• Non ci sono risultati.

Slang e regionalismi nelle serie TV: proposta di adattamento per il doppiaggio di My Mad Fat Diary.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Slang e regionalismi nelle serie TV: proposta di adattamento per il doppiaggio di My Mad Fat Diary."

Copied!
161
0
0

Testo completo

(1)

Dipartimento di

Filologia, Letteratura e Linguistica

Corso di Laurea Magistrale in Linguistica e Traduzione

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Slang e regionalismi nelle serie TV:

Proposta di adattamento per il doppiaggio di

My Mad Fat Diary

CANDIDATA RELATRICE

Stefania Viscomi

Chiar.ma Prof.ssa Silvia Bruti

CONTRORELATRICE

Chiar.ma Prof.ssa Silvia Masi

(2)

Ai miei genitori,

il mio porto sicuro.

A Valentina,

la mia ancora di salvezza.

(3)

2

Indice

Introduzione ... 4

1. Primo Capitolo ... 6

1.1. Gli audiovisivi: una breve introduzione ... 6

1.2. Varie tipologie e utilizzi dei mezzi audiovisivi ... 6

1.3. L’avvento del doppiaggio e il lavoro del dialogista ... 9

1.4. Analisi del prodotto audiovisivo ... 12

1.5. Il processo di doppiaggio e le sue fasi ... 13

1.6. La lingua parlata e la lingua scritta ... 14

2. Secondo Capitolo ... 18

2.1. Sottotitoli e doppiaggio a confronto ... 18

2.2. Le diverse strategie traduttive ... 18

2.3. I sottotitoli ... 21

2.3.1. I vantaggi dei sottotitoli ... 23

2.3.2. Gli svantaggi dei sottotitoli ... 25

2.4. Il doppiaggio ... 27

2.4.1. I vantaggi del doppiaggio ... 31

2.4.2. Gli svantaggi del doppiaggio ... 34

2.5. Perché scegliere l’uno o l’altro? ... 36

2.6. Il doppiaggio in Europa ... 39

2.6.1. La situazione in Italia ... 40

2.6.2. Il doppiaggio negli altri paesi ... 40

3. Terzo Capitolo ... 44

3.1. My Mad Fat Diary e il suo linguaggio ... 44

3.1.1. La Serie ... 44

3.1.2. I personaggi ... 46

3.2. Riassunto degli episodi tradotti ... 47

3.2.1. Primo episodio ... 47

3.2.2. Secondo episodio ... 49

3.3. Il linguaggio giovanile: Lo slang ... 49

4. Quarto Capitolo... 56

4.1. My Mad Fat Diary: Prima Stagione, Episodio 1 ... 56

5. Quinto Capitolo... 80

(4)

3

6. Sesto Capitolo – Commento alla traduzione... 108

6.1. Titoli ... 108

6.2. Slang ... 108

6.3. Termini informali e colloquiali ... 118

6.4. Termini formali ... 129

6.5. Termini regionali e dialettali ... 130

6.6. Elementi culturospecifici ... 135

6.6.1. Culturemi in My Mad Fat Diary ... 137

6.7. Riferimenti intertestuali ... 144

6.8. Uso di altre lingue oltre all’inglese ... 147

6.9. Neologismi ... 148

6.10. Interiezioni ... 148

Bibliografia ... 153

Sitografia ... 156

Dizionari ... 158

(5)

4

Introduzione

La presente tesi avrà come oggetto la traduzione audiovisiva, nello specifico una proposta di adattamento per il doppiaggio di una serie TV britannica, My Mad Fat

Diary.

La tesi si apre con una breve introduzione sulla traduzione dei testi audiovisivi. Ne viene data una definizione e se ne espongono le varie tipologie.

Nel primo capitolo si parla della nascita del doppiaggio, partendo dall’avvento del cinema sonoro con l’uscita del primo film in cui si ha la primissima battuta recitata della storia del cinema. In seguito, si descrivono le varie fasi del doppiaggio e le figure professionali coinvolte nel processo che porta al prodotto doppiato pronto per la distribuzione.

Nel secondo capitolo si mettono a confronto le principali strategie traduttive degli audiovisivi, ovvero i sottotitoli e il doppiaggio. Se ne evidenziano le caratteristiche principali e se ne sottolineano i vantaggi e gli svantaggi. Alla fine del capitolo viene brevemente citata la situazione italiana ed europea nei confronti del doppiaggio. Infatti, quando si tratta di prodotti audiovisivi, non tutti i paesi adottano la stessa politica traduttiva, dal momento che la scelta tra le strategie possibili è guidata da varie motivazioni.

Il terzo capitolo è dedicato alla serie TV scelta, di cui si fornisce una breve sinossi, e al linguaggio utilizzato dai personaggi. In questo capitolo, infatti, si dedica spazio allo slang giovanile e alle sue peculiarità e usi.

Il quarto e il quinto capitolo contengono la proposta di traduzione dei primi due episodi della prima stagione di My Mad Fat Diary.

Nel sesto e ultimo capitolo si discute la proposta di adattamento per il doppiaggio e si espongono i motivi che hanno condotto alle scelte traduttive di una serie di casi ‘difficili’, per motivi, linguistici, culturali o narrativi..

Ciò che mi ha spinto a scegliere My Mad Fat Diary come oggetto della mia tesi è il fatto che in Italia la serie è ufficialmente inedita, dato che non è mai stata distribuita doppiata. Però, in streaming e su youtube, è possibile guardare l’intera serie con i

fansub, sottotitoli amatoriali prodotti dai fan della serie.

Un altro motivo che ha condizionato la mia scelta è stato proprio il linguaggio utilizzato in My Mad Fat Diary. I dialoghi sono caratterizzati da un linguaggio giovane, molto informale, fortemente connotato e caratterizzato dalla massiccia presenza dello slang. Tipicamente, dato il contesto e i parlanti, viene ampiamente

(6)

5

utilizzato il foul language, linguaggio caratterizzato da termini ed espressioni volgari. Infine, sono presenti anche numerosi termini regionali tipici dell’Inghilterra del nord.

Tutti questi elementi costituiscono difficoltà traduttive diverse e dunque ho ritenuto che potesse essere interessante analizzare le peculiarità del linguaggio utilizzato nella serie e tentare di trovare delle soluzioni traduttive consone e adatte per il doppiaggio.

(7)

6

1. Primo Capitolo

1.1. Gli audiovisivi: una breve introduzione

Dal momento che l’oggetto della mia tesi è la traduzione di una serie televisiva, e quindi di un prodotto audiovisivo, in questo capitolo è opportuno descrivere brevemente l’argomento. Spiegherò che cosa si intende per traduzione audiovisiva, come viene affrontata e illustrerò il ruolo che il traduttore ha nel processo di passaggio dalla lingua originale alla lingua di arrivo. Vorrei inoltre mettere in evidenza le varie fasi che si susseguono per arrivare ad avere il prodotto finito e la differenza tra lingua parlata del doppiaggio e la lingua scritta della sottotitolazione, in relazione alle motivazioni che guidano la scelta tra le due e il modo in cui vengono trattate per la traduzione dei testi audiovisivi.

Il testo audiovisivo, per definizione, è un testo che si può vedere e sentire allo stesso tempo. Quando si parla di audiovisivo si fa riferimento a prodotti multimodali in cui sono presenti immagini e suoni. Sono esempi di questa tipologia le presentazioni con diapositive, le pubblicità oppure le opere d’arte. Il prodotto multimodale è infatti un testo il cui significato viene trasmesso tramite vari canali semiotici. Al giorno d’oggi, purtroppo, si legge sempre meno perché si preferisce la comunicazione rapida dei mezzi audiovisivi, più diretti e di facile fruizione. In un mondo sempre più veloce, risulta più semplice e piacevole guardare film della durata media di un paio d’ore piuttosto che leggere romanzi che ne richiederebbero molte più. Non è infatti raro che di alcuni romanzi esistano trasposizioni audiovisive, cinematografiche o televisive. Negli ultimi anni, soprattutto a partire dal 2004, con l’uscita di Lost, sono proprio le serie tv ad aver dato lustro agli audiovisivi. Nel corso del tempo il numero di questo tipo di prodotti è cresciuto esponenzialmente ed attualmente l’offerta è amplissima per generi e tematiche, in modo da soddisfare le esigenze di un pubblico vasto.

1.2. Varie tipologie e utilizzi dei mezzi audiovisivi

Il termine “audiovisivo” può essere utilizzato per definire varie tipologie di prodotto, che possano essere prodotti utili alla trasmissione di un messaggio o volti ad intrattenere un pubblico.

(8)

7

I testi audiovisivi, infatti, possono essere utilizzati in campo scolastico come supporti per la didattica e l’apprendimento. In questo caso con “audiovisivi” si fa riferimento sia ai mezzi tramite cui viene trasmesso un messaggio, quindi proiettori, registratori audio e video, lavagne interattive, macchine fotografiche o computer, sia a mezzi prodotti appositamente dalle case editrici; ne sono degli esempi le diapositive, i lucidi, le cassette video e, in tempi moderni, i cd1.

Il termine “audiovisivo”, però, comprende anche tutti quei prodotti che fanno parte dell’industria cinematografica, quindi film e telefilm, la cui componente sonora è caratterizzata non solo dalla soundtrack musicale, ma anche, e soprattutto, dai dialoghi tra i personaggi. Sono proprio i dialoghi, ovviamente, l’unica componente coinvolta nel processo di traduzione vero e proprio. È per questo motivo che saranno, dunque, l’oggetto della mia tesi.

Con “traduzione audiovisiva” si intende la trasposizione del testo di origine, nella sua globalità, in un’altra lingua. Il testo di arrivo deve ovviamente avere lo stesso significato e lo stesso scopo comunicativo di quello originale. Se il dialogo viene tradotto in modo corretto creerà nel pubblico d’arrivo lo stesso effetto che ha precedentemente creato nel pubblico di partenza. Purtroppo, le rigide esigenze di distribuzione impongono tempi di traduzione spesso molto limitati, sia per quanto riguarda i sottotitoli sia per quanto riguarda il doppiaggio. Notoriamente, infatti, visto che l’inglese usa periodi più brevi rispetto all’italiano2, questo potrebbe creare delle

difficoltà di resa e dunque la traduzione potrebbe risultare non del tutto coerente con le immagini.

Il processo traduttivo di un prodotto audiovisivo si rende sempre più necessario al giorno d’oggi, in quanto la maggior parte dei prodotti cinematografici proviene da paesi anglofoni. Però, da qualche anno, anche grazie all’avvento di piattaforme streaming che forniscono una grande quantità di titoli a un costo molto contenuto, arrivano in Italia prodotti provenienti da altri paesi. Ultimamente, ad esempio, si stanno imponendo Germania e Spagna.

La provenienza di prodotti audiovisivi da altre nazioni rende indispensabile la traduzione per permetterne la distribuzione su larga scala e quindi la fruizione da parte di una porzione maggiore di pubblico.

1 Lever Franco, Audiovisivo, in Franco LEVER, Pier Cesare RIVOLTELLA, Adriano

ZANACCHI, La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it

(9)

8

Naturalmente, è l’intero testo multimodale a influenzare la traduzione. Nel caso dei sottotitoli, in quanto è necessario rispettare il limite di caratteri per ogni riga presente sullo schermo. In questo caso il mezzo visivo, dunque le immagini presenti in video, possono guidare la traduzione in modo da consentire al traduttore di sintetizzare il messaggio nel limite di caratteri prestabiliti ed eliminare, di conseguenza, elementi superflui che sono facilmente deducibili attraverso il mezzo visivo.

Abbiamo accennato fino ad adesso alla possibilità di avere un prodotto audiovisivo doppiato o sottotitolato e quindi alla possibilità di avere due alternative di trasposizione in una lingua di arrivo. Ne consegue che nella traduzione degli audiovisivi è possibile mantenere il mezzo di trasmissione del messaggio, è il caso, ad esempio, del doppiaggio o del voice-over, oppure che si possa cambiare, come accade utilizzando i sottotitoli, con cui il messaggio da vocale passa ad essere scritto.

Inoltre, come ricordano Perego e Taylor, i film e i telefilm sono costellati di simboli in grado di darci informazioni senza bisogno di ricorrere al mezzo verbale. Un esempio di simbolo è lo skyline di una città, che ci permette di intuire l’ambientazione della vicenda senza che venga menzionato esplicitamente il luogo in cui essa si svolge3.

Si parla quindi di “ancoraggio spaziale” quando si può facilmente intuire dalle immagini, o da eventuali didascalie, se una scena si svolge in città, al mare, al chiuso o all’aperto. Talvolta, però, come nel caso di un luogo particolare o di una difficile individuazione visiva del luogo, saranno gli stessi personaggi, attraverso i dialoghi, a presentare l’ambientazione delle vicende. La stessa cosa accade anche per “l’ancoraggio temporale”: sono infatti i protagonisti a comunicare allo spettatore il periodo storico durante il quale si svolge l’azione4.

Prendendo in considerazione My Mad Fat Diary, la serie TV oggetto di questa tesi, si possono notare ancoraggi spaziali e temporali di ogni tipo. Per quanto riguarda il luogo in cui si svolge l’azione è la stessa protagonista a presentarlo fin dai primi minuti. All’inizio del primo episodio, infatti, dice di vivere a Stamford nel Lincolnshire, luogo che forse sarebbe troppo difficile da riconoscere solo attraverso le immagini, soprattutto per uno spettatore non inglese. In questo modo lo sceneggiatore si assicura che il pubblico riesca a collocare nello spazio l’azione, in modo da poterla

3 Ibidem, p. 22. 4 Ibidem, p. 73.

(10)

9

rendere più reale. Successivamente, è possibile trovare un altro esempio di ancoraggio spaziale più generico nei riferimenti culturali specifici. Infatti, vengono menzionati, in vari momenti, cibi tipici inglesi e brand di alcuni prodotti che permettono di collocare la vicenda in Inghilterra.

Prendendo in considerazione l’ancoraggio temporale, invece, si può notare che il periodo storico in cui si svolge la vicenda viene comunicato da alcune pop-up

glosses5. La serie TV in questione narra la storia di Rae Earl la quale scrive un diario in cui racconta le sue avventure giorno per giorno. Sono, dunque, proprio le date apposte sulle pagine di diario ad indicare allo spettatore gli anni in cui i protagonisti vivono. Questa strategia è utile anche nel momento in cui, durante la serie, si ha un salto temporale di un anno. Si permette così al pubblico di venire a conoscenza del tempo trascorso tra le vicende che chiudono una stagione e quelle che aprono la successiva. Inoltre, l’ancoraggio temporale si ha anche grazie ai riferimenti musicali. La colonna sonora, infatti, è caratterizzata da brani di band molto popolari negli anni ‘90, periodo in cui è ambientata la serie TV.

1.3. L’avvento del doppiaggio e il lavoro del dialogista

I primi film ad essere distribuiti furono film muti. Soltanto in un secondo momento furono utilizzate le parole. Inizialmente si trattava di parole scritte nella fase degli intertitoli, successivamente invece, negli anni ’20 del ‘900, nasce il cinema sonoro in cui compaiono le prime battute recitate. Ciò che ha rallentato la comparsa delle parole all’interno dei film è stata in primis la difficoltà di distribuzione nei paesi stranieri: la presenza del testo, sia verbale che scritto, avrebbe comportato la necessità di una traduzione. Inoltre, il testo non fu utilizzato all’inizio perché si credeva nella forza delle immagini, in quanto si riteneva che l’elemento visivo riuscisse a comunicare autonomamente senza bisogno di spiegazione. Anche oggi il dialogo da solo non ha ragione di essere analizzato, infatti esso comunica solo nel momento in cui viene affiancato agli altri codici semiotici del testo audiovisivo. I dialoghi, infatti,

5 Le pop-up glosses sono, appunto, glosse che compaiono sullo schermo all’improvviso. Vengono

(11)

10

permettono allo spettatore di interpretare e comprendere a fondo le immagini della traccia visiva6.

Con l’arrivo del cinema sonoro, negli anni ’30, si è rivelato difficile poter distribuire con facilità i prodotti cinematografici nei paesi stranieri a causa delle ovvie difficoltà di comprensione linguistica.

Inizialmente, la strategia adottata era quella di far recitare gli stessi attori nelle diverse lingue target dei paesi in cui il film doveva essere distribuito. In seguito, si è rivelato più semplice girare diverse versioni dello stesso film. Ciò significa che ogni paese utilizzava la stessa sceneggiatura ma girava il film utilizzando la propria lingua7 e facendo recitare attori diversi per ogni versione. L’ultima strategia adottata, per ovviare al problema della barriera linguistica che si presenta nel momento della distribuzione, è il doppiaggio, con l’alternativa della sottotitolazione in alcuni paesi.

I primi tentativi di doppiaggio si sono avuti tra il 1898 e il 1903 con quello che viene chiamato “doppiaggio in diretta”8. In questa tecnica, i “doppiatori” si

posizionavano dietro le quinte, o al lato dello schermo, e recitavano le battute cercando di seguire i movimenti delle labbra degli attori.

Nel 1926 si arriva al primo lungometraggio e alla primissima battuta recitata nella storia del cinema, in The Jazz Singer (1927), film che segna la nascita del cinema sonoro.

È proprio la nascita del cinema sonoro che ha favorito l’avvento del doppiaggio. Ma prima del doppiaggio, come si è già detto in precedenza, si utilizzavano una serie di strategie alternative. Ne è un esempio proprio The Jazz

Singer, che venne presentato a Roma nel 1929. Per permetterne la comprensione al

pubblico non anglofono, nelle scene dialogate vennero inseriti dei cartelli con didascalie in italiano.

In verità, già nel 1928, negli Stati Uniti, era possibile, tramite il mixer, inserire suoni sul materiale già registrato. Chiaramente, questo escamotage avrebbe consentito la registrazione delle battute nella lingua d’arrivo senza il bisogno di ricorrere alle strategie fino ad adesso elencate.

6 Ibidem, p.70.

7 Mario Paolinelli, Eleonora Di Fortunato, Tradurre per il Doppiaggio, Milano, Ulrico Hoepli Editore,

2005, p.1.

(12)

11

Concentrandoci sul doppiaggio, si può dire che è una tecnica che prevede l’adattamento dei dialoghi originali. Questi ultimi, infatti, vengono sostituiti da nuovi dialoghi tradotti nella lingua target, adattati rispettando l’originale e infine sono recitati da attori professionisti in modo da rendere l’azione il più naturale possibile.

Il linguaggio filmico è un linguaggio piuttosto complesso in quanto prevede l’interazione tra immagini e parlato: il significato complessivo del testo viene dato dall’unione del significato della parola e del significato dei gesti. Ogni parola ha un suo significato in relazione al contesto generale. Il lavoro del dialoghista adattatore, deve essere quindi volto a mantenere questo indissolubile rapporto tra i due mezzi comunicativi.

Il lavoro dei dialoghisti parte dallo scomporre il complesso sistema filmico in segmenti più brevi per poi ricomporlo una volta tradotto il testo parlato. Ciò che il dialoghista deve fare non si limita alla traduzione della lista dialoghi, ma deve, come prima cosa, comprendere il senso dell’intera opera analizzandone nel dettaglio ogni singola scelta lessicale, in modo da riuscire a trovare il giusto corrispettivo nella lingua target, cosicché possa ottenere lo stesso effetto dell’opera originale. Dovrà capirne il registro e riconoscere i livelli comunicativi, quello interno tra i vari personaggi e quello esterno tra i personaggi e il pubblico9. Inoltre, dovrà tenere inevitabilmente conto della lunghezza della battuta e dei movimenti dell’attore, soprattutto i movimenti delle labbra in modo da poter trovare una soluzione traduttiva che si adatti a tali movimenti, per dare così l’illusione che la lingua parlata dai personaggi sia la lingua target. Si può dire, dunque, che il dialoghista svolge un lavoro a metà tra traduzione e sceneggiatura. L’opera dell’adattatore, quindi, prende vita partendo da un’analisi accurata del testo e del supporto audiovisivo originale. Il suo lavoro comincerà col raccogliere dati sulla specificità culturale, l’epoca e l’ambientazione della vicenda. Questo lavoro comporta una ricerca terminologica e stilistica per poter ricreare lo spirito dell’opera originale e riproporla al pubblico di arrivo10.

Continuando a parlare della figura del dialoghista, possiamo dire che il suo lavoro non si limita all’adattamento dei dialoghi cinematografici o delle serie tv, ma comprende anche la traduzione di tutte le opere multimediali e audiovisive che verranno poi distribuite doppiate, sottotitolate oppure per le quali verrà utilizzato l’oversound.

9 Ibidem, p.3. 10 Ibidem, p.79.

(13)

12

L’oversound è una tecnica simile al doppiaggio che prevede la sovrapposizione della nuova colonna sonora a quella originale, garantendo che quest’ultima non venga eliminata completamente. È infatti possibile distinguerla in sottofondo. Questa è una tecnica generalmente utilizzata per interviste o, più comunemente, nei documentari.

Nel caso dell’oversound, il dialoghista deve prestare attenzione ad elementi diversi da quelli prioritari nel doppiaggio filmico. Egli, infatti, deve essere capace, soprattutto per quanto riguarda i documentari, di far coincidere le eventuali descrizioni con le immagini cui fanno riferimento. Questo perché con la tecnica dell’oversound lo speaker inizia a parlare qualche secondo dopo rispetto alla colonna sonora originale e quindi si rischia di perdere la sincronia.

Purtroppo, però, la figura dell’adattatore non ha una posizione rilevante nel processo di doppiaggio e non è mai arrivato ad avere una sua autorevolezza e indipendenza. Quella dell’adattatore è una professione precaria, più o meno come il traduttore letterario. Nonostante questo, il lavoro dell’adattatore richiede una preparazione culturale, una conoscenza delle lingue delle opere originali, la padronanza della lingua d’arrivo e infine anche una “sensibilità artistica”. Questa scarsa attenzione nei confronti dell’adattatore è dovuta al fatto che è l’industria del doppiaggio stessa a non avere attenzione per il mondo della traduzione. Come prima cosa viene svolta la traduzione che solo in un secondo momento viene rivista dal dialoghista che apporrà la firma sul copione, base dalla quale gli attori doppiatori partiranno in fase di registrazione11.

1.4. Analisi del prodotto audiovisivo

Poco fa ho accennato all’analisi di un prodotto audiovisivo, in particolare il film, che si rende necessaria per poter svolgerne correttamente la traduzione. Perego e Taylor, identificano come elemento necessario la trascrizione multimodale, per la quale si rifanno agli studi di O’Toole, Kress e Van Leeuwen prima e Baldry e Thibault poi. La trascrizione multimodale consiste nell’analisi del materiale filmico tramite la scomposizione dei testi in fotogrammi singoli12. Questo tipo di analisi era inizialmente

11 Ibidem, p.101.

12 Elisa Perego, Christopher Taylor, Tradurre l’Audiovisivo, Roma, Carocci editore S.p.A., 2012, p.

(14)

13

utilizzato solo per studiare le varie componenti di un prodotto multimodale. Solo successivamente si è rivelata utile anche per facilitare la traduzione del prodotto in questione.

La trascrizione multimodale prevede che i vari fotogrammi vengano inseriti in una tabella così divisa: la prima colonna è occupata dal fotogramma, seguito nella seconda colonna dalla sua descrizione, nella quale è spiegato il suddetto fotogramma tramite il mezzo verbale. Nella terza colonna si colloca l’azione cinesica, cioè vengono descritti i movimenti dei soggetti coinvolti nel fotogramma in questione. Infine, troviamo le indicazioni sulla colonna sonora, cioè viene indicata la presenza di musica o frasi che vengono pronunciate dai soggetti coinvolti.

Come è possibile constatare, chi ha sviluppato questo tipo di analisi non ha preso in considerazione un’eventuale traduzione del testo multimodale nel caso in cui esso debba essere distribuito al di fuori del paese di origine. Generalmente l’elemento visivo diventa uno strumento utile che guida la traduzione.

La traduzione può introdurre riferimenti alle immagini che non sono presenti nell’originale. La spiegazione viene aggiunta per vari motivi, ad esempio nel caso in cui si abbiano dei riferimenti alla cultura di partenza che potrebbero non essere compresi degli spettatori della cultura di arrivo.

1.5. Il processo di doppiaggio e le sue fasi

Il processo di doppiaggio si compone di numerose fasi. Innanzitutto, è doveroso dire che nel doppiaggio sono coinvolti molti professionisti, partendo dall’adattatore, a cui si aggiungono poi il direttore di doppiaggio, l’assistente al doppiaggio, i doppiatori, il fonico di sala, il sincronizzatore e il fonico di missaggio.

La prima fase dal lavoro prevede che il direttore del doppiaggio visioni il materiale originale e l’adattamento italiano. Solo successivamente sceglie gli attori doppiatori e assegna loro le parti, sia dei personaggi principali e secondari, sia di eventuali narratori. Il direttore del doppiaggio è una sorta di secondo regista, in quanto orienta i doppiatori nella giusta direzione affinché possano ricreare lo spirito, l’atmosfera e le intenzioni dell’opera originale. È infatti il direttore del doppiaggio a dare indicazioni ai doppiatori per quanto concerne la psicologia dei personaggi, ad indicare loro modi e intonazioni, per far sì che non si allontanino dal source text.

(15)

14

A seguire è l’assistente al doppiaggio a lavorare sul testo tradotto ed è lui a pianificare l’intera lavorazione fino ad arrivare al prodotto finito. L’assistente e il direttore, in questa fase, affiancano gli attori durante il loro lavoro. Inizialmente, l’assistente suddivide il filmato in piccole sequenze chiamate anelli. Questa operazione è necessaria in quanto garantisce agli attori di incidere singolarmente le varie piste audio, in modo da poter rendere più semplice il doppiaggio nel caso in cui ci siano più personaggi che parlano contemporaneamente nella stessa scena. successivamente, l’assistente gestisce il lavoro dei doppiatori. Sono loro, con la recitazione delle battute scritte dal dialoghista, a chiudere la serie delle fasi di doppiaggio. Infine, il lavoro passa in mano al fonico di missaggio che svolge quello che viene chiamato mixage. In questo passaggio si tenta di raggiungere un risultato finale che possa essere il più vicino possibile a quello del filmato originale.

1.6. La lingua parlata e la lingua scritta

Nel testo audiovisivo, il fulcro principale è la lingua, in quanto gran parte della comunicazione passa dai dialoghi. Ma è importante distinguere tra lingua scritta e lingua parlata.

La lingua scritta è nata per soddisfare l’esigenza di registrare informazioni, ad esempio le leggi, in modo che possano rimanere nel tempo e che possano essere tramandate di generazione in generazione. La grammatica della lingua scritta è diversa da quella della lingua parlata. Lo scritto risulta, infatti, essere più accurato del parlato in quanto un discorso messo per iscritto può essere preparato con attenzione prendendo tutto il tempo necessario, perché può essere rivisto più volte prima di arrivare alla versione definitiva. La produzione orale, al contrario, a meno che non sia generata dalla lettura di un testo scritto, è creata sul momento ed è meno lineare. Inoltre, dobbiamo tenere a mente che un testo scritto è pensato per comunicare con un pubblico molto più vasto di quello a cui è indirizzato un testo orale. Infatti, un testo prodotto oralmente è generalmente utilizzato per comunicare con poche persone, che sono coloro che prendono parte alla conversazione e che quindi sono vicini a chi parla.

Come accennato poco fa, la grammatica della lingua parlata è diversa da quella della lingua scritta. Il parlato è caratterizzato da elementi che lo rendo più informale

(16)

15

rispetto allo scritto e se pensiamo alla lingua inglese alcuni esempi sono le contrazioni dei verbi, lo stile paratattico oppure le interazioni, molto diffuse nel parlato.

È dunque evidente che gli sceneggiatori cerchino di riprodurre almeno in parte lo stile naturale della conversazione, che ha caratteristiche ben definite e riconoscibili.

Le caratteristiche della conversazione spontanea, identificate e studiate da linguisti, psicologi e studiosi di cinema includono da un lato le regole di combinazione degli elementi all’interno degli enunciati, l’andamento prosodico e anche gli aspetti pragmatici della comunicazione in rapporto a parlanti e contesto. Queste regole fanno sì che si possano effettuare delle analisi sulla lingua parlata e che si possano predire i suoi usi in base al contesto in cui la lingua viene utilizzata. È infatti in base al contesto in cui la conversazione si svolge che gli interlocutori scelgono di utilizzare determinate caratteristiche del parlato spontaneo rispetto ad altre. Ad esempio, un ragazzo che conversa con un professore in un contesto universitario sceglierà di usare sfumature della lingua parlata differenti da quelle che userà parlando con un amico in un contesto di quotidianità. Infatti, come ricorda Halliday, il registro della lingua viene definito in base al contesto in cui la lingua viene utilizzata dai parlanti coinvolti nella conversazione13. Questi usi della lingua sono rispecchiati anche nei film e nei telefilm. Spetta all’adattatore dei dialoghi trovare la giusta traduzione cosicché le battute siano appropriate al contesto.

Gli sceneggiatori tendono spesso a voler ricreare la spontaneità della lingua parlata per rendere la conversazione tra i personaggi il più naturale possibile. Tornando alla lingua utilizzata nella sceneggiatura di un film, è importante sottolineare che la sceneggiatura è scritta e che le battute arrivano agli attori in questa forma. Però, come abbiamo già detto, la lingua parlata differisce dalla lingua scritta e, nonostante gli sceneggiatori tentino di rendere le conversazioni spontanee, gli attori nel recitarle si ritroveranno, consapevolmente o inconsapevolmente, ad aggiungere elementi tipici del parlato quotidiano per aumentare la “dicibilità” delle loro battute. Non è infatti raro che il copione fornito agli attori differisca dalla trascrizione delle parole che vengono effettivamente pronunciate14. Questo conferma che, benché nei copioni scritti ci siano dei tentativi di riprodurre la conversazione spontanea, la lingua usata non potrà mai essere reale al 100%.

13 M. A. K. Halliday, Language as Social Semiotic: The Social Interpretation of Language and

Meaning, London, Arnold, 1978.

(17)

16

Tuttavia, non tutti i generi filmici hanno bisogno che venga utilizzata la naturalezza del parlato. Ci sono infatti generi, come quello fantascientifico o i film in costume, i cui dialoghi non richiedono tale spontaneità. In questi casi, il linguaggio utilizzato rispecchia il genere del film e non quello delle situazioni quotidiane vissute in contesti reali.

Tutto questo ci permette di comprendere che la lingua dei film è molto varia e viene definita genericamente con il termine filmese. Con questo termine ci si riferisce sia ai film il cui linguaggio può essere definito come artificiale, sia ai film con un linguaggio più reale e spontaneo. Nonostante nella maggioranza dei casi si scelga un linguaggio naturale15. Il linguaggio filmico rimane pur sempre un esempio di linguaggio pianificato per sembrare naturale.

Un aspetto che frena la resa naturale dei dialoghi presenti nei film è la natura ripetitiva e fissa del linguaggio usato quotidianamente. Nelle conversazioni di tutti i giorni utilizziamo solo una piccola parte delle risorse lessicali a nostra disposizione. Spesso, infatti, ci capita di produrre sempre le stesse espressioni più volte nel corso della giornata. Biber chiama queste espressioni Lexical Bundles (sequenze lessicali): ne sono esempi le espressioni “non lo so”, “che ne pensi”, “gli ho detto”. Queste sono appunto sequenze lessicali fisse, che usiamo senza neanche rendercene conto perché sono più immediate rispetto a frasi più complesse che potremmo produrre utilizzando le vastissime risorse forniteci dalla lingua. Espressioni più complesse sono di solito impiegate nel testo scritto che beneficia della possibilità di essere pianificato. Qui torna dunque ad evidenziarsi la differenza fra lingua parlata e lingua scritta. Dobbiamo però tenere a mente che il linguaggio filmico è un parlato prestabilito. Ciò significa che sono utilizzati fenomeni del parlato con frequenza diversa dal parlato spontaneo e a volte espressioni che ricorrono molto spesso nei testi audiovisivi.

Ci sono, inoltre, altre differenze che intercorrono tra il parlato spontaneo usato in situazioni reali e il parlato “spontaneo” presente nei film. Perego e Taylor fanno notare che in una conversazione autentica molto spesso ci sono più persone che parlano tra di loro sovrapponendosi. Vengono utilizzate esitazioni, ripetizioni e molto spesso si verificano false partenze. In più, in una conversazione spontanea, non ci sono mai pause che durano più di un secondo. Allo stesso tempo, una conversazione di questo

(18)

17

tipo inizia con un argomento al quale se ne aggiungono altri man mano che la conversazione procede16.

Nel caso dei film, purtroppo, è pressoché impossibile raggiungere un effetto del genere dal momento che esistono dei limiti imposti dal tempo e dallo spazio. Inoltre, in un film, l’obbiettivo è quello di intrattenere lo spettatore raccontando una storia e dunque il linguaggio utilizzato dovrà mantenere una certa informalità, non cadendo nella banalità della conversazione quotidiana e reale. Mettendo infatti a confronto la conversazione reale con la conversazione tipica del film, si può notare che in quest’ultimo ogni personaggio aspetta che l’altro abbia finito di parlare prima di prendere la parola, salvo i casi in cui la situazione lo richiede, evitando quindi le sovrapposizioni tipiche della realtà. Questo permette allo spettatore di seguire con attenzione la storia del film senza essere distratto da voci sovrapposte. Per quanto riguarda le pause, che abbiamo detto essere praticamente inesistenti nella realtà, nei film esistono e sono drammatiche, volte a creare un effetto emotivamente forte. In più, è importante dire che nella vita reale una conversazione spontanea è un flusso, cioè non ha né un inizio né, tantomeno, una fine prestabiliti, ci sono solo “punti di chiusura provvisori”17.

Avendo parlato fin ad adesso di lingua, vorrei concludere il capitolo mettendo in evidenza alcune sue funzioni in relazione ai prodotti audiovisivi.

Chiaramente, in un prodotto audiovisivo la lingua viene utilizzata per trasmettere un messaggio, nel caso di film per raccontare una storia tramite dei dialoghi. Ma, considerando proprio il film, bisogna precisare che questo nasce fondamentalmente come mezzo di comunicazione visivo.

Un’altra funzione del dialogo filmico è la presentazione dei personaggi. È proprio tramite i dialoghi tra questi ultimi che emergono le caratteristiche salienti dei protagonisti dei film o dei telefilm. In My Mad Fat Diary la protagonista, in alcuni casi con l’aiuto di pop-up glosses presenta i co-protagonisti che animano le vicende narrate. Il personaggio, in questo caso, elenca gli elementi caratterizzanti dei personaggi dandone anche giudizi personali.

16 Ibidem, p.65. 17 Ibidem, p.66.

(19)

18

2. Secondo Capitolo

2.1. Sottotitoli e doppiaggio a confronto

In questo capitolo, il mio obiettivo sarà quello di mettere a confronto due delle maggiori strategie traduttive degli audiovisivi, i sottotitoli e il doppiaggio. Tenterò di mettere in evidenza i loro vantaggi e i loro svantaggi. Inoltre, approfondirò alcuni punti già trattati nel capitolo precedente. In particolare, cercherò di spiegare le differenze che intercorrono tra le strategie in questione.

2.2. Le diverse strategie traduttive

Prima di affrontare nello specifico i sottotitoli e il doppiaggio, presenterò le modalità traduttive principali e in seguito cercherò di delineare le caratteristiche fondamentali delle strategie traduttive più diffuse e utilizzate nella traduzione di testi audiovisivi.

Le modalità traduttive sono di tre tipi: intralinguistica, interlinguistica e intersemiotica.

Quando si parla di traduzione intralinguistica si parla della riformulazione di un enunciato che verrà prodotto utilizzando parole diverse da quelle usate originariamente, ma che fanno parte della stessa lingua. Si cerca, in questo modo, di rendere più comprensibile il messaggio anche ai non udenti. Inoltre, la traduzione intralinguistica viene utilizzata per la produzione di sottotitoli nel caso in cui si renda necessaria la traduzione da un dialetto alla lingua standard. È un esempio Gomorra, la fortunatissima serie tv recitata in dialetto napoletano. Questa serie viene trasmessa in “lingua originale” (napoletano) con sottotitoli in lingua standard.

La traduzione interlinguistica invece prevede il passaggio da una lingua d’origine ad una lingua target, mentre nella traduzione intersemiotica, o trasmutazione, si ha il passaggio da un codice semiotico ad un altro, quindi il passaggio da un messaggio verbale ad uno non verbale18.

18 Bruna Di Sabato, Antonio Perri, I Confini della Traduzione, Padova, Libreriauniversitaria.it

(20)

19

La traduzione di un prodotto audiovisivo si può facilmente collocare in tutte e tre le categorie elencate fino ad adesso e, in alcuni casi, in più di una contemporaneamente. Un esempio è dato dai sottotitoli per non udenti in quanto sono, come detto poc’anzi, sia traduzione intralinguistica, sia intersemiotica, dal momento che vengono messi in forma scritta gli effetti sonori19 presenti nel prodotto. Ad esempio, se in un film sono udibili degli spari, nei sottotitoli ne verrà riprodotto verbalmente il suono. Invece, i sottotitoli veri e propri, ovvero quelli utilizzati per far sì che il messaggio venga recepito da tutti e non esclusivamente dai parlanti della lingua di origine, rientrano nelle traduzioni interlinguistiche. Infine, è interessante notare che i sottotitoli possono essere anche bilingui, come nel caso del Belgio, in cui convivono come lingue ufficiali sia il francese che il fiammingo20.

I sottotitoli vengono definiti “traduzione interlinguistica” e “intersemiotica”, ma Toury sostiene che l’aggettivo “intersemiotico” non sia sufficiente a definire il passaggio dal codice orale a quello scritto, in quanto “ogni lingua storico-naturale rappresenta in sé un ‘canale’ semiotico anche prima della sua manifestazione”. Ne consegue che la traduzione interlinguistica è già, automaticamente, intersemiotica. Toury propone, dunque, di parlare di traduzione intrasistemica e intersistemica.

Vorrei cominciare il confronto proprio dai sottotitoli che, in un prodotto audiovisivo, hanno una stretta e indissolubile relazione con le immagini. Come abbiamo già detto, il prodotto audiovisivo è caratterizzato da un’interrelazione tra testo verbale e immagini. Questo legame tra diversi canali comunicativi rende semioticamente complesso il testo audiovisivo, sia dal punto di vista della ricezione del messaggio, sia dal punto di vista della traduzione (nel caso in cui si tratti di un prodotto la cui lingua originale è diversa da quella target). La traduzione, troppo spesso, tende a concentrarsi solo sul testo verbale in quanto si crede che sia l’unico elemento da prendere in considerazione. Tuttavia, non è così e lo dimostrano perfettamente i sottotitoli.

I sottotitoli, per questioni di limitazioni spaziali e temporali, sono soggetti alla riduzione e all’omissione di alcuni elementi superflui o ridondanti che possono essere recuperati tramite l’elemento visivo21.

19 Ibidem, p. 97. 20 Ibidem, p. 107. 21 Ibidem, p. 96.

(21)

20

Proseguendo nell’analisi delle varie strategie traduttive, è importante parlare del voice-over, a cui ho già accennato nel capitolo precedente e che si avvicina molto al doppiaggio.

Per quanto riguarda il voice-over, l’adattamento si deve limitare a creare delle frasi lunghe pressappoco quanto quelle di partenza22. Gli enunciati infatti non hanno limiti temporali o spaziali da rispettare obbligatoriamente. Non è peraltro necessario prestare attenzione al lip-sync, che invece gioca un ruolo fondamentale nell’adattamento dei dialoghi filmici e dunque nel doppiaggio.

Nel voice-over la figura di riferimento è il voice-over talent. Si tratta di un narratore extradiegetico il quale narra le vicende presentate in video ponendosi al di fuori della narrazione. Ha uno stile di esposizione riconducibile a quello di tipo istituzionale, si parla dunque di uno stile autorevole e neutrale. Il voice-over talent deve inoltre avere una dizione pressoché perfetta23.

Naturalmente, il voice-over presenta alcune differenze rispetto al doppiaggio. Innanzitutto, come già detto, nel voice-over non è necessario prestare attenzione al labiale, l’enunciato può quindi essere più lungo o più breve rispetto all’originale. Nel doppiaggio invece è necessario rispettare rigorosamente il timing del lip-sync. L’enunciato tradotto deve infatti avere la stessa lunghezza di quello originale. Ne consegue, pertanto, che anche la scelta dei termini da utilizzare influenzerà il risultato finale. Se nel voice-over la scelta delle parole è ininfluente, nel doppiaggio è preferibile scegliere termini che si avvicinano foneticamente ai termini originali. Ad esempio, se nel testo di partenza vi sono delle labiali, l’adattatore dovrà trovare dei traducenti contenenti delle labiali. Lo stesso vale per le dentali. Questo perché le labiali e le dentali fanno sì che le labbra e la bocca si muovano in un determinato modo, facilmente individuabile. Quindi, per mantenere l’illusione della naturalezza, sarebbe opportuno mantenere gli stessi movimenti anche nell’opera tradotta.

Un’altra differenza che intercorre tra il voice-over e il doppiaggio riguarda il modo in cui i doppiatori si pongono nei confronti del testo. Se nel voice-over si cerca di essere il più neutrali possibile, con un unico attore che si occupa di doppiare tutto il testo, nel doppiaggio ciò non è possibile in quanto l’attore doppiatore deve interpretare un personaggio24, deve riprodurne attraverso la voce tutte le sfumature emotive e

22 https://www.hsr-audio.com/vantaggi-del-voice-over-del-doppiaggio/ 23 Ibidem

(22)

21

caratteriali per trasmettere l’atmosfera originale nella sua interezza. Si rende quindi necessaria l’assunzione di attori diversi per ogni personaggio presente sulla scena.

2.3. I sottotitoli

I sottotitoli sono un tipo di traduzione che permette il passaggio da un testo orale ad un testo scritto. Generalmente all’interno di un prodotto audiovisivo vengono collocati nella parte inferiore dello schermo. Si tratta dunque di una traduzione extra-diegetica che non fa propriamente parte della narrazione del prodotto in questione, ma ne garantisce comunque la comprensione25.

Il sottotitolo salvaguarda il dialogo originale, mantenendo intatta la voce degli attori. Il mezzo vocale, quindi, convive con il mezzo scritto e questo fa sì che i sottotitoli non possano manipolare il messaggio originale veicolato dal testo. La manipolazione è impossibile perché lo spettatore ha, grazie ai sottotitoli, la possibilità di mettere a confronto la traccia originale con il testo tradotto. L’unica manipolazione attuabile, che si rivela in alcuni casi necessaria, prevede l’eliminazione degli elementi ridondanti o superflui, la cui mancanza non deve però ostacolare la comprensione del messaggio. La sottotitolazione deve essere, infatti, “selettiva ed economica”26.

Paolinelli e Di Fortunato sostengono che questa tecnica di riduzione non sia favorevole per una fruizione corretta del testo audiovisivo in quanto si priva il prodotto di tutti i suoi dettagli a favore della sintesi. In questo modo, lo spettatore che si affida ai sottotitoli non godrà a pieno del film ed è per questo motivo che i sottotitoli non possono essere considerati dei sostituti del doppiaggio, ma dei semplici ausili per la comprensione della trama27. È dunque importante sottolineare che, solo avendo una buona conoscenza della lingua di partenza è possibile mantenere l’integrità dei dialoghi che tanto viene esaltata dai sostenitori dei sottotitoli. Tale integrità si perde se gli spettatori non hanno almeno una buona base della source language.

Fino ad adesso ho parlato di limitazioni spazio-temporali che influenzano i sottotitoli. Vorrei per questo spiegare brevemente cosa si intende quando si parla di

25 Bruna Di Sabato, Antonio Perri, I Confini della Traduzione, cit., p. 101.

26 Elisa Perego, Christopher Taylor, Tradurre l’Audiovisivo, Roma, Carocci editore S.p.A., 2012, p.

123.

27 Mario Paolinelli, Eleonora Di Fortunato, Tradurre per il Doppiaggio, Milano, Ulrico Hoepli

(23)

22

questo tipo di vincolo. Naturalmente, non si può pretendere che un intero dialogo orale venga riportato interamente per scritto sullo schermo. I discorsi saranno ridotti all’essenziale, in modo da non perdere parti fondamentali per la comprensione della trama. Però, sullo schermo sarà presente solo un numero limitato di caratteri.

Innanzitutto, è obbligatorio che non ci siano più di due righe alla volta sullo schermo. Ogni riga dovrà contare un massimo di 35-39 caratteri, spazi e segni interpuntivi inclusi. Infine, ogni sottotitolo dovrà rimanere sullo schermo da un minimo di un secondo ad un massimo di sei, in modo da consentire una lettura agevole agli spettatori.

I vincoli temporali nascono in seguito agli studi sul tracciamento oculare. Il tracciamento oculare analizza la percezione visiva e gli spostamenti degli occhi su una superficie. I movimenti compiuti dallo sguardo vengono registrati grazie ad una tecnologia ad infrarossi che permette di stabilire dove si sofferma lo sguardo e per quanto a lungo fissa un determinato punto28. Con questo processo è dunque possibile

analizzare in modo approfondito i movimenti dell’occhio. Lo strumento registra ogni piccolo spostamento e mette in evidenza quali parti di testo o di immagini vengono osservate con più attenzione. Il tracciamento oculare permette di formulare supposizioni sui processi cognitivi e sull’attenzione dell’osservatore29, nel nostro caso

dello spettatore che legge i sottotitoli. Infatti, è proprio grazie al tracciamento oculare che si è potuto definire, in modo abbastanza preciso, il tempo ideale di permanenza in video del sottotitolo.

Il tempo massimo di persistenza dei sottotitoli sullo schermo deve essere rispettato poiché in seguito agli studi sul tracciamento oculare si sono avanzate ipotesi sulla rilettura automatica30. È quasi scontato che più tempo i sottotitoli rimangono sullo schermo, più lo spettatore sarà tentato di rileggere ciò che ha già letto. Questo sarebbe controproducente al fine di seguire in modo fluido e lineare la trama del film. Ciò non significa che laddove il dialogo lo consenta non sia possibile lasciare i sottotitoli più a lungo rispetto al limite consentito, perché la sincronizzazione non deve essere rigida come accade per il doppiaggio. Ciò non toglie però che di norma il sottotitolo dovrebbe

28 Karin Zaghi, Visual merchandising e relazioni di canale, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 118. 29 Elisa Perego, Christopher Taylor, Tradurre l’Audiovisivo, Roma, Carocci editore S.p.A., 2012, p.

91.

(24)

23

comparire sullo schermo nel momento esatto in cui il personaggio pronuncia la battuta e scomparire quando l’attore smette di parlare.

Per quanto riguarda la traduzione vera e propria dei sottotitoli, bisogna dire che quest’ultima non viene affidata a traduttori professionisti, bensì a sottotitolatori che hanno competenze molto diverse da chi traduce per il doppiaggio. È chiaro, quindi, che la traduzione per i sottotitoli non viene effettuata da un dialoghista. A tal proposito è necessario ricordare che l’elaborazione dei sottotitoli non è un’operazione semplice per una serie di ragioni che ho esposto fino ad adesso. In più vede coinvolti una serie di fasi e passaggi di cui la traduzione è solo il primo.

Sarebbe infatti necessario che il traduttore del testo avesse una grande capacità di analisi linguistica e che non fosse solo capace di tradurre correttamente il testo, ma che lo sapesse anche adattare alle restrizioni spazio-temporali, trasformare da testo orale in testo scritto tenendo in considerazione tutte le modifiche che il processo comporta e facendo attenzione alle convenzioni formali che caratterizzano un testo scritto31.

Un aspetto che contraddistingue i sottotitoli è il metodo con cui viene effettuata la loro traduzione. Essa viene, infatti, svolta frase per frase, talvolta parola per parola, senza prendere in considerazione il macro senso del testo. In fase di traduzione non vengono considerati gli elementi dell’intera opera che potrebbero in qualche modo influenzare le scelte traduttive.

2.3.1. I vantaggi dei sottotitoli

Come ho già evidenziato più volte, uno dei vantaggi dei sottotitoli è la possibilità di poter sentire le voci originali degli attori, beneficiare della loro interpretazione e poter guardare il film com’è stato concepito dagli autori, dagli sceneggiatori e dal regista, senza che venga alterato dal doppiaggio. I sottotitoli non interferiscono con l’integrità del dialogo originale.

Un altro vantaggio dei sottotitoli riguarda la sfera economica. I sottotitoli, infatti, risultano essere una pratica traduttiva più conveniente rispetto al doppiaggio, il quale si rivela essere molto dispendioso, in termini di costi e di tempi. I sottotitoli sono più “a buon mercato” perché le figure coinvolte nella loro elaborazione sono

(25)

24

decisamente meno rispetto a quelle coinvolte nel doppiaggio. Dovendo quest’ultimo affrontare diverse fasi, coinvolge numerose figure professionali32. In più, la compilazione dei sottotitoli è di per sé più rapida rispetto a quello richiesto per l’adattamento dei dialoghi per il doppiaggio.

La sottotitolazione si rivela inoltre utile, o per meglio dire indispensabile, per alcuni spettatori, i non udenti. È proprio grazie ai sottotitoli che coloro che hanno difetti dell’udito possono seguire qualsiasi tipo di prodotto audiovisivo, che altrimenti risulterebbe inaccessibile. I non udenti possono beneficiare sia dei sottotitoli interlinguistici che intralinguistici33. Occorre però dire che in un caso, ovvero quello

della traduzione intralinguistica per non udenti, i sottotitoli sono preparati appositamente. Vengono, infatti, inserite anche altre indicazioni relative ai vari suoni che caratterizzano la traccia audio. Nell’altro caso, la traduzione interlinguistica dei sottotitoli non è pensata specificamente per coloro che hanno difetti dell’udito, ma anche utenti con deficit dell’udito possono comunque usufruirne in mancanza di sottotitoli creati ad hoc.

Continuando a parlare dei benefici dei sottotitoli, è necessario dire che possono rivelarsi ottimi strumenti di apprendimento. Non è raro, infatti, che chi studia una lingua straniera eserciti la competenza di ascolto guardando film o serie TV in lingua originale, utilizzando i sottotitoli come ausilio per la comprensione della trama e non solo. Grazie ai sottotitoli chi si cimenta nell’apprendimento di una nuova lingua, può velocizzare il processo di acquisizione di quest’ultima34, di venire a conoscenza di vari

accenti e in questo modo riconoscerli. Infine, ha l’occasione di imparare espressioni idiomatiche del linguaggio sub-standard che altrimenti non avrebbe modo di apprendere studiando la lingua solo sui libri di testo.

A proposito dell’apprendimento di una lingua, i sottotitoli vengono utilizzati anche dagli immigrati per poter familiarizzare con la lingua del paese che li ospita. Grazie ai sottotitoli hanno l’opportunità di ascoltare i dialoghi originali e allo stesso tempo avere sullo schermo il testo tradotto nella loro lingua madre affinché possano associare l’audio ad un corrispettivo nel loro idioma. È un modo per poter apprendere in maniera veloce ed efficace la lingua, così da potersi integrare in un paese straniero.

32 Ibidem, p. 122. 33 Ibidem, p. 123. 34 Ibidem, p. 124.

(26)

25

Il dibattito se sia meglio il doppiaggio o la sottotitolazione va avanti da molto tempo e a tal proposito sono stati svolti alcuni esperimenti. Durante questi esperimenti sono stati mostrati, ad un gruppo di persone, dei frammenti di film doppiati e gli stessi frammenti sottotitolati ad un altro gruppo. Ne è emerso che entrambi i gruppi sono riusciti ad avere una visione piacevole, indipendentemente dal fatto che il film fosse doppiato o sottotitolato. È, però, stato anche evidenziato che coloro che hanno visto il film in lingua originale con i sottotitoli sono stati in grado di comprendere meglio il frammento di film proposto. Il gruppo è riuscito a ricordare con più facilità i contenuti generali, parole specifiche e immagini. Questo accade perché leggere un testo, invece di ascoltarlo semplicemente, fa sì che si possano memorizzare meglio i contenuti ed in particolare determinate parole35.

2.3.2. Gli svantaggi dei sottotitoli

Come già spiegato, tra gli svantaggi del sottotitolo troviamo le limitazioni spazio-temporali. Purtroppo, queste limitazioni portano alla riduzione del testo in quanto è necessario rispettare il numero di caratteri che ogni riga può contenere e il tempo di permanenza dei sottotitoli sullo schermo (ricordiamo che non possono rimanere per più di sei secondi). Come sottolineano anche Taylor e Perego, è impossibile trasferire nei sottotitoli tutte le sfumature e le peculiarità della lingua parlata. Inoltre, con i sottotitoli si passa dalla forma orale alla forma scritta e ciò implica un innalzamento del registro, in quanto è necessario rispettare le norme della lingua scritta36.

Chiaramente, il passaggio dalla forma orale alla forma scritta implica che per guardare un prodotto audiovisivo si legga il testo impresso in video. Questo porta a sottrarre attenzione alla visione e quindi alle immagini, arrivando ad avere sullo spettatore un impatto diverso da quello che il regista aveva previsto. Questo però accade solo nel caso in cui lo spettatore non conosca la lingua fonte. Chi conosce la lingua di partenza, infatti, fa un uso limitato dei sottotitoli e questo fa sì che non debba dividere l’attenzione tra immagini, dialoghi e testo scritto.

35 Ibidem, p. 129. 36 Ibidem, p.123.

(27)

26

Benché si possa sviluppare una certa velocità nella lettura dei sottotitoli, non si potrà mai godere del film nella sua interezza37. Infatti, spostando l’attenzione sulla lettura dei sottotitoli, lo spettatore rischia di perdere particolari utili alla comprensione del film o semplicemente volti a migliorare l’esperienza della fruizione del prodotto.

Una critica alla sottotitolazione arriva anche da Ferdinando Contestabile il quale dice che tutto il pubblico coinvolto nella visione di un prodotto sottotitolato deve avere la capacità di leggere il testo ad una determinata velocità. Egli sostiene che in un film in cui le battute si sovrappongono ad una velocità sostenuta, diventa difficile leggere e seguire le immagini che scorrono sullo schermo. Conclude la sua critica dicendo che, anche qualora qualcuno riuscisse a leggere tutti i sottotitoli e capire l’andamento della vicenda, “avrà letto il film, ma non l’avrà visto”38.

Perego e Taylor, riflettendo sulla sottotitolazione la definiscono “dispersiva”. Dicono che è una “fonte di affaticamento per lo spettatore”, il quale deve spostare la sua attenzione dal testo scritto alle immagini e viceversa. In più, sottolineano come la presenza del sottotitolo occupi parte dello schermo togliendo spazio alle immagini, il che può infastidire il pubblico39.

A proposito dell’attenzione dello spettatore che si divide tra immagini e testo, numerosi studi, che mettono a confronto il doppiaggio e la sottotitolazione, sottolineano come i sottotitoli richiedano uno sforzo cognitivo più intenso rispetto alla visione di un film doppiato in cui lo spettatore deve semplicemente concentrarsi sull’elemento visivo, riuscendo a godersi al meglio il prodotto40.

Uno studio svizzero espone come i sottotitoli influenzino in modo negativo la visione di un film in relazione alle tre variabili che garantirebbero una visione ideale del prodotto. Tra le variabili la prima è la sensazione di presenza spaziale, che riguarda “l’illusione percettiva di assenza di mediazione” che spinge a pensarsi come facenti parte della realtà mediata.

In seguito, c’è la sensazione di trasporto, ovvero il sentirsi coinvolti cognitivamente, affettivamente e simbolicamente nella narrazione. Questo fa sì che lo spettatore possa identificarsi con i protagonisti delle vicende. Infine, la sensazione di

37 https://www.statoquotidiano.it/19/02/2010/doppiaggio-si-o-no/16819/

38 Mario Paolinelli, Eleonora Di Fortunato, Tradurre per il Doppiaggio, cit., p. 38. 39 Elisa Perego, Christopher Taylor, Tradurre l’Audiovisivo, cit., p.125.

40 Grillo V., Kawin B., Reading at the Movies. Subtitles, Silence and the Structure of the Brain, in

(28)

27

flusso, ovvero l’impressione che permette di sentirsi completamente coinvolti e immersi nella narrazione41.

2.4. Il doppiaggio

Uno degli obiettivi principali del doppiaggio è quello di creare un’illusione di naturalezza, di far credere allo spettatore che gli attori stiano recitando nella lingua di arrivor. L’adattamento dei dialoghi è un processo molto ambizioso perché si pone come obiettivo quello di rispettare le intenzioni del regista e quindi di ricreare la stessa atmosfera arrivando ad avere la medesima reazione nel pubblico. Può però capitare che, durante il lungo processo di adattamento dei dialoghi, si perdano particolari espressivi che erano stati scelti dal traduttore al fine di ricreare l’intenzione originale del regista e dello sceneggiatore. Da queste perdite potrebbe dipendere il successo o l’insuccesso di un film42. Come dice Nadiani, “proprio perché il doppiaggio è un

trucco, la riuscita del film è dovuta anche alla qualità del trucco”43.

Chaume sostiene che è proprio la capacità di mantenere l’illusione a fare del doppiaggio un doppiaggio di qualità44. Chaume sostiene che se i gesti, l’intonazione e i dialoghi risultano essere naturali e credibili, lo spettatore può anche prestare meno attenzione nel caso in cui la sincronizzazione tra le voci e i movimenti delle labbra non sia precisissima45.

È proprio Chaume a definire ed elencare i parametri che stabiliscono gli standard della qualità del doppiaggio. I parametri in questione si riassumono in sei punti, in alcuni casi, validi anche per i sottotitoli. I punti citati sono:

1. Rispettare i movimenti delle labbra e del corpo degli attori.

2. Utilizzare dialoghi naturali, realistici e credibili in relazione al registro del dialogo originale.

3. Mantenere la coerenza tra il dialogo e le immagini.

41 Elisa Perego, Christopher Taylor, Tradurre l’Audiovisivo, cit., p. 130.

42 Mario Paolinelli, Eleonora Di Fortunato, Tradurre per il Doppiaggio, cit., p.43.

43 Giovanni Nadiani, in Traduzione multimediale per il cinema, la televisione e la scena, a cura di C.

Heiss e R. M. Bollettieri Bosinelli, Bologna, Clueb, 1996.

44 Frederic Chaume, Synchronization in Dubbing: A Translational Approach, in Orero, Topics in

Audiovisual Translation, Amsterdam-Philadelphia, John Benjamins, 2004, pp. 35-52.

(29)

28

4. Essere fedeli al testo di origine per quanto concerne il contenuto, la forma, la funzione e l’effetto dell’originale.

5. La voce degli attori originali non deve mai essere percepibile.

6. La performance degli attori doppiatori deve essere il più naturale possibile.

Nei punti 5 e 6 Chaume fa riferimento al doppiaggio come un processo molto complesso di traduzione, che comprende numerose figure professionali e diventa quindi fortemente cooperativo.

Le fasi del doppiaggio, infatti, cominciano nel momento in cui viene trovato un distributore per il film. In seguito, il distributore prescelto si occupa di contattare un’agenzia di doppiaggio che affida lo script ad un traduttore. Le informazioni fornite al traduttore possono variare a seconda dei casi. La casa produttrice, infatti, non sempre fornisce le informazioni necessarie affinché il traduttore possa svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi. Può accadere anche che non gli venga data la possibilità di visionare il materiale video prima di effettuare la traduzione. Per questo motivo, chi traduce si ritrova a lavorare sui dialoghi scritti in fase di pre-produzione e non modificati in post-produzione. Dunque, il materiale che ricevono non è aggiornato con le modifiche apportate dagli attori durante le riprese. Per questa ragione i dialoghi originali possono essere più o meno diversi da quelli del doppiaggio46.

Per il traduttore l’opportunità di visionare il film prima di fare il suo lavoro può influenzare la traduzione finale, in quanto l’elemento visivo, spesso, può essere uno strumento per risolvere dubbi o passaggi critici del testo originale. Non dargli, quindi, la possibilità di usufruire del materiale visivo, fa sì che si abbia, in alcuni casi, una traduzione poco precisa o addirittura sbagliata.

Si può però ovviare a questi problemi fornendo al traduttore una sceneggiatura annotata, in cui lo sceneggiatore o il regista scrivono commenti, didascalie e spiegazioni per evidenziare particolarità linguistiche e riferimenti culturali (giochi di parole, colloquialismi, espressioni dialettali o riferimenti intertestuali)47. Le

annotazioni, quando sono presenti, fungono da supporto al lavoro del traduttore, che altrimenti potrebbe trovarsi in difficoltà a causa della mancanza di riferimenti visivi o di uno script corretto.

46 Bruna Di Sabato, Antonio Perri, I Confini della Traduzione, cit., p.100. 47 Ibidem.

(30)

29

Una volta che il traduttore ha tradotto il testo, il lavoro passa in mano al dialoghista che si occupa di sincronizzare i movimenti labiali e i dialoghi. In alcuni casi, però, questo lavoro viene affidato direttamente al traduttore. Infine, i dialoghi arrivano nello studio di doppiaggio dove il direttore di doppiaggio, appunto, guiderà il lavoro di doppiatori e tecnici del suono, per portare a termine il lavoro. Inoltre, il direttore di doppiaggio potrà apportare correzioni aggiuntive al testo tradotto.

Si può quindi dedurre che le modifiche effettuate sul testo non vengono dettate dalle competenze del traduttore, ma sono guidate da esigenze pratiche che riguardano i doppiatori o il direttore del doppiaggio. Risulta per questo difficile risalire all’autore di una determinata scelta traduttiva48.

Quando si parla di doppiaggio è necessario menzionare anche l’auto-doppiaggio. Con questo termine si intende la pratica attraverso la quale un attore doppia se stesso per svariati motivi. Tra le motivazioni più frequenti troviamo una colonna sonora inutilizzabile. È possibile che ci siano dei problemi con la presa diretta del suono, oppure che si abbia il bisogno di modificare, in fase di post-produzione, i dialoghi originali. Il doppiaggio, in questo caso, viene utilizzato per dare più incisività ai dialoghi, per migliorare il suono o la performance dell’attore oppure, addirittura, per cambiare la voce dell’attore, nel caso in cui egli venga scelto solo per le caratteristiche fisiche indispensabili per interpretare il personaggio per cui è stato scelto. In più, ovviamente, il doppiaggio viene utilizzato per passare da una lingua ad un’altra49.

Matilde Hochkofler ci riporta, a proposito del doppiaggio, un’interessante osservazione. Ci dice che, mentre negli altri paesi è normale proiettare al cinema film in lingua originale con sottotitoli, in Italia ciò è impensabile perché il pubblico medio non andrebbe mai a vedere un film non doppiato50. Questo accade perché gli italiani sono da sempre abituati a guardare film doppiati e questo è dovuto anche al fatto che in Italia, quella del doppiaggio, è un’industria ben sviluppata e che funziona egregiamente. Per uno spettatore italiano è la norma sentire, ad esempio, un giapponese parlare in italiano.

Simone Laudiero, in Last Night a Subber Saved my Life, riporta le opinioni di diversi utenti che dicono la loro a proposito del doppiaggio. Tra queste ce n’è una in

48 Ibidem, p.101.

49 Giacomo Gambetti, Capire il Cinema e la Televisione, Roma, Gremese Editore, 2006, p.46. 50 Matilde Hochkofler, Marcello Mastroianni, il gioco del cinema, Roma, Gremese Editore, 2001,

(31)

30

cui un ragazzo dice che il “doppiaggio è un ‘male’ necessario”51 e che il vero problema

non è il doppiaggio in sé, ma la traduzione che viene fatta del testo originale. Ed è proprio Laudiero a sostenere che se la traduzione da destinare al doppiaggio fosse fatta impeccabilmente, si potrebbe fare a meno della versione originale. Il doppiaggio deve, dunque, avere come base un’eccellente traduzione, un eccellente adattamento e un’ottima recitazione.

In Italia il doppiaggio comincia ad affermarsi nel secondo dopo guerra, dopo che per anni, nell’era fascista, circolarono doppiaggi poco bene eseguiti. In seguito alla distribuzione di film americani con didascalie di pessima qualità, si è capito che il pubblico preferiva guardare le versioni doppiate dei film. La prima industria italiana del doppiaggio si è stabilita a Roma, nonostante i primi doppiaggi siano stati eseguiti in America da attori americani o italoamericani52. Sono un esempio di questo tipo di

doppiaggio i film di Stanlio e Ollio (Laurel & Hardy) in cui, in un’occasione, sono stati gli stessi attori americani a doppiare i loro personaggi in italiano.

È successo nel 1929, quando uscì Unaccustomed as We Are (Non abituati come siamo). Era il periodo in cui i film passarono dall’essere muti ad essere parlati. Questo fece sì che ci fosse bisogno di una soluzione per poter mantenere il mercato estero e continuare a distribuire i film a dispetto della barriera linguistica. Nel caso di Laurel & Hardy la soluzione fu quella di far girare loro le scene in più lingue. Questa tecnica attribuì ai due personaggi l’accento tipico degli americani che parlano in italiano. Questa peculiarità creò un immediato effetto comico che assicurò alla serie di film un successo indiscutibile anche in Italia. Questo successo fu talmente lampante da spingere i distributori a mantenere l’accento inglese anche nel momento in cui il doppiaggio fu affidato a doppiatori italiani53.

A proposito di doppiatori italiani, è necessario mettere in evidenza che questi attori non solo sono chiamati a doppiare attori stranieri, ma anche colleghi italiani. Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Giuliano Gemma e Bud Spencer sono solo alcuni degli attori più popolari del cinema italiano che sono stati doppiati54.

51 Simone Laudiero, Last Night a Subber Saved my Life, dalle Serie Tv ai sottotitoli, Torino, Zandegù,

2013.

52Masolino d’Amico, La commedia all’italiana – il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975, Milano,

il Saggiatore, 2008.

53 http://stanlioollio.blogspot.com/2012/10/introduzione-alla-storia-delle-voci-di.html

Riferimenti

Documenti correlati

Mi focalizzerei, invece, sulle due sfide maggiori emerse nel corso di questa lezione: la comprensione di una canzone d’autore (quindi non creata “su misura” per

Pur nella difficoltà di conciliare i vari orientamenti, non solo politici, su di una simile tematica, si era comunque giunti ad un accordo in XII Commissione

Какие-то шероховатости еще не изгладились: однажды руководитель Фонда (Р.С. Милонов) начал свой рабочий день – по чьему-то указанию – с очень

´ Quando Phoebe nella versione originale sta per buttare Paige dalla finestra dice "Thank you...BITCH!", espressione tradotta in modo più "dignitoso" nella

ART.4 Con la sottoscrizione del modulo di partecipazione, si autorizza l’Associazione Culturale Centro Impronte Sonore a fotografare o filmare le attività svolte

I doppiattori del film sono: Emilio Cigoli (Nino Crisman), voce stentorea di quasi tutti i grandi interpreti del cinema mondiale, da John Wayne a Jean Gabin, da

We have provided a literature scoping review on the methods, measurements and research design factors affecting medication adherence in chronic disease, exploiting Big Data analysis

Denominazione struttura conservativa - livello 2: Museo dell'Industria e del Lavoro di Rodengo Saiano Tipologia struttura conservativa: museo. Collocazione originaria: NO