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Intervista a padre Armando

Elisabetta Monti

delle dodici confessioni cristiane presenti a Gerusalem-me, o sono israeliti o fanno parte dell’Islam.

È difficile parlare di percentuali per il fatto che non chiediamo a nessuno la sua etnia, cultura o religione.

La cosa importante è che ognuno è benvoluto come per-sona, apprezzato per il suo talento, sostenuto nel suo impegno. Lo studio della musica offre continuamente occasioni di integrazione: ai saggi e ai concerti scolastici ognuno esegue il proprio brano, ma ascolta anche l’al-tro. Talvolta eseguono brani a quattro mani. Gli allievi di canto, violino, viola, violoncello, flauto, oboe, fagotto, hanno bisogno di almeno un accompagnatore.

C’è poi la musica da camera, ci sono tre orchestre e quattro cori, a seconda dell’età degli allievi; in Ter-ra Santa non mancano occasioni religiose, civili, Ter- ra-dio-televisive, visitatori illustri; ci sono servizi liturgici a Gerusalemme, Betlemme, Nazareth; ci sono delle tournée all’estero: studenti di chitarra sono invitati in Friuli, studenti degli archi ogni anno formano un’or-chestra con studenti delle Marche, di Sarajevo ed ese-guono concerti in Italia e all’estero; gli studenti di pia-noforte vincitori di qualche concorso hanno workshop e danno concerti in Italia, Svizzera, Polonia, Inghilter-ra. Ogni anno una trentina di coristi effettua una tour-née all’estero: nel 2014 a Venezia, precedentemen-te nelle Marche, a Salerno, in Svizzera e in Ungheria.

Ecco, sono tutte opportunità in cui i nostri al-lievi non solo stanno insieme tra loro ma in-contrano anche professori, studenti e pubbli-co di altri Paesi. E l’amicizia non tarda a fiorire.

Poi è arrivata la convenzione con il Conservatorio di musica di Vicenza

Grazie a questo riconoscimento il Magnificat, oltre ad essere un luogo di pacifica convivenza umana, ora può conferire titoli accademici. Di questo sono molto soddi-sfatto. Tutto nacque nel 2000 quando incontrai la signo-ra Anita Csigno-rasnich, dispesigno-rata per la perdita del giovane

figlio e fortemente motivata a realizzare qualcosa di grande per ricordarlo nel tempo. Ecco allora l’idea del concorso pianistico in memoria del giovane Carlo Trava-sani, una manifestazione d’eccellenza, arrivata a radu-nare ogni anno circa 80 ragazzi provenienti da tutte le scuole di musica in Terra Santa.

Nel 2002, a Treviso, nel corso della giornata dedicata appunto alla Terra Santa, fu proprio la signora Crasni-ch a sottolineare con fermezza la necessità di conferire un riconoscimento legale alla scuola del Magnificat. Il professor Enrico Anselmi, direttore del conservatorio di Vicenza, non fece attendere una sua risposta: “È una buona cosa e la dobbiamo fare” disse.

Il 26 giugno del 2012 il Ministero della Pubblica Istru-zione Italiano riconobbe così ufficialmente al Magnificat la possibilità di conferire titoli accademici con validità europea. Un grande passo e una gioia immensa.

In tutti questi anni un altro motivo di soddisfazione continua a essere il concorso pianistico “Nikolaus de la Flue” arrivato alla sua 16° edizione, sostenuto dall’asso-ciazione svizzera “Amici del Magnificat”. Tale associa-zione ha deciso di intitolare il concorso a San Nikolaus patrono della Confederazione Elvetica. Questo concorso rappresenta un “proseguimento” di quello dedicato alla

memoria di Carlo Travasani. La “Piano Competition” del Magnificat vuole incentivare i giovani musicisti a divul-gare la musica classica occidentale anche nel contesto della società araba. Un’animazione continua, basti pen-sare agli oltre 60 partecipanti ogni anno.

Parliamo della convivenza all’interno della scuola Il Magnificat è una scuola di stampo cristiano ma aperto a tutte le nazionalità e confessioni religiose, dove puoi incontrare studenti ebrei e studenti musulmani. Posso confermare che non c’è mai stato un problema di convi-venza all’interno della scuola. Mai!

Una volta un gruppo di ragazzi mi regalò un quadro raf-figurante Gesù Misericordioso. Un’opera che io appesi all’istante. Ebbene, nessuno, dico nessuno, ha mai ma-nifestato disagio o disappunto per quell’opera esposta.

Tra le mura del Magnificat a regnare è sempre e solo un clima sereno di rispetto e di comprensione reciproca.

Ricordo un concerto organizzato nelle Marche nel 2013, una manifestazione che rappresenta tuttora un bellis-simo esempio di convivenza. In quell’occasione giovani musicisti ebrei e palestinesi hanno condiviso le stesse paure, le stesse angosce e le stesse emozioni. Loro stessi hanno più volte dichiarato di “sentirsi a casa”. In quei

figlio e fortemente motivata a realizzare qualcosa di grande per ricordarlo nel tempo. Ecco allora l’idea del concorso pianistico in memoria del giovane Carlo Trava-sani, una manifestazione d’eccellenza, arrivata a radu-nare ogni anno circa 80 ragazzi provenienti da tutte le scuole di musica in Terra Santa.

Nel 2002, a Treviso, nel corso della giornata dedicata appunto alla Terra Santa, fu proprio la signora Crasni-ch a sottolineare con fermezza la necessità di conferire un riconoscimento legale alla scuola del Magnificat. Il professor Enrico Anselmi, direttore del conservatorio di Vicenza, non fece attendere una sua risposta: “È una buona cosa e la dobbiamo fare” disse.

Il 26 giugno del 2012 il Ministero della Pubblica Istru-zione Italiano riconobbe così ufficialmente al Magnificat la possibilità di conferire titoli accademici con validità europea. Un grande passo e una gioia immensa.

In tutti questi anni un altro motivo di soddisfazione continua a essere il concorso pianistico “Nikolaus de la Flue” arrivato alla sua 16° edizione, sostenuto dall’asso-ciazione svizzera “Amici del Magnificat”. Tale associa-zione ha deciso di intitolare il concorso a San Nikolaus patrono della Confederazione Elvetica. Questo concorso rappresenta un “proseguimento” di quello dedicato alla

memoria di Carlo Travasani. La “Piano Competition” del Magnificat vuole incentivare i giovani musicisti a divul-gare la musica classica occidentale anche nel contesto della società araba. Un’animazione continua, basti pen-sare agli oltre 60 partecipanti ogni anno.

Parliamo della convivenza all’interno della scuola Il Magnificat è una scuola di stampo cristiano ma aperto a tutte le nazionalità e confessioni religiose, dove puoi incontrare studenti ebrei e studenti musulmani. Posso confermare che non c’è mai stato un problema di convi-venza all’interno della scuola. Mai!

Una volta un gruppo di ragazzi mi regalò un quadro raf-figurante Gesù Misericordioso. Un’opera che io appesi all’istante. Ebbene, nessuno, dico nessuno, ha mai ma-nifestato disagio o disappunto per quell’opera esposta.

Tra le mura del Magnificat a regnare è sempre e solo un clima sereno di rispetto e di comprensione reciproca.

Ricordo un concerto organizzato nelle Marche nel 2013, una manifestazione che rappresenta tuttora un bellis-simo esempio di convivenza. In quell’occasione giovani musicisti ebrei e palestinesi hanno condiviso le stesse paure, le stesse angosce e le stesse emozioni. Loro stessi hanno più volte dichiarato di “sentirsi a casa”. In quei

giorni si respirava veramente un clima sereno di pace e di amicizia.

Vorrei raccontare un episodio. Nel luglio del 2013 ho accompagnato due studenti di flauto, due di chitarra e una pianista nelle Marche per un giro di concerti. Sfor-tunatamente, mentre i cinque si riposavano in un parco giochi, una ragazza si aggrappò a un cavo metallico per dondolarsi nell’aria; il cavo si staccò, la ragazza cad-de e rimase a terra immobilizzata. Si dovette chiama-re un’ambulanza e corchiama-rechiama-re all’ospedale. La ragazza era ebrea, gli altri palestinesi. Passò del tempo fra attese, controlli radiologici e ricovero. Intanto anche gli altri ragazzi erano arrivati all’ospedale: erano allarmati, vo-levano sapere, vovo-levano restare. Fortunatamente si era soltanto crinata l’ultima costola della scatola toracica:

un mese di riposo e tutto è tornato a posto.

Una volta tornata a Gerusalemme, la ragazza rac-contava la sua avventura estiva alle sue compa-gne di liceo, concludendo: “I ragazzi palestine-si sono meravigliopalestine-si. Stiamo inpalestine-sieme in una scuo-la di musica delscuo-la Città Vecchia. I professori sono bravissimi; tra studenti ci vogliamo molto bene”.

“Vuoi bene a Palestinesi?”

“Sì, perché no? Ci conosciamo, parliamo tra noi, ci te-lefoniamo. Loro sono come noi: soffrono per la stessa situazione, hanno i nostri stessi problemi”.

“Ma la Città Vecchia è pericolosa”.

“Per niente, nessuno mi ha mai dato fastidio. Al Ma-gnificat ho molti amici; lì mi sento come a casa mia”.

La sua opera somma, la Sinfonia Eucaristica...

Sì, la “Eucharistic Symphony” ha radici molto profonde.

Si può dire che è iniziata nel 2005, alla morte di Sua Santità Giovanni Paolo II. Un avvocato della Svizzera, Véronique Nebel, pregando, sentì una voce dirle “Alzati, e fai qualcosa di più per la mia Chiesa”. Durante una ve-glia di preghiera di notte al Santo Sepolcro, venne l’ispi-razione che era urgente iniziare una grande preghiera

di intercessione per il nostro tempo, che cominci da Ge-rusalemme e coinvolga tutte le Chiese. A poco a poco, l’avvocato Nebel prese contatto con le varie chiese di Gerusalemme e nacque così la “Extraordinary Prayer of all Churches for Reconciliation, Unity and Peace, begin-ning in and proceeding from Jerusalem” (www.prayrup.

info) che di anno in anno viene praticata dalle Chiese di Gerusalemme. A turno esse organizzano e si invita-no reciprocamente a partecipare alle varie edizioni che vengono trasmesse in diretta televisiva attraverso molti canali TV cristiani nel mondo in 6-7 lingue, insieme a un documentario sulla chiesa ospitante quella edizione della preghiera: il documentario illustra la dottrina, la storia e il patrimonio artistico e le attività sociali di ogni chiesa. Nel 2011 abbiamo avuto la visita a Gerusalemme di Arnoldo Mosca Mondadori, allora presidente del Con-servatorio di musica di Milano.Visitò le varie chiese con l’avvocato Nebel e sorse spontaneamente, nel corso di una discussione con loro, l’idea di scrivere della musica che convogliasse il canto di tutte le Chiese in una sin-fonia dedicata all’Eucaristia che dovrebbe riunirci tutti.

Come è stata recepita?

Il 20 settembre 2012 solisti, coro e orchestra del Conser-vatorio di Matera (la città che nell’ottobre 2014 l’UNESCO ha proclamato “Capitale della Cultura Europea”, grazie anche a quanto sto per dire) ha eseguito la “Sinfonia Eucaristica” trasmessa in diretta dal Giardino del Get-semani. Ad ascoltare il canto liturgico, cantato dai vari cantori delle diverse chiese ed il mio sviluppo sinfonico, c’erano tutti i rappresentanti delle 12 chiese, compreso il Patriarca Greco Ortodosso Theofilo III ed una folla im-mensa. I cristiani di Gerusalemme sono divisi ma ognu-no coognu-nosce le melodie delle varie chiese. Così è avvenu-to che ognuno seguiva, canticchiava e pregava in unico coro, felice di appartenere all’unica chiesa di Cristo.

Certamente è stato un momento straordinario per tutti noi a Gerusalemme: proprio al Getsemani dove Gesù fu

lasciato solo dai discepoli, i cristiani hanno vegliato in-sieme con la musica! Questo ha contribuito a creare un clima di maggiore cordialità tra di noi ed anche a crea-re un clima di grande fiducia tra musicisti delle diverse confessioni mentre prima eravamo più “in competizio-ne”, specialmente al Santo Sepolcro.

È stato, credo, importante che proprio il musicista latino che con l’organo tende a “schiacciare” le voci delle altre confessioni, studiasse e valorizzasse la loro musica.

Ora il sottoscritto gode della riconoscente stima e del cor-dialissimo affetto dei rappresentanti di tutte le chiese. Per quanto riguarda gli ebrei, come ‘Preludio’ alla ‘Sinfonia’, è stata eseguita una ‘Fuga’ sul tema di una loro melodia.

Il Papa ha cambiato qualcosa?

È difficile accorgersi dei passi dell’ecumenismo. Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo hanno fatto dichia-razioni molto importanti al Santo Sepolcro come il fatto che nell’ecumenismo non dobbiamo (come è stato fatto in passato) cercare il più piccolo denominatore comune ma studiare al contrario nel suo complesso e nella sua ric-chezza la tradizione dell’altro, e ri-imparare a conoscerci.

Certo è ridicolo dire che il 25 maggio 2014 papa Fran-cesco è venuto in Terra Santa e nel luglio seguente è scoppiata la guerra di Gaza.

A me piace sottolineare il fatto che il Santo Padre ha benedetto la pietra con il logo del “Master’s Degree in Sacred Music”. Infatti, facendo seguito all’esecuzione della “Sinfonia Eucaristica”, abbiamo proposto alla 12 chiese di iniziare all’Istituto Magnificat un master per lo studio della musica sacra di tutte le 12 chiese di Ge-rusalemme. Avremmo desiderato che il Santo Padre stesso lanciasse questo progetto. Infatti ricordavamo il pellegrinaggio in Terra Santa del Beato Paolo VI 50 anni prima. Paolo VI lasciò un dono di carità con l’Ospedale per i bambini sordomuti, una proposta ecumenica con il

“Centro di Tantur”, una prospettiva culturale con l’Uni-versità cattolica di Betlemme. Capisco che l’argomento

musica è marginale ma, in verità, è del tutto centrale per la liturgia (ancora di più nelle chiese orientali) ed in ogni caso, è grandemente connettivo. Se cominciamo ad accorgerci che, nonostante secoli di separazione, noi cristiani conserviamo testi e melodie di quando eravamo uniti, che possiamo ritrovare il nostro comune modo di pregare, che dobbiamo unirci in un canto che non ricor-diamo più ma che è nella memoria della chiesa univer-sale, comprenderemo meglio che la musica è una strada a corsia privilegiata verso l’unità dei cristiani. “C’è un ecumenismo di sofferenza” ha detto papa Francesco al Santo Sepolcro ricordando l’abbraccio di 50 anni pri-ma con Athenagoras e riferendosi alle infinite situazio-ni in Medioriente e altrove in cui i cristiasituazio-ni sono tra gli oppressi e i perdenti. “C’è un ecumenismo di sangue”

e c’è un “ecumenismo musicale” di chi vuole ritrovare quel canto, raffigurato negli affreschi delle catacombe di Roma o nei mosaici della Giordania, nei ruderi delle ba-siliche della Siria, nei dipinti dell’Etiopia. Cominciamo a cantare insieme e poi spezzeremo di nuovo il Pane sullo stesso altare.

Quindi, come si dice in questi casi, missione compiuta...

Dopo aver formato quasi 2000 ragazzi in tutti questi anni penso di essere riuscito a diffondere il messaggio che “di musica si può vivere”. Non sapevo di avere tanta ricchezza in me; la musica mi ha tirato fuori tanto, mi ha educato come uomo di Chiesa. La musica si è rivelata un ottimo strumento di dialogo, grazie a lei sono riu-scito a comunicare con tutti, palestinesi, ebrei, cristia-ni, musulmani. Senza predicare, senza l’ostinazione di voler abbattere le barriere tra diverse etnie. Per questo mi sento realizzato. Ma basta con i bilanci, non mi sono mica fermato; per esempio ogni anno compongo sempre una nuova ‘Messa’ che viene eseguita la notte di Natale a Gerusalemme in diretta televisiva. Insomma... non sono mica vecchio… Vorrei precisare che al momento ho più progetti che ricordi!