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Il volontario nel Codice del Terzo settore e la nozione

Nel documento COOPERATIVE E ENTI NON PROFIT (pagine 24-31)

di “rimborso delle spese”

di Paolo Alessandro Pesticcio

L’approfondimento

Nel contesto delle nuove disposizioni introdotte dal Codice del Terzo settore come deve essere inqua-drata lafigura del volontario? Nel presente contri-buto si propone un’analisi delle disposizioni di legge indirizzate a definire il volontario ed a perimetrarne la sua azione anche attraverso specifico richiamo alla corposa attività interpretativa da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che, all’indomani dell’emanazione del citato Codice, ha costantemente accompagnato con proprio note l’applicazione delle disposizioni di legge e la loro progressiva interpretazione. Specifico approfondi-mento sarà dedicato alla questione attinente al rim-borso spese del volontario che ha di recente visto anche l’intervento della giurisprudenza

Riferimenti

D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, artt. 17, 18 Corte d’Appello Roma, Sez. lavoro, sentenza 27 settembre 2021, n. 3209

Corte di cassazione, sentenza 9 dicembre 2015, n. 23890

L’attività di volontariato è un fenomeno ampia-mente risalente e prescinde i momenti legislativi che ne hanno decretato una sua pur sempre parziale regolamentazione nel contesto associa-tivo e, più in generale, degli enti. L’art. 2 della nostra Costituzione1, nei suoi contenuti, ha evi-denziato l’importanza ed il valore del volonta-riato anche come attività posta in essere dal

singolo2 e, come ha specificato sempre la stessa Corte, tale attività incarna “la più diretta realiz-zazione del principio di solidarietà sociale, per il quale la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un’autorità, ma per libera spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la per-sona stessa”. Tralasciando, in questa sede, tale ampio e pur seducente dibattito sulla figura del volontario e dell’attività di volontariato, preme ora approfondire il ruolo dal volontario delineato nell’ormai non più novello Codice del Terzo settore (D.Lgs. n. 117/2017).

La nozione di volontario e di attività

di volontariato nel Codice del Terzo settore Nell’inquadrare la figura del volontario nel contesto degli enti organizzati è senza dubbio opportuno porre uno sguardo al passato per meglio comprendere l’evoluzione compiutasi nel richiamato Codice del Terzo settore (di seguito CTS).

Nell’esigenza di giustificare un rapporto di lavoro che esulasse dal modello consueto del lavoro di mercato3 si sono ricercati spazi concettuali ove la presunzione

Paolo Alessandro Pesticcio - Giurista, esperto in legislazione degli enti non profit

Note:

1 E, altresì, l’art. 118, u.c.

2 A tal proposito, cfr. l’illuminate scritto di L. Gori, “La disciplina del volontariato individuale, ovvero dell’applicazione diretta dell’art. 118, ultimo comma, Costituzione”, in Rivista AIC, n.

1/2018.

3 Fondato sulla prestazione e la controprestazione in denaro (retri-buzione in caso di lavoro subordinato, compenso in caso di fattispecie di lavoro non subordinato).

di gratuità rappresentasse l’aspetto caratteriale del rapporto stesso. La Legge quadro sul volontariato (Legge n. 266/1991) è l’esempio concreto, seppur non unico4, di tale sforzo teso ad introdurre la defi-nizione dell’attività di volontariato quale lavoro non retribuito prestato in modo personale, spontaneo e (appunto) gratuito tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senzafini di lucro neanche indi-retto; ciò anche alfine di introdurre, seppur in uno specifico contesto, una presunzione di gratuità della prestazione di lavoro, fino a prova contraria della sussistenza di un lavoro a titolo oneroso5, ribaltando in tal modo l’ordinaria presunzione.

Nel 2017 l’emanazione del CTS ha portato un cambiamento, seppur in parziale continuità, anche nel contesto di cui è oggetto il presente scritto. Il CTS ha, infatti, inteso i) definire una nuova identità del Terzo settore, individuandone meglio i confini (oltre 300 mila organizzazioni non profit, un valore annuo di entrate di circa 63 miliardi di euro, 6,63 milioni di volontari impegnati in secondo i dati ISTAT), ii) armonizzare e coordi-nare la complessa normativa che, in modo fram-mentario, regolava i differenti soggetti del Terzo settore, iii) avviare un nuovo sistema di registra-zione degli enti attraverso un Registro unico del Terzo settore (RUNTS), iv) introdurre un nuovo regime tributario che tenesse conto delle finalità solidaristiche e di utilità sociale dell’ente e trac-ciare numerosi altri aspetti che in tale sede non è possibile elencare esaustivamente.

Ilfil rouge di tale Riforma è stato, senz’altro, quello di porre in essere una revisione alla frammentaria nor-mativa che regolava gli enti del Terzo settore giun-gendo ad un complessivo riordino della stessa, anche attraverso una semplificazione delle numerose e, in taluni casi, contraddittorie disposizioni esistenti.

Nel contesto di questo generale riordino si sono introdotte numerose disposizioni da applicarsi in modo trasversale a tutti gli “ETS”; tra queste, per quanto concerne il presente approfondimento, rile-vano finalizzate a definire e regolare la figura del

“volontario” contenute nel Titolo III, artt. 17-19 del CTS, in tre articoli ricchi di novità e di rinnovati intenti.

L’art. 17, comma 1 rende subito evidente la novità contenuta nel novello Codice, consistente nell’intro-duzione di una regolamentazione da applicarsi a tutti gli enti di Terzo settore (ETS) che utilizzino dei volontari, disponendo che detti enti“possono avva-lersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività” e “sono tenuti a iscrivere in un apposito Registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale”.

Il comma 2 delinea i tratti caratteristici dellafigura del volontario definendolo come “una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente perfini di solidarietà”.

In stretta connessione con quanto appena riportato deve essere letto il successivo comma 3 ove si precisa che “l’attività del volontario non può essere retri-buita in alcun modo nemmeno dal beneficiario” con l’unica eccezione del possibile rimborso delle spese

“effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condi-zioni preventivamente stabilite dall’ente mede-simo” e con una chiusa finale che ribadisce il divieto assoluto (in ogni caso) di rimborsi di tipo forfetario.

Il comma 4 dell’art. 17 introduce una specifica modalità di rimborso spese sostenute per l’ente a fronte di“un’autocertificazione resa ai sensi dell’art.

46 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445” quando l’importo rimbor-sato non superi i 10 euro giornalieri ed i 150 euro

Note:

4 Non è certamente l’unico sforzo, si veda la Legge n. 381/1991 in materia di cooperative sociali o la Legge n. 383/2000 sulle associazioni di promozione sociale.

5 Come è noto dottrina e la giurisprudenza unanimi ritengono che in generale sussista la presunzione di onerosità della prestazione di lavoro, la quale, dunque, assurge a carattere normale del lavoro subordinato. A titolo esemplificativo cfr. Cass. n. 7925/2017;

Cass. n. 19304/2015; Cass. n. 11089/2012; Cass. n. 1833/2009.

mensili e l’organo sociale abbia opportunamente e precedente-mente adottato una delibera sulle tipologie di spesa e sulle attività di volontariato per le quali sia ammessa questa modalità di rimborso.

Una lettura accorta dei commi 3 e 4 del citato art. 17 lascia chiara-mente intendere che trattasi uni-camente di una “procedura semplificata” di rimborso, mai interpretabile quale rimborso

for-fetario, la quale annovera quali requisiti essenziali per il rimborso che:

1) la spesa sia sostenuta dal volontario;

2) riguardi effettivamente l’attività prestata per l’ente 3) il volontario, pur presentando eventuale autocer-tificazione delle spese (nei limiti previsti), sia comunque in grado di dimostrare che le abbia effettivamente sostenute (dunque, sia in possesso delle relative pezze giustificative).

Il successivo comma 5 non fa che confermare l’asso-luta gratuità delle prestazioni offerte dal volontario affermando un’assoluta incompatibilità6 tra la

“qualità di volontario” ed il “rapporto di lavoro”

retribuito, in qualsiasi forma strutturato, non solo con l’ente di cui il volontario sia socio o associato ma anche tramite il quale svolga la stessa attività di volontariato (dunque, pur non essendo inquadrato quale associato nella compagine dell’ente).

Il volontario e l’attività di volontariato sono, altresì, richiamati negli articoli da 32 a 36 del CTS, con specifico riguardo alle organizzazioni di volonta-riato (OdV) ed alle associazioni di promozione sociale (APS) per le quali si richiede che esse ope-rino con l’ausilio “prevalente dell’attività di volon-tariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati”. In tali enti, alla luce delle dispo-sizioni appena richiamate, diviene essenziale il rispetto di uno specifico rapporto tra lavoratori e volontari7.

Nelle APS, inoltre l’art. 36, comma 1 dispone che sia possibile anche per gli associati prestare attività lavora-tiva, sempre che non svolgano, contemporaneamente, nell’ente anche un’attività di volontariato; tale

fattispecie non è invece regolata nelle disposizioni dedicate alle OdV e, tuttavia, una recentissima nota direttoriale8 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha ritenuto, attraverso un’elaborazione interpretativa che si ritiene non del tutto convincente, di non ritenere valida -nel silenzio normativo - un’ap-plicazione estensiva della possibilità di ricorrere all’attività lavorativa prestata dagli associati9 di una OdV, pur ove non svolgano alcuna attività di volontariato nell’ente.

La gratuità dell’attività di volontariato ed il rimborso delle spese sostenute: prassi e giurisprudenza

Nel contesto della disciplina generale sul volontario -contenuta nel più volte citato art. 17, al comma 3, si DEFINIZIONI

Il volontario, ai sensi dell’art. 17, comma 2 del Codice del Terzo settore, è il soggetto che presta la propria attività in favore della comunità e del bene comune, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità:

i) in modo personale;

ii) spontaneo e gratuito;

iii) senzafini di lucro neanche indiretti;

iv) esclusivamente perfini di solidarietà.

Note:

6 Fatte salve talune specifiche eccezioni di cui all’art. 17, comma 7.

7 L’art. 33, comma 1 dispone per le OdV che “possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro auto-nomo o di altra natura esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavo-ratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari”, mentre l’art. 36, comma 1 stabilisce per le APS che“possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo odi altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall’art. 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività’ di interesse generale e al perseguimento dellefinalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati”.

8 Nota direttoriale n. 18244 del 30 novembre 2021, Quesiti sulla disciplina degli enti del Terzo settore.

9 La nota ministeriale evidenzia, da un lato, che“il carattere speciale di una norma riguardante uno specifico ente non è suscettibile di estensione per analogia a soggetti diversi da quelli per cui la stessa è posta”, dall’altro, che “se in via analogica è teoricamente possibile colmare un eventuale vuoto normativo presente nella disciplina di una determinata fattispecie” recuperando altrove una deter-minata disposizione,“non è invece consentito alterare la portata di una disposizione esistente edex se completa, rispetto alla quale dovrebbe al contrario valere la regola secondo cuiubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”. In questo caso, pur ritenendo l’interpre-tazione plausibile, non si concorda con essa giacché, pur richia-mando un principio interpretativo consolidato non sembra, tuttavia, convincere che esso sia applicabile al caso concreto.

dispone il principio generale ed assoluto della gratuità, affiancando ad esso la possibilità di procedere al solo rimborso delle“spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo”. Inoltre, il successivo comma 4 autorizza il rimborso delle spese al volontario, entro i limiti di euro 10 giornalieri e150 mensili, anche a fronte della presentazione di un’autocertificazione sostitutiva10 e sempre che l’organo competente abbia deliberato“sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso”11, disponendo altresì che l’organo sociale competente possa deliberare in merito a tipo-logie di spese e attività previamente definite.

Il combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 17 delinea, pertanto, la gratuità quale carattere essen-ziale del volontario ed esalta le caratteristiche indi-viduali della sua generosità e disponibilità a donare il proprio tempo e le proprie capacità a favore della comunità e delle persone in stato di bisogno in modo del tutto disinteressato da un punto di vista materiale, spinto, invece, dalla solidarietà e bene-volenza verso il prossimo, senza alcunfine di lucro, nemmeno indiretto12.

Sul fronte della prassi, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è intervenuto a chiarire la rigidità di tale incompatibilità (attività di volonta-riato/retribuzione) con la nota n. 2088/2020 nella quale ha specificato come la disposizione di cui all’art. 17, comma 5 “abbia una portata ampia e generalizzata, riferibile, da un lato, a qualsiasi rap-porto di lavoro e, dall’altro, facendo riferimento al volontario sic et simpliciter, non introduce alcuna distinzione tra volontario stabile e volontario occa-sionale, come viene fatto in altra parte del mede-simo articolo (comma 1), a proposito dell’obbligo di registrazione, limitato alla prima categoria di volontari”. Tale scelta, prosegue la nota, deve rap-portarsi al più ampio inquadramento fornito dai precedenti commi 2 e 3 del medesimo art. 17 ed

“intende valorizzare la libera scelta del volontario, che esula da qualunque vincolo di natura obbliga-toria o da condizionamenti di alcun tipo. Al con-tempo, essa intende assicurare la necessaria tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che

non rispondono alle caratteristiche dell’azione volontaria, come definita nei sopra richiamati commi 2 e 3 dell’art. 17”.

Con successiva nota n. 6214/2020 il Ministero è tornato a ribadire l’assoluta incompatibilità dell’attività di volontariato con qualunque forma di retribuzione entrando anche nel merito della qualificazione della nozione di attività di volonta-riato, specificando che debba intendersi tale “non solo quella direttamente rivolta allo svolgimento di una o più attività di interesse generale, costituenti l’oggetto sociale dell’ente, ma altresì l’attività rela-tiva all’esercizio della titolarità di una carica sociale, in quanto strumentale all’implementazione del-l’oggetto sociale dell’ente”. Pertanto, l’esercizio di una carica sociale diviene attività di volontariato nell’ETS ove risponda ai requisiti declinati nell’art.

17, comma 2, tra i quali spiccain primis la gratuità13. Resta fermo che, ove la gratuità non sia un obbligo (come avviene nel caso delle OdV), la previsione di un compenso a favore dei titolari delle cariche sociali è demandata all’autonoma scelta dell’ente, sempre che non si verifichi la sitauzione di ci al successivo comma 5 dello stesso articolo.

Restando nel contesto del rapporto gratuità/retribu-zione, il Ministero ha evidenziato che “non risulta particolarmente problematica la possibilità per un soggetto che ha svolto attività retribuita per conto dell’ente di candidarsi a ricoprire una carica sociale;

dovrà aversi invece cura che all’avvio dell’attività di titolare della carica sociale la prestazione retribuita sia terminata e che in costanza di incarico non ne ven-gano commissionate di ulteriori”.

Note:

10 Autocertificazione resa ai sensi dell’art. 46 D.P.R. n. 445/2000.

11 Il co. 4 non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.

12 Opportuno richiamare l’art. 2-septies della Legge n. 27/2020, di conversione con modificazioni del D.L. n. 18/2020 che ha disposto la sospensione del regime di incompatibilità di cui all’art. 17, comma 5, del CTS “per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, per la durata dello stato emer-genziale, come stabilita dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020”.

13 Si noti che, essendo“L’assenza di compensi per lo svolgimento degli incarichi associativi è specificamente imposta alle OdV dall’art. 34, comma 2 del Codice (...)” ne deriva che gli ammi-nistratori di una OdV si qualifichino come volontari “coatti”.

Anche sul fronte giurisprudenziale si ritiene utile richiamare l’aspetto legato alla gratuità della figura del volontario relazionandolo con la possibilità del c.d. rimborso delle spese e inquadrando tale rapporto in un arco temporale che ricomprenda non solo la vigenza attuale della disciplina contenuta nel CTS ma anche di quella precedentemente vigente, legata alla Legge quadro sul volontariato (Legge n. 266/1991), abrogata proprio ad opera del citato Codice14. A tal proposito si ritiene essenziale riportare quanto contenuto nell’ordinanza n. 23890/2015 emanata dai giudici della Suprema Corte di Cassazione che, alla luce di quanto disposto dall’art. 2, comma 2, della Legge n. 266/199115, hanno evidenziato due aspetti fondamentali:

1. “non possono essere considerati rimborsi di spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dalle asso-ciazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario, ossia senza specifico collega-mento con spese, singolarmente individuate, effet-tivamente sostenute dai percettori” derivando, altresì, da tale assunto che sul piano probatorio, graverà sulla parte contribuente che contesti la pre-tesa erariale (associazione, per quanto riguarda la ritenuta alla fonte, ed associato, per quanto riguarda l’intero prelievo IRPEF) l’onere di documentare il sostenimento delle spese di cui le somme erogate dall’associazionecostituirebberospecificorimborso;

2. non possono essere considerati rimborsi di spese -e vanno quindi qualificati com-e comp-ensi, com-e tali soggetti a tassazione - gli esborsi erogati dal-l’associazione di volontariato ai propri associati qualora gli stessi eccedano “i limiti preventiva-mente stabiliti dalle organizzazioni stesse”16. A tal proposito i supremi giudici, evidenziano che la disposizione di legge richiamata si preoccupa di garantire che i rimborsi spese non mascherino l’erogazione di compensi e dunque che il rapporto associativo non mascheri un rapporto di lavoro17. A talfine la disposizione richiede che i rimborsi a ciascun singolo volontario, siano connessi a“spese effettivamente sostenute” - elemento incompati-bile con la determinazione di un rimborso secondo criteri forfettari - e, altresì, che rientrino in“limiti preventivamente stabiliti”.

Il tenore delle motivazioni dei giudici mette in evi-denza due aspetti fondamentali che possono essere assunti come elementi costanti anche nella novella legislazione di Terzo settore (D.Lgs. n. 117/2017) che, come abbiamo precedentemente evidenziato, ha ormai sostituito la Legge n. 266/1991 introducendo una regolamentazione dell’attività di volontariato e del volontario trasversalmente valida per tutti le tipo-logie di ETS e non solo per le OdV.

Proprio in tale specifico contesto, con due recenti sentenze18, la Corte d’Appello di Roma è intervenuta sulla delicata questione relativa all’effettivo inquadra-mento dei volontari nel contesto associativo specifi-cando i criteri validi per individuare le fattispecie nelle quali, a fronte di un’apparente attività di volontariato, si cela, invece, un’attività lavorativa.

Utile delineare quanto emerso dalla valutazione dei giudici d’Appello che nel richiamare la Legge n. 266/

1991ratione temporis e il successivo CTS (D.Lgs. n.

117/2017) confermano una continuità tra le due normative in relazione all’individuazione dei carat-teri necessari a delineare l’attività di volontariato e la figura del volontario19.

I giudici evidenziano che le prove testimoniali così come l’organizzazione dell’attività posta in essere

Note:

14 L’art. 102, comma 1 del CTS alla lett. a) prevede proprio l’abrogazione della Legge n. 266/1991 con le sole eccezioni contenute nei successivi commi 3 e 4.

15 L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere sol-tanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti pre-ventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.

16 In questi termini, v. Cass., Sez. lav., 21 maggio 2008, n. 12964 e Cass., Sez. lav., 6 maggio 2010, n. 10974. Sulla questione ci sarebbe, tuttavia, da approfondire l’aspetto legato all’eccedenza del rimborso rispetto a quanto stabilito nei casi in cui l’eccedenza sia comunque giustificata e collocabile nelle necessità dell’ente per svolgimento dell’attività stessa per la quale il rimborso sia

16 In questi termini, v. Cass., Sez. lav., 21 maggio 2008, n. 12964 e Cass., Sez. lav., 6 maggio 2010, n. 10974. Sulla questione ci sarebbe, tuttavia, da approfondire l’aspetto legato all’eccedenza del rimborso rispetto a quanto stabilito nei casi in cui l’eccedenza sia comunque giustificata e collocabile nelle necessità dell’ente per svolgimento dell’attività stessa per la quale il rimborso sia

Nel documento COOPERATIVE E ENTI NON PROFIT (pagine 24-31)