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Valutazione dell'equilibrio acido base nel paziente critico. Possibili vantaggi e applicabilità di un approccio quantitativo

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSIT

À

DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie

in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

“Valutazione dell’equilibrio acido base nel paziente critico.

Possibili vantaggi e applicabilità di un approccio quantitativo”

RELATORE

Prof. Francesco Forfori

CANDIDATO

Michele Checchi

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1

Sommario

ABSTRACT ... 3

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO 1. Equilibrio acido base e sua interpretazione secondo i principali modelli di studio ... 6

Definizione di acido e di base ... 6

Concentrazione degli idrogenioni nei liquidi biologici ... 6

Omeostasi acido-base ... 8

Analisi delle alterazioni acido-base ... 9

1. L’approccio fisiologico: il modello di Boston ... 9

2. L’approccio mediante determinazione dell’eccesso di basi: il modello di Copenhagen ... 13

3. Approccio quantitativo: il modello di Stewart ... 16

CAPITOLO 2. L’Equilibrio acido-base in terapia intensiva ... 24

Intravenous Fluid Resuscitation ... 25

Cristalloidi ... 25 Colloidi... 27 Trasfusioni ... 28 Diuretici ... 28 Sepsi ... 28 Trauma ... 29 Il periodo perioperatorio ... 30

CAPITOLO 3. Studio Clinico ... 32

Introduzione ... 32

Obiettivo dello studio ... 33

Materiali e metodi ... 34

Risultati ... 39

(3)

2 Conclusioni ... 54 BIBLIOGRAFIA ... 55

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3

ABSTRACT

Abbiamo raccolto i parametri necessari per uno studio completo dei disturbi acido base di 109 pazienti in prima giornata di ricovero in terapia intensiva. Tali parametri sono stati interpretati secondo i tre metodi principali di analisi dell’equilibrio acido base, l’approccio fisiologico basato sulla concentrazione plasmatica di bicarbonato e sull’anion gap, l’approccio basato sul BE e infine l’approccio fisico-chimico elaborato da Stewart in cui pCO2, SID e Atot sono le tre variabili indipendenti determinanti il pH. Il 27,5% dei pazienti ha valori di bicarbonato e BE normali, ma all’interno di questo gruppo il 76,7% è solo apparentemente sano, infatti il terzo metodo rileva la presenza di disturbi misti, in cui effetti alcalinizzanti e acidificanti si compensano tra loro. La mancata rilevazione di alcuni disturbi acido base con l’approccio basato sul BE è dovuta nella maggior parte dei casi all’ipoalbuminemia (presente nel 89,9% dei pazienti), il BE risulta infatti meno indicativo quando la quota dei tamponi diversi dal bicarbonato è alterata. Anche l’anion gap può risultare normale in presenza di acidi organici non misurati se coesiste ipoalbuminemia, il problema può essere superato aggiustando l’anion gap per le proteine plasmatiche. Infine il metodo di Stewart permette di valutare e soprattutto quantificare in quale misura incidono i vari parametri sullo stato acido base di un paziente, questo si rivela particolarmente utile nei pazienti critici, affetti da disturbi multipli e da alterazioni complesse dell’equilibrio acido-base, fornendo un ausilio anche per l’attuazione di un’eventuale terapia.

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INTRODUZIONE

Nell’ambito di un reparto di terapia intensiva, uno dei parametri che vengono costantemente monitorati durante la degenza è il pH, e più in generale lo stato acido-base del paziente attraverso i dati ottenuti tramite emogasanalisi.

Alterazioni dell’equilibrio acido base sono molto frequenti e richiedono un’analisi corretta e dettagliata per definirne le cause, più o meno numerose e i possibili rimedi. I metodi classici, solitamente usati, per tale scopo sono l’approccio fisiologico (cosiddetto modello di Boston)1 e l’approccio basato sull’eccesso di basi (cosiddetto modello di Copenhagen)2.

Per quanto riguarda l’approccio fisiologico, esso si fonda sull’equazione di Henderson-Hasselbalch e distingue alterazioni dell’equilibrio acido-base di tipo respiratorio e di tipo metabolico, si parla infatti di acidosi e alcalosi respiratoria quando i cambiamenti del pH sono primariamente determinati da variazioni della pCO2, e di acidosi e alcalosi metabolica quando il disturbo primario riguarda invece la concentrazione plasmatica di bicarbonato [HCO3-]. In caso di acidosi metabolica l’approccio fisiologico utilizza come ausilio l’Anion Gap (AG) per distinguere le acidosi ipercloremiche (AG normale) dalle acidosi dovute ad acidi organici non dosati (AG aumentato). Il problema principale dell’approccio fisiologico è rappresentato dal fatto che l’[HCO3-] non è misura indipendente della componente metabolica; esso è influenzato dalla pCO2 e quindi dalla funzione respiratoria. L’approccio basato sull’eccesso di basi (BE) cerca, invece, di definire, anche quantitativamente, la componente metabolica nell’alterazione dell’equilibrio acido-base dell’organismo indipendentemente dalla funzione respiratoria e dalle variazioni della pressione parziale di CO2. Il BE rappresenta la quantità di acido o di alcale richiesta per titolare, in vitro, un litro di sangue al pH fisiologico di 7,40 ad una temperatura di 37 °C e con

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una pressione parziale di anidride carbonica costante a 40 mmHg2. In condizioni normali il valore del BE è 0 mEq/l, in presenza di acidosi metabolica il valore è negativo, in presenza di alcalosi metabolica il valore diventa positivo. Anche il sistema basato sul BE utilizza l’AG in caso di acidosi metabolica.

Nel 1981 P. Stewart, un fisiologo canadese, elabora un approccio fisico-chimico, di tipo quantitativo, egli identifica tre variabili indipendenti che da sole determinano il pH sanguigno e mira a calcolare quanto ognuna di queste variabili incide sul valore del pH nel singolo paziente3. Il valore del bicarbonato perde nel suo sistema l’importanza che invece aveva nei sistemi tradizionali, essendo, secondo la sua visione, una variabile dipendente, identificando invece come unici parametri determinanti il pH, la pCO2, la Strong Ion Difference (SID), e la concentrazione di tutti gli acidi deboli non volatili (Atot).

I metodi tradizionali hanno carattere descrittivo e pur non consentendo, di per sé, un’interpretazione fisiopatologica del disturbo, mantengono inalterata la loro validità in gran parte delle situazioni cliniche, in particolare nei pazienti non critici con disturbi acido base semplici4. Nei pazienti in condizioni critiche e con disordini acido base complessi i metodi tradizionali manifestano talora alcuni limiti. L’analisi quantitativa introdotta da Stewart sembra offrire vantaggi significativi specie in questo tipo di pazienti5.

Purtroppo l’utilizzo di questo modello nella pratica clinica appare inferiore a quanto ci si potrebbe ragionevolmente attendere.

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CAPITOLO 1. Equilibrio acido base e sua interpretazione secondo i principali modelli di studio

Definizione di acido e di base

La prima teoria della chimica acido base risale ad Arrhenius il quale definì acide le sostanze che si dissociano in soluzione acquosa liberando ioni H+6.

Stewart definisce acida una soluzione acquosa in cui la concentrazione di H+ risulti maggiore della concentrazione di [OH-]. Si definisce basica una soluzione in cui la concentrazione di [OH-] sia maggiore della concentrazione di [H+] e neutra una soluzione in cui la concentrazione di [H+] e [OH-] siano identiche.

Il grado di dissociazione di un acido in soluzione acquosa viene preso a misura della forza dell’acido stesso. Si definiscono quindi acidi forti quelli che si dissociano completamente in soluzione acquosa, e acidi deboli quelli che solo parzialmente si dissociano in tali soluzioni, e lo fanno in funzione della loro costante di dissociazione. Frequentemente la concentrazione degli ioni idrogeno viene espressa su scala logaritmica in unità di pH. Il pH rappresenta il logaritmo negativo della concentrazione di [H+]6:

𝑝𝐻 = −𝑙𝑜𝑔 [𝐻+]

Il valore del pH risulta, quindi, inversamente proporzionale alla concentrazione di [H+]: ad un pH basso corrisponde un’alta concentrazione di idrogenioni come ad un pH alto corrisponde una bassa concentrazione di idrogenioni.

Concentrazione degli idrogenioni nei liquidi biologici

La concentrazione degli idrogenioni nei liquidi biologici risulta molto bassa (dell’ordine di 40 nmol/l)7; ciò nonostante esiste una stretta regolazione omeostatica di tale concentrazione. Gli idrogenioni, infatti, nonostante la bassa concentrazione

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7

influenzano notevolmente i processi fisiologici dell’organismo, partecipando come reagenti a molte reazioni biochimiche e interferendo con la conformazione e l’attività di molti enzimi.

Clinicamente la concentrazione di idrogenioni viene facilmente misurata in un campione di sangue arterioso o venoso mediante l’uso di un pHmetro.

La concentrazione di [H+] nel sangue venoso misto risulta di circa 4,5 x 10-8 Eq/l (pH 7.35) mentre nel sangue arterioso [H+] è 4,0 x 10-8 Eq/l (pH 7.40)3. Si considera intervallo fisiologico un pH compreso fra 7,35 e 7,45. Si parla di acidosi quando il pH tende a scendere a valori inferiori di 7,40 e di alcalosi quando il pH sale oltre 7,40 in un campione di sangue arterioso. Per acidemia si intende, invece, un pH inferiore a 7,35 e alcalemia un pH sopra 7,45, sempre in un campione di sangue arterioso7. Valori di [H+] al di sopra di 1,2 x 10-7 Eq/l (pH < 6.9) o al di sotto di 1,6 x 10-8 Eq/l (pH > 7.8) configurano un pericolo immediato di vita e richiedono un pronto intervento3. Fra questi due limiti si possono verificare ampie oscillazioni nel corso di numerosi processi patologici.

La concentrazione di idrogenioni nei liquidi biologici può cambiare a causa di variazioni della concentrazione di acidi volatili (acido carbonico) o di acidi non volatili (acido cloridrico, acido lattico).

L’acido volatile è rappresentato dall’acido carbonico derivante dall’anidride carbonica, prodotta continuamente dal catabolismo cellulare. Si tratta di un acido debole in grado di dissociarsi in anione bicarbonato e H+. La formazione di acido carbonico a partire da CO2 e H2O è di per sé un processo lento ma all’interno dell’organismo la reazione avviene molto rapidamente grazie alla anidrasi carbonica presente all’interno dei globuli rossi e di molte altre cellule. L’eliminazione di questo acido avviene fisiologicamente attraverso i polmoni.

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8

Una riduzione o un incremento patologico della ventilazione polmonare, possono determinare rispettivamente accumulo di acido carbonico (acidosi respiratoria) o una sua eccessiva eliminazione (alcalosi respiratoria).

Gli acidi non volatili o fissi sono numerosi, in parte frutto del normale metabolismo cellulare (acido solforico, acido fosforico) in parte derivanti da processi patologici (acido lattico, chetoacidi, tossici). Gli acidi fissi possono essere forti (acido lattico, acido cloridrico, acido solforico) o deboli (acido fosforico, proteine plasmatiche, emoglobina). L’accumulo di acidi fissi determina una acidosi detta abitualmente metabolica anche se talora si tratta di sostanze che non riguardano il metabolismo cellulare.

Omeostasi acido-base

L’organismo possiede tre sistemi di regolazione e controllo della concentrazione degli idrogenioni in grado di limitare le variazioni del pH dei liquidi biologici e mantenere quindi l’omeostasi acido-base8.

Il primo sistema è rappresentato dai cosiddetti “sistemi tampone”. Si tratta di un sistema legato alla presenza di acidi deboli e quindi solo parzialmente dissociati. Tali sostanze, in caso di accumulo di acidi forti, sono in grado di legare l’eccesso di ioni H+ limitando le variazioni del pH.

Il secondo sistema è legato alla ventilazione polmonare. Si tratta di un sistema in grado di intervenire nel giro di pochi minuti dal cambiamento di pH attraverso una variazione della ventilazione polmonare. In caso acidosi metabolica si assiste ad un aumento della ventilazione polmonare con maggiore eliminazione di anidride carbonica e correzione del pH. In caso di alcalosi si osserva invece una riduzione della ventilazione con conseguente ritenzione di anidride carbonica.

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Il terzo sistema è legato alla funzione renale. I reni hanno la capacità di eliminare gli acidi o le basi in eccesso ripristinando il pH fisiologico. I meccanismi renali sono complessi e legati alla escrezione di H+, Cl-, ione bicarbonato, ione ammonio. In ogni caso si tratta di meccanismi che, a differenza di quelli polmonari, richiedono 3-5 giorni per esplicare una completa azione.

Analisi delle alterazioni acido-base

La descrizione dei disordini dell’equilibrio acido base appare un compito importante, deve mettere il clinico nelle condizioni di capire in che modo si è determinata la variazione della concentrazione degli idrogenioni e come l’organismo può essere aiutato a ripristinare le condizioni normali.

La descrizione dei disordini respiratori è risultata sicuramente più semplice e sostanzialmente correlabile con i livelli di anidride carbonica espressi dal valore di pCO2 oggi facilmente misurabile nei liquidi biologici. Più complessa e ancora fonte di molte controversie è la descrizione dei disordini metabolici. Alla fine risultano tre gli approcci più importanti: l’approccio cosiddetto fisiologico talora indicato come modello di Boston, l’approccio dell’eccesso basi indicato come modello di Copenaghen e l’approccio fisico chimico quantitativo di Stewart.

1. L’approccio fisiologico: il modello di Boston

Tale approccio si fonda sul sistema tampone acido carbonico/bicarbonato, tale scelta è basata sul principio isoidrico9 oltre che sull’abbondanza e sull’importanza fisiologica di tale sistema.

L’elemento centrale di questo sistema è, dunque, rappresentato dalla equazione di Henderson-Hasselbalch:

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𝑝𝐻 = 𝑝𝐾𝑎 + 𝑙𝑜𝑔 [𝐻𝐶𝑂3 −] [𝐻2𝐶𝑂3]

La pKa di questo sistema tampone è uguale a 6,1. La concentrazione dell’acido carbonico viene espressa come 0,03 x pCO2, dove 0,03 rappresenta il coefficiente di solubilità dell’anidride carbonica8. L’equazione diventa dunque:

𝑝𝐻 = 6.1 + 𝑙𝑜𝑔 [𝐻𝐶𝑂3 −] [0,03 𝑥 𝑝𝐶𝑂2]

Considerando 7,4 il valore fisiologico di pH e 40 mmHg quello della pCO2, il valore normale di [HCO3-] risulta 24 mEq/l.

Osservando l’equazione si vede come il pH del sangue sia determinato dal valore di pCO2 e dal valore di [HCO3-].

Il valore di pCO2 rappresenta la componente respiratoria in quanto direttamente correlato alla ventilazione alveolare. Un aumento di pCO2 determinerà una riduzione del pH mentre una iperventilazione e la conseguente riduzione della pCO2 determinerà un aumento del pH.

La concentrazione di [HCO3-] rappresenta la componente metabolica. In caso di accumulo di acidi forti l’eccesso di H+ determinerà una corrispondente riduzione della concentrazione di [HCO3-] con riduzione del pH; l’opposto accadrà nel caso di accumulo di basi forti.

Secondo l’approccio fisiologico si possono definire quattro alterazioni primarie dell’equilibrio acido-base1:

1. acidosi metabolica caratterizzata da riduzione del pH e della [HCO3-]; 2. alcalosi metabolica caratterizzata da incremento del pH e della [HCO3-]; 3. acidosi respiratoria: caratterizzata da riduzione del pH e incremento della

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4. alcalosi respiratoria: caratterizzata da incremento del pH e riduzione della pCO2

Ogni alterazione primaria scatena in vivo una risposta “compensatoria” che tende a normalizzare il rapporto [𝐻𝐶𝑂3

]

0.03 𝑥 𝑝𝐶𝑂2 e riportare il pH verso un valore fisiologico. In altre

parole quando si determina un’alterazione della pCO2 (disturbo respiratorio) o dell’[HCO3-] (disturbo metabolico) l’organismo attiva il sistema non alterato spostandolo nella stessa direzione per mantenere inalterato il rapporto.

Figura 1. Sono elencate le sei alterazioni primarie dell’assetto acido base con le relazioni reciproche fra bicarbonato e pCO2 nei disturbi respiratori e pCO2 e bicarbonato nei disturbi metabolici4

Attraverso studi empirici è possibile prevedere e calcolare la risposta omeostatica normale e distinguere un disordine acido-base semplice da un disordine misto. Nel caso di un disordine acido-base misto la risposta omeostatica secondaria risulterà diversa da quanto previsto10.

Dobbiamo considerare anche il fatto che le risposte compensatorie respiratorie si realizzano nel giro di pochi minuti mentre il compenso renale richiede giorni8. Nel caso di acidosi e alcalosi respiratorie è necessario, quindi, distinguere un disturbo acuto

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dove il compenso renale non si è ancora verificato e un disturbo cronico dopo che si è raggiunto un compenso renale.

Per analizzare meglio un’acidosi metabolica è stato introdotto, basandosi sul principio dell’elettroneutralità, il calcolo del gap anionico, basandosi sul principio dell’elettroneutralità.

[𝑁𝑎+] + [𝐾+] + [𝐶𝑎2+] + [𝑀𝑔2+] + [𝐻+] + 𝑐𝑎𝑡𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎𝑡𝑖 = [𝐶𝑙−] + [𝐻𝐶𝑂3−] + [𝐶𝑂32−] + [𝑂𝐻−] + 𝑎𝑙𝑏𝑢𝑚𝑖𝑛𝑎

+ 𝑓𝑜𝑠𝑓𝑎𝑡𝑜 + 𝑠𝑜𝑙𝑓𝑎𝑡𝑜 + 𝑙𝑎𝑡𝑡𝑎𝑡𝑜 + 𝑎𝑛𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑖𝑠𝑢𝑟𝑎𝑡𝑖

Attraverso tale equazione è possibile determinare la concentrazione degli anioni non dosati10.

Se ci limitiamo a considerare gli ioni che presentano la concentrazione maggiore e le variazioni più ampie possiamo determinare il gap anionico in modo semplificato:

𝐴𝐺 = ([𝑁𝑎+] + [𝐾+]) − ([𝐶𝑙] + [𝐻𝐶𝑂 3−])

Il valore normale del gap anionico è circa 12 mEq/l, e in condizioni fisiologiche, rappresenta principalmente le cariche negative dell’albumina4.

Un’acidosi metabolica a gap anionico normale rappresenta di solito acidosi metabolica ipercloremica; un’acidosi metabolica a gap anionico aumentato indica la presenza di un eccesso di acidi non dosati10. Nel caso di variazione dell’albuminemia l’AG può risultare non affidabile ed è necessario procedere ad un aggiustamento11 :

AG corretto = AG misurato + 0,25 x ([alb. normale (g/l)] − [alb (g/l) ])

La critica principale mossa al sistema fisiologico è legata al fatto che la concentrazione dello ione bicarbonato non è una variabile indipendente e non è un indicatore fedele della componente metabolica. Di fatto l’[HCO3-] e l’[H2CO3] fanno parte della stessa

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coppia tampone e risultano quindi interdipendenti4. Inoltre la pCO2 influenza l’acidificazione renale: la concentrazione di HCO3- viene quindi ridotta nell’ipocapnia cronica e aumentata nell’ipercapnia cronica. Così come le variazioni della concentrazione di HCO3- influenzano la ventilazione polmonare e quini la pCO2. Come sopra detto gli studi empirici hanno comunque consentito di definire le risposte secondarie attese e rendere possibile anche l’identificazione di disordini acido base complessi. Ciò può comunque complicare l’uso del sistemo fisiologico al letto del paziente.

2. L’approccio mediante determinazione dell’eccesso di basi: il modello di Copenhagen

Questo tipo di approccio nasce per rispondere alla esigenza di distinguere nettamente in un profilo emogasanalitico la componente respiratoria dalla componente metabolica e di avere altresì un parametro che possa misurare il disturbo metabolico e guidare la eventuale terapia (somministrazione di bicarbonato di sodio).

La variazione della concentrazione di ione bicarbonato non soddisfa queste esigenze perché [HCO3-] risulta dipendente dalla pCO2 e quindi dalla componente respiratoria. Un primo tentativo in questo senso fu rappresentato dal bicarbonato standard calcolato misurando il pH di un campione di sangue alla pCO2 di 40 mmHg12. In questo modo poteva essere calcolata la concentrazione di bicarbonato depurata dalla influenza della pCO2.

Nei primi anni ’50 Ole Siggaard-Andersen e Poul Astrup introdussero l’eccesso basi (BE) al posto del [HCO3-] per misurare la componente metabolica dei disturbi acido base2. In questo approccio viene mantenuta la centralità della equazione di H.H., ma le variabili rilevanti sono: pH, pCO2 e BE.

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Il BE deriva dalla titolazione in vitro del sangue con acidi e basi forti: rappresenta la quantità di acido o di alcale (espressi in mEq/l) che deve essere aggiunta ad 1 litro di sangue per portarlo al pH fisiologico di 7,4 alla temperatura di 37° e alla pCO2 di 40 mmHg13. Quando il pH di partenza è > di 7,4 è necessario aggiungere acido e il BE risulta positivo; quando il pH di partenza è < di 7.4 è necessario aggiungere alcali ed il BE risulta negativo. In condizioni fisiologiche il BE è 0 (il range normale va da -2 a + 2 mEq/l).

Il BE viene calcolato su un campione di sangue in vitro e non risente del liquido extracellulare. In vivo esistono, però scambi di bicarbonato con il liquido interstiziale e di fatto l’emoglobina serve da tampone sia del sangue che del liquido interstiziale. Ciò rende il valore di BE non ben rappresentativo delle caratteristiche acido base del liquido extracellulare. Non essendo possibile ottenere un campione di liquido interstiziale il BE può essere misurato diluendo tre volte il sangue con il proprio plasma (diluizione 1 + 2) oppure può essere stimato considerando un valore di emoglobina di 5 g/dl. Questo BE del liquido extracellulare prende il nome di Standard Base Excess (SBE)1.

Il BE e lo SBE possono essere misurati usando il nomogramma di Siggaard-Andersen (Fig.2) o calcolati attraverso l’equazione di Van Slyke4 che nella forma semplificata risulta essere:

𝑆𝐵𝐸 = 0,9278 {𝐻𝐶𝑂3− 24,4 + [14,83 (𝑝𝐻 − 7.4)] }

L’approccio basato sul Base Excess riconosce quattro alterazioni dell’equilibrio acido-base: acidosi e alcalosi respiratoria, acidosi e alcalosi metabolica. I disordini metabolici sono definiti da alterazioni primarie di BE e SBE mentre i disturbi respiratori da cambiamenti primari della pCO21. Usando i dati empirici già visti parlando dell’approccio fisiologico è possibile valutare le risposte secondarie.

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Anche nell’approccio con il BE la valutazione viene completata, in caso di acidosi metabolica, con il calcolo dell’Anion gap.

L’approccio correlato al BE appare nel complesso relativamente semplice ed è ampiamente usato. Si consideri, da questo punto di vista, che molti apparecchi per la gasanalisi forniscono direttamente i tre parametri su cui questo approccio si basa: pH, pCO2 e SBE.

Alcuni limiti devono comunque essere sottolineati. Anzitutto il valore di SBE fornisce una stima complessiva della variazione delle basi tampone ma non ci consente di capire quali fattori hanno contribuito a determinare il disturbo metabolico1. In secondo luogo il valore di SBE non tiene in considerazione i cambiamenti dei livelli di albumina e, nei fatti, l’albumina è un elemento importante nel computo delle basi tampone5. Infine va considerato che in caso di disturbi respiratori cronici la variazione della pCO2 altera l’acidificazione renale e modifica il valore di SBE14.

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3. Approccio quantitativo: il modello di Stewart

Nel 1981 Peter Stewart, un fisiologo canadese, propose un modello radicalmente diverso per la valutazione dell’equilibrio acido-base nei liquidi biologici. Egli ritenne di abbandonare un approccio descrittivo elaborando una teoria di tipo quantitativo in grado, cioè, di calcolare, partendo dalle sostanze presenti in una determinata soluzione, la concentrazione finale degli idrogenioni3.

Rifacendosi alle teorie di Arrhenius e Naunyn, Stewart identifica come acido qualsiasi sostanza capace di aumentare la concentrazione idrogenionica di una soluzione acquosa. Nella sua visione la quantità di H+ aggiunta o tolta da una soluzione non è rilevante ai fini della concentrazione finale la quale rappresenta una variabile del tutto dipendente dalle altre sostanze contenute nella soluzione stessa. È la concentrazione di tali sostanze che modificando la dissociazione dell’acqua alla fine determina la concentrazione di idrogenioni15.

Per poter procedere al calcolo della concentrazione degli idrogenioni devono, dunque, essere definite le variabili indipendenti, quelle cioè che non sono influenzabili da eventi interni al sistema e che alla fine sono le vere determinanti delle caratteristiche acido-base di una determinata soluzione.

Per quanto riguarda i liquidi biologici, le sostanze che secondo Stewart sono in grado di determinare i caratteri acido-base sono rappresentate anzitutto dai cationi e gli anioni cosiddetti forti perché completamenti ionizzati in soluzione acquosa. Risultano tali il sodio, il cloro, il potassio, il calcio, il lattato. Secondo Stewart, ciò che è determinante ai fini del pH finale non è la concentrazione assoluta di una specie ma la differenza fra la somma totale dei cationi forti e la somma degli anioni forti che Stewart chiama SID (𝑠𝑡𝑟𝑜𝑛𝑔 𝑖𝑜𝑛 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑐𝑒 = 𝑁𝑎++ 𝐾 +− 𝐶𝑙 −)3.

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Nel compartimento extracellulare il valore normale di questa differenza ammonta a circa +40 mEq/l16, al diminuire o all’aumentare di questo valore corrisponde rispettivamente un aumento o un calo della concentrazione idrogenionica. Il sodio e il cloro rappresentano gli ioni quantitativamente più importanti, ogni riduzione dei livelli di sodio rispetto a quelli del cloro (es. iponatremia diluizionale), così come ogni incremento dei livelli di cloro rispetto alla concentrazione del sodio (es. infusione massiva di soluzione fisiologica) comporta una riduzione del SID e quindi una riduzione del pH.

Nella teoria di Stewart il cloro acquista, dunque, un ruolo centrale.Considerando che il sodio viene strettamente regolato dai meccanismi che sovraintendono al mantenimento della volemia e della osmolarità, il cloro ha verosimilmente un ruolo determinante nella regolazione dell’omeostasi acido base. Si deve, quindi porre molta attenzione al dosaggio di questo anione nel plasma.

Il compenso renale a variazioni del pH plasmatico è spiegabile con variazioni nella escrezione del cloro3.

Il SID rappresenta la prima delle variabili indipendenti; le altre due sono Atot e pCO2. pCO2 (pressione parziale CO2) è determinata dall’equilibrio fra metabolismo e respirazione, e da essa dipende la concentrazione dei cosiddetti tamponi volatili (H2CO3/HCO3-).

La variabile Atot si riferisce, invece, ai tamponi non volatili presenti nel sangue; sebbene si tratti di diversi polielettroliti, Stewart ed altri sono riusciti a rappresentare le varie specie di acidi deboli come un singolo acido monoprotico HA6.

HA ↔ A- + H+ Per tale acido vale la legge di azione di massa:

𝐾𝑎 = [𝐻+] 𝑥 [𝐴−] [𝐻𝐴]

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Secondo la legge di conservazione di massa Atot si calcola quindi come segue: 𝐴𝑡𝑜𝑡 = [𝐻𝐴] + [𝐴−]

Nel plasma gli acidi deboli sono prevalentemente rappresentati dalle proteine (in particolare albumina) e fosfato inorganico.

Considerando che fisiologicamente la concentrazione dei cationi forti è superiore alla concentrazione degli anioni forti i liquidi extracellulari rappresenterebbero, in

assenza di altre sostanze, una soluzione nettamente alcalina3. La presenza di acidi deboli volatili (acido carbonico) e fissi (proteine, fosfati) corregge parzialmente il carattere fortemente basico portando il pH verso la neutralità (7,4).

[H+], [OH-], [HCO3-], [CO32-]e [A-] (la concentrazione della forma dissociata degli acidi deboli non volatili) risultano variabili dipendenti il cui valore è funzione della concentrazione delle tre variabili indipendenti. La concentrazione di bicarbonato perde, quindi, l’importanza che aveva negli approcci tradizionali4.

Per poter sviluppare il suo calcolo Stewart imposta sei equazioni6 utilizzando alcuni principi fondamentali relativi alle proprietà fisico-chimiche delle soluzioni:

• Principio della elettroneutralità:

[𝑆𝐼𝐷] + [𝐻+] = [𝐻𝐶𝑂3−] + [𝐴−] + [𝐶𝑂32−] + [𝑂𝐻−]

• Principio di conservazione della massa:

[𝐴𝑇𝑂𝑇] = [𝐻𝐴] + [𝐴−]

• Equilibrio di dissociazione dell’acqua:

[𝐻+] 𝑥 [𝑂𝐻] = 𝐾 𝑊′

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• Equilibrio di dissociazione degli acidi deboli non volatili: [𝐻+] 𝑥 [𝐴−] = 𝐾𝑎 𝑥 [𝐻𝐴] dove 𝐾𝑎 è la costante di dissociazione dell’acido debole HA

• Equilibrio di formazione dello ione bicarbonato:

[𝐻+] 𝑥 [𝐻𝐶𝑂3−] = 𝐾1′ 𝑥 𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2

dove K1’ è la costante di dissociazione per l’equazione di H.H. e S è la costante di solubilità della CO2 nel plasma.

• Equilibrio di formazione dello ione carbonato:

[𝐻+] 𝑥 [𝐶𝑂32−] = 𝐾3 𝑥 [𝐻𝐶𝑂3−] dove K3 è la costante di dissociazione del bicarbonato.

Le sei equazioni vengono combinate insieme ottenendo un polinomio di quarto grado: 𝒂[𝑯+]𝟒+ 𝒃[𝑯+]𝟑+ 𝒄[𝑯+]𝟐+ 𝒅[𝑯+] + 𝒆 = 𝟎 Dove: 𝑎 = 1; 𝑏 = [𝑆𝐼𝐷] + 𝐾𝑎; 𝑐 = {𝐾𝑎 𝑥 ([𝑆𝐼𝐷] − [𝐴𝑡𝑜𝑡]) − 𝐾𝑤′ − 𝐾1′ 𝑥 𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2}; 𝑑 = − {𝐾𝑎 𝑥 (𝐾𝑤′ + 𝐾1′ 𝑥 𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2) − 𝐾3 𝑥 𝐾1′ 𝑥 𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2} 𝑒 = − 𝐾𝑎 𝑥 𝐾3 𝑥 𝐾1′ 𝑥 𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2

La soluzione di tale polinomio è complessa e, per ammissione dello stesso Stewart, rende necessario l’uso di un calcolatore.

Dall’equazione finale si evince chiaramente che la concentrazione degli idrogenioni è funzione delle tre variabili indipendenti e di cinque costanti.

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Negli anni ’90, riprendendo il lavoro di Stewart, Constable semplificò l’equazione di Stewart rendendo più facili i calcoli e aprendo la strada ad un uso del metodo quantitativo nella pratica clinica17.

Constable notò che omettendo, nell’equazione dell’elettroneutralità, le cariche presenti in concentrazioni dell’ordine di micro e nanomoli (CO3-, OH- e H+) il calcolo si semplificava senza influenzare significativamente i risultati, l’equazione di elettroneutralità diventa quindi:

[𝑆𝐼𝐷] = [𝐻𝐶𝑂3] + [𝐴]

Dove [A-] è la concentrazione degli acidi deboli dissociati, principalmente albumina e fosfati.

L’equazione finale semplificata invece diventa:

𝑝𝐻 = 𝑝𝐾1′+ log10

[𝑆𝐼𝐷] − 𝐾𝑎 𝑥 [𝐴𝑡𝑜𝑡] 𝐾𝑎+ 10−𝑝ℎ

𝑆 𝑥 𝑝𝐶𝑂2

In cui la concentrazione degli idrogenioni risulta dipendente dalle tre variabili indipendenti e dalle tre costanti Ka, K1’ e S17.

Come precedentemente accennato il liquido extracellulare è rappresentato da una soluzione acquosa contenente un eccesso di cationi forti. Tale eccesso rappresenta il SID. Per la legge della elettroneutralità questo eccesso di cariche positive deve essere bilanciato da cariche negative che derivano dalla CO2 e dagli acidi deboli non volatili (proteine e fosfati). Il SID può essere dunque calcolato come differenza fra cationi e anioni forti oppure come la somma delle cariche negative del bicarbonato e degli acidi deboli non volatili. Il primo viene denominato SID apparente (SIDa), il secondo SID effettivo (SIDe). In condizioni fisiologiche la differenza è zero. Se però sono presenti anioni non dosati il SID effettivo risulta più piccolo e la differenza esprime la

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21

concentrazione degli anioni forti non dosati. A tale valore si dà il nome di SIG (strong ion gap), esso rappresenta una stima degli anioni non misurati18.

𝑆𝐼𝐺 = 𝑆𝐼𝐷𝑎 − 𝑆𝐼𝐷𝑒

Alcuni autori per identificare la quota di questi anioni non dosati utilizzano il termine [XA-]5. I lattati vengono attualmente dosati, ed essendo anioni forti, possono sia essere inseriti nel SIDa che essere considerati parte del SIG

𝑆𝐼𝐷𝑎 = 𝑁𝑎++ 𝐾 +− 𝐶𝑙− – 𝑙𝑎𝑡𝑡𝑎𝑡𝑖

Figura 3. Gamblegram che mostra il SIDa, il SIDe e il SIG

L’approccio di Stewart identifica sei disordini acido-base5.

• Acidosi respiratoria: conseguente ad un incremento della pCO2 a causa di una ipoventilazione. La reazione compensatoria dell’organismo consiste in un aumento del SID attraverso una maggiore escrezione renale di cloro.

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22

• Alcalosi respiratoria: dovuta a riduzione della pCO2 a causa di iperventilazione. La reazione compensatoria dell’organismo consiste in una riduzione del SID attraverso ritenzione renale di cloruri.

• SID acidosi: consegue a riduzione della SID effettiva. Può essere distinta in SID acidosi in senso stretto e SIG o [XA-] acidosi. La prima è caratterizzata da riduzione del SID apparente nella stessa misura del SID effettivo e quindi con SIG zero. Può essere dovuta a incremento dei cloruri (per esempio in caso di infusione di soluzioni saline e acidosi tubulare renale) o riduzione del sodio (ritenzione idrica).

La seconda è caratterizzata da SID apparente invariato e SID effettivo ridotto e quindi incremento del SIG. Si tratta di una acidosi dovuta ad accumulo di anioni non dosati e corrisponde a quella che di solito viene detta acidosi normocloremica.

• SID alcalosi: caratterizzata da aumento del SID apparente e del SID effettivo. Consegue ad una perdita eccessiva di cloro (vomito, diuretici) o ad un incremento del sodio (disidratazione).

• Atot acidosi: dovuta ad un aumento di concentrazione degli acidi deboli (albumina, fosfati inorganici).

• Atot alcalosi: dovuta a diminuzione della albumina.

Una delle critiche mosse all’approccio quantitativo si riferisce alla necessità di calcoli complessi oltre a molteplici misure degli elettroliti plasmatici. Ciò renderebbe poco pratico l’uso routinario di questo metodo nelle corsie degli ospedali.

Negli ultimi anni, partendo da lavoro di P. Lloyd si sono sviluppati modelli computerizzati che consentono di evitare un’eccessiva semplificazione del modello di

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23

Stewart fornendo nel contempo un’interfaccia che permette la facile introduzione dei dati19,20.

L’uso di tali programmi appare oggi utilizzabile anche al letto del paziente e fornisce un’analisi dettagliata della situazione acido-base.

Ciò può consentire un’interpretazione fisiopatologica più completa, chiarendo quali delle variabili indipendenti e in quale misura ciascuna di esse partecipi all’alterazione acido-base.

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24

CAPITOLO 2. L’Equilibrio acido-base in terapia intensiva

All’interno di un reparto di terapia intensiva il monitoraggio dello stato acido-base è un elemento fondamentale nella gestione del paziente durante la degenza, vista anche la frequenza con cui disturbi di tale equilibrio si presentano. I motivi per cui la frequenza di tali disturbi è alta sono molteplici, da una parte abbiamo il paziente in cui possono coesistere più patologie o in cui un certo stato patologico può incidere su diversi sistemi fisiologici dell’organismo, tra cui quelli deputati a mantenere l’omeostasi dell’equilibrio acido-base, dall’altra abbiamo i presidi terapeutici che vengono attuati su quel paziente, i quali non raramente possono partecipare, o essere essi stessi causa di un eventuale stato di acidosi o alcalosi. Questo tipo di terapie, tra cui quella con i fluidi o i diuretici, non sono ovviamente esclusive di un reparto di terapia intensiva ma in questo ambito vengono attuate in maniera massiva, vista la criticità dei pazienti, fino anche a creare un’alterazione acido-base importante. Molti dei disturbi acido-base sono autolimitanti, quando severi e quando si sviluppano in modo rapido, invece, possono rappresentare una minaccia per la sopravvivenza del paziente. Le alterazioni particolarmente severe possono essere causa diretta di disfunzione d’organo, causando eventualmente un’aritmia cardiaca nei pazienti critici o aumentando la richiesta miocardica di ossigeno in un paziente con ischemia miocardica.

Risulta, in definitiva, importante capire le cause alla base del disturbo acido-base e considerare anche le limitazioni o i problemi di alcune strategie terapeutiche nell’ottica di ripristinare o mantenere i valori del pH nel range di normalità.

Andiamo quindi ad analizzare come alcuni stati patologici o alcuni presidi terapeutici possano interferire con l’omeostasi acido-base dell’organismo, tutte situazioni che all’interno di un reparto di terapia intensiva si verificano quotidianamente.

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Intravenous Fluid Resuscitation

La somministrazione rapida di ampi volumi di liquidi è pratica comune nei pazienti in stato di shock o con patologie che abbiano determinato severa deplezione dei liquidi intravascolari.

Le soluzioni usate per questo tipo di terapia possono variare in base alla patologia del paziente e sono rappresentate da cristalloidi (soluzioni acquose di sali o di piccole molecole idrosolubili che diffondono facilmente nell’interstizio), colloidi (detti anche plasma expander, sono soluzioni acquose di sostanze ad alto peso molecolare che si distribuiscono prevalentemente nel compartimento intravascolare) e trasfusioni.

Cristalloidi

La soluzione fisiologica viene frequentemente usata ma è noto da tempo che l’infusione endovena di ampi volumi di questa soluzione può causare acidosi metabolica21. Si possono trovare varie interpretazioni per questo fenomeno, alcuni sostengono che l’acidosi metabolica sia dovuta al trasferimento nel liquido extracellulare di protoni liberi contenuti nella soluzione salina22, altri invece chiamano in causa il calo dei livelli di bicarbonato per effetto di una diluizione post-infusione23. Queste spiegazioni contrastano con i concetti su cui si basa l’approccio fisico-chimico, in cui [H+] e [HCO3-] sono variabili dipendenti (che variano in risposta a cambiamenti di [Atot], [SID] e pCO2). I protoni nel loro stato libero non possono essere quindi aggiunti o sottratti ad una soluzione, la loro concentrazione è legata al livello di dissociazione dell’acqua, che a sua volta è influenzato dalle tre variabili indipendenti.24 Dobbiamo, innanzitutto, considerare che le concentrazioni dei vari componenti chimici all’interno delle soluzioni saline che vengono somministrate non coincidono con le concentrazioni degli stessi componenti nel plasma o nel liquido interstiziale.

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26

Quando ad esempio infondiamo soluzione fisiologica (NaCl 0,9%), immettiamo nel plasma una soluzione che ha un [Atot] e un [SID] pari a 0 che tendono, rispettivamente, a causare un’alcalosi e un’acidosi metabolica, le quali però non sono di uguale entità essendo l’effetto relativo al calo della [SID] nettamente prevalente24. Si viene così a configurare, con l’infusione di ampi volumi di soluzione fisiologica, una [SID] acidosi. Il calo del [SID] in questo caso è dovuto all’infusione di un liquido che ha una concentrazione di cloro [Cl-] superiore alla concentrazione plasmatica di questo anione, l’acidosi che ne deriva è infatti ipercloremica.

Per ovviare a questi problemi sono stati creati altri tipi di soluzioni cristalloidi (balanced crystalloid) che impattano in maniera minore sull’equilibrio acido-base. Tenendo conto quindi dell’effetto diluitivo sull’[Atot] e dell’effetto sul [SID], è stato visto sperimentalmente che il liquido da infondere dovrebbe avere un [SID] intorno a 24 mEq/l25(Fig.4).

Figura 4. Emodiluizione normovolemica nei ratti. Le linee rappresentano emodiluizioni progressive, per ogni diluizione il punto di equilibrio (SBE = 0) rimane vicino a 24 mEq/l26.

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27

Ringer lattato e ringer acetato sono due tra i balanced crystalloid più utilizzati, in essi l’eccesso di cloro viene bilanciato tramite l’aggiunta rispettivamente di sodio lattato e di sodio acetato.

Sempre nell’ambito della terapia infusionale con cristalloidi, alcune soluzioni (ad esempio soluzione glucosata, soluzioni ipotoniche) possono incidere sull’equilibrio acido base in modo diverso, modificando il bilancio idrico dell’organismo. Una diluizione dei liquidi biologici, valutabile clinicamente attraverso una riduzione della sodiemia, può determinare una riduzione del pH. Anche in questo caso l’approccio quantitativo fornisce una spiegazione del fenomeno, l’aumento del contenuto idrico causa una riduzione proporzionale di sodio e cloro, determinando così, un calo del [SID].

Colloidi

Altro tipo di soluzioni frequentemente usate sono le soluzioni colloidali. Sono soluzioni saline contenenti albumina o altre molecole (amido idrossietilico, destrani e gelatine) con proprietà oncotiche simili27. All’interno di questa categoria troviamo soluzioni, che contenendo amido idrossietilico o destrani, similmente ai cristalloidi, non hanno attività di acido debole24, tale attività è invece posseduta da albumina e gelatine, le quali vanno così ad incidere sulla variabile indipendente [Atot] del metodo di Stewart24. L’effetto acidificante di albumina e gelatine è bilanciato da valori positivi del [SID]24. In definitiva le soluzioni colloidali sembrano incidere sull’omeostasi acido base in maniera simile alle soluzioni saline, configurando, a seguito di infusioni massive, quadri di acidosi metabolica28.

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28

Trasfusioni

Le trasfusioni di sangue intero apportano sodio citrato, necessario per l’anticoagulazione29,30. Il metabolismo epatico del citrato tende a indurre alcalosi metabolica, che può diventare marcata in caso di trasfusioni massive24. In caso di insufficienza epatica, invece, il citrato si accumula causando acidosi metabolica.31 Attualmente comunque le trasfusioni di sangue intero sono state sostituite dalle trasfusioni di globuli rossi concentrati, con minori problematiche relative all’equilibrio acido base30.

Diuretici

Un altro presidio terapeutico usato frequentemente, in ambito di terapia intensiva, capace di influenzare lo stato acido base dei pazienti, è rappresentato dai diuretici. I diuretici dell’ansa inibiscono il cotrasportatore Na+ / K+ / 2Cl-, localizzato nel tratto spesso ascendente dell’ansa di Henle, ne deriva così una perdita maggiore di cloro rispetto al sodio causando un quadro di [SID] alcalosi (alcalosi ipocloremica)32. La stessa alterazione si ha anche con l’utilizzo dei diuretici tiazidici che favoriscono l’escrezione di cloro inibendo, in questo caso, il cotrasportatore Na+ / Cl- del tubulo contorto distale. Si realizzano così quadri di [SID] alcalosi (alcalosi ipocloremica)32.

Sepsi

Molto frequentemente una sepsi grave comporta alterazioni acido-base33. Tali alterazioni possono conseguire alle disfunzioni d’organo caratteristiche di questa condizione (insufficienza respiratoria, insufficienza renale, shock) o alle terapie messe in opera34.

(30)

29

L’alcalosi respiratoria può essere presente nei pazienti settici ma raramente è clinicamente rilevante34.

L’acidosi sia respiratoria che metabolica rappresenta, invece, un evento frequente e clinicamente rilevante perché correlato a una cattiva prognosi anche se non è noto se esista una vera relazione causa-effetto35. L’acidosi metabolica può essere sostenuta da cause multiple (acidosi lattica, acidosi ipercloremica, insufficienza renale, chetoni, altri anioni)34.

Nonostante l’associazione fra acidosi, in particolare quella metabolica, ed esito clinico sfavorevole non ci sono evidenze univoche che la correzione dell’acidosi lattica tramite la somministrazione di bicarbonato di sodio migliori la prognosi36. Al di là dell’opportunità o meno di somministrare bicarbonato di sodio, non deve sfuggire il fatto che infusioni massive di soluzioni saline praticate con lo scopo di migliorare la perfusione degli organi e ridurre quindi l’acido lattico possano indurre un’acidosi ipercloremica potenzialmente pericolosa.

In definitiva conosciamo tuttora poco di come le alterazioni acido base e le terapie correlate possano influenzare la sintesi di citochine infiammatorie alla base della sepsi37. Appare in ogni caso indispensabile il monitoraggio dei fattori che possono influire su tale equilibrio.

Trauma

Anche nel paziente traumatizzato risulta necessario il controllo assiduo dell’omeostasi acido base.

Nelle fasi iniziali dopo un grave trauma è frequente sia l’acidosi lattica conseguente a fenomeni di ipoperfusione che l’acidosi ipercloremica correlata alla frequente somministrazione di ampi volumi di soluzioni saline (fluid resuscitation)38. Non deve

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30

essere ignorato il ruolo di patologie preesistenti (insufficienza renale, diabete) né la ipoalbuminemia che è quasi costantemente presente.

Si associa frequentemente insufficienza respiratoria conseguente a lesioni che alterano il lavoro respiratorio38.

Nelle fasi più tardive è frequente l’alcalosi metabolica connessa all’uso di diuretici38.

Il periodo perioperatorio

In terapia intensiva nei pazienti sottoposti a monitoraggio postoperatorio spesso la ventilazione è assistita o controllata meccanicamente, non si possono così realizzare i compensi respiratori spontanei che tenderebbero a correggere i disturbi dell’equilibrio acido base39. Gli stati di acidosi e alcalosi possono così alterare la fisiologia dell’organismo in maniera più o meno critica. Quando il pH scende sotto 7,22 si determina una depressione miocardica e del muscolo liscio, quindi una riduzione della gittata sistolica e una vasodilatazione con compromissione della perfusione tissutale e ipotensione40. Sul circolo polmonare si ha invece un aumento delle resistenze a cui consegue un aumento del post carico del ventricolo destro41. Per quanto riguarda gli effetti dell’alcalosi, invece, si ha uno spostamento a sinistra della curva di dissociazione dell’emoglobina, ipocalcemia e ipokaliemia con conseguente riduzione della contrattilità e rischio aumentato di aritmie39. Sul versante respiratorio invece si verifica un aumento del tono della muscolatura liscia bronchiale40.

Anche l’attività dei fattori della coagulazione dipende dal pH plasmatico, in particolare è stato visto in vitro che questa attività aumenta con l’aumentare del pH raggiungendo l’apice a pH = 839.

Altre implicazioni circa lo stato acido base del paziente riguardano gli effetti reciproci che si hanno fra pH e molti farmaci, in questo contesto prendiamo in considerazione i

(32)

31

rapporti fra anestetici e [H+]. In generale tutti gli anestetici determinano una riduzione, dose dipendente, del drive respiratorio, a cui consegue, nei pazienti in respiro spontaneo, un aumento della pCO242. Gli effetti invece sul [SID] e sull’[Atot] sono di solito trascurabili vista la bassa concentrazione degli anestetici39, in teoria ad esempio gli anestetici volatili fluorurati potrebbero essere una fonte di [F-] e causa quindi di una SID acidosi ma in realtà non incidono43. L’unico è il Propofol che potrebbe avere un certo impatto sull’omeostasi acido base, quando somministrato per lunghi periodi. Il motivo non è chiaro, alcuni autori ritengono che possa provocare una SID acidosi e un aumento di [Atot] agendo come disaccoppiante la catena respiratoria, causando accumulo di lattati44.

Inoltre la farmacocinetica degli anestetici risente dello stato acido base del paziente a cui vengono somministrati. Questo tipo di farmaci sono, in genere, acidi o basi deboli, di conseguenza la loro quota non ionizzata (attiva) dipende dalla [H+] dell’ambiente in cui vengono immessi39.

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32

CAPITOLO 3. Studio Clinico Introduzione

Tutti i pazienti che vengono ricoverati in regime di terapia intensiva vengono sottoposti ad esame emogasanalitico su un campione di sangue arterioso. Abbiamo visto nel Capitolo 1 i tre metodi per descrivere lo stato acido base di un paziente. I parametri su cui si basano il metodo fisiologico e il metodo basato sul BE (vedi capitolo 1) sono misurati e derivati da qualsiasi emogasanalizzatore.

È stato sempre fatto, invece, un utilizzo molto limitato del metodo di Stewart. Le critiche che venivano mosse a quest’ultimo approccio erano relative alla necessità di calcoli complessi. Inizialmente, per ammissione dello stesso Stewart, c’era la necessità di utilizzare un calcolatore per la risoluzione dell’equazione da lui formulata. Questo inizialmente scoraggiò l’utilizzo del suo metodo nella pratica clinica. Il lavoro di Constable, negli anni successivi, è stato in questo senso fondamentale, semplificando l’equazione di Stewart senza incidere in maniera significativa sui risultati. Nonostante questi progressi l’uso del sistema quantitativo appare tutt’ora molto limitato anche se negli ultimi anni, soprattutto fra i medici operanti nei sevizi di UTI sembra si sia risvegliato l’interesse ad utilizzare sistematicamente questo tipo di approccio.

Le strade seguite per estendere l’uso di questo approccio sono diverse: alcuni autori hanno cercato di mettere a punto sistemi semplificati, costruiti in modo da unire l’approccio del SBE con i concetti di Stewart; tali sistemi richiedono calcoli aritmetici semplici e sono utilizzabili anche senza l’uso di un elaboratore45. Altri hanno preferito mettere a punto programmi digitalizzati che a fronte di un semplice e rapido inserimento dei dati forniscano un’analisi quantitativa dell’equilibrio acido-base del paziente evidenziando quali delle tre variabili indipendenti e in quale misura incidono

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33

sulla concentrazione idrogenionica del paziente. A questo proposito uno dei più completi programmi sviluppati è stato elaborato da P. Lloyd19,20 (Fig.6)

Figura 6. Pagina dei risultati con i parametri normali del calcolatore di P.Lloyd. I valori delle tre variabili indipendenti di Stewart sono inserite agli apici del triangolo, nelle parentesi vengono inserite la direzione e il grado con cui ogni variabile incide sulla [H+] in quel contesto clinico. Nelle tabelle vicino agli apici sono mostrati tutti i

fattori che contribuiscono al calcolo di ogni singola variabile19.

Alla luce di questi elementi è utile rivalutare i possibili vantaggi del sistema quantitativo nei pazienti critici e la possibilità di applicarlo in modo routinario al letto del paziente.

Obiettivo dello studio

L’obiettivo dello studio è quello di analizzare lo stato acido base dei pazienti che vengono ricoverati in terapia intensiva, valutare con quale frequenza si presentano tali disturbi e aggiungere ai dati forniti dall’emogasanalizzatore, i parametri necessari per una valutazione quantitativa dell’equilibrio acido base. Nello specifico, quindi, aggiungere alla pCO2 il valore di [Atot], del [SID] e di altri parametri, valutando individualmente e quantificando il loro ruolo nello sviluppo delle alterazioni dell’equilibrio acido base. Inoltre sono stati riportati alcuni casi clinici paradigmatici

(35)

34

di una terapia intensiva, confrontando i risultati relativi ai tre metodi di analisi dello stato acido base, ed evidenziando i possibili vantaggi dell’approccio di Stewart.

Materiali e metodi

Lo studio raccoglie i dati dell’emogasanalisi arteriosa di ingresso e alcuni parametri biochimici su campione di sangue venoso, in particolare albumina, di 109 pazienti (66 maschi e 43 femmine di età compresa fra 88 e 16 anni) ricoverati presso l’UTI dell’UO Anestesia e Rianimazione 4° dell’Ospedale Cisanello nel periodo compreso fra Gennaio e Giugno 2017. I motivi del ricovero dei suddetti pazienti comprendono monitoraggio post-operatorio per il 68,8%, insufficienza respiratoria 12,8%, shock settico 3,7%, peritonite 3,7%, arresto cardio-respiratorio 5,5% e altro 5,5%. I parametri quali pH, pCO2, [Na+], [K+], [Cl-], [Ca2+], lattati, Hb e glicemia sono stati misurati dall’emogasanalizzatore GEM Premier 4000 (Werfen), il bicarbonato è stato derivato dallo stesso emogasanalizzatore tramite la formula di Henderson-Hasselbalch:

𝑝𝐻 = 6.1 + 𝑙𝑜𝑔 [𝐻𝐶𝑂3 −] [0,03𝑥𝑃𝐶𝑂2]

Parametri Range di normalità Valore medio

pH 7,35-7,45 7,4

pCO2 35-44 39,5

Na+ 136-145 140,5

K+ 3,5-4,5 4

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35 Ca2+ 2,3-2,54 2,42 Lattati 0-2,2 1,1 Albumina 38 - 45 41,5 Hb 11,7 - 17,4 14,5 HCO3- 22 - 26 24 BE -2 - +2 0 AGosservato 8 - 16 12 SIDa 40 - 46 43 SIDe 36 - 40 38 XA- 2 - 8 5

Tabella 1. Intervallo di normalità e valore medio dei parametri utilizzati per uno studio completo dello stato acido base dei pazienti secondo i tre approcci principali. Sono stati utilizzati i valori normali riportati sul sito

www.acidbase.org (ideato da Paul Elbers, MD, PhD – intensivist – University Medical Cente, Amsterdam, The Netherlands e scritto da Rainer Gatz, MD – intensivist – Herlev Hospital, Copenhagen, Denmark).

Per quanto riguarda l’analisi dello stato acido base secondo l’approccio fisiologico, ai dati misurati (pH e pCO2) e derivati (HCO3-) dall’emogasanalizzatore, è stato aggiunto, nei casi di acidosi metabolica, il calcolo dell’Anion Gap:

𝐴𝐺 = ([𝑁𝑎+] + [𝐾+]) − ([𝐶𝑙] + [𝐻𝐶𝑂 3−])

in cui AG è espresso in mEq/l. Successivamente è stato calcolato l’Anion Gap aggiustato per i valori dell’albumina5:

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36

in cui [albumina] è espressa in g/l. Quindi analizzando dapprima il pH e successivamente pCO2 e HCO3- è stato possibile inquadrare lo stato acido base del paziente secondo il suddetto metodo seguendo la classificazione dei disturbi:

Figura 7 Classificazione dei disturbi acido base primari e relativi compensi secondari secondo l’approccio fisiologico1

Una volta identificata l’alterazione primaria è stata evidenziata l’eventuale presenza ed entità del compenso, secondo i valori attesi in Fig.7

Per l’applicazione del secondo metodo invece, quello basato sul BE, il calcolo del BE è stato eseguito tramite la formula di Van Slyke4:

𝐵𝐸 = [𝐻𝐶𝑂3−− 24,4 + (2,3𝐻𝑏 + 7,7)(𝑝𝐻 − 7,4)](1 − 0,023𝐻𝑏)

(38)

37

Per i motivi visti al Capitolo 1, è utile anche considerare lo Standard Base Excess (SBE), calcolato considerando un valore costante di Hb pari a 5 g/dl. La formula di Van Slyke ne risulta così semplificata4:

𝑆𝐵𝐸 = 0,9278 {𝐻𝐶𝑂3−− 24,4 + [14,83 (𝑝𝐻 − 7.4)] }

Si considera normale un BE compreso fra -2 e +2. Valori inferiori a -2 configurano un’acidosi metabolica e valori oltre + 2 un’alcalosi metabolica.

Per quanto riguarda invece l’interpretazione dei risultati secondo l’approccio fisico-chimico, è stato adottato il seguente schema:

Figura 8 Classificazione dei disturbi acido base primari secondo il metodo di Stewart5

La pCO2, come abbiamo visto, viene fornita dall’emogasanalizzatore. Per il calcolo del SID è stata usata la seguente formula5:

𝑆𝐼𝐷 = [𝐻𝐶𝑂3−] + [𝐴𝑙𝑏−] + [𝑃𝑖]

In cui [HCO3-] è un dato derivato dell’emogasanalizzatore, [Alb-] e [Pi-] sono le cariche elettriche negative rispettivamente di albumina e fosfati inorganici calcolate come segue5:

(39)

38

[𝑃𝑖−] = [𝑃𝑖] 𝑥 (0,309 𝑥 𝑝𝐻 − 0,469)

I fosfati però non sono stati dosati sul campione venoso, si considera quindi un valore costante di 1,2 mmol/l20.

[XA-] rappresenta il valore, espresso in mEq/l, degli anioni forti oltre al [Cl-]. Rientrano in questa categoria i lattati, i chetoacidi o altri anioni organici e i solfati. Il loro valore non può essere direttamente misurato nel plasma ma considerando il principio dell’elettroneutralità plasmatica, mostrato in Fig.9

Figura 9 Rappresentazione grafica dell’elettroneutralità plasmatica. Sono omessi ioni aventi concentrazione dell’ordine micro o nanomolare5

Possono essere calcolati come segue:

[𝑋𝐴−] = ([𝑁𝑎+] + [𝐾+] + [𝐶𝑎2+] + [𝑀𝑔2+]) − [𝐶𝑙] − 𝑆𝐼𝐷

Anche per il magnesio è stato considerato un valore costante, in questo caso di 1,7 mEq/l5.

(40)

39

Quando sono presenti eccesso o deficit di acqua, apprezzabili tramite la presenza di anomalie del [Na+], il [Cl-] osservato deve essere moltiplicato per un fattore di correzione5:

[𝐶𝑙𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜− ] = [𝐶𝑙−] (

[𝑁𝑎𝑛𝑜𝑟𝑚𝑎𝑙𝑒+ ] [𝑁𝑎+] )

Il cloro corretto consente di rilevare anomalie del [Cl-], relative ad una diluizione o concentrazione del plasma, in presenza di un eccesso o deficit di acqua.

Analoghe considerazione possono essere fatte riguardo [XA-]:

[𝑋𝐴𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜− ] = [𝑋𝐴−] (

[𝑁𝑎𝑛𝑜𝑟𝑚𝑎𝑙𝑒+ ] [𝑁𝑎+] )

Risultati

I parametri relativi all’equilibrio acido base dei pazienti dello studio, sia misurati che derivati, sono mostrati nella tabella 2.

Parametri min max media

Ph 6,92 7,50 7,35 PCO2 [mmHg] 15,00 103,00 42,00 Na+ [mEq/l] 128,00 148,00 137,00 K+ [mEq/l] 2,80 5,10 3,80 Cl- [mEq/l] 90,00 114,00 106,00 Ca++ [mmol/l] 0,62 1,60 1,04 Ca++ [mEq/l] 1,24 3,20 2,08 Lac [mmol/l] 0,50 20,00 1,40 Alb [g/l] 15,00 44,00 30,00 HCO3-[mEq/l] 6,30 34,30 22,90 BE [mEq/l] -22,29 7,59 -2,11 SBE [mEq/l] -21,35 7,60 -1,71 AGOBS [mEq/l] 3,90 45,70 10,50 AGADJ [mEq/l] 6,08 51,58 13,73

(41)

40

SIDe [mEq/l] 16,04 45,73 34,01

CL-CORR. [mEq/l] 89,36 115,65 108,67

XA- [mEq/l] -3,36 43,28 4,36

XA-CORR. [mEq/l] -3,32 42,97 4,33

Tabella 2. Valori minimo, massimo e media rilevati nel gruppo di pazienti dello studio

L’analisi delle frequenze nel campione mostra la presenza di acidosi nel 47,7 %, alcalosi 11,9 %. Il dosaggio dell’albumina rileva la presenza di ipoalbuminemia nel 89,9 %, il SIDe è ridotto nel 70,6 % dei pazienti, il BE evidenzia un’acidosi metabolica nel 50,5 % e il bicarbonato è inferiore al range di normalità nel 34,9 %.

Figura 10. Grafico che mostra la frequenza delle alterazioni dei parametri necessari ad uno studio dell’equilibrio acido base nel gruppo dei pazienti dello studio

Tra i casi clinici raccolti sono presenti 30 pazienti con valori di HCO3- e BE nei limiti della norma (27,5 %). In questo gruppo si rileva la presenza di un disturbo dello stato acido base di tipo metabolico (SIDe < 36 mEq/l) in 23 pazienti (76,7 %).

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0 %

Alterazioni parametri

(42)

41

Pazienti con BE normale e HCO3- normale (n=30) SIDe acidosi (SIDe < 36 mEq/l) 23 (76,7%) Ipercloremia (Cl

-corr> 108 mEq/l) 21 (70%) anioni non identificati (XA-corr> 8 mEq/l) 1 (3,3%) Iposodiemia (Na+ < 136 mEq/l) 11 (36,7%)

Ipocloremia (Cl- < 102 mEq/l) 3 (10%) Ipoalbuminemia (Alb < 38 g/l) 27 (90%)

AGobs > 16 1 (3,3%)

AGadj > 16 1 (3,3%)

Tabella 3. Tabella che mostra la frequenza delle alterazioni principali nel gruppo dei pazienti con BE e HCO3

-normali e SIDe alterato.

Infine analizzando i dati raccolti si rileva una correlazione tra i valori di SIG e anion gap osservato e tra SIG e anion gap corretto per l’albumina. Come si può

vedere dai grafici la correlazione più forte si ha fra SIG e anion gap corretto (indice di correlazione r = 0,996). y = 1,0326x - 6,9047 R² = 0,9355 -10 0 10 20 30 40 50 0 10 20 30 40 50

SIG

AG

obs

(43)

42 Figura 12. Correlazione fra i valori di SIG e AGadj nel gruppo di pazienti dello studio ( r = 0,996)

Paziente 1:

Donna di 47 anni che necessita di cure intensive per insufficienza respiratoria. I parametri rilevati e calcolati sono i seguenti (Tab.4):

Parametri Valori Ph 7,45 PCO2 [mmHg] 42,00 Na+ [mEq/l] 141,00 K+ [mEq/l] 3,70 Cl- [mEq/l] 102,00 Ca++ [mmol/l] 1,04 Ca++ [mEq/l] 2,08 Lac [mmol/l] 0,80 Mg++ [mEq/l] 1,70 Pi [mmol/l] 1,20 Alb [g/l] 29,00 Hb [g/dl] 11,00 Gluc. [mg/dl] 128,00 HCO-3 [mEq/l] 29,00 BE 4,86 y = 1,0405x - 9,9967 R² = 0,9928 -10 0 10 20 30 40 50 0 10 20 30 40 50 60

SIG

AG

adj

(44)

43 SBE 4,96 AGOBS [mEq/l] 13,70 AGADJ [mEq/l] 16,82 SIDa [mEq/l] 46,48 SIDe [mEq/l] 39,47 SIG [mEq/l] 7,01 CL-CORR. [mEq/l] 101,28 XA- [mEq/l] 7,01 XA-CORR. [mEq/l] 6,96 Alb- [mEq/l] 8,27 Pi- [mEq/l] 2,20 Hb [mmol/l] 6,83

Tabella 4. Parametri rilevati e calcolati del paziente 1 necessari ad uno studio completo del suo stao acido base

Analizzando i dati utilizzando il metodo fisiologico deduciamo che è presente un’alcalosi metabolica (HCO3- aumentato) con pH ai limiti alti (7,45) non compensata (delta pCO2/delta HCO3- = 0.4).

Analogamente il BE (4,8) rileva un’alcalosi metabolica.

Utilizzando il metodo di Stewart, essendo il SID e la pCO2 normali, risulta chiaro che il quadro è riferibile ad una semplice alcalosi ipoalbuminemica.

Figura 13. Grafica dei risultati dello stato acido base relativi ai parametri del paziente 1 inseriti sul sito

(45)

44

Paziente 2:

Uomo di 65 anni sottoposto a cure intensive e supporto ventilatorio dopo adenomectomia transvescicale. I parametri calcolati e derivati sono i seguenti (Tab.5):

Parametri Valori Ph 7,49 pCO2 [mmHg] 30,00 Na+ [mEq/l] 136,00 K+ [mEq/l] 5,00 Cl- [mEq/l] 110,00 Ca++ [mmol/l] 0,95 Ca++ [mEq/l] 1,90 Lac [mmol/l] 2,00 Mg++ [mEq/l] 1,70 Pi [mmol/l] 1,20 Alb [g/l] 19,00 Hb [g/dl] 3,70 Gluc. [mg/dl] 177,00 Urea [mg/dl] 50,00 HCO3- [mEq/l] 22,90 BE -0,31 SBE -0,154 AGOBS [mEq/l] 8,10 AGADJ [mEq/l] 13,72 SIDa [mEq/l] 34,60 SIDe [mEq/l] 30,63 SIG [mEq/l] 3,98 CL-CORR. [mEq/l] 113,24 XA- [mEq/l] 3,97 XA-CORR. [mEq/l] 4,09 Alb- [mEq/l] 5,51 Pi- [mEq/l] 2,21 Hb [mmol/l] 2,29

(46)

45

Il valore della pCO2 basso e il livello dei bicarbonati nel range di normalità permette, tramite l’approccio fisiologico, di identificare un’alcalosi respiratoria. L’assenza di alterazioni riguardanti il BE tenderebbe a confermare tale ipotesi, o comunque ad escludere disturbi di tipo metabolico. Il sistema quantitativo, invece, permette di rilevare, oltre all’alcalosi respiratoria, anche disturbi metabolici, è infatti presente una coesistenza di una SID acidosi da ipercloremia, compatibile con somministrazione di soluzioni saline, e un’alcalosi metabolica ipoalbuminemica.

È quindi un disturbo misto sul versante metabolico, motivo per cui il BE in questo caso non è dirimente.

Figura 14. . Grafica dei risultati dello stato acido base relativi ai parametri del paziente 2 inseriti sul sito

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46

Paziente 3:

Uomo di 67 anni sottoposto a cure intensive per peritonite stercoracea dopo resezione anteriore del retto. I parametri calcolati e derivati sono i seguenti (Tab.6):

Parametri Valori Ph 7,39 pCO2 [mmHg] 44,00 Na+ [mEq/l] 136,00 K+ [mEq/l] 4,10 Cl- [mEq/l] 106,00 Ca++ [mmol/l] 1,04 Ca++ [mEq/l] 2,08 Lac [mmol/l] 1,60 Mg++ [mEq/l] 1,70 Pi [mmol/l] 1,20 Alb [g/l] 19,00 Hb [g/dl] 9,50 Gluc. [mg/dl] 179,00 Urea [mg/dl] 46,00 HCO3- [mEq/l] 26,00 BE 1,20 SBE 1,35 AGOBS [mEq/l] 8,10 AGADJ [mEq/l] 13,73 SIDa [mEq/l] 37,88 SIDe [mEq/l] 33,46 SIG [mEq/l] 4,42 CL-CORR. [mEq/l] 109,12 XA- [mEq/l] 4,42 XA-CORR. [mEq/l] 4,55 Alb- [mEq/l] 5,28 Pi- [mEq/l] 2,18 Hb [mmol/l] 5,90

(48)

47

In questo caso sia l’approccio fisiologico, sia l’approccio del BE non evidenziano alterazioni dell’omeostasi acido base, i valori di pH, pCO2, [HCO3-] e BE rientrano tutti nell’intervallo di normalità. L’approccio di Stewart evidenzia, invece, un disturbo misto sul versante metabolico, due delle tre variabili indipendenti alla base di questo metodo sono infatti alterate. In particolare sono presenti una SID acidosi (acidosi ipercloremica) e un calo di Atot (Alb = 19 g/l). Il valore basso dell’albumina ha effetto alcalinizzante e tende quindi a compensare l’effetto acidificante dell’ipercloremia. È proprio la presenza di questo doppio disturbo metabolico che non permette al BE di essere, in questo caso, un parametro utile.

Figura 15. . Grafica dei risultati dello stato acido base relativi ai parametri del paziente 3 inseriti sul sito

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Paziente 4:

Donna di 69 anni che necessita di cure intensive per peritonite stercoracea. I parametri calcolati e derivati sono i seguenti (Tab.7):

Parametri Valori Ph 7,25 pCO2 [mmHg] 41,00 Na+ [mEq/l] 137,00 K+ [mEq/l] 4,40 Cl- [mEq/l] 110,00 Ca++ [mmol/l] 0,85 Ca++ [mEq/l] 1,70 Lac [mmol/l] 0,90 Mg++ [mEq/l] 1,70 Pi [mmol/l] 1,20 Alb [g/l] 15,00 Hb [g/dl] 7,00 Gluc. [mg/dl] 89,00 Urea [mg/dl] 96,00 HCO3- [mEq/l] 18,30 BE -7,88 SBE -7,73 AGOBS [mEq/l] 13,10 AGADJ [mEq/l] 19,73 SIDa [mEq/l] 34,80 SIDe [mEq/l] 24,34 SIG [mEq/l] 10,46 CL-CORR. [mEq/l] 112,41 XA- [mEq/l] 10,46 XA-CORR. [mEq/l] 10,69 Alb- [mEq/l] 3,91 Pi- [mEq/l] 2,13 Hb [mmol/l] 4,34

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