viene inserito nel nostro ordinamento come principio di chiusura e di raccordo degli altri principi cardini della materia ambientale che ha come intento quello di incentivare i responsabili dell’inquinamento ad una rivalutazione dei propri costi in termini di esternalità così da valutare prestazioni alternative con minor impatto ambientale72. Considerato anche vero e proprio criterio di efficienza economica volto a favorire l’utilizzo razionale delle risorse naturali, tale principio contempera in sé la promozione di nuove tecnologie, processi e attività con minore impatto ambientale e, come confermato dalla recente giurisprudenza del giudice amministrativo italiano, si individua nel principio «chi inquina paga» una funzione preventiva degli eventi dannosi, poiché esso esprime anche il tentativo di

70 www.ilforoitaliano.it ; Si fa qui accenno ai profili relativi alla responsabilità per danno ambientale su cui si tornerà con maggiore attenzione nel corso della trattazione;

71 Articolo 3 ter d.lgs 152/2006

72 Cons. Stato, sez. V, 30-07-2015, n. 3756. “Nel rispetto del principio euro-unitario del «chi inquina paga» ed in base a quanto previsto dall'art. 244 t.u.a., può essere obbligato ad effettuare la caratterizzazione, l'analisi del rischio e la bonifica del terreno contaminato solo colui che abbia causato la contaminazione; pertanto, al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, è necessaria la ricerca di prove certe e inequivoche, e non ci si può basare su mere presunzioni.”

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internalizzare i costi sociali connessi al degrado ambientale e di “incentivare la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi, nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell’ambiente con conseguente minor prezzo delle merci prodotte senza incorrere nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione per le imprese a non danneggiare l’ambiente.” Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n° 3885 del 16 giugno 2009.

Con riferimento alla direttiva 2004/35 CE , la recezione nazionale dei principi di responsabilità per danno ambientale nel nostro Paese rilevava l’esistenza di responsabilità per danno ambientale qualora al soggetto agente fosse ascrivibile la colpa o il dolo per il fatto illecito compiuto; l’assenza di una responsabilità oggettiva per le attività pericolose (indicate dall’allegato III) ha comportato la successiva procedura di infrazione che ha visto protagonista l’Italia per l’errata interpretazione della direttiva in materia. Il principio «chi inquina paga» costituisce il motore della politica ambientale dell’Unione Europea nel suo rapporto con le Istituzioni e, al contempo, la regola giuridica precettiva su cui si fonda tutto il sistema di responsabilità e di azione amministrativa in materia ambientale che si estende a tutti i soggetti73; il nuovo articolo 3 ter del d.lgs 152/2006 e gli espliciti

73 LOMBARDO M, Il principio chi inquina paga e la responsabilità ambientale da inquinamento diffuso nel diritto dell’Unione Europea, in Dir. UE, 2011, 3, 719

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riferimenti al principio in materia di servizi idrici, in materia di servizio di fognatura e depurazione, nella gestione dei rifiuti ed in materia di bonifica dei siti contaminati impongono ai responsabili di comportamenti inquinanti costi relativi alle misure di prevenzione e di riparazione conseguenti la mancata attuazione delle normative e

misure di controllo ambientale.

Rimandando al prosieguo della trattazione l’approfondimento di talune questioni attinenti, specialmente, il profilo della responsabilità per danno ambientale, i delineati connotati teorici della disciplina ambientale vedono come strumenti attuativi di varia natura. Le politiche ambientali si avvalgono oggi di strumenti che ne assicurano una piena tutela “nel mercato” o “attraverso il mercato”74, sorti a sostegno del grande rilievo che tale valore assume nel bilanciamento con le altre libertà fondamentali, e di risposta, da parte delle imprese, all’applicazione del principio “chi inquina paga”75. Accanto ad essi, di più remota creazione, persistono e manifestano un ruolo centrale gli strumenti economici, quali tasse ambientali e

74 CLARICH M., La tutela dell’ambiente attraverso il mercato, Relazione al Convegno dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo su Analisi economica e diritto amministrativo, Venezia, 29 settembre 2006,

reperibile all’indirizzo

www.giustiziaamministrativa.it/documentazione/Clarich_Ambiente_mercato. htm.

75 Si segnalano I certificati Verdi e bianchi, il Protocollo di Kyoto, green procurement, ecolabel, emas, gli accordi ambientali per cui il ruolo delle PA non è escluso; si rimanda a MASSERA A., Diritto amministrativo e ambiente.materiali per uno studio introduttivo dei rapporti tra scienze, istituzioni e diritto, Editoriale Scientifica, Napoli,2011, p. 80 e ss

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sussidi76, e i sistemi tradizionali, autorizzativi e non economici di “command and control77” quali ad esempio le autorizzazioni preliminari alla costruzione di un impianto o all’avvio di un’attività e le prescrizioni (post operam o di carattere preventivo), gli atti di pianificazione o di programmazione, la previsione di limiti massimi di immissioni (sistema di cap and trade) ed eventuali sanzioni, le ordinanze con tingibile e urgenti, le normative tecniche e le relative procedure di VAS e VIA78. Le misure presentate, seppur oggetto dei diversi decreti correttivi e in parte modificati dai procedimenti semplificazione amministrativa, presentano i caratteri indefettibili dei provvedimenti devoluti alle autorità pubbliche e qualora la legge ammetta limiti quantitativi ben specifici, non ammettono l’uso della notifica di inizio di attività o il ricorso al meccanismo del silenzio assenso o delle PA79. L’intento delle Pubbliche Amministrazioni di attuare quel bilanciamento, già sostenuto in ambito comunitario, tra libertà di impresa (comprensiva delle scelte organizzative e gestionali del titolare) e gli altri interessi sociali in attuazione dell’articolo 41 II comma della Carta Costituzionale, ha visto più volte da parte della giurisprudenza il prevalere di un crescente “favor naturae”80 che ha permesso all’ambiente di ottenere una tutela sempre più estesa e

76 PIGOU A.C., The economics of welfare, London, 1952;

77 Sistemi che prevedono la fissazione di standard, limiti o divieti generali 78 DELL’ANNO P. , Diritto dell’ambiente,Cedam, Padova, 2018 p15e ss. 79 Articolo 19 I comma, legge 241/1990

80 MORBIDELLI G, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, in Scritti Predieri, Milano , 1996 , vol II, pag 1165 e ss.

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incisiva, solidale e integrata.

Gli innumerevoli aspetti che identificano i singoli mezzi con cui l’intervento pubblico esplica la propria attività di prevenzione, regolazione e controllo presentano tutt’ora caratteristiche particolarmente complesse e aprono a diverse questioni a cui il diritto, la scienza, le istituzioni e l’opinione pubblica sembra non potranno mai esimersi dal cercare risposte e soluzioni sempre più innovative e attuali.

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