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Vincoli di rispetto di parametri di qualità ambientale .1 Lo stato ecologico equivalente del corso d'acqua.1 Lo stato ecologico equivalente del corso d'acqua

idroelettrici ad acqua fluente

3.1 Requisiti di fattibilità ambientale

3.1.2 Vincoli di rispetto di parametri di qualità ambientale .1 Lo stato ecologico equivalente del corso d'acqua.1 Lo stato ecologico equivalente del corso d'acqua

La realizzazione di un impianto idroelettrico induce la potenziale attivazione di numerosi impatti sul territorio circostante, tra i quali quelli legati all'ambiente naturale in cui spesso tali impianti sono situati, richiedendo la definizione di chiare procedure di verifica e di apparati normativi coerenti per garantire la piena compatibilità della progettazione con le esigenze del contesto chiamato ad accogliere gli interventi previsti.

Particolare rilievo ai fini della progettazione di un impianto idroelettrico costituisce la necessità di coordinare gli obiettivi della progettazione con quelli della gestione sovraordinata delle risorse idriche, la quale è finalizzata a garantire sia gli usi plurimi e potenzialmente conflittuali che si vengono a costituire intorno allo sfruttamento di una risorsa finita quale l'acqua, sia la qualità intrinseca degli ecosistemi acquatici.

La tutela della qualità delle acque all'interno delle politiche di water management costituisce uno dei settori nei quali maggiormente si è concentrata l'attività di normazione dell'Unione Europea, a partire dal 1991, quando vennero emanate le Direttive 91/271/CEE e 91/676/CEE concernenti rispettivamente il trattamento delle acque reflue e la protezione delle acque dall'inquinamento dei nitrati di origine agricola.

Elemento centrale dell'attività normativa europea sulle acque è stata senz'altro la Direttiva Quadro 2000/60/CE, che stabilisce per la prima volta una serie di obiettivi di qualità che gli stati membri dell'Unione sono chiamati a raggiungere entro una data prestabilita. In particolare, la direttiva persegue gli obiettivi di prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo, di migliorare lo stato delle acque, e di assicurare un utilizzo sostenibile, basato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili.

La direttiva si propone di raggiungere i seguenti obiettivi generali: •ampliare la protezione delle acque, sia superficiali che sotterranee;

raggiungere lo stato di “buono” per tutte le acque entro il 31 dicembre 2015;

•gestire le risorse idriche sulla base di bacini idrografici indipendentemente dalle strutture amministrative;

•procedere attraverso un’azione che unisca limiti delle emissioni e standard di qualità;

•riconoscere a tutti i servizi idrici il giusto prezzo che tenga conto del loro costo economico reale;

•rendere partecipi i cittadini delle scelte adottate in materia.

La direttiva stabilisce che il controllo della qualità delle acque venga effettuato a livello del bacino idrografico, tramite l'istituzione dei “distretti idrografici”, organi indipendenti dalle strutture amministrative, a cui sono demandate, tra le altre cose, le funzioni di analisi delle caratteristiche del sistema idrico di riferimento, e di esame degli impatti su di essi derivanti dalle attività antropiche.

Negli stessi anni, anche in Italia veniva a prodursi un corpus normativo che mirava a costruire un complesso di norme e indirizzi per la tutela della qualità delle acque.

Il primo passo di questo processo è stata la L. n. 183 del 1989, che introduce in Italia il concetto di Deflusso Minimo Vitale (DMV), quale livello minimo di tutela che lo sfruttamento dei sistemi idrici non deve comunque pregiudicare, senza però fornirne una definizione esplicita. Una maggiore precisione sull'argomento è data dalla Legge n. 36/1994, relativa a disposizioni in materia di risorse idriche, all'art. 3, c. 3, si riporta quanto segue:

“Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati”.

Occorre attendere fino al 1999, con il D.Lgs. 152/1999 sulla tutela delle acque, per disporre di un quadro completo e coerente sul tema. Il Decreto recepisce le suddette direttive europee del 1991, e in seguito all'aggiornamento dato dal D.L. n. 258/2000, incorpora l'obiettivo temporale fissato dalla direttiva quadro sulle acque, spostando al 31 dicembre 2016 il raggiungimento lo stato di ”buono” per i corpi idrici significativi, sia superficiali che sotterranei, e ponendo inoltre i seguenti obiettivi di politica nazionale:

1. prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati; 2. conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle

destinate a particolari usi;

3. perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; 4. mantenere la capacita' naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacita' di

sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

In particolare, il Decreto introduce un nuovo strumento di pianificazione territoriale, il Piano di Tutela delle Acque (PTA), da definirsi su base regionale, nel quale vengono stabilite le misure per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, nonché specifiche riguardo agli allegati tecnici, nei quali per la prima volta viene fornito un protocollo di procedure, di indicatori di qualità e di analisi da effettuare, finalizzati alla classificazione dei corpi idrici necessaria al raggiungimento degli obiettivi di qualità prefissati. In particolare, vengono definite analisi da compiere sia sulla matrice acquosa che sul biota; quelle del primo tipo prevedono indagini di tipo chimico e fisico. In tab. 1 degli Allegati alla legge si riportano gli inquinanti di tipo chimico di cui è necessaria la valutazione, mentre in tab. 4 si riportano i macrodescrittori, che riguardano le caratteristiche fisiche e biologiche dell'acqua di cui è obbligatoria la misurazione; fra questi, quelli marcate con la (o) rientrano nella procedura di classificazione conosciuta come Livello di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori (LIM), la cui formulazione è espressa in tab. 7, mentre i rimanenti costituiscono un corpus di informazioni di supporto alle indagini (vedi tab. 1). Oltre a questi, sono riportate analisi supplementari non obbligatorie, quali ulteriori saggi biologici specifici, e le analisi sui sedimenti.

Illustrazione 35: Fonte: D.Lgs 152/1999, Allegato 1, punto 3 - Monitoraggio e classificazione: acque superficiali (Parte I).

Illustrazione 36: Fonte: D.Lgs 152/1999, Allegato 1, punto 3 - Monitoraggio e classificazione: acque superficiali (Parte I).

Le indagini sul biota riguardano la definizione dell'Indice Biologico Esteso (IBE).1

“L’I.B.E. deriva dal “Trent Biotic Index” (Woodwiss, 1964), aggiornato come “Extended

Biotic Index – E.B.I. (Woodwiss, 1978) e successivamente modificato da Ghetti e Bonazzi

(1981). Il metodo è stato definitivamente tarato, per un’applicazione standardizzata ai corsi d’acqua italiani, da Ghetti (Ghetti 1995, 1997). Il metodo ha subito, di recente, alcune modifiche e la revisione aggiornata è riportata nel Manuale APAT/IRSA-CNR, 29/2003. L’IBE utilizza la comunità biologica dei macroinvertebrati, ossia quell’insieme di organismi che, alla fine dello sviluppo larvale o dello stadio imaginale, possiedono raramente dimensioni inferiori al millimetro risultando, quindi, visibili ad occhio nudo. Essi comprendono larve e adulti di insetti, molluschi, crostacei, tricladi, oligocheti ed irudinei. I vantaggi, derivanti dall’utilizzo dei macroinvertebrati, come indicatori biologici, dipendono dal fatto che questi organismi:

1La descrizione che segue è tratta da ARPAV – Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto: Applicazione dell'Indice Biotico Esteso (I.B.E.) nel bacino scolante- relazione riassuntiva - anni 2000 - 2004 (maggio 2006)

•possiedono cicli vitali lunghi;

•rappresentano un insieme eterogeneo di taxa con differenti livelli di sensibilità alle alterazioni dell’ambiente e con differenti ruoli ecologici;

•sono adeguatamente campionabili e facili da identificare;

•sono relativamente poco mobili e quindi rappresentativi delle condizioni di una determinata

sezione di corso d’acqua;

•sono ubiquitari e abbondanti in tutti i sistemi fluviali.

Per questi motivi i macroinvertebrati sono la comunità più comunemente utilizzata nel controllo della qualità delle acque correnti.

L’IBE ha lo scopo di:

“[...] formulare diagnosi della qualità di ambienti di acque correnti sulla base delle modificazioni nella composizione delle comunità di macroinvertebrati indotte da fattori di inquinamento delle acque e dei sedimenti o da significative alterazioni fisiche dell’ambiente fluviale” (Ghetti, 1997).

Le biocenosi acquatiche sono alla base del processo di autodepurazione ed omeostasi degli ecosistemi fluviali. Nell’ambito della catena depurativa i macroinvertebrati costituiscono l’anello di congiunzione tra microrganismi e macrorganismi. Infatti, frammentando la sostanza grossolana, aumentano la superficie attaccabile da funghi e batteri e nutrendosi dei microrganismi ne mantengono le popolazioni in fase giovanile. Inoltre presentano innumerevoli specializzazioni alimentari e costituiscono alimento di pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Ogni organismo presenta un optimum e un proprio intervallo di tolleranza nei confronti delle condizioni ambientali e occupa una propria “nicchia ecologica” in base alla posizione nella rete trofica, alla strategia riproduttiva e ai propri adattamenti morfologici e comportamentali.

Le comunità animali bentoniche reagiscono alla degenerazione delle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua (inquinamento) e/o all’alterazione morfologica dei substrati, secondo un determinato succedersi di eventi:

•decremento delle abbondanze relative fino alla scomparsa dei taxa più sensibili; •diminuzione del numero dei taxa totali presenti;

•aumento delle abbondanze relative dei taxa più tolleranti nei confronti dell’inquinamento. Una riduzione della diversità biologica comporta una risposta più lenta e meno efficace alle variazioni temporali del carico organico, una riduzione dell’efficienza depurativa e una minore stabilità del corso d’acqua.

Nelle tabelle seguenti si riporta il criterio di Classificazione dello Stato Ecologico del Corso d'Acqua (SECA), così come previsto dal D.Lgs. 152/1999.

Illustrazione 38: Fonte: D.Lgs 152/1999, Allegato 1, punto 3 - Monitoraggio e classificazione: acque superficiali

Tale quadro normativo è poi stato sostituito dall'approvazione del D.Lgs. 152/2006, detto anche “codice dell'ambiente”, che ha recepito gli ulteriori elementi relativi alla tutela della risorsa idrica contenuti nella Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/CE. La legge stabilisce che gli obiettivi di qualità debbano essere definiti alla scala del corpo idrico, e introduce un nuovo sistema di valutazione dello stato ecologico di un corso d'acqua, che modifica le procedure fissate dalla 152/99. In particolare, viene aggiornata la lista degli elementi qualitativi da considerare ai fini ella classificazione, e viene rimandata a successivi decreti attuativi la definizione delle nuove prescrizioni tecniche necessarie a concretizzare il nuovo approccio di indagine. Questo prevede infatti una revisione dell'elenco dei macrodescrittori, un rafforzamento degli indicatori biologici, e l'introduzione degli elementi idro-morfologici. Si è reso necessario un periodo di sperimentazione al fine di poter applicare i nuovi indicatori ambientali alla specifica situazione italiana; nelle more dei nuovi decreti sono rimasti in vigore i vecchi indici della 152/99, le cui procedure erano oramai testate e ben conosciute sia dalle Amministrazioni competenti, che dagli operatori tecnici.

Le nuove procedure sono state infine approvate con il D.M. 260/2010, pubblicato sul BUR n. 31/L del 7 febbraio 2011, e da allora hanno sostituito completamente l'impianto della 152/1999. La nuova normativa prevede una gamma molto più ampia di analisi ambientali finalizzate alla classificazione dello stato di qualità del corpo idrico. Nella tabella seguente vengono illustrati i diversi parametri presi in considerazione per le diverse tipologie di acquifero. Tra le novità più importanti del Decreto, va citata anche la nuova disciplina dei monitoraggi, più dettagliata di quanto previsto dalla precedente norma.

Illustrazione 39: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale. A.1.1 - Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino-costiere.

Per quanto riguarda i copri idrici superficiali, e in particolare i fiumi, la nuova metodologia di classificazione prevede i seguenti elementi di qualità biologica:

•macroinvertebrati; •diatomee;

•macrofite; •psci.

Risulta immediata la differenza rispetto alla normativa precedente, che limitava le indagini ai soli macroinvertebrati. Un'ulteriore innovazione consiste nell'aver individuato sull'intero ambito nazionale dei macrotipi fluviali, definiti sulla base delle idro-eco Regioni nazionali, e dei caratteri tipologici presenti nelle diverse aree geografiche, in riferimento ai quali specializzare le soglie per la classificazione.

Su questa base, il Decreto introduce i nuovi criteri tecnici illustrati di seguito.

Macroinvertebrati

Già nel 2008 veniva pubblicato un nuovo sistema di classificazione per i macroinvertebrati, definito MacrOper, che dal 2011 sostituisce l'indice IBE; il metodo è basato sul calcolo di un nuovo indice, definito Indice multimetrico STAR di Intercalibrazione (STAR_ICMi), composto da sei metriche normalizzate e ponderate, le quali descrivono i principali aspetti su cui si è concentrata la Direttiva Quadro sulle Acque (questi sono: abbondanza, tolleranza/sensibilità, ricchezza/diversità).

Nella tabella seguente sono riportati i limiti di classe rispetto ai macrotipi fluviali.

Illustrazione 40: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Diatomee

La valutazione dello stato ecologico in riferimento a questo parametro viene svolta applicando l’indice denominato Indice Multimetrico di Intercalibrazione (ICMi).

L’ ICMi si basa sull’Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS e sull’Indice Trofico TI. Nella tabella seguente sono riportati i limiti di classe rispetto ai macrotipi fluviali.

Illustrazione 41: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Macrofite

Viene introdotto l’indice denominato “Indice Biologique Macrophyitique en Rivière” (IBMR). L’IBMR è un indice finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di intensità di produzione primaria. Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per i corsi d'acqua temporanei mediterranei; inoltre, la sua efficacia nella descrizione della qualità di un copro d'acqua, particolarmente adatta agli acquiferi di tipo fluviale, è stata messa in discussione in relazione a corpi idrici, quali i torrenti di alta montagna, caratterizzati da una catena trofica più debole.2

Nella tabella seguente sono riportati i limiti di classe rispetto ai macrotipi fluviali.

Illustrazione 42: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Fauna Ittica

Viene introdotto l’Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche (ISECI).

L’ISECI si basa sul confronto della situazione rilevata con la “Comunità ittica attesa” di un corso d'acqua equivalente avente classe “elevata”, in riferimento a parametri quali: popolazioni ben strutturate in classi di età, capaci di riprodursi naturalmente, con buona o

2Comunicazioni esposte durante il convegno “Dal Deflusso Minimo Vitale al Flusso Ecologico”; Parma, 11 luglio 2013. http://www.gruppo183.org/scheda.asp?idprod=1237&idpadrerif=28

sufficiente consistenza demografica. A tal fine è stata sviluppata una zonazione su base ittiologica dell'intero territorio nazionale, che ha portato a definire 9 zone zoogeografico-ecologiche, per ciascuna delle quali è stata definita la comunità attesa di riferimento.

Sono stati espressi dubbi in merito all'efficacia di questo indice, relativi al fatto che le comunità di base attingono ad un repertorio ittico di specie campione derivato soprattutto dalle sperimentazioni svolte nell'ambito dello sviluppo normativo dell'Unione Europea, avente

come bacino di riferimento principale i grandi fiumi del nord Europa3; il risultato è una

composizione delle comunità di riferimento poco adatta a descrivere la situazione italiana, soprattutto in riferimento ai corsi d'acqua minori. La normativa italiana è consapevole della difficoltà di sviluppare una metodologia di analisi della qualità ecologica su base ittiologica e di validità generale, e per questo viene lasciata facoltà agli Enti Locali di affinare la composizione delle comunità attese, sulla base di una sperimentazione locale che ancora non è stato possibile attivare. Al contempo, non viene però consentito che tali comunità possano includere eventuali specie bersaglio escluse nelle liste già pubblicate.

Nella tabella seguente sono riportati i limiti di classe dell'indice ISECI.

Illustrazione 43: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Oltre ai nuovi indici della matrice biologica, sono state profondamente riviste anche le procedure per la classificazione secondo le ulteriori matrici previste dal protocollo. In particolare, la classificazione sulla base degli elementi di qualità chimico fisica, come già visto, prevede l'introduzione di un nuovo indice, il Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico (LIMeco), che sostituisce il precedente indice LIM, eliminando voci quali BOD5, del COD e dell’Escherichia Coli, e limitando la analisi ai nutrienti (N-NH 4, N-NO 3, Fosforo totale) e all'ossigeno disciolto (% di saturazione).

Nelle tabelle seguenti sono riportate le soglie per l'assegnazione dei punteggi ai singoli parametri, e quelle per stabilire le classi dell'indice LIMeco.

3Comunicazioni esposte durante il convegno “Dal Deflusso Minimo Vitale al Flusso Ecologico”; Parma, 11 luglio 2013. http://www.gruppo183.org/scheda.asp?idprod=1237&idpadrerif=28

Illustrazione 44: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Illustrazione 45: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

Del tutto nuovi sono gli indicatori di qualità idro-morfologica, che prevedono i seguenti parametri:

•regime idrologico; •condizioni morfologiche; •habitat.

Regime Idrologico

L’analisi è effettuata in corrispondenza di una sezione trasversale sulla base dell’Indice di Alterazione del Regime Idrologico (IARI), che fornisce una misura dello scostamento del regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe in assenza di pressioni antropiche; l'analisi viene svolta in due fasi.

Nella fase 1 si procede a definire l'indice, secondo le classi definite nella tabella seguente.

Illustrazione 46: Fonte: D.Lgs 152/2006, Allegati alla Parte Terza - Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale.

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