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Informazione quantistica e decoerenza: il caso dei qubit in centri NV

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Academic year: 2021

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Alma Mater Studiorum · Universit`

a di Bologna

Scuola di Scienze

Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea in Fisica

Informazione Quantistica e Decoerenza:

il caso dei qubit in centri NV

Relatore:

Dott.

Cristian Degli Esposti

Boschi

Presentata da:

Alessandro Conigli

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(3)

Alla mia famiglia con grande affetto, agli amici che mi hanno sempre sostenuto

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Sommario

Lo scopo di questa tesi triennale `e quello di fornire un’introduzione ad alcuni concetti della computazione quantistica e comprenderne i fenomeni fisici che ne stanno alla base, dall’idea astratta di qubit fino ai pi`u recenti studi sui centri NV, passando attraverso appropriati strumenti matematici.

Recentemente si `e realizzato che l’uso delle propriet`a della meccanica quantistica pu`o migliorare drasticamente le velocit`a di calcolo. ´E quindi cresciuto l’interesse nel campo dell’informazione quantistica. Tra le principali difficolt`a vi `e il fenomeno della decoerenza, responsabile della distruzione degli stati di sovrapposizione quanto-meccanici.

Studiamo la dinamica dei sistemi quantistici aperti, soffermandoci sugli aspetti della loro evoluzione rilevanti nel passaggio dal mondo quantico al classico. A tal fine, e per una migliore comprensione della decoerenza, ricaviamo l’equazione master cui deve obbedire la matrice di densit`a nel noto modello di Jaynes-Cummings per l’interazione ambiente-sistema.

In particolare, descriviamo come un ristretto set di manipolazioni sul sistema ci per-metta di proteggerlo dalla decoerenza e come tale tecnica, detta disaccoppiamento di-namico, si rivela un utile strumento per la realizzazione di gates quantistici nel caso dei qubit implementati sfruttando i cosiddetti centri NV del diamante.

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Indice

Introduzione 3

1 Aspetti globali 5

1.1 Verso i computer quantistici . . . 5

1.2 Problemi trattabili . . . 6 1.2.1 La classe P . . . 7 1.2.2 La classe NP . . . 7 1.3 Qubits . . . 8 1.3.1 Sistemi di qubits . . . 11 1.4 Computazione Quantistica . . . 12

1.4.1 Criteri di Di Vincenzo e Decoerenza . . . 13

1.4.2 Rappresentazione dell’informazione quantistica . . . 14

1.4.3 Trasformazioni Unitarie . . . 16

1.4.4 Preparazione degli inputs e lettura del risultato . . . 17

2 Matrice di densit`a 20 2.1 Stati quanto-meccanici puri e misti . . . 20

2.2 La Matrice di Densit`a . . . 22

2.3 Equazione master quantistica . . . 24

2.3.1 Sistemi quantistici aperti e chiusi . . . 25

2.3.2 Dinamica dei sistemi aperti . . . 27

2.3.3 Processo quantistico di Markov . . . 29

2.3.4 Equazione master quantistica per un processo di Markov . . . 32

3 Decoerenza 34 3.1 Ambiente, misura e sistema . . . 35

3.2 Decoerenza di un singolo qubit . . . 37

3.3 Il modello di Jaynes-Cummings . . . 38

3.3.1 Cavit`a di Fabry-Perot . . . 39

3.3.2 Atomo a due livelli . . . 41

3.3.3 Hamiltoniana del Modello . . . 41

(7)

3.4 Dinamica aperta di N qubits in una cavit`a ottica . . . 42

3.4.1 Hamiltoniana di Interazione . . . 43

3.4.2 Equazione master per il sistema . . . 43

3.5 Come combattere la decoerenza: Quantum Error Correcting Codes . . . 44

3.5.1 Protteggere un bit classico . . . 45

3.5.2 Proteggere un qubit . . . 45

4 La computazione quantistica al giorno d’oggi 49 4.1 Centri NV . . . 50

4.1.1 Propriet`a generali . . . 51

4.2 Disaccoppiamento Dinamico . . . 52

4.3 Esempio di quantum gates protetti . . . 53

Conclusioni 57

A Propriet`a dell’operatore di densit`a 58 B Equazione di Schr¨odinger: considerazioni generali 61 C Forma generale del generatore L 63

D Calcolo dell’equazione master per un sistema di N spin interagente con

l’ambiente 66

(8)

Introduzione

Per molti anni, l’aumento delle prestazioni dei computer `e andato di pari passo con la miniaturizzazione dei componenti elettronici, fenomeno codificato empiricamente dalla legge di Moore: la densit`a dei transistor di un microchip e la relativa velocit`a di calcolo raddoppiano ogni diciotto mesi. Questo processo per`o non pu`o procedere all’infinito, poich´e la continua riduzione dimensionale dei componenti tira in ballo la fisica del mon-do microscopico, regolata da leggi ben pi`u complesse.

Per merito di una felice intuizione dei teorici dell’informazione, le leggi della meccanica quantistica, da limite che erano, si sono rivelate un’opportunit`a per la realizzazione di un nuovo modello di macchina capace di portare notevoli miglioramenti: il computer quantistico.

I computer quantistici dalla reale praticit`a non esistono ancora1, potrebbe volerci qualche

decina di anni prima che un dispositivo del genere venga realizzato. Alcune opinioni in merito dubitano che un calcolatore quantistico su larga scala sia in principio realizzabile, ma noi siamo ottimisti, e il nostro sogno `e che ogni bruco possa un giorno diventar farfalla.

Dopo questa generica introduzione dell’argomento, vediamo pi`u in dettaglio i concetti toccati nel corso del lavoro di tesi.

Nel primo capitolo, dopo un breve accenno storico, impostiamo le basi del nostro per-corso introducendo il concetto di qubit, colonna portante dell’informazione quantistica. Si prosegue poi con una revisione dei postulati della meccanica quantistica esplorando le caratteristiche dei qubits - peculiare l’esistenza di stati di sovrapposizione - fino ad individuare dei requisiti di base per un processo di computazione puramente quantistico: i criteri di Di Vincenzo.

Spetta al secondo capitolo il compito di fornire le adeguate nozioni matematiche adatte ad un rigoroso proseguo del lavoro. Introduciamo qui la matrice di densit`a, strumento ideale per la descrizione di stati quanto-meccanici puri e misti, elencandone le pi`u importanti caratteristiche.

Dopo una visione generale delle propriet`a dei sistemi aperti descriviamo, in analogia con l’equazione classica di Chapman-Kolmogorov e sotto l’approssimazione di Markov,

1In realt`a nel 2011 `e stato lanciato sul mercato il D-wave two, prototipo a 512 qubits, ma un effettivo

miglioramento delle prestazioni per algoritmi convenzionali non `e ancora stato confermato

(9)

l’equazione master - espressa in forma di Lindblad - cui deve obbedire la matrice di densit`a per un sistema aperto, soffermandoci particolarmente sul significato fisico di questo modello matematico.

Nel terzo capitolo spostiamo l’attenzione verso uno dei pi`u affascinanti e controversi argomenti della meccanica quantistica: la decoerenza. Questo fenomeno, che trova spa-zio nello studio dell’interaspa-zione ambiente-sistema, `e il principale responsabile della realt`a classica con cui ogni giorno abbiamo a che fare: `e alla decoerenza che si deve il collasso degli stati di sovrapposizione; `e nella decoerenza che identifichiamo il peggior nemico della computazione quantistica.

Ci si sofferma poi sulla delicata dinamica di interazione ambiente-sistema andando a svi-luppare il modello paradigmatico di Jaynes-Cummings e l’associata equazione di Lind-blad per la matrice di densit`a del complesso.

Infine l’ultima sezione `e dedicata a particolari algoritmi di protezione del codice dal processo di decoerenza, che prendono il nome di quantum error correcting code.

Il quarto ed ultimo capitolo mira a fornire una panoramica delle pi`u moderne tec-niche per la realizzazione di registri quantistici, dando particolare rilievo ai cosiddetti nitrogen-vacancy center ed ai risvolti sperimentali cui hanno condotto negli ultimi anni. Una consistente parte del capitolo `e dedicata al disaccoppiamento dinamico, un geniale metodo che, con le dovute precauzioni, permette di proteggere da decoerenza gli stati di un qubit tramite l’utilizzo di specifiche Hamiltoniane che sopprimono le interazioni con l’ambiente.

Lo scopo di questo lavoro `e fornire una visione di insieme della teoria dell’informazione quantistica, prestando particolare attenzione ai principi fisici che la sorreggono. Come si `

e intravisto il percorso che seguiamo parte dal relativamente semplice concetto di qubit, per poi procedere, con graduale aumento della difficolt`a, verso scenari pi`u impegnativi dal fascino certamente suggestivo. Unendo le conoscenze acquisite nel corso dei primi tre capitoli, siamo infine in grado di studiare i gates con centri NV, che rappresentano le tecniche di realizzazione pi`u all’avanguardia nel campo dell’informazione quantistica. Come ultima cosa, si avvisa il lettore che nel corso del lavoro si `e posto ~ = 1 salvo avviso contrario.

(10)

Capitolo 1

Aspetti globali

1.1

Verso i computer quantistici

Nel corso del XX secolo l’informazione `e diventata un elemento predominante nella so-ciet`a moderna, grazie alla sempre pi`u avanzata tecnologia che ha permesso lo sviluppo dei computer.

La storia dei calcolatori moderni nasce con il grande matematico Alan Turing che per primo ha spiegato in dettaglio il concetto astratto di ci`o che noi chiamiamo computer programmabile, modello che porta oggi il suo nome. [1]

Le odierne tecnologie, basate sui circuiti integrati, mirano a ridurre le dimensioni delle componenti sino a raggiungegere le scale atomiche: in questo contesto la materia non obbedisce pi`u alle leggi della fisica classica, bens`ı alle pi`u contro-intuitive regole della meccanica quantistica.

Dopo queste prime righe si potrebbe pensare che la tecnologia quantistica sia semplice-mente in grado di ridurre le dimensioni ed aumentare la velocit`a di calcolo, ma la realt`a `

e ben diversa: essa aprirebbe la strada a calcoli completamente nuovi che non hanno un corrispettivo nel mondo classico.

Basti pensare agli algoritmi quantistici di Peter Sohr, per la scomposizione in fattori primi di grandi numeri, e di Lov Grover, per effettuare una ricerca in una lista non or-dinata di N elementi, entrambi drasticamente pi`u performanti degli algoritmi sviluppati in computer tradizionali.

Il principale vantaggio del calcolo quantistico nasce nel parallelismo che garantisce, ad un aumento lineare dello spazio fisico richiesto, una crescita polinomiale della potenza di calcolo, contrariamente al caso classico in cui la richiesta di spazio cresce essa stessa esponenzialmente.

Tuttavia la codifica di algoritmi quantistici non `e cosa da poco. I pi`u pessimisti po-tranno pensare che non vi `e nulla in pi`u che un computer quantistico possa fare che gi`a

(11)

non sia stato scoperto.

Ma a noi piace vederla in un’altra maniera: la difficolt`a risiede nella stesura dell’al-goritmo, poich´e il programmatore si pone di fronte a due problemi abitualmente non riscontrati.

Per prima cosa, la nostra mente `e radicata in un mondo classico: se usiamo il nostro intuito come arma per costruire un algoritmo quantistico, allora quello che otterremo continuer`a ad essere un’idea classica. Dovremmo spegnere il nostro intuito e basarci unicamente sugli effetti quantistici per ottenere un degno risultato.

Secondariamente, non siamo interessati ad un algoritmo puramente quanto-meccanico, bens`ı ad un qualcosa che sia migliore di ogni altro corrispettivo classico!

Quale classe di problemi pu`o essere risolta efficientemente in un computer quantistico, e come tale classe si rapporta ai problemi risolti con tecnologie classiche? Sicuramente una delle cose pi`u eccitanti della computazione quantistica `e la ricerca di una soddisfa-cente risposta a questa domanda, che al momento si presenta come una delle pi`u grandi sfide per i pionieri di questo strano mondo. [2]

1.2

Problemi trattabili

Spostiamo l’attenzione sui problemi, e studiamo la possibilit`a di trattarli in base alla quantit`a di risorse necessarie per la soluzione. Considerando i risultati ottenuti nel corso del tempo, possiamo suddividere i problemi in queste categorie:

1. I problemi che ammettono algoritmi efficienti di risoluzione1.

2. Problemi che per loro natura non sono risolvibili efficientemente, e dunque intrat-tabili.

3. Problemi per i quali non si `e a conoscenza di algoritmi efficienti, tuttavia nessuno ha finora provato che tali algoritmi non esistono.

Il notevole interesse per queste tematiche ha portato a definire e studiare le cosiddette classi di complessit`a, ovvero insieme di problemi risolvibili caratterizzati da propriet`a comuni - che siano le risorse necessarie o il tipo di macchina che li risolve.[3]

Per entrare pi`u a fondo nell’argomento `e giusto spendere del tempo per lo studio pi`u dettagliato di queste classi.

1Un algoritmo `e detto efficiente se il suo tempo di risoluzione `e polinomiale rispetto alle dimensioni

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1.2.1

La classe P

Vengono cos`ı definiti tutti quei problemi che, nel peggiore dei casi, ammettono un al-goritmo risolutivo il cui tempo di calcolo `e limitato da un polinomio nelle dimensioni dell’input.

Intuitivamente rappresenta la classe dei problemi trattabili efficientemente: chiaramente `

e poco realistico definire trattabile un problema risolubile da algoritmi con un tempo dell’ordine di nk con k elevato; tuttavia la maggior parte dei problemi appartenenti

a tale classe ammette un algoritmo risolutivo che richiede O(n3) passi su un input di

dimensione n.

La controparte naturale della classe appena descritta `e data dai problemi che non `

e possibile risolvere in tempo polinomiale. Per quest’ultimi si pu`o provare che ogni algoritmo risolutivo richiede un tempo asintoticamente superiore ad ogni polinomio.

1.2.2

La classe NP

Essendo una il complementare dell’altra le due classi sopra discusse dovrebbero contenere tutti i problemi risolubili. In realt`a molti quesiti di notevole interesse non trovano spazio in nessuna delle due casistiche. Per questi problemi non sono stati trovati algoritmi di soluzione efficienti ma neppure la loro non esistenza `e provata.

La classe pi`u rappresentativa di questo folto gruppo `e quella dei problemi NP-completi, per la cui comprensione `e importante conoscere il concetto di macchine non determini-stiche. Questi problemi sono computazionalmente equivalenti tra loro, nel senso che un algoritmo polinomiale per uno solo di essi implicherebbe l’esistenza di un analogo algo-ritmo per tutti gli altri. L’assenza di tale procedura, nonostante gli sforzi compiuti, ha portato all’ipotesi che i problemi NP-completi non siano risolubili2 in tempo polinomiale

e dunque non siano contenuti nelle classi P . [4]

Macchine non deterministiche

Le classi sinora esaminate utilizzano modelli di calcolo esclusivamente deterministici, cio`e la transizione da un passo della computazione al successivo `e sempre univocamente de-terminata. Al contrario una macchina non deterministica `e un modello di calcolo che pu`o compiere delle scelte durante la computazione. Come conseguenza il suo funzionamento su un dato input non `e pi`u determinato da un’unica computazione, ma da un insieme di computazioni distinte, una per ogni possibile sequenza di scelte compiute. Una volta assimilato questo concetto vediamo come definire la classe NP :

Definizione 1.1. Un problema A appartiene alla classe NP se, data un’istanza a af-fermativa di tale problema, `e possibile verificare tramite un algoritmo efficiente che tale istanza sia vera.

(13)

Dunque l’appartenenza alla classe NP `e meno stringente rispetto all’appartenenza a P : affinch´e un problema sia NP , non `e necessario risolverlo entro un tempo polinomiale, bens`ı verificare entro questo tempo che una data istanza sia affermativa.

Problemi NP-completi

Come anticipato, un importante classe `e quella dei problemi NP completi, per la cui definizione dobbiamo introdurre prima il concetto di riduzione polinomiale

Definizione 1.2. Un problema A si riduce polinomialmente ad un problema B se, data un’istanza a di A, `e possibile costruire in tempo polinomiale un’istanza b di B tale che a `e affermativa se e solo se b `e affermativa.

Quindi, possiamo dire che se A → B 3, il problema B `e almeno tanto difficile quanto

lo `e A. A questo punto, possiamo definire la NP -completezza: Definizione 1.3. Un problema A si dice NP -completo se:

• A ∈ NP

• Preso un qualunque problema B ∈ NP , B si riduce polinomialmente ad A.

Dunque, se un problema `e NP -completo, significa che esso `e almeno altrettanto dif-ficile quanto un arbitrario altro problema in NP - almeno nel senso che qui diamo alla parola “difficolt`a ”, misurata in termini di complessit`a computazionale. Si tratta quindi dei pi`u difficili problemi NP e, come gi`a anticipato, se trovassimo un algoritmo polino-miale per uno qualsiasi di questi, avremmo trovato un algoritmo polinopolino-miale per tutti i problemi NP . La stragrande maggioranza degli addetti al settore ritiene che un tale algoritmo per i problemi NP -completi non possa esistere. Questa congettura `e ormai cos`ı affermata che stabilire la NP -completezza di un problema equivale a considerarlo come intrattabile, visto l’alto indice di difficolt`a intrinseco.

1.3

Qubits

Alla base della computazione e della teoria dell’informazione classica troviamo quella pietra miliare che `e il bit. Il regno dell’informatica quantistica `e costruito su di un concetto analogo, il quantum bit, o qubit per comodit`a. In questa sezione andiamo ad esplorarne le propriet`a, costruendo un confronto con il bit classico.

In primis introduciamo i qubits come entit`a matematiche caratterizzate da specifiche propriet`a; un approccio del genere ha il vantaggio di poter costruire, partendo da oggetti astratti, una teoria del tutto generale e indipendente da uno specifico sistema per la sua

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realizzazione.

E dunque, cos’`e un qubit? Si tratta della pi`u piccola porzione in cui qualsiasi informa-zione codificata pu`o essere scomposta: cos`ı come il classico bit ha uno stato - che sia 0 o 1 - allo stesso modo il qubit ne possiede uno.

Tali stati possono essere |0i e |1i, dove con la notazione ”| i” si fa riferimento alla nota-zione di Dirac, ampiamente usata in meccanica quantistica.

Non si possono di certo omettere i principi fondamentali che ne governano le regole perch`e, come vedremo, ci accompagneranno lungo tutto il percorso [5]:

• Il primo postulato definisce l’ambito in cui si colloca la meccanica quantistica: Ad ogni sistema quanto-meccanico isolato `e associato uno spazio di Hilbert H sul campo complesso. In un dato istante il sistema `e descritto da un vettore unitario appartenente a tale spazio

• Il secondo postulato stabilisce l’evoluzione temporale del sistema:

Il variare in funzione del tempo di un sistema quanto-meccanico `e descritto da un operatore unitario U . Al tempo t lo stato |ψ(t)i del sistema `e legato allo stato iniziale dalla relazione

|ψ(t)i = U |ψ(0)i (1.1) • Il terzo ci fornisce la probabilit`a di misurare un osservabile:

Le misure quantistiche sono descritte da una collezione {Mm} di operatori di

misu-ra agenti sullo spazio degli stati del sistema in esame4. Sia |ψi lo stato del sistema immediatamente prima della misura; allora la probabilit`a di uscita del risultato m `e data da

p(m) = hψ|Mm†Mm|ψi (1.2)

e lo stato del sistema dopo la misura `e

|ψi = q Mm|ψi hψ|Mm†Mm|ψi

(1.3)

L’insieme dei valori possibili per una grandezza `e dettato dallo spettro dell’operatore ad essa associato.

Caratteristica peculiare della meccanica quantistica `e dunque quella di fornire solamente predizioni statistiche piuttosto che deterministiche, come avviene nel regime classico.

Le propriet`a stesse dei qubit discendono da questo ramo della fisica, ed `e proprio in questo fatto che dobbiamo cercare le potenzialit`a del nostro nuovo oggetto: contraria-mente ai bit, che hanno uno stato ben definito, il qubit pu`o esistere in una combinazione lineare degli stati, chiamata sovrapposizione:

|ψi = α|0i + β|1i (1.4)

(15)

dove α e β sono le ampiezze di probabilit`a ed in generale appartengono al campo com-plesso.

Pi`u formalmente il qubit `e un vettore unitario in uno spazio complesso duo-dimensionale: lo spazio di Hilbert H. In tale spazio gli stati |0i e |1i formano una base ortonormale detta base computazionale.

Tipicamente si tratta di un sistema microscopico, quale sia un atomo, lo spin nucleare o un fotone polarizzato, in cui vengono identificati due differenti livelli energetici relativi ai due stati della base computazionale.

Quando misuriamo lo stato di un qubit in questa base la probabilit`a dell’uscita |0i `e data da |α|2 mentre per lo stato |1i `e |β|2. Dato che il modulo quadro delle ampiezze indica la probabilit`a di uscita di un risultato, la relazione che lega α e β `e banalmente:

|α|2+ |β|2 = 1 (1.5)

Condizione che geometricamente possiamo interpretare come normalizzazione ad uno del vettore di stato del qubit.

L’abilit`a del qubit di esistere come sovrapposizione corre contro il senso comune della comprensione del mondo attorno a noi: pu`o esistere in un continuo di stati tra |0i e |1i fino a che non operiamo una misura5 del suo stato.[6]

La sfera di Bloch

Tenendo a mente la condizione di normalizzazione, possiamo scrivere un generico stato di un qubit nella forma

|ψi = cosθ

2|0i + e

sinθ

2|1i (1.6)

Le coordinate θ e ϕ identificano un punto di una sfera unitaria tridimensionale: la sfera di Bloch. Questa costruzione geometrica ci fornisce un comodo diagramma per rappresentare gli stati di un qubit. [7]

Visti in tale sfera, i bit classici possono trovarsi solo ai poli con il resto della superficie della sfera inaccessibile, mentre un qubit puro pu`o occupare un qualsiasi punto della sfera.

Ed ora la domanda sorge spontanea: quanta informazione `e in grado di rappresentare un singolo qubit? In principio, ci sono infiniti punti della sfera, cos`ı che paradossalmente possa immagazzinare l’intera Divina Commedia nell’espansione infinita di θ.

Ovviamente queste considerazioni sono inconcludenti a causa del comportamento del qubit se misurato: l’interazione con il sistema per eseguire la misura cambia lo stato stesso del qubit, facendo collassare lo stato coerente di |0i e |1i allo stato correlato

5E importante tenere a mente che la misura di un qubit d`´ a come risultato solamente |0i o |1i

(16)

Figura 1.1: Rappresentazione grafica della sferia di Bloch [2]

al risultato della misura. Il perch´e di questo collasso nessuno lo sa: `e una peculiarit`a intrinseca della meccanica quantistica, ma ci`o che a noi interessa `e il poter ottenere un singolo bit di informazione da una misura dello stato di un qubit.

1.3.1

Sistemi di qubits

Hilbert space is a big place Carlton Caves

Supponiamo di avere n oggetti fisici ognuno avente k stati distinguibili. Se `e possibile accedere singolarmente ad ogni oggetto e prepararlo in uno qualunque dei k stati allora abbiamo a disposizione N = kn differenti combinazioni possibili per il nostro sistema.

Sia ora k = 2 e identifichiamo i nostri n oggetti con sistemi a due stati rappresentanti singoli qubit6. Ogni collezione di n qubits pu`o essere preparata in N = 2n stati, con l’opportunit`a di memorizzare N stringhe, numeri o che dir si voglia.

Una collezione di n qubits prende il nome di quantum register di dimensione n. Lo stato totale del sistema vive in uno spazio di Hilbert dato dal prodotto tensoriale dei singoli spazi di ogni qubit, e in notazione compatta possiamo scrivere un generico stato come:

|ai = |an−1i ⊗ |an−2i ⊗ ... ⊗ |a1i ⊗ |a0i (1.7)

(17)

dove gli ai ∈ 0, 1 e rappresentano un registro quantico preparato con un determinato

valore. Di tali stati ce ne sono 2n e costituiscono un set capace di rappresentare numeri

da 0 a 2n−1, formando una conveniente base computazionale.

Per n = 500 tale numero `e cos`ı elevato da superare la stima degli atomi presenti nel-l’Universo. Provare ad immagazzinare un tale numero di dati sarebbe impossibile in un computer tradizionale: quello di Hilbert `e davvero un grande spazio!

In conclusione, da questo enorme potenziale computazionale potremmo trarre un gran-de vantaggio, ma la domanda resta: come conciliare la meccanica quantistica con la computazione?

1.4

Computazione Quantistica

Come ampiamente discusso, il tassello fondamentale della teoria da cui partire sono i qubits e come questi possano essere realizzati fisicamente. Ma per costruire un computer quantistico non solo dobbiamo fornire un’implementazione fisica consistente dei qubits, bens`ı ideare un sistema in cui si pu`o agire su di essi trasformandoli liberamente a seconda delle necessit`a, ed in grado di essere preparato con specifiche condizioni iniziali.

La vera sfida nella preparazione dell’apparato sperimentale `e riuscire ad incontrare appieno questi requisiti fondamentali, spesso soddisfatti solo parzialmente.

Illustriamo con un esempio che secondo Richard Feynman “porta dentro di s´e il cuore della meccanica quantistica” come il principio di sovrapposizione si manifesta in un tipico esperimento di diffrazione. Un elettrone - o una qualsiasi altra particella microscopica - si muove verso una barriera con due fenditure, al di l`a della quale vi `

e un rivelatore sensibile alla presenza della particella.

Lanciando ripetutamente gli elettroni verso lo schermo si viene a creare una struttura periodica equivalente alle figure di interferenza di un qualsiasi fenomeno ondulatorio. A detta della meccanica quantistica anche le particelle corpuscolari presentano comporta-menti ondulatori, ed in pi`u un singolo elettrone, vivendo in uno stato di sovrapposizione, percorre simultaneamente i due cammini. [8]

Tale sovrapposizione, tuttavia, pu`o essere compromessa se viene introdotto uno strumen-to in grado di rivelare in quale delle due fenditure sia passastrumen-to l’elettrone: in quesstrumen-to caso la coerenza tra i due cammini viene meno, e la funzione d’onda collassa in un singolo stato impedendo il fenomeno dell’interferenza.

Il principio discusso vale per qualsiasi sistema quantistico, in particolare per un qu-bit: una misura effettuata durante l’evoluzione del sistema ne distrugge gli stati coerenti, ovvero si ha una perdita di informazione dal qubit verso l’esterno. ´E importante ribadire che per misura non si intende solamente un gesto volontario operato da un osservato-re, ma anche una qualsiasi interazione con il mondo esterno che provoca ugualmente la perdita di coerenza. Appena questo accade, viene compromessa l’integrit`a del calcolo quantistico con la conseguente perdita dell’affidabilit`a del risultato computazionale.

(18)

Le conclusioni a cui giungiamo sembrano essere in conflitto: si vuole che un computer quantistico sia ben isolato cos`ı da mantenere solide le propriet`a quantistiche, ma allo stesso tempo `e richiesta la completa accessibilit`a ai qubits che lo compongono per poter operare una computazione e leggerne il risultato.

Di conseguenza una realizzazione pratica deve mantenere un delicato equilibrio tra que-sti due vincoli, al punto che il cuore del discorso non `e come costruire un computer quantistico, bens`ı quanto bene pu`o essere costruito.

1.4.1

Criteri di Di Vincenzo e Decoerenza

Un concetto chiave per la scelta dei potenziali candidati alla realizzazione di un computer quantistico `e la nozione di rumore quantico, spesso chiamato anche decoerenza.

Con questo termine si intende la corruzione della desiderata evoluzione del sistema, ovvero il tempo in cui questo pu`o esistere prima di perdere la coerenza degli stati, e si tratta essenzialmente della memoria quantistica del sistema.

Condizione importantissima per la computazione `e dunque che il qubit mantenga la coerenza durante tutto il tempo necessario all’esecuzione di un’operazione logica. Questo vincolo si pu`o esprimere con la disuguaglianza

τQ  τop

dove τQ `e l’intervallo temporale durante il quale si ha coerenza quanto-meccanica

degli stati, e τop indica il tempo impiegato per un’operazione logica.

Generalmente per la maggior parte dei sistemi questi due tempi sono tra loro correlati, tanto che il rapporto ci fornisce una stima del numero di operazioni possibili prima che il qubit perda il suo set di condizioni iniziali

nop=

τQ

τop

grandezza che pu`o variare notevolmente in un intervallo compreso tra 104÷ 1014 operazioni a seconda del sistema preso in esame.

I Criteri

Tornando in dettaglio ai requisiti base richiesti per la computazione quantistica, accanto alla condizione di coerenza troviamo altri criteri per la scelta di un sistema fisico adatto, elencati da Davide di Vincenzo nel 2000. [9] In sintesi, un possibile hardware per un computer quantistico dovrebbe soddisfare almeno questi quattro criteri:

1. Possibilit`a di identificare qubit ben definiti ed aumentarli in numero. Questo criterio richiede una solida rappresentazione dell’informazione

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2. Capacit`a di inizializzare lo stato del sistema: bisogna preventivamente porre tutti i qubits in uno stato iniziale e, solo dopo, eseguire un calcolo.

3. Esistenza di una classe universale di porte logiche quantistiche per il control-lo preciso dei qubits. Matematicamente `e richiesta una famiglia universale di trasformazioni unitarie.

4. Effettuare una misurazione per ottenere il risultato del calcolo eseguito e trasmet-tere l’informazione quantistica.

Non vi `e tuttora un procedimento privilegiato per la realizzazione di qubits, in quanto ciascuno di essi presenta delle incompatibilit`a con i criteri elencati.

Infatti i sistemi microscopici - quali atomi, spin, fotoni - sono s`ı facilmente isolabili7

dal-l’ambiente esterno, ma difficilmente integrabili in un circuito complesso come richiesto per la realizzazione di un computer.

D’altro canto sistemi quantistici macroscopici, basati su strutture8 superconduttrici,

of-frono maggiore compatibilit`a ed integrazione a discapito per`o delle tempistiche di coeren-za, che subiscono un brusco calo a causo del maggior numero di gradi di libert`a associati a componenti allo stato solido ed alle loro interazioni.

1.4.2

Rappresentazione dell’informazione quantistica

Si `e ormai capito che alla base della computazione quantistica troviamo i quantum bits, sistemi a due stati capaci di contenere l’informazione.

A titolo d’esempio portiamo particelle con spin 1/2, che vivono in uno spazio di Hilbert generato dagli stati | ↑i e | ↓i; gli stati di spin non possono essere nulla che non sia racchiuso in questo spazio duo-dimensionale, e ci`o si avvicina molto ad un qubit ideale se ben isolato.

Barriere di potenziale

Costituiscono il prototipo di sistema quanto-meccanico in cui l’evoluzione di una particella confinata in un box unidimensionale di lato L `e descritta dall’equazione di Schr¨oedinger.

Come `e noto, l’Hamiltoniana di un tale sistema `e data da

H(x) = p

2

2m + V (x) (1.8)

7Fatto che riduce il tempo di decoerenza. 8Giunzioni di Josephson.

(20)

dove la funzione potenziale `e del tipo

V (x) = (

0 per 0 < x < L

∞ altrimenti (1.9)

Si trova che gli autostati dell’energia sono espressi come

|ψni = r 2 Lsin  nπ L x  (1.10) e la loro evoluzione temporale `e data da

|ψn(t)i = e−iEnt|ψni con En=

n2π2m

2L2 (1.11)

´

E noto che questi stati hanno uno spettro energetico discreto. In particolare mettiamoci nelle condizioni in cui poter considerare unicamente i primi due livelli energetici, trascu-rando gli altri eventuali.

Tradotto matematicamente, definiamo un’arbitraria funzione d’onda di interesse come sovrapposizione tra i due stati

|ψi = a|ψ1i + b|ψ2i (1.12)

Il che equivale a scrivere

|ψ(t)i = e−i(E1+E2)t/2[ae−iωt

1i + beiωt|ψ2i]

dove ω = E1− E2 2

(1.13)

`

e quindi lecito trascurare tutto e tenere in mente solamente i numeri complessi a e b che definiscono il qubit come il vettore a due componenti

|ψi =a b 

(1.14)

Questo sistema a due livelli che abbiamo discusso `e il nostro prototipo di qubit! Rimane da chiederci: evolve come un qubit? Per operare delle trasformazioni sul sistema, tenendo a mente le teorie perturbative, accendiamo un potenziale addizionale che va a perturbare l’Hamiltoniana effettiva del sistema.

Simili tecniche, che prevedono la manipolazione della funzione potenziale, permetto di ottenere altre operazioni tra qubit. [2]

Questo esempio ci ha mostrato come una buca di potenziale possa rappresentare un sistema a due livelli, e come tale sistema possa operare trasformazioni sul qubit tramite l’aggiunta di termini perturbativi del potenziale.

Tuttavia la perturbazione introduce effetti di ordine maggiore, per giunta nella realt`a le barriere non hanno profondit`a infinita, cos`ı che altri livelli energetici possano interagire con il sistema aumentando la decoerenza.

(21)

1.4.3

Trasformazioni Unitarie

Un esiguo insieme di porte - AND,OR,NOT - pu`o essere usato per arbitrarie operazioni tra bit classici. Questo set di porte viene detto universale per la computazione classica. Allo stesso modo, cerchiamo un risultato simile per il caso quanto-meccanico, affermando che: un insieme di porte `e detto universale per la computazione quantistica se qualsiasi trasformazione unitaria9 pu`o essere approssimata da un circuito quantico contenente solamente quelle porte. [10]

Le leggi del mondo quantistico prevedono sostanzialmente due tipi di trasformazioni per un sistema fisico isolato: il collasso della funzione d’onda, nel caso in cui misuriamo un osservabile, e l’evoluzione unitaria, tipicamente di tipo temporale, dettata dall’equazione di Schr¨oedinger.

In assenza di processi di misura imponiamo che all’interno del calcolatore lo stato di un singolo qubit si trasformi nel modo

|ψi → U |ψi (1.15)

Dove con U intendiamo una qualsiasi combinazione lineare di matrici 2 × 2 quali l’ope-ratore identit`a - la cui azione `e banale - e le matrici di Pauli

σx = 0 1 1 0  σy = 0 −i i 0  σz = 1 0 0 −1  (1.16)

in accordo con il fatto che le proiezioni del momento di spin lungo un asse rappresentano un tipico sistema a due livelli.

Notiamo subito che la matrice di Pauli σx agisce su di un qubit

esattamente allo stesso modo della porta NOT per i bit classici, invertendo gli stati |0i e |1i.

Nei processi di informazione quantistica il gate pi`u comune `e senza dubbio la por-ta di Hadamard, la cui azione `e quella di ruotare un qubit nello spazio della base computazionale H = √1 2(σ x+ σz) =⇒ H = 1 2 1 1 1 −1  (1.17)

Un’applicazione del gate di Hadamard agli stati |0i o |1i produce un nuovo stato di superposizione che se osservato avr`a eguali probabilit`a di uscita dei due stati.

H|0i → √1

2(|0i + |1i) (1.18)

H|1i → √1

2(|0i − |1i) (1.19)

9Una trasformazione U unitaria `e un isomorfismo tra due spazi di Hilbert H

1 e H2 tale che:

(22)

Tuttavia se la porta di Hadamard viene applicata due volte in successione lo stato finale non cambia, in quanto puri calcoli algebrici mostrano come H2 = 1.

Concludiamo l’argomento ricordando che nella realt`a dei fatti tutto si complica: in primis `e richiesta l’abilit`a di interagire con il singolo qubit sul quale si vuole lavorare, questione affatto banale. Secondariamente imperfezioni nelle trasformazioni unitarie ed errori sistematici portano alla decoerenza, e dunque alla perdita di informazione.

Per di pi`u il sistema di controllo dell’operazione `e esso stesso un sistema quanto-meccanico e come tale tende ad accoppiarsi al computer quantistico creando fenomeni di interferenza non trascurabili.

1.4.4

Preparazione degli inputs e lettura del risultato

Nessun vento `e favorevole

per il marinaio che non sa dove andare Lucio A. Seneca

La preparazione degli stati di input `e un notevole problema per la maggior parte dei sistemi fisici.

Anche classicamente, tra i requisiti fondamentali per operare una buona computazione vi `e la necessit`a di preparare solidamente gli stati iniziali.

Con computer elettronici raramente si incontrano difficolt`a, ma ci`o non `e pi`u vero quando si ha a che fare con i qubits: ad esempio, il riuscire a disporre n spins nello stato |00...0i `e un ottimo risultato, ma non ho assicurazioni su quanto a lungo possa rimanere il sistema in tale stato, a causa dell’energia termica che altera gli equilibri.

A nostro vantaggio abbiamo le trasformazioni unitarie che ci permettono di ottenere un qualsiasi imput desiderato. Resta comunque necessaria la preparazione di uno speci-fico stato con alta fedelt`a da cui partire che, in qualche senso operativo, sia “vicino ”allo stato di input desiderato. Ad esempio, preparare n spin nello stato |00...0i `e possibile, ma per energia termica potrebbero non stare l`ı a lungo e questo si traduce in un proble-ma nella scelta della rappresentazione.

Come spiegato nella sezione 1.3 la differenza principale tra bit e qubit `e che mentre il primo “esiste davvere”in uno solo dei due stati della base, il secondo pu`o trovarsi in una sovrapposizione dei due.

Tuttavia una misura di un qubit nella base computazionale dar`a sempre un solo risultato. Ma cosa implica quella misura? Ovviamente non possiamo ispezionare lo stato di un qubit microscopico.

Ci`o che si va a fare `e instaurare un meccanismo che ad ogni stato microscopico associ un particolare stato macroscopico dell’apparato di misura, ovvero ci muniamo formalmente

(23)

di un’Hamiltoniana che da luogo ad un operatore di evoluzione unitario U (t) tale che

b

U (∞)| ↑i|X0i = | ↑i|X↑i (1.20a)

b

U (∞)| ↓i|X0i = | ↓i|X↓i (1.20b)

Qui |X0i rappresenta lo stato iniziale del dispositivo di misura, mentre |X↑i e |X↓i sono

stati dell’apparato tali da essere non solo mutuamente ortogonali ma anche macrosco-picamente distinti. A questo punto possiamo leggere ad occhi chiusi lo stato finale del dispositivo e quindi assegnare - per definizione - un valore misurato al qubit.

Un’esempio sicuramente tra i pi`u noti di un tale approccio `e l’apparato di Stern-Gerlach: qui una particella nello stato | ↑i segue una determinata traiettoria sottoposta ad un campo magnetico non uniforme e accende, per dire, il contatore 1; mentre una seconda particella di stato | ↓i segue una differente traiettoria e accende il contatore 2. Possiamo poi ispezionare quale dei due scintillatori sia stato acceso in una determinata corsa e assegnare quindi un valore misurato alla particella.

Vediamo ora cosa succede se il qubit `e descritto non dallo stato | ↑i n`e | ↓i ma da una sovrapposizione lineare α| ↑i + β| ↓i degli stati.

Il punto cruciale `e che nell’ambiente della meccanica quantistica l’operatore unitario bU (t) `

e strettamente linerare e dunque se applicato ad una sovrapposizione di stati otteniamo

b

U (∞)α| ↑i + β| ↓i|X0i = α| ↑i|X↑i + β| ↓i|X↓i (1.21)

In altre parole, l’effetto del processo di misura `e quello di creare uno stato entangled tra i microscopicamente distinti stati di un qubit ed i macroscopicamente distinti stati dell’apparato di misura. L’entanglement `e un fenomeno privo di analogo classico che ha luogo quando un insieme di particelle generate o interagenti sono descrivibili da uno stato quantico complessivo del sistema, e non in maniera separata per ogni particella. Le misure di grandezze fisiche compiute su particelle entagled danno luogo a risultati strettamente correlati: ad esempio, se una coppia di particelle `e generata in maniera tale da avere spin nullo, ed una particella, se misurata, `e trovata con lo spin orientato lungo un certo asse, allora l’altra particella avr`a spin sullo stesso asse ma con verso opposto con probabilit`a pari a 1. Questo comportamento pu`o dar luogo ad effetti paradossali: ogni misura compiuta su di una particella `e vista come un’interazione con la particella stessa e ne alterer`a lo stato; tale misura, nel caso di uno stato entangled, agir`a sull’intero sistema: sembra quindi che una particella della coppia “conosca”quale misura sia stata effettuata sull’altra, e con quale risultato, bench`e non ci sia alcuna possibilit`a per le particelle di scambiare informazione, dato che nella fase di misura possono essere separate da grandi distanze, anche superiori a quelle percorribili dalla luce.

Andando a controllare lo stato finale del dispositivo troviamo sempre che questo si trova nello stato |X↑i o |X↓i, ma mai troveremo un risultato che riflette appieno la

(24)

Questo `e il fondamentale measurement paradox della meccanica quantistica: com’`e pos-sibile che al termine di un processo di misura di un sistema entangled la visione degli stati macroscopici dia sempre un risultato o l’altro? O nella pi`u esoterica formulazione di John Bell, come trasformare un and in un or ?

(25)

Capitolo 2

Matrice di densit`

a

Andiamo ora ad introdurre una descrizione pi`u generale degli stati quanto-meccanici, lasciandoci alle spalle il formalismo dei vettori di stato. Procedendo in questo percorso incontriamo la matrice di densit`a che risponde appieno alle nostre necessit`a. Il suo uso `e richiesto quando andiamo a descrivere un sistema di stati quantici puri o un sottosistema di un ensemble pi`u ampio. [6]

2.1

Stati quanto-meccanici puri e misti

Abbiamo solitamente a che fare con sistemi per i quali non ci `e lecito conoscer la mas-sima informazione possibile. Tuttavia, la frase “masmas-sima informazione”ha in meccanica quantistica un significato pi`u profondo che nella fisica classica, visto che non `e possibile misurare simultaneamente tutti gli osservabili fisici con precisione. Il nostro primo ob-biettivo `e dunque quello di trovare un significato alla frase “massima informazione”nel regno quantistico.

Come ci `e noto, una misura simultanea e precisa di due variabili fisiche `e possibile se e solo se i due operatori associati commutano tra loro.

Dunque, se due operatori Q1, Q2 commutano, `e possibile trovare stati in cui sia Q1 che

Q2hanno autovalori definiti q1, q2. Similmente, se un terzo operatore Q3commuta con gli

altri due, allora si possono trovare stati per i quali i tre operatori hanno simultaneamente gli autovalori definiti, e cos`ı via, dando una sempre pi`u precisa caratterizzazione del sistema.

Capiamo subito come il pi`u grande set di operatori mutuamente commutanti Q1, Q2, ...Qn

che pu`o essere trovato dia la pi`u completa descrizione possibile 1. La misura di un ulteriore variabile relativa ad un operatore che non commuta con il set Q1, Q2, ...Qn

introduce necessariamente delle incertezze al minimo in una variabile gi`a misurata.

1Un esempio lampante `e la classificazione degli stati in termini di costanti del moto.

(26)

Riassumendo, l’esistenza di un tale set di operatori - per i quali i risultati sono predet-ti con certezza - fornisce una caratterizzazione sufficiente e necessaria per lo stato di “massima conoscenza”. [Fano - 1957]

Definizione 2.1. Vengono chiamati puri gli stati quanto-meccanici di massima cono-scenza

Gli stati puri rappresentano l’ultimo limite di precisione permesso dal principio di inde-terminazione e sono l’analogo quanto-meccanico di quegli stati classici per cui tutte le posizioni e momenti di ogni particela sono conosciuti. La questione su quando un sistema di operatori che commutano `e completo2 pu`o trovare risposta solo sperimentalmente.

La scelta del set di tali operatori non `e unica: consideriamo due insiemi di os-servabili Q1, Q2, ...Qn con autostati |ψi = |q1, q2, ...qni e Q01, Q

0 2, ...Q 0 n con autostati |φi = |q0 1, q 0 2, ...q 0

ni, dove almeno uno degli operatori Q 0

i non commuta con il primo set.

Se un sistema `e rappresentato dal vettore di stato |ψi pu`o sempre essere scritto come sovrapposizione lineare degli autostati degli operatori Q01, Q02, ...Q0n

|ψi =X

n

an|φni (2.1)

dove l’indice n distingue tra i differenti autostati. Tale equazione `e l’espressione mate-matica del principio di sovrapposizione.

I particolari stati |φni usati nell’espansione prendono il nome di “base”e si dice che

lo stato |ψi `e scritto nella rappresentazione |φni.

Assumiamo sempre che gli stati siano ortonormali

hφn|φmi = δn,m (2.2)

e completi

X

n

|φnihφn| = 1 (2.3)

Come diretta conseguenza otteniamo che

an= hφn|ψi (2.4a)

hψ|ψi =X

n

|an|2 = 1 (2.4b)

Ricordiamo che il modulo quadro |an|2 fornisce la probabilit`a che una misura trovi il

sistema nell’ennesimo stato.

Nella pratica le variabili dinamiche misurate non costituiscono un set completo. Di conseguenza lo stato del sistema non `e puro e non pu`o essere rappresentato da un singolo

(27)

vettore di stato bens`ı da una certa probabilit`a Wi di trovarsi nello stato puro |φii.

Nasce quindi l’esigenza di una descrizione statistica.

Come si poteva intuire, affianco agli stati puri che abbiamo appena visto, troviamo gli stati misti :

Definizione 2.2. Sistemi che non possono essere caratterizzati da un singolo vettore di stato prendono il nome di statistical mixture

Se andiamo a misurare un osservabile Q di uno stato puro |ψi che non sia un autostato di tale osservabile e ripetiamo la misura numerose volte quello che otteniamo `e una media degli autostati di Q, che ci `e data dal valore di aspettazione hQi, definito dall’elemento di matrice

hQi = hψ| bQ|ψi (2.5) Volendo procedere con un’analoga misura per uno stato misto |ψ1i, |ψ2i, ...|ψni `e

neces-sario calcolare il valore di aspettazione hQii = hψi| bQ|ψii di ognuno degli stati puri, per

poi mediare il risultato sommando su tutti gli stati puri con il relativo peso statistico Wi

hQi =X

i

Wihψi| bQ|ψii (2.6)

Notiamo subito come l’essenza statistica entra in gioco in due modi differenti: • Nel valore di aspettazione quanto-meccanico di hQii

• Nella media del sistema di questi valori con il relativo peso Wi

Mentre il primo punto `e connesso con la perturbazione del sistema duramente il processo di misura, ed `e quindi inerente alla natura della quantizzazione, la seconda considera-zione `e dovuta alla mancanza di informazione a causa dei numerosi stati puri in cui il sistema pu`o trovarsi. Sono due nozioni statistiche sottilmente e profondamente diverse. Quest’ultima media ricorda da vicino la meccanica statistica classica e pu`o essere effi-cientemente discussa nei termini della matrice di densit`a che andremo a discutere nella prossima sezione.

2.2

La Matrice di Densit`

a

Supponiamo di avere una collezione di oggetti preparati indipendentemente negli stati quanto-meccanici |ψni dove n = 1, 2, ..., k con un peso statistico Wn.

L’operatore di densit`a `e quell’oggetto matematico che mi descrive l’ensemble statistico dei numerosi stati quantici, ed `e definito come

ρ =X

n

(28)

dove la somma `e estesa a tutti gli stati presenti nel mixing. Per poter esprimere l’opera-tore in forma matriciale dobbiamo prima scegliere un valido set di stati di basi che sia ortonormale e completo.

Supponiamo che tale base sia, ad esempio, fornita dagli stati |φ1i, |φ2i, ...|φki.

Usando il principio di sovrapposizione ricaviamo le due espressioni

|ψni = X m0 a(n)m0|φm0i (2.8a) hψn| = X m a(n)∗m hφm| (2.8b)

che inserite nella definizione della matrice di densit`a mi danno

ρ = X

m,m0,n

Wna (n)

m0a(n)∗m |φm0ihφm| (2.9)

Andando a prendere gli elementi di matrice tra gli stati |φji e hφi| ed applicando la

condizione di ortonormalit`a, otteniamo

hφi|ρ|φji = X n Wna(n)j a (n)∗ i (2.10)

L’insieme di tutti gli elementi, dove i e j corrono su tutti gli stati della base, fornisce una rappresentazione esplicita in forma matriciale dell’operatore di densit`a. Avendo usato gli stati di base |φni diremo che gli elementi di matrice sono dati nella rappresentazione |φni.

Lasciamo all’appendice A lo scopo di trattare e generalizzare alcune notevoli propriet`a di questa matrice, tra le quali ricordiamo l’importante risultato A.4 ottenuto

hQi = tr(ρQ)

La meccanica quantistica ci indica come tutta l’informazione sul comportamento di un dato sistema possa essere espressa in termini di valori di aspettazione di operatori oppor-tunamente scelti. Dunque il problema si traduce nel calcolo di tali valori di aspettazione. Dato che questi possono essere ottenuti tramite l’uso della relazione A.4 ne segue che la matrice di densit`a contiene tutte le informazioni fisicamente rilevanti del sistema in considerazione. [12]

Andiamo ora a valutare il numero di parametri indipendenti necessari per definire una specifica matrice di densit`a. Generalmente tale numero `e infinito, ma se interessati ad un’unica propriet`a del sistema - lo spin, ad esempio - o se lavoriamo in uno spazio di Hilbert finito-dimensionale, si ottiene spesso un risultato finito.

(29)

Consideriamo il caso in cui il numero di stati di base `e N . Allora ρ, matrice comples-sa ad N2 elementi, avr`a N2 parametri reali3. Inoltre tenendo conto della condizione

di normalizzazione che fissa il valore della traccia, ne segue che una matrice di densit`a N-dimensionale `e completamente specificata da N2− 1 parametri reali4.

Se un dato sistema `e in uno stato puro |ψi il corrispondente operatore di densit`a `e dato da

ρ = |ψihψ| (2.11)

La matrice di densit`a pu`o essere costruita in una rappresentazione in cui |ψi `e uno degli stati di base.

Ad esempio possiamo scegliere un set di stati ortonormali ψ⊥ = |ψi, |ψ2i, ..|ψki e

chia-ramente, tutti gli elementi di ρ sono nulli in tale rappresentazione eccetto quelli nella prima riga e colonna. Risulta quindi evidente come:

tr(ρ2) = (trρ)2 (2.12)

Per un ulteriore approfondimento in appendice A viene mostrato come il risultato 2.12 co-stituisca una condizione necessaria e sufficiente affinch´e una matrice di densit`a descriva uno stato puro.

2.3

Equazione master quantistica

Diversamente dai sistemi chiusi, la dinamica quantistica di un sistema aperto5 non pu`o,

generalmente, essere descritta in termini di evoluzioni temporali unitarie.

Risulta invece particolarmente utile la descrizione tramite un’appropriata equazione del moto per la matrice di densit`a del sistema, detta quantum master equation.

Generalmente si tratta di un insieme di equazioni differenziali al primo ordine che forni-scono la probabilit`a che un dato sistema ha di occupare un set discreto di stati possibili al variare del tempo t. [13]

Per iniziare, daremo una descrizione generale della dinamica dei sistemi aperti e chiusi. Verranno poi introdotti i processi quantistici di Markov che rappresentano il caso pi`u semplice per la descrizione dinamica dei sistemi aperti. Infine, in analogia con l’equazione di Chapman-Kolmogorov per la teoria probabilistica classica, giungeremo ad un’equazione per l’evoluzione della matrice di densit`a, meglio nota come quantum Markovian master equation nella forma di Lindblad.

3La condizione di Hermitianit`a riduce i 2N2parametri reali ad N2 elementi indipendenti. 4Tale numero pu`o essere ridotto ulteriormente con l’imposizione di simmetrie per il sistema. 5Sistema quanto-meccanico che interagisce con un sistema quantistico esterno, l’ambiente.

(30)

2.3.1

Sistemi quantistici aperti e chiusi

Nel caso di evoluzioni temporali troviamo molto conveniente caratterizzare la dinami-ca del sistema quanto-mecdinami-canico tramite l’utilizzo di un’Hamiltoniana. La dinamidinami-ca `e dunque descritta da un’equazione differenziale alle derivate parziali, meglio nota come equazione di Schr¨odinger

i∂|ψ(t)i

∂t = H|ψ(t)i (2.13) In questo paragrafo andiamo a vedere come l’informazione contenuta nella 2.13 possa essere espressa in un’altra utile maniera.

Consideriamo inizialmente un’Hamiltoniana indipendente dal tempo, ed introduciamo la notazione

H|µni = En|µni (2.14)

dove indichiamo con |µni l’autostato di H avente energia En.

Supponendo che al tempo t = 0 il sistema si trovi nello stato |µni allora al tempo t

troveremo il sistema nello stato

|µn(t)i = e−iEnt|µni (2.15)

Generalizzando il concetto , grazie al principio di sovrapposizione, ogni soluzione della 2.13 pu`o essere espansa in termini del set di autostati |µni:

|ψ(t)i =X n Cn|µn(t)i = X n Cne−iEnt|µni (2.16)

Nell’appendice B viene mostrato come tale equazione possa essere scritta nella pi`u conveniente forma

|ψ(t)i = e−iHtX

n

Cn|µni = e−iHt|ψ(0)i (2.17)

L’operatore e−iHt contiene tutte le informazione riguardanti l’evoluzione temporale di ogni stato |ψ(t)i e dunque anche della dinamica del sistema.

Nelle applicazioni fisiche spesso si ha a che fare con situazioni in cui il sistema sotto considerazione `e sottoposto a forze esterne, o campi elettromagnetici esterni ad esempio. Se in un occasione del genere la dinamica del sistema pu`o ancora essere descritta in termini di un Hamiltoniana H(t) dipendente dal tempo il sistema sar`a detto chiuso, mentre riserveremo il termine isolato a sistemi la cui Hamiltoniana `e indipendente dal tempo. Considerata la dipendenza temporale, l’equazione di Schr¨odinger

i∂|ψ(t)i

(31)

non ammette pi`u soluzioni semplici analoghe alla 2.17; tuttavia quest’ultima pu`o esse-re generalizzata introducendo l’operatoesse-re ˆU (t), l’operatore di evoluzione temporale che agisce come

|ψ(t)i = ˆU (t)|ψ(0)i (2.19a) e per lo stato aggiunto

hψ(t)| = hψ(0)| ˆU (t)† (2.19b) Per un ulteriore approfondimento su come tale operatore entra in gioco nell’equazione di Schr¨odinger e per alcune sue propriet`a, consultare l’appendice B.

L’equazione di Liouville - von Neumann

Cos`ı come l’equazione di Schr¨odinger descrive l’evoluzione temporale degli stati puri, allo stesso modo l’equazione di von Neumann descrive come l’operatore di densit`a evolve nel tempo.

Supponiamo che al tempo t = 0 un certo stato misto sia descritto dall’operatore di densit`a

ρ(0) = X

n

Wn|ψn(0)ihψn(0)| (2.20)

Gli stati |ψn(0)i variano nel tempo secondo le 2.19 se il sistema `e chiuso o isolato, e di

conseguenza l’operatore di densit`a diventa esso stesso una funzione del tempo:

ρ(t) =X n Wn|ψn(t)ihψn(t)| =X n WnU (t)|ψˆ n(0)ihψn(0)| ˆU (t)† (2.21) o, equivalentemente ρ(t) = ˆU (t)ρ(0) ˆU (t)† (2.22) Se l’Hamiltoniana `e indipendente dal tempo, tale espressione si riduce a

ρ(t) = e−iHtρ(0)eiHt (2.23) Differenziando la 2.22 rispetto al tempo, ed applicando le B.4 che riportiamo per como-dit`a i∂U (t) ∂t = H(t)U (t) (2.24a) −i∂U (t) † ∂t = U (t) † H(t) (2.24b)

(32)

otteniamo i∂ρ(t) ∂t = i ∂U (t) ∂t ρ(0)U (t) † + iU (t)ρ(0)∂U (t) † ∂t

= H(t)U (t)ρ(0)U (t)†− U (t)ρ(0)U (t)†H(t)

(2.25)

Infine, tenendo conto della 2.22

i∂ρ(t)

∂t = [H(t), ρ(t)] (2.26) con il commutatore

[H(t), ρ(t)] = H(t)ρ(t) − ρ(t)H(t)

L’equazione differenziale 2.26 `e meglio nota come l’equazione di Liouville-von Neumann. Per sottolineare l’analogia dell’equazione di von Neumann con la corrispondente equa-zione per la densit`a di probabilit`a in meccanica statistica classica, la 2.26 viene spesso scritta in una forma analoga all’equazione di Liouville classica

d

dtρ(t) = L(t)ρ(t) (2.27) Il termine L che compare nell’equazione `e l’operatore lineare di Liouville definito tramite la condizione

L(t)ρ(t) = −i[H(t), ρ(t)]

Pi`u precisamente, L viene spesso chiamato super-operatore di Liouville, poich`e agisce su di un operatore rendendo un altro operatore.

I risultati A.4 e 2.22 costituiscono i cardini della teoria: `e la soluzione simultanea di queste equazioni che ci porta allo studio del moto degli osservabili.

2.3.2

Dinamica dei sistemi aperti

Avendo brevemente esposto le equazioni fondamentali che descrivono la dinamica di si-stemi quantistici chiusi torniamo alla nozione di sistema aperto.

In termini generali, un sistema aperto `e un sistema quanto-meccanico S accoppiato ad un altro sistema E chiamato ambiente. Abbiamo quindi a che fare con il sottosistema di un insieme totale S + E , generalmente assunto chiuso. Alla luce di ci`o lo stato del sotto-sistema S cambier`a a causa della sua dinamica interna e dell’interazione con l’ambiente. Questa interazione conduce ad una correlazione sistema-ambiente tale che il cambiamen-to degli stati di S non pu`o pi`u, in generale, essere descritto in termini di una dinamica Hamiltoniana unitaria solo su S.

La dinamica del sottosistema S indotta dall’evoluzione Hamiltoniana del sistema com-plessivo viene indicata come dinamica del sistema ridotto, ed S viene detto sistema

(33)

ridotto.

Indicheremo dunque con HS lo spazio di Hilbert del sistema, e con HE lo spazio di

Hil-bert dell’ambiente; di conseguenza, lo spazio di HilHil-bert del sistema totale S + E `e dato dal prodotto tensoriale dei due spazi

H = HS⊗ HE

L’Hamiltoniana totale H(t) pu`o essere espressa nella forma

H(t) = HS⊗ IE + IS⊗ HE+ HI(t) (2.28)

dove HI(t) `e l’Hamiltoniana descrivente l’interazione tra il sistema e l’ambiente.

Figura 2.1: Rappresentazione schematica di un sistema quantistico aperto. [14]

In accordo con la sezione 2.2 gli osservabili relativi ad S sono della forma ˆA ⊗ IE dove ˆA

`

e un operatore agente sullo spazio HS e IE denota l’identit`a nello spazio HE. Se lo stato

del sistema totale `e descritto da una matrice di densit`a ρ, allora i valori di aspettazione di tutti gli osservabili agenti sullo spazio di Hilbert del sistema aperto sono determinati attraverso la formula

hAi = trS(AρS) (2.29)

dove

ρS = trEρ (2.30)

`

e la matrice di densit`a ridotta del sistema aperto S. ´E chiaro che l’operatore ρS sar`a di

(34)

La matrice di densit`a ridotta ρS(t) al tempo t `e ottenuta dalla matrice ρ(t) del

sistema totale prendendone la traccia parziale sui i gradi di libert`a dell’ambiente. Poich´e la matrice totale evolve in maniera unitaria, abbiamo

ρS(t) = trE{ ˆU (t, t0)ρ(t0) ˆU†(t, t0)} (2.31)

dove ˆU (t, t0) `e l’operatore di evoluzione temporale del sistema totale.

Analogamente, l’equazione del moto per la matrice di densit`a ridotta `e ottenu-ta prendendo la traccia parziale sull’ambiente da entrambe le parti dell’equazione di Liouville-von Neumann

d

dtρS(t) = −itrE[H(t), ρ(t)] (2.32)

2.3.3

Processo quantistico di Markov

Un processo stocastico `e detto di Markov se la distribuzione di probabilit`a degli stati futuri del processo dipende solamente dallo stato attuale e non dalla sequenza di eventi che lo hanno preceduto. La “mancanza di memoria” `e ci`o che rende un processo di Markov relativamente semplice da descrivere matematicamente. Dunque, la probabilit`a di transizione al tempo tn−1da uno stato yn−1allo stato ynal tempo tndipende solamente

dal valore di y al tempo tn−1 e non dalla storia precedente del sistema.

Entrando pi`u in dettaglio incontriamo l’equazione di Chapman-Kolmogorov per la probabilit`a di transizione, o pi`u brevemente propagatore T (x, t|x0, t0)

T (x3, t3|x1, t1) =

Z

dx2T (x3, t3|x2, t2)T (x2, t2|x1, t1) (2.33)

che ammette una semplice interpretazione intuitiva: iniziando nel punto x1 al tempo t1,

il processo raggiunge il punto x3 ad un tempo t3 > t1. Ad un qualche tempo intermedio

t2 il processo ha un generico valore x2. La probabilit`a di transizione da (x1, t1) a (x3, t3)

`

e data dal prodotto delle probabilit`a di transizione (x1, t1) → (x2, t2) e (x2, t2) → (x3, t3)

e sommando su tutte le possibili posizioni intermedie x2 come mostrato in figura 2.2.

L’equazione integrale 2.33 `e spesso pi`u utile se trattata nell’equivalente forma diffe-renziale,

Supponiamo che il propagatore T (x, t|x0, t0) sia differenziabile rispetto al tempo. Diffe-renziando l’equazione 2.33, otteniamo

∂tT (x, t|x

0

, t0) = A(t)T (x, t|x0, t0) (2.34) Qui, A `e un operatore lineare che genera traslazioni temporali infinitesime. Viene definito tramite la sua azione su di una generica densit`a ρ(x)

A(t)ρ(x) = lim ∆t→0 1 ∆t Z dx0[T (x, t + ∆t|x0, t) − δ(x − x0)]ρ(x) = lim ∆t→0 1 ∆t  Z dx0T (x, t + ∆t|x0, t)ρ(x0) − ρ(x)  (2.35)

(35)

Figura 2.2: Illustrazione dell’equazione di Chapman-Kolmogorov. [14]

Generalmente A pu`o dipendere da t. Tuttavia, per processi di Markov omogenei6 il

propagatore T (x, t+∆t|x0, t) non dipende da t e pu`o essere scritto come Tτ(x|x0), dove τ =

t − t0 ≥ 0 indica la differenza tra i suoi argomenti. L’equazione di Chapman-Kolmogorov pu`o quindi essere scritta nella forma

Tτ +τ0(x|x0) =

Z

dx00Tτ(x|x00)Tτ0(x00|x0) (2.36)

Una volta che ci `e dato il generatore A, la soluzione per un processo di Markov omogeneo dell’equazione 2.36 `e scritta come

Tτ(x|x0) = exp(τ A)δ(x − x0), τ ≥ 0 (2.37)

Questa relazione esprime il fatto che la famiglia ad un parametro {Tτ | τ ≥ 0} delle

probabilit`a di transizione rappresenta un semi-gruppo dinamico. Il termine semi -gruppo sta ad indicare che la famiglia non `e un intero gruppo, poich´e il parametro τ `e ristretto a valori non negativi

Da un punto di vista fisico, la propriet`a di semi-gruppo `e riflessa nella natura irreversibile dei processi stocastici. [14]

L’estensione della propriet`a di semi-gruppo al regno quanto-meccanico porta al concetto di processo di Markov quantistico da cui `e possibile derivarne una master equation.

In generale, la dinamica del sistema ridotto definita dalle equazioni 2.31 e 2.32 `e abbastanza complessa. Tuttavia, con la condizione di brevi tempi di interazione con

6Un processo di Markov `e detto omogeneo se il propagatore dipende solamente dalla differenza dei

(36)

l’ambiente, la memoria del sistema pu`o essere trascurata, permettendo di formulare la dinamica del sistema in termini di semi-gruppo quantistico. [15]

In primis introduciamo il concetto di mappa dinamica. Supponiamo di poter prepa-rare al tempo t = 0 lo stato del sistema totale S + E come il prodotto di stati non correlati ρ(0) = ρS(0) ⊗ ρE, dove ρS(0) `e lo stato iniziale del sistema ridotto e ρE rappresenta un

qualche riferimento dello stato ambientale, come quello di equilibrio termico, ad esempio. La trasformazione dello stato iniziale del sistema ridotto pu`o essere scritta come

ρS(0) → ρS(t) = V (t)ρS(0) ≡ trE{U (t, 0)[ρS(0) ⊗ ρE]U†(t, 0)} (2.38)

Fissati lo stato di riferimento ρE ed il tempo t, questa relazione definisce una mappa

dallo spazio S(HS) delle matrici del sistema ridotto in se stesso,

V (t) : S(HS) → S(HS) (2.39)

Tale mappa descrive il cambiamento dello stato del sistema aperto e prende il nome di mappa dinamica.

Figura 2.3: Azione di una mappa dinamica V (t) [14]

Questa `e caratterizzata completamente dagli operatori relativi al sistema aperto nello spazio di Hilbert HS. Ricordiamo ora la matrice di densit`a per l’ambiente

ρE =

X

α

λα|φαihφα| (2.40)

dove i φα costituiscono una base ortonormale in HE e i λα sono numeri reali non negativi

tali che P

αλα = 1. La definizione 2.38 ci permette di scrivere

V (t)ρS =

X

α,β

Wαβ(t)ρSWαβ† (t) (2.41)

dove Wαβ, essendo operatori in HS, sono definiti da

(37)

inoltre, gli operatori Wαβ soddisfano la condizione X α,β Wαβ(t)W † αβ(t) = 1S (2.43) da cui deduciamo trS{V (t)ρS} = trSρS = 1 (2.44)

Concludiamo affermando che una mappa dinamica V (t) rappresenta un’operazione quan-tistica completamente positiva e trace-preserving.

Abbiamo introdotto questa mappa per un tempo t ≥ 0 fissato. Se ora facciamo variare t otteniamo una famiglia ad un parametro {V (t) | t ≥ 0} di mappe dinamiche. Tale famiglia descrive la completa evoluzione temporale futura del sistema. Dunque come nella teoria classica ci aspettiamo un comportamento alla Markov, che nel caso omogeneo pu`o essere formalizzato con l’aiuto della propriet`a di semi-gruppo

V (t1)V (t2) = V (t1+ t2), t1, t2 ≥ 0 (2.45)

Tirando le somme, un semi-gruppo quanto-dinamico `e una famiglia continua, ad un parametro, di mappe dinamiche che soddisfano la propriet`a 2.44.

2.3.4

Equazione master quantistica per un processo di Markov

Data come valida l’esistenza di un semi-gruppo dinamico e di una mappa lineare L sua generatrice, possiamo rappresentare il semi-gruppo in forma esponenziale

V (t) = exp(Lt) (2.46)

Questa rappresentazione conduce immediatamente all’equazione differenziale del primo ordine per la matrice di densit`a del sistema aperto,

d

dtρS(t) = LρS(t) (2.47) che prende il nome di Markovian quantum master equation. Il generatore L del semi-gruppo `e in realt`a un super operatore, interpretabile come una generalizzazione del super operatore di Liouville incontrato nell’equazione 2.27.

Nell’appendice C vediamo come costruire la forma pi`u generale per il generatore L del semi-gruppo che possiamo scrivere come

LρS = −i[H, ρS] + N2−1 X k=1 γk  AkρSA † k− 1 2A † kAkρS− 1 2ρSA † kAk  (2.48)

(38)

Gli operatori Ak, introdotti nell’appendice C come appropriata combinazione lineare

degli operatori di base Fi dello spazio di Liouville, sono detti operatori di Lindblad e la

corrispondente equazione 2.47 per la matrice di densit`a `e conosciuta come equazione di Lindblad. [16]

Il primo termine del generatore rappresenta la parte unitaria della dinamica generata dall’Hamiltoniana H7. Gli altri termini descrivono le possibili transizioni cui il sistema

pu`o incorrere in seguito all’interazione con l’ambiente. Un esempio lampante di processo non unitario di interazione con l’ambiente `e la misura di una grandezza fisica del sistema. La dimostrazione matematica dettagliata che la 2.48 definisce la pi`u generale forma di semi-gruppo quanto-dinamico `e stata data da Gorini, Kossakowski e Sudarshan. [33]

7E infatti riconoscibile, se i termini γ´

(39)

Capitolo 3

Decoerenza

L’origine quantistica del mondo classico era cos`ı difficile da immaginare per i pionieri della meccanica quantistica che spesso si cerc`o di postularne l’esistenza indipendentemente o addirittura cercare qualcosa di differente e pi`u simile alla concezione comune.

La fonte del problema si trova nel principio di sovrapposizione, il cui effetto `e quello di espandere esponenzialmente il set di stati fisici possibili per un dato sistema: la sovrapposizione coerente di stati alla “Schr¨odinger’s cat”ha - nella luce della meccanica quantistica - lo stesso diritto di esistere di una delle due alternative classiche.

´

E infatti noto come gli stati classici non siano altro che un sottoinsieme dello spazio di Hilbert degli stati possibili, e nasce quindi l’esigenza di spiegare l’origine di un apparente principio di superselezione che impedisce agli oggetti fisici di esistere nella maggior parte degli stati di Hilbert.

La decoerenza ed una delle sue principali conseguenze - environment-induced selection o einselection - saranno il filo di Arianna che ci condurr`a alle risposte cercate.

La decoerenza `e causata dall’interazione tra il sistema e l’ambiente. Sotto una variet`a di condizioni, particolarmente facili da soddisfare per gli oggetti macroscopici, restringe il numero di stati possibili ad un sottoinsieme dello spazio di Hilbert - einselection. L’essenza classica della realt`a `e dunque una propriet`a emergente, indotta nel sistema dalla sua interazione con l’ambiente.

Questa interpretazione della decoerenza `e diventata chiara in tempi relativamente recenti; l’idea chiave `e semplice: l’ambiente di un sistema quantistico aperto pu`o mo-nitorare i suoi stati attraverso interazioni continue. L’impronta lasciata dal sistema sull’ambiente conterr`a informazioni riguardanti gli stati classici stabili.

Un fatto cruciale `e la capacit`a della decoerenza di restituire sempre lo stesso set di stati preferenziali a prescindere dalle condizioni iniziali. [17] ´E proprio questa stabilit`a degli stati che li eleva a validi candidati per la controparte quantica del mondo classico. Il pregiudizio che sembra aver ritardato seri studi sulla decoerenza `e il concetto di sistema aperto, classicamente radicato nel modo stesso di pensare l’Universo: la strategia standard per assicurare l’isolamento di un sistema sotto studio era quella di allargare

(40)

il sistema, includendo l’ambiente immediatamente circostante. In questa maniera si pensava di poter ridurre qualsiasi insieme aperto in un pi`u grande sistema chiuso. Strategia s`ı vincente nella fisica classica, dove l’allargamento aiuta nella conservazione delle grandezze quali energia e momento, ma fallace nel caso quantistico poich´e ora `

e l’informazione a dover essere mantenuta, e ci`o `e ancora pi`u difficile se si allarga il sistema. In conclusione, l’unico sistema macroscopico realmente isolato `e l’Universo, e noi, gli osservatori, non siamo certo nella posizione di studiarlo dall’esterno.

Che intendiamo per stati preferenziali ? Una generica sovrapposizione di questi stati tender`a a decadere dopo un certo tempo. D’altro canto, se il sistema nell’istante iniziale `

e in uno dei possibili stati preferenziali, l’evoluzione temporale avr`a il minimo effetto su tale stato. Possiamo quindi pensare alla einselection come un processo che crea dina-micamente un’istanza del sistema nello stato dell’ambiente. ´E il modo in cui il sistema viene continuamente monitorato dall’ambiente che porta all’emergere di un set naturale di stati preferenziali minimamente affetti dalle interazioni. [18]

3.1

Ambiente, misura e sistema

Tre sistemi quantistici - il sistema misurato S, l’apparato di misura dell’osservatore A, e l’ambiente E - e le loro interazioni saranno oggetti di studio di questa sezione.

In un processo di misura quantistico, S ed A si accoppiano in uno stato entangled (si veda sezione 1.4.4). Tale accoppiamento `e convertito in una correlazione classica a se-guito dell’interazione tra A e E . L’analisi di questo sistema a tre livelli `e necessaria per comprendere la relazione tra la memoria dell’osservatore (ci`o che viene misurato) e lo stato del sistema sottoposto a misura.

Il problema della transizione dal probabilismo quantistico alla certezza classica `e illu-strato pi`u precisamente con l’esempio di una tipica misura.

Il caso pi`u semplice di decoerenza che possiamo descrivere ha come protagonisti proprio tre sistemi ad un bit, denotati con le lettere A, S ed E , con l’ovvio riferimenti ai loro ruoli. La misura ha inizio con l’interazione apparato-sistema: dati |A0i lo stato

iniziale dell’apparato, e | ↑i, | ↓i gli stati del bit, abbiamo

| ↑i|A0i → | ↑i|A1i (3.1a)

| ↓i|A0i → | ↓i|A0i (3.1b)

poich´e |A1i `e lo stato dell’apparato cui si associa lo stato | ↑i nell’accoppiamento S −A.

Inoltre, hA0|A1i = 0 e per un generico stato vale

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