• Non ci sono risultati.

Durante la dominazione spagnola Cauriani disconobbe di fatto l'intero sistema amministrativo piombinese, nonché le relative norme351 e da un intervento di Francesco Lupi nel Consiglio dei Quaranta del 14 febbraio 1552352 si deduce che anche la Magistratura

Pupillare non doveva godere di particolare salute. L'intervento scaturisce dalla premessa che, a causa della tragica situazione economica del territorio, i minori rimasti orfani versavano in condizioni drammatiche in quanto coloro che avrebbero dovuto occuparsi della loro tutela e cura, a causa dell'eccessiva onerosità dell'istituto, lo rifiutavano. Il Lupi propose quindi come soluzione che il Vicario nominasse i tutori i quali avrebbero potuto ricavare annualmente un salario dai beni appartenenti ai minori stessi, derogando al diritto comune che considerava la tutela come un onere. A tal proposito, esaustive sono le riflessioni di M. G. Di Renzo Villata, che afferma: «[gli orfani di padre] o si trovavano privi di difesa senza tutori, abbandonati a loro stessi [...] o soggiacevano agli arbitri e soprusi di tutori avidi e senza scrupoli, frenati a fatica, nei loro

351 v. retro, cap. II, § 2.6

352

A.S.C.P., Libri dei Consigli, vol. 25, cc. 279v, 280rv; R. DEL GRATTA, Giovan

124

imbrogli, dai controlli periodici o occasionali che potevano subire da parte dei magistrati preposti. Il caso di un diligente e corretto svolgimento delle funzioni tutorie doveva rivestire carattere di straordinarietà: la tutela era infatti un onere a cui era connaturata la gratuità, e soltanto eccezionalmente è previsto nelle fonti legislative e dottrinali coeve un "salarium".353» Occasionalmente, se il tutore versava in condizioni di indigenza, era ammesso a sostentarsi con le risorse del pupillo, ma sempre e comunque dopo aver dimostrato di aver correttamente inventariato i beni, adempiuto gli obblighi di legge relativi alla rendicontazione e ben amministrato il patrimonio, pena la perdita del salario e degli alimenti.

Per evitare degenerazioni di questa prassi, il Lupi proponeva poi che annualmente i tutori si presentassero di fronte al Vicario che avrebbe nominato due buoni homini. Questi avrebbero dunque dovuto rendere conto e ragione a tali soggetti della loro amministrazione dei beni e, emerse irregolarità, avrebbero perso il diritto al salario. Da queste poche previsioni si deduce che il Giudice Pupillare non era stato eletto o comunque non era attivo, in quanto si chiedeva di affidare al Vicario un compito che istituzionalmente avrebbe dovuto spettare all'altra magistratura.

La richiesta del Lupi tuttavia venne respinta: la fonte ci rivela che la deliberazione «fuit perditum per lup. XXI non obstantibus fab.

XIJ in favorem facientibus»354.

353

M. G. DI RENZO VILLATA, Nota per la storia della tutela nell’Italia del

Rinascimento, cit., p. 78; ivi, vedi anche la nota 51 (pp. 78-79): nella

compilazione giustinianea infatti è prevista la fissazione di un "solacium" (che nella redazione Vulgata è spesso trasformato in "salarium"), ma non è da considerarsi tanto una retribuzione quanto piuttosto un rimborso spese. Contra, v. E.BESTA, La famiglia nella storia del diritto italiano, cit., pp. 229-230, che rileva invece come tale gratuità, pur prevista in astratto dal diritto romano, veniva derogata praticamente ovunque dagli Statuti.

354 Anche in questo caso riscontro una discrepanza con quanto riportato da Del

Gratta, che invece afferma: «La discussione nel Consiglio risultò assai serrata e

la proposta anche se a strettissima maggioranza venne approvata, ma non risulta che tale delibera abbia avuto attuazione.» in Giovan Battista De Luca..., cit., p.

70; contra, v. Libri dei Consigli, vol. 25, cc. 279v, 280rv; v. anche infra, Appendice, n. 1, Documento 4

125

Il giorno successivo il Consiglio si radunò nuovamente355 e Gherardo di Matteo intervenne per correggere la proposta di Francesco Lupi, rendendola più adeguata a salvaguardare gli interessi dei minori: questi richiese infatti che i tutori e i curatori nominati dal Vicario, oltre a dover rendere conto e ragione di fronte ai due preposti, «habbino a

dar idonea sicurtà di ben administrar la loro tutela et cura».

Evidentemente questa precisazione non fu ritenuta sufficiente dagli organi legislativi della città, in quanto la richiesta venne respinta nuovamente, seppure di poco: la fonte ci riporta che i contrari furono diciotto e i favorevoli diciannove e quindi, essendo richiesta la maggioranza dei due terzi, la proposta rimase arenata.

Gli anni passarono e, pur permanendo i contingenti spagnoli di stanza in Piombino, la vita pubblica tornò a scorrere regolarmente. Tuttavia, il Magistrato dei Pupilli non venne ripristinato, come emerge da un intervento di Michelangelo Squarcialupi durante il Consiglio Generale del 7 luglio 1556356. Al fine di garantire un'adeguata

rendicontazione dell'amministrazione di tutela e cura, lo Squarcialupi chiese al Consiglio di ripristinare una magistratura, formata dal Vicario, dagli Anziani e da sei "probi viri" nominati da questi, da sottoporre all'approvazione del Consiglio stesso e infine alla conferma del Signore di Piombino, in modo tale da poter affidare ad un soggetto specializzato un'adeguata supervisione su questioni di notevole rilevanza sociale e giuridica. Stavolta la proposta venne approvata.

In data 12 gennaio 1559357, in occasione della presentazione

alla Comunità di un nuovo Breve che però non ci è pervenuto, nei Libri dei Consigli il Cancelliere verbalizzò la nomina dei nuovi magistrati dei pupilli. Da quanto si può ancora leggere, emerge una

355 A.S.C.P. Libri dei Consigli, vol. 25, cc. 280v, 281rv; v. anche infra, Appendice, n.

1, Documento 5

356A.S.C.P., Libri dei Consigli, vol. 26, cc. 130rv; R. D

EL GRATTA, Giovan Battista

De Luca..., cit., p. 71, v. anche infra, Appendice, n. 1, Documento 8 357

A.S.C.P. Fondo Cardarelli vol. LI, cc. 28rv; vedi anche Libri dei Consigli vol. 27, cc. 161v, 163r; v. anche infra, Appendice, n. 1, Documento 9

126

discrepanza rispetto a quanto votato tre anni prima. Alla presenza del Vicario infatti gli Anziani procedettero alla nomina dei giudici con l'assistenza di otto appartenenti al Consiglio Minore (così riconfermando l'antica previsione della deliberazione del giugno 1539, non contemplata da interventi successivi). Stranamente, vennero nominati dodici uomini: non più solo tre su ventiquattro, come in passato, né sei, come richiesto dallo Squarcialupi. Evidentemente molti documenti sono andati perduti a causa dell'inesorabile trascorrere degli anni, dell'umidità che ha corroso e sfocato molte carte, di qualche negligenza nella conservazione dei documenti; o semplicemente sono divenuti illeggibili, a causa della scarsa cura dei Cancellieri nel redigere i verbali. Meno probabile, vista l'attenzione prestata dagli organi di governo in questa fase della storia piombinese, che l'istituto si sia modificato esclusivamente con la prassi. Come emerge dai Libri dei Consigli, dai decreti e dalle lettere, la certezza del diritto era essenziale in un momento in cui il Signore di Piombino dimostrava così scarso interesse per le secolari prerogative della Comunità.

A tal proposito, i Libri dei Consigli ci hanno tramandato il verbale relativo alla seduta del 7 luglio 1562 in cui il Consiglio Generale fa istanza ad Jacopo VI e consorte di ritornare in Piombino per governarla358. Durante tale occasione, intervenne Paris de' Nepoti, chiedendo al Signore che «li presenti Anziani debbino suplichar il S.r

Ill.mo di far riaffermare il Ufficio de’ Pupilli in quel modo et già si dichiarava nel Breve nuovo già annullato», chiedendo inoltre la

conferma della durata semestrale di detto ufficio ed un adeguato salario per chi venisse investito di tale incarico.

L'unico intervento pervenutoci di Jacopo VI in relazione al giudice dei pupilli risale al 13 maggio 1562359, quindi poco prima

358

A.S.C.P., Libri dei Consigli, vol. 28, c. 13r; v. anche infra, Appendice, n. 1, Documento 10

359A.S.C.P., Fondo Cardarelli, vol. LI, c. 96, vedi anche Libri dei Consigli, vol. 28,

c.54r (originale conservato presso Archivio di Stato di Firenze, Archivio del Principato di Piombino, f.za 646, c. 164r); infra, Appendice, n. 1, Documento 11

127

rispetto all'intervento di Paris de' Nepoti in Consiglio Generale: in quest'occasione però appare più plausibile che il Signore non avesse voluto riconfermare l'istituto per esigenze di riordino dell'intera normativa. Jacopo infatti invitò gli Anziani a rivedere i Brevi, in quanto «non esser honesto che in una parte i Brevi sieno acconcj et nel

resto difettosi e guasti»360, nominando due esperti che insieme al Governatore traessero dalle versioni più antiche e obsolete una versione nuova e moderna in cui trovasse adeguata regolamentazione anche il Giudice dei Pupilli. È evidente tuttavia che si tratta solo di un piccolo tassello della dialettica che connotò i rapporti tra il Signore e gli Anziani in relazione a questa magistratura: non si spiegherebbero altrimenti i reiterati interventi nei vari Consigli dei patrizi piombinesi e la loro insistenza su tale argomento361.

Pur non essendo in possesso di altre risposte di Jacopo VI, deduciamo così che il Breve approvato pochi anni prima era stato disconosciuto dal Signore di Piombino e con esso questo giudice che stava così a cuore ai piombinesi. I motivi sono ignoti. Il tenore delle lettere che inviava agli Anziani, le caratteristiche comportamentali che gli storici hanno evidenziato, il suo stesso modo di agire nei confronti dei sudditi lasciano supporre una personalità instabile, che lo spronava a reazioni non sempre giustificate né giustificabili: il suo braccio di ferro con la Comunità poteva quindi essere un capriccio dettato dall'orgoglio. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il territorio stava uscendo da anni drammatici, caratterizzati dalle vessazioni degli Spagnoli da un lato, dalle incursioni piratesche dall'altro, mentre il Comune progressivamente si era impoverito. La scelta di Jacopo VI di non riconfermare l'Ufficio pupillare poteva essere riconducibile anche a semplici esigenze economiche: invece che stipendiare un numero variabile di dotti per ricoprire un simile incarico, questo poteva essere

360 v. nota precedente.

361

v. anche A.S.C.P., Libri dei Consigli, vol. 28, cc. 57rv; vol. 29, c. 247r; Fondo

128

ricoperto dal Vicario con costi decisamente più contenuti, il tutto in un'ottica di "spending review" ante litteram. Anche perché Piombino non era una realtà demograficamente importante: i casi riconducibili alla competenza di un magistrato specializzato erano decisamente più contenuti rispetto a città più ampie.

Una conferma indiretta di ciò ce la forniscono alcuni documenti conservati all'Archivio di Stato di Firenze, trascritti dal Cardarelli, dove si faceva riferimento ad alcuni casi pratici risolti dal Vicario nelle vesti di Giudice dei Pupilli362: una vedova il cui figlio era stato rapito dai Turchi a causa di una truffa perpetrata da due piombinesi, con la conseguente condanna di questi a pagarle il riscatto per liberarlo; un'assegnazione di terre; la morte di un tutore in un momento antecedente alla rendicontazione e le relative difficoltà a recuperare i denari spettanti al "pupillo" a causa della conversione all'Islam della figlia del tutore, la quale nel frattempo si era allontanata con la flotta turca.