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La sindrome gastroenterica del coniglio da compagnia

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Tesi di Laurea

La sindrome gastroenterica del coniglio da compagnia

Candidato:

Anna Compagnino

Relatore:

Prof.ssa Veronica Marchetti

Correlatore:

Dott.ssa Rossella Bellini

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“Quando guardo negli occhi di un animale,

non vedo un animale. Vedo un essere vivente, vedo un amico,

sento un’anima.”

~ Anthony Douglas Williams

A Holly e Willy che mi sono stati accanto negli ultimi dodici anni, facendomi conoscere e amare

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INDICE

Riassunto, Summary ... 5

Introduzione ... 6

Capitolo 1: Anatomia e fisiologia dell’apparato gastroenterico ... 7

1.1 Introduzione ... 7

1.2 Ingestione del cibo ... 11

1.3 Anatomia e fisiologia dello stomaco ... 13

1.4 Anatomia e fisiologia dell’intestino tenue ... 14

1.5 Anatomia e fisiologia del cieco ... 16

1.6 Anatomia e fisiologia del colon ... 20

1.7 La ciecotrofia ... 26

Capitolo 2: Alimentazione ... 29

2.1 Introduzione ... 29

2.2 Principali componenti della dieta ... 30

2.3 Fonti di fibre per il coniglio da compagnia ... 49

2.4 Mangimi commerciali ... 51

Capitolo 3: Principali patologie dell’apparato gastroenterico ... 55

3.1 Introduzione ... 55

3.2 Segni e sintomi di disturbi gastroenterici ... 58

3.3 Patologie del digerente ... 63

Capitolo 4: La sindrome gastroenterica del coniglio ... 67

4.1 Introduzione ... 67

4.2 L’ostruzione intestinale ... 72

4.3 L’ipomotilità gastrointestinale ... 79

4.4 Approccio al paziente con RGIS ... 81

4.5 Terapia ... 94

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Capitolo 5: Studio sperimentale ... 103

5.1 Introduzione ... 103 5.2 Materiali e metodi ... 103 5.3 Risultati ... 104 5.4 Discussione ... 110 5.5 Conclusioni ... 123 Bibliografia ... 124 Ringraziamenti ... 131

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Riassunto

Parole chiave: coniglio, sindrome gastroenterica, ostruzione, stasi.

Con il termine sindrome gastroenterica del coniglio da compagnia si intende un quadro patologico molto variegato di segni clinici, sintomi e situazioni patologiche che coinvolgono l’apparato gastroenterico di questa specie e portano ad anoressia, dolorabilità addominale, gonfiore addominale, stipsi e, se non trattati, a morte.

Il presente studio ha visto l’analisi di 27 casi di conigli che si sono presentati in condizioni di sindrome gastroenterica e dei quali è stata studiata l’anamnesi nel tentativo di stabilire se esistano o meno dei fattori comuni potenzialmente predisponenti alla patologia.

È emersa la possibilità che temperatura ambientale ed alimentazione possano giocare un ruolo importante in questo senso. Questa considerazione può essere uno spunto per ulteriori approfondimenti visto che, dati i pochi soggetti considerati, resta per ora solo un’ipotesi.

Summary

Keywords: rabbit, RGIS, obstruction, stasis.

The Rabbit Gastrointestinal Syndrome (RGIS) is a complex of clinical signs, symptoms and concurrent pathologic conditions affecting the digestive apparatus of this species. It causes anorexia, abdominal pain, abdominal dilation, constipation and, if not treated, death.

This study has taken into consideration 27 cases of rabbits which have been taken to the vet with RGIS: an accurate anamnesis has been made in order to establish the existence of commonalities that can predispose to the disease. The research has brought to light the possibility that environmental temperature and diet play an important role in the pathogenesis. This assumption can represent a starting point for further investigations since, because of the few cases treated, it remains an hypothesis.

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Introduzione

I conigli da compagnia discendono dal coniglio europeo (nome scientifico: Oryctolagus

cuniculus) ed appartengono all’ordine dei lagomorfi e non a quello dei roditori, come

molto spesso si è propensi a pensare.

Negli ultimi 10-15 anni si è sempre più diffusa la tendenza a tenere un coniglio come animale da compagnia, fatto che lo sta rendendo sempre più popolare nelle case degli italiani. Questo grandissimo successo è probabilmente dovuto, oltre che all’indiscussa tenerezza di questo animale, alla sua presunta economicità e semplicità di gestione, dato che apparentemente sembra non richiedere molte attenzioni. Non vi è nulla di più sbagliato. Dimostrazione di ciò è il fatto che la vita media di un coniglio nelle nostre case si aggira intorno ai 6-7 anni, quando potrebbe arrivare a 10-13 se correttamente tenuto (Varga 2014).

Il coniglio da compagnia viene ancora oggi classificato come un animale non

convenzionale, al pari di uccelli, rettili, criceti, furetti e porcellini d’india ed è ancora poco

conosciuto dai liberi professionisti che tendono spesso ad approcciarvisi come se si trattasse di un piccolo cane o un gatto, commettendo talvolta errori anche piuttosto gravi.

Il fatto che si sia diffuso solo recentemente, infatti, fa sì che gli studi riguardanti la sua fisiologia, la patologia e soprattutto la clinica siano ancora piuttosto pochi e quasi nella totalità riferiti ai conigli di interesse zootecnico, che differiscono da quelli da compagnia non solo per le dimensioni (questi ultimi sono comunemente chiamati nani e arrivano a pesare di solito 1,5-2,5 kg, contro i 4-5 kg dei primi), ma anche per la minore sensibilità alle malattie e allo sviluppo di disturbi a carico di denti, orecchie, apparato respiratorio e apparato gastroenterico.

Tutto ciò risulta essere un grande spunto per ulteriori approfondimenti in previsione di un futuro, ormai abbastanza prossimo, nel quale questi animali non risulteranno più essere

non convenzionali. In quest’ottica il presente studio si prefigge l’obiettivo di andare ad

analizzare una serie di soggetti che hanno manifestato la sindrome gastroenterica, probabilmente una delle patologie più frequente tra i conigli da compagnia, alla ricerca dell’esistenza di aspetti comuni che possano eventualmente essere considerati come fattori ad essa predisponenti.

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CAPITOLO 1: ANATOMIA E

FISIOLOGIA DELL’APPARATO

GASTROENTERICO

1.1 Introduzione

Il coniglio è un erbivoro stretto e il suo apparato digerente si è adattato per la degradazione di grandi quantità di fibre. Per fare ciò ha sviluppato nel tempo un complesso sistema digestivo che gli consente di ricavare energia da gran parte degli alimenti, siano essi più o meno grossolani.

Ha una spiccata capacità di selezionare gli alimenti che sono in grado di ricoprire al meglio suoi i fabbisogni nutritivi per rispondere adeguatamente alle proprie esigenze energetiche, minimizzando il volume di alimento ingerito e i tempi necessario per farlo. Questo è molto importante dal momento che, essendo una preda, deve poter essere libero di scappare in qualsiasi momento nel caso in cui si presentasse un pericolo.

Per questa ragione non è solito fare grandi pasti, ma pasti piccoli e frequenti.

La particolarità dei Lagomorfi si evidenzia a livello del grosso intestino, il quale con movimenti anterogradi e retrogradi è in grado di dividere i prodotti indigeribili, costituiti da particelle di dimensioni maggiori di 0,5 mm, dalle sostanze che possono essere invece metabolizzate ad opera della microflora cecale (Harcourt-Brown, 2002). I prodotti delle fermentazioni cecali possono essere direttamente assorbiti o andare poi a costituire i ciecotrofi, un particolare tipo di feci che il coniglio provvede ad ingerire e digerire nuovamente. Mediante questo meccanismo si ha la massima resa energetica ottenibile dagli alimenti ingeriti.

Questo comportamento, che prende il nome di ciecotrofia, deve essere considerato un processo chiave della fisiologia digestiva del coniglio ed ha luogo solo in esemplari in buono stato di salute.

La mancata produzione o ingestione di ciecotrofi, quindi, deve mettere in allarme i proprietari e deve essere identificata come sintomo di malessere dell’animale, non necessariamente legato all’apparato gastroenterico. Dato che la loro emissione si ha soprattutto nelle prime e nelle ultime ore della giornata, sono questi i momenti in cui il proprietario deve controllare maggiormente il coniglio per assicurarsi, ad esempio, di

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trovarlo nella tipica posizione assunta durante la ciecotrofia (figura 1). L’animale assume questo atteggiamento in quanto solitamente le feci vengono ingerite direttamente dall’ano. Nella figura 2, invece, sono messi a confronto i ciecotrofi e le feci dure. I primi si presentano come agglomerati di feci piuttosto morbidi al tatto e spesso ricoperti di muco, mentre le seconde sono sferiche, secche, dure e separate le une dalle altre. È molto importante che il proprietario sappia fare la distinzione tra le due per essere consapevole di ciò che viene lasciato nella lettiera.

Figura 1. Il coniglio in primo piano è nella tipica posizione assunta durante la ciecotrofia.

(da Ferrets, Rabbits and Rodents – Clinical medicine and surgery, Quesenberry and Carpenter, 2012)

Figura 2: Differenza macroscopica tra ciecotrofo e feci dure.

Sostanza secca feci dure:52,7%.

Sostanza secca ciecotrofi: 38,6% a fronte di un contenuto proteico del 24,4-37,8% di cui 81% dovuto alla componente batterica.

(da Ferrets, Rabbits and Rodents – Clinical medicine and surgery, Quesenberry and Carpenter, 2012)

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A livello di stomaco e piccolo intestino, invece, la digestione e l’assorbimento dei nutrienti è molto simile a quello che si ha negli altri mammiferi monogastrici.

La velocità di transito intestinale è piuttosto elevata, intorno alle 19h (Irlbeck, 2001), e questo è da tenere in conto soprattutto nel caso in cui si somministrino diete molto ricche di carboidrati o proteine in quanto potrebbero non avere il tempo di essere assorbiti adeguatamente a livello dell’intestino tenue e andare ad accumularsi a livello cieco-colico determinando dismicrobismi anche importanti.

Date queste premesse è chiaro come la conoscenza accurata dell’anatomia e della fisiologia del gastroenterico del coniglio sia fondamentale per formulare diete corrette e bilanciate che sono alla base di un coniglio in salute. Un’alimentazione sbagliata, infatti, è uno dei fattori predisponenti alle principali patologie di cui può soffrire un coniglio, problemi dentari e gastroenterici in primis.

1.1.1 L’apparato gastroenterico del coniglio: confronto con quello di bovino e cavallo

Può essere interessante fare un paragone tra queste tre specie di erbivori stretti che hanno messo in atto accorgimenti diversi per far fronte al grande consumo di fibra. La figura 3 mostra uno schema degli apparati gastroenterici di cavallo e bovino, confrontabili con quello del coniglio nella figura 4.

Il bovino ha sviluppato ampie camere di fermentazione.

Il fatto che i prestomaci si trovino anteriormente allo stomaco propriamente detto (abomaso) e all’intestino lo mette nelle condizioni di poter digerire adeguatamente l’alimento che ha subito una precedente fermentazione e assorbirlo ottimizzando la resa della razione.

Il cavallo presenta invece uno stomaco di dimensioni ridotte e ha sviluppato il cieco, che rappresenta una grande camera di fermentazione, e il colon, in cui avviene la maggior parte del riassorbimento delle sostanze nutritive. Tutto ciò che non è assorbito a questo livello è in questa specie eliminato con le feci e mai più recuperato. Questo fatto non gli consente pertanto di sfruttare al meglio gli elementi più grossolani.

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Figura 3. Tratto gastrointestinale di Cavallo (B) e Bovino (C).

1, Stomaco/Prestomaci; 2, Intestino tenue; 3, Cieco; 4, Colon ascendente; 5, Colon discendente.

Figura 4. Schema dell'apparato gastroenterico di coniglio (da Feeding behaviour in the rabbit,

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Il coniglio può essere visto come un anello di congiunzione tra queste due specie in quanto, anatomicamente parlando, è molto simile al cavallo (presenta infatti anch’esso un grande sviluppo del grosso intestino a discapito di quello dello stomaco e del tenue), ma grazie alla ciecotrofia risulta essere funzionalmente più simile al bovino. Questo comportamento può essere interpretato come un processo di pseudoruminazione, dato che la reingestione consente la digestione di alimenti che in un primo momento erano passati indigeriti (Harcourt-Brown, 2002).

Il paragone tra il coniglio e il cavallo sarà ripreso anche in seguito, dato che queste due specie sono molto più simili di quanto si possa pensare. Esse soffrono di molte patologie comuni, basti pensare ai problemi dentari, alle patologie del gastroenterico o all’elevata sensibilità alla chirurgia (gli accorgimenti per un’asepsi chirurgica devono essere rigorosi per entrambi dato che lo sviluppo di peritoniti è molto probabile e spesso muoiono nel post operatorio per complicazioni dovute alla chirurgia stessa).

Non è quindi azzardato pensare al coniglio come un piccolo cavallo.

1.2 Ingestione del cibo

Il campo visivo del coniglio, come quello di ogni preda, è molto ampio. Presenta però due punti bui: uno dietro alla nuca e uno in proiezione del naso.

Questo vuol dire che la selezione dell’alimento non può essere fatta basandosi su stimoli visivi, ma su informazioni tattili, grazie alla presenza di vibrisse sensitive intorno al naso e alle labbra, e olfattive (Varga, 2014).

Ciò che contraddistingue gli appartenenti alla famiglia dei Lagomorfi è la doppia fila di denti incisivi superiori. Essi vanno ad incastrarsi in occlusione con una singola fila di inferiori, costituendo una sorta di meccanismo a tenaglia che consente al coniglio di tagliare anche la vegetazione più resistente.

I denti sono adattati per l’ingestione di grandi quantità di alimento fibroso. Sono tutti non radicolati e a crescita continua. Gli incisivi inferiori e quelli che costituiscono la prima fila dei superiori sono rivestiti da uno spesso strato di smalto che manca, invece, nei posteriori (Harcourt-Brown, 2002).

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Come è possibile notare dalla figura 5, i canini sono assenti e tra gli incisivi e i premolari è presente un lungo diastema. I premolari e i molari della stessa fila sono 5-6 e non sono ben distinguibili tra loro pertanto vengono generalmente definiti denti delle

guance (Harcourt-Brown, 2002).

Le piante sono tagliate con movimenti verticali degli incisivi e poi sminuzzate con movimenti orizzontali di mola, che possono arrivare anche a 120/min, ad opera di premolari e molari (Brewer and Cruise, 1994).

La saliva, prodotta in continuazione, contiene grandi quantità amilasi che fanno sì che i processi digestivi inizino già a livello orale, durante una masticazione accurata e prolungata dell’alimento. La fame è stimolata dalla secchezza delle fauci, dalle contrazioni dello stomaco vuoto e dal rilievo di bassi livelli di glucosio, amminoacidi o acidi grassi volatili nel sangue (Fekete, 1989).

È stata posta una maggiore attenzione alla descrizione della dentatura in quanto problemi a questo livello sono molto frequenti (punte dentarie, mal occlusione, ascessi dentari) e portano spesso l’animale a smettere di alimentarsi. L’anoressia non è di facile individuazione se il coniglio vive con dei simili, ma ha spesso ripercussioni molto gravi soprattutto sull’apparato gastroenterico e va pertanto tempestivamente riconosciuta e trattata.

Figura 5. Cranio di coniglio.

Formula dentaria: I 2/1 C 0/0 P 3/2 M 3/3.

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1.3 Anatomia e fisiologia dello stomaco

Lo stomaco rappresenta circa il 15% del volume dell’apparato gastrointestinale del coniglio (Cruise and Brewer, 1994). Presenta un cardias ben sviluppato, che impedisce al coniglio di poter vomitare, e un antro pilorico dotato di uno spesso strato di muscolare. Il fondo rappresenta i 2/3 dello stomaco.

Insieme al cieco contiene circa l’80% delle ingesta totali e non risulta mai essere completamente vuoto (Lang, 1981). La quantità di cibo presente varia in relazione all’età, alla razza, al tipo di dieta e momento della giornata.

Nello stomaco sono secrete grandi quantità di liquidi e succhi gastrici che mantengono il PH gastrico di un coniglio adulto in un range di 1-2, valore che si alza a 3 durante la digestione dei ciecotrofi (De Blas and Gidenne, 1998). Questa spiccata acidosi tende praticamente a sterilizzare le ingesta prima che queste passino nel piccolo intestino.

Come mostra la figura 6, il PH gastrico dei conigli lattanti è più alto (approssimativamente 5-6), il che permette il passaggio dei batteri nel piccolo intestino e poi nel cieco con l’impianto di una flora microbica adeguata e fondamentale per la sopravvivenza futura del coniglio.

Il tempo di transito del cibo dallo stomaco si aggira intorno alle 3-6 h (Carabaño and Piquer, 1998).

Figura 6. Analisi delle variazioni del PH gastrico in rapporto all'età e all'alimentazione del coniglio.

(da Ferrets, Rabbits and Rodents – Clinical medicine and surgery, Quesenberry and Carpenter, 2012)

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1.3.1 Olio del latte

I coniglietti lattanti si alimentano solo 3-4 volte nell’arco delle 24h (Hoy and Selzer, 2002).

In questo lasso di tempo producono un acido grasso, detto olio del latte, il quale ha azione antimicrobica a livello gastrico ed enterico, controllando così la microflora ivi presente.

La sua secrezione è stimolata dall’ingestione del latte di coniglia, motivo per cui i coniglietti alimentati con latte di specie diverse, non essendo in grado di produrre questa sostanza, sembrano essere più predisposti allo sviluppo di infezioni (Harcourt-Brown, 2002).

Dopo la terza-quarta settimana di vita la produzione di olio del latte inizia a scendere dato che all’alimentazione prettamente lattea si affianca quella solida. Grazie a questo fatto e ad un PH gastrico ancora piuttosto elevato (vedi figura 6) i batteri sono in grado di bypassare lo stomaco e andarsi a localizzare a livello enterico, costituendo così quella flora microbica indispensabile per una corretta funzionalità gastrointestinale nell’adulto (Quesenberry and Carpenter, 2012).

1.4 Anatomia e fisiologia dell’intestino tenue

Come si può notare dalla figura 7, il duodeno inizia con una grande dilatazione che riceve il dotto biliare.

Il lobo destro del pancreas è diffuso ed è situato nel mesoduodeno a livello della curvatura duodenale. Il corpo del pancreas e il lobo sinistro sono invece molto più evidenti, di consistenza maggiore e si trovano tra lo stomaco e il colon trasverso. Un singolo dotto pancreatico, il dotto pancreatico accessorio, comunica con entrambi i lobi pancreatici e si apre a livello del passaggio tra duodeno trasverso ed ascendente, mentre il dotto principale tende a scomparire nel periodo embrionale (Harcourt-Brown, 2002). A questo si affiancano tanti piccoli dotti che dal pancreas diffuso si aprono direttamente nel duodeno e che possono scaricare così direttamente minime quantità di enzimi.

Il digiuno è lungo e dall’aspetto convoluto.

La porzione terminale dell’ileo presenta una dilatazione dovuta ad un imponente aumento dello spessore della parete che presenta una consistenza molto aumentata rispetto agli altri tratti. Essa prende il nome di sacculus rotundus, anche conosciuto come ampolla

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dell’ileo o tonsilla ileocecale, e costituisce il punto di congiunzione tra ileo, cieco e colon prossimale (Harcourt-Brown, 2002). Si collega con l’ampolla del colon, parte iniziale del grosso intestino.

Il sacculus rotundus è una struttura, unica del coniglio, che presenta un abbondante infiltrato di tessuto linfoide e macrofagi a livello della lamina propria e della sottomucosa (Harcourt-Brown, 2002).

All’ingresso del sacculus rotundus vi è una valvola, la valvola ileo-colica, che impedisce eventuali movimenti retrogradi delle ingesta dal grosso intestino al piccolo.

L’attività della muscolatura liscia di parte dell’intestino è promossa dalla motilina, un ormone polipeptidico secreto dalle cellule cromaffini del duodeno e del digiuno. I grassi ne inducono il rilascio, mentre i carboidrati lo inibiscono. L’attività della motilina diventa praticamente nulla nell’ultimo tratto di intestino tenue e nel cieco per poi riprendere nel colon e nel retto (Brewer and Cruise, 1994).

La digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive nel piccolo intestino non differisce da ciò che avviene negli altri mammiferi monogastrici. L’acido cloridrico e la pepsina secreti a livello gastrico iniziano i processi digestivi che saranno poi continuati nel piccolo intestino.

Una particolarità del coniglio riguarda la produzione dell’amilasi pancreatica che risulta essere molto modesta.

Figura 7. Diagramma schematico dell'anatomia dello stomaco, dell’intestino tenue e del

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A questo proposito è stato notato come la legatura del dotto pancreatico non esita in un’insufficienza pancreatica (Brewer and Cruise, 1994), come avviene invece per le altre specie, perché in questa specie le principali fonti di questo enzima sono altre: la saliva e i ciecotrofi. Enzimi proteolitici e chimotripsina possono essere invece ritrovati nel lume intestinale anche a settimane di distanza dall’intervento. Si pensa che questo sia dovuto all’attività dei piccoli dotti pancreatici che si connettono direttamente al duodeno (Brewer and Cruise, 1994).

Il bicarbonato è secreto nel duodeno con lo scopo di neutralizzare il PH fortemente acido delle ingesta di provenienza gastrica, mentre nel digiuno esso è solamente assorbito e non secreto (Harcourt-Brown, 2002).

La velocità di transito nel digiuno e nell’ileo sono rispettivamente di 10-20min e 30-60min (Carabaño and Piquer, 1998). Nonostante queste velocità piuttosto moderate, l’intestino tenue del coniglio è il principale sito di assorbimento dei nutrienti come amminoacidi, lipidi, monosaccaridi ed elettroliti.

La sua dieta comunque contiene tutti questi elementi in forme in gran parte non direttamente disponibili all’assorbimento ad un primo passaggio a livello intestinale. Le piante contengono infatti soprattutto cellulosa, emicellulosa, oligosaccaridi, pectine e proteine vegetali circondate dai componenti della parete della cellula vegetale (in primis lignina). Saranno perciò fondamentali il passaggio nel colon, la selezione di particelle di minori e maggiori dimensioni, le fermentazioni ad opera della microflora ciecale, la produzione di ciecotrofi e la loro successiva ingestione per permettere l’assorbimento di tutte queste sostanze da parte dell’epitelio intestinale.

L’intestino tenue ha anche un importante ruolo nella difesa immunitaria del soggetto. Presenta infatti moltissimi aggregati di cellule linfoidi, placche del Peyer, soprattutto nel tratto distale del digiuno (Quesenberry and Carpenter, 2012).

1.5 Anatomia e fisiologia del cieco

Il cieco è la porzione più voluminosa dell’apparato gastroenterico del coniglio (costituisce circa il 60% di tutto l’apparato digerente), presenta una capacità 10 volte superiore rispetto a quella dello stomaco e contiene il 40% del contenuto intestinale (Quesenberry and Carpenter, 2012).

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Esso è attorcigliato a spirale con la porzione terminale dell’ileo e quella prossimale del colon, con le quali è collegato da porzioni di mesentere, andando così a formare il cosiddetto complesso ileociecocolico che occupa gran parte della porzione caudoventrale dell’addome.

Il cieco è suddivisibile in tre sezioni (figura 8): - Ampulla caecalis coli dalla quale emerge il colon - Corpo

- Appendice vermiforme, riccamente infiltrata di tessuto linfoide, che ne costituisce la porzione terminale

Il suo contenuto è generalmente semifluido, dato che riceve le particelle di piccole dimensioni selezionate dal colon e la sua appendice ha una grande attività secretoria, soprattutto per quanto riguarda bicarbonati e acqua (Harcourt-Brown, 2002).

Il sacculus rotundus dell’ileo si apre nell’ampulla caecalis coli, che forma una giunzione a T tra l’ileo, il cieco e il colon prossimale (Harcourt-Brown, 2002).

Quest’ampolla, il cieco e il colon prossimale sono specializzati per mischiare e separare grandi quantità di cibo. È a questo livello, infatti, che avviene la separazione tra piccole e grandi particelle di fibra, operazione che risulta di fondamentale importanza per il corretto svolgimento dei processi digestivi. Le particelle di dimensioni maggiori sono indirizzate lungo il colon, mentre liquidi e piccole particelle sono spinte prossimalmente nel cieco

Figura 8. Complesso ileociecocolico (da BSAVA Manual of Rabbit medicine and surgery, Anna Meredith, 2006)

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dove avviene la maggior parte delle fermentazioni batteriche (Quesenberry and Carpenter, 2012).

In un coniglio in buone condizioni di salute la microflora cecale è molto varia. L’ecologia e la microbiologia di questa microflora non sono state ancora studiate con l’attenzione prestata, ad esempio, per quella presente a livello dell’intestino umano o del rumine, però sono tutti concordi nell’affermare che il mantenimento della normobiosi sia un punto cruciale per la salute generale del soggetto.

Per la maggior parte si tratta di batteri anaerobi. In un mix di batteri gram-negativi o gram–positivi, siano essi bastoncelli, cocchi, coccobacilli o spirochete, predominano batteri non patogeni, gram-negativi, appartenenti al genere Bacteroides. Essi sono circa 109-1010/grammo di contenuto cecale a fronte di un 1012 batteri totali/grammo di contenuto cecale (Penney, 1986).

Sono state isolate più di 74 specie differenti di batteri anaerobi dalla mucosa cecale, alcune delle quali appartenenti ai generi Bifidobacterium, Endophorus, Clostridium,

Streptococcus e Acuformis, ma molte altre non sono ancora state identificate (Cheeke,

1987; Carabaño and Piquer, 1998). Lactobacillus spp. e E. coli spp. sono generalmente assenti dalla microflora enterica in un coniglio adulto, ma possono essere ritrovati in conigli alimentati con diete ricche di carboidrati e povere di fibre (Harcourt-Brown, 2002).

La flora intestinale contiene anche molti protozoi non patogeni, come ad esempio

Entamoeba cuniculi che è una grande ameba isolata nel cieco e nel lume del grosso

intestino. Anche Giardia duodenalis, protozoo flagellato, può essere ritrovata nel duodeno, ma non da alcuna manifestazione clinica della sua presenza. Eutrichomastix

spp., Enteromonas spp. e Retortamonas spp. sono protozoi non patogeni di frequente

riscontro a livello ciecale (Owen, 1992).

La composizione della microflora ciecale non resta costante nel tempo ed è influenzata dal momento della giornata, dall’età dell’animale e soprattutto dalla dieta. La motilità intestinale influenza la disponibilità di nutrienti e acqua a disposizione dei batteri e anche il tasso di assorbimento dei nutrienti stessi. L’energia disponibile è il più grande fattore di limitazione dell’attività microbica ottimale (Fraga, 1998).

L’interruzione del normale equilibrio della microflora dell’intestino, generalmente con il sopravvento di microrganismi patogeni o potenzialmente tali, è detta disbiosi ed è un problema molto serio e molto comune nel coniglio. Queste alterazioni si possono avere in seguito a una terapia antibiotica non gestita nel modo corretto, ad un’esposizione a

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microrganismi patogeni o tossine, ad un aumento dei livelli di glucocorticoidi (per cause iatrogene o stati di stress a cui il coniglio è molto predisposto), ad ipomobilità gastrointestinale o ad una dieta mal gestita (povera di fibra, ricca di carboidrati e/o proteine) (Cheeke, 1994).

1.5.1 Fermentazioni cecali

Le fermentazioni microbiche sono il principale meccanismo attraverso il quale il coniglio è in grado di ricavare le sostanze nutritive dall’alimento. Alcuni prodotti delle fermentazioni sono direttamente assorbiti dalle pareti del cieco, ma la maggior parte andrà a formare i ciecotrofi e sarà assorbita a livello dell’intestino tenue una volta che questi ultimi saranno ingeriti.

I prodotti finali della digestione dell’alimento, che è iniziata nello stomaco ed è continuata nell’intestino tenue, sono separati a livello dell’ampulla caecaliscoli e del colon in due componenti (Harcourt-Brown, 2002):

- Piccole particelle, che possono fungere da substrato per i microrganismi che popolano il cieco;

- Grandi particelle di cibo indigeribile, che saranno eliminate.

Le prime sono spinte nel cieco, il quale rappresenta una grande camera di fermentazione nella quale i nutrienti e l’acqua arrivano in continuazione.

Carabaño e Piquer nel 1998 hanno evidenziato come a questo livello si abbiano produzione ammoniacale, ureolisi, proteolisi e cellulolisi in questo preciso ordine, il tutto ad opera dell’abbondante microflora ivi presente.

Le piccole particelle di carboidrati complessi, come oligosaccaridi, cellulosa, emicellulosa e pectina, che non sono state digerite nel piccolo intestino, vanno nel cieco per subire una degradazione batterica. Le proteine vegetali che si trovano nella parete cellulare sono degradate anch’esse nel cieco per formare l’ammoniaca che è sfruttata dalla flora microbica cecale per la produzione di amminoacidi. I prodotti di desquamazione della parete intestinale e gli enzimi digestivi fungono anch’essi da fonte di azoto (Fraga, 1998). Gli ioni solubili ottenuti, come l’urea, sono trasferiti mediante meccanismo osmotico attraverso la parete cecale (Harcourt-Brown, 2002).

Una dieta iperproteica alza i livelli di urea ematica e quelli di ammoniaca nel cieco (Fraga, 1998). Durante i periodi di carenza proteica, invece, l’urea proveniente dai

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meccanismi catabolici ritorna al cieco dove è utilizzata dai batteri come fonte di azoto per la sintesi amminoacidica (Fekete, 1989).

I mucopolisaccaridi secreti dalle cellule mucipare caliciformi della mucosa intestinale sono una preziosa fonte di carboidrati durante le fermentazioni cecali e sono fermentati da batteri appartenenti al genere Bacteroides spp. (Cheeke, 1987).

A seguito dei processi fermentativi vi è una grande produzione di acidi grassi volatili (VFA, Volatile Fatty Acids) con i quali il coniglio riesce a coprire fino al 40% del suo fabbisogno energetico (Marty and Vernay, 1984). Il contenuto cecale contiene circa il 60-70% di acido acetico, 15-20% di acido butirrico e 10-15% di acido propionico, nonostante comunque il loro tasso di produzione e assorbimento possa molto variare in base al tipo e alla disponibilità di substrato presente (Harcourt-Brown, 2002).

L’epitelio cecale ha una grande capacità assorbimento degli elettroliti che si trovano in abbondanza nelle ingesta presenti nel lume (Clauss et al., 1989).

L’ammoniaca e gli acidi grassi volatili prodotti dalle fermentazioni hanno effetto sul PH cecale. Esso subisce variazioni diurne, che rispecchiano un po’ i ritmi alimentari dell’animale, ed è più alcalino alla mattina e più acido a metà pomeriggio (Brewer and Cruise, 1994). Le fluttuazioni di questo PH hanno ripercussioni sulla qualità della microflora.

Nonostante questa grande variabilità comunque fisiologica, il PH è regolato da diversi meccanismi omeostatici. L’appendice, ad esempio, secerne un fluido alcalino ricco di ioni bicarbonato che tamponano l’acidità degli acidi grassi volatili prodotti dalle fermentazioni. Altre sostanze, come per esempio le fibre, hanno una capacità tampone che dipende dai gruppi carbossilici, amminoacidici e idrofilici presenti (Gidenne et al., 1998).

1.6 Anatomia e fisiologia del colon

Come mostra la figura 9 il colon ascendente del coniglio è divisibile in quattro parti (Varga, 2014), in senso prossimo-distale:

- Prima sezione in comunicazione con l’ampulla caecalis coli. È lunga 10 cm ed è caratterizzata dalla presenza di tre tenie che creano altrettante sacculazioni. In questa zona è possibile riscontrare la presenza di piccole protrusioni della mucosa di 0.5 mm di diametro, le verruche, che si pensa siano caratteristiche dei

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Lagomorfi, determinino un aumento della superficie d’assorbimento e possano contribuire alla separazione meccanica delle ingesta (Harcourt-Brown, 2002). In questo tratto sono presenti molte fibre nervose autonome, parte del plesso mioenterico (Snipes et al., 1982).

- Seconda sezione. È lunga circa 20 cm e presenta una sola tenia. La componente del plesso mioenterico a questo livello è sempre molto sviluppata (Varga, 2014). - Terza sezione, il fusus coli. È una struttura lunga 4 cm caratteristica dei Lagomorfi,

riccamente innervata e vascolarizzata, le cui pareti presentano una grande componente muscolare (Harcourt-Brown, 2002). La superficie mucosa in quest’area presenta numerose pieghe e una grande quantità di cellule mucipare caliciformi. Essa regola la produzione dei ciecotrofi e funge da pacemaker intestinale coordinando la peristalsi del colon prossimale e di quello distale (Ruckesbusch and Fioramonti, 1976). La sua attività, e di riflesso anche quella intestinale, è sotto controllo ormonale da parte dell’aldosterone e delle prostaglandine.

- Quarta sezione, istologicamente indistinguibile dal colon trasverso e da quello discendente (Varga, 2014).

Figura 9. Diagramma schematico dell'anatomia del colon del coniglio (da Textbook of Rabbit medicine, Molly Varga, 2014)

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Dato che il fusus coli crea una divisione macroscopicamente evidente tra due porzioni di colon, molti biologi tendono ad abbandonare la divisione anatomica in colon ascendente, trasverso e discendente preferendo invece parlare più semplicemente di colon prossimale e distale a seconda che precedano o seguano questa struttura muscolare (Snipes et al., 1982).

Il colon distale, costituito a questo punto dall’ultima sezione di colon ascendente, dal colon trasverso e dal colon discendente, risulta essere lungo 80-100cm. La sua mucosa è liscia e priva di particolari specializzazioni ad eccezione della presenza di qualche cellula mucipara caliciforme (Harcourt-Brown, 2002). Questa sezione del grosso intestino non presenta una parete molto spessa e di solito risulta piena di pellets fecali.

Il tessuto linfoide associato alla mucosa enterica (GALT) si trova soprattutto a livello del grosso intestino e nel coniglio gioca un ruolo fondamentale nella difesa immunitaria, rappresentando circa il 50% di tutto il tessuto linfoide dell’animale (Percy and Barthold, 2007).

1.6.1 Motilità del grosso intestino

Nel colon prossimale si hanno tre tipi di contrazioni:

- Contrazioni australi. Sono contrazioni anulari superficiali, molto frequenti, durano circa 3 secondi l’una e coincidono con i movimenti di masticazione del cibo (Harcourt-Brown, 2002).

- Contrazioni segmentali. Sono anch’esse circolari, ma molto più profonde e meno frequenti delle precedenti e consentono un’accurata rimescolazione delle ingesta. Normalmente si ha una contrazione ogni 14 secondi (Harcourt-Brown, 2002). - Ondate peristaltiche monofasiche. Sono contrazioni longitudinali della muscolatura

enterica e hanno azione propulsiva sulle feci che si stanno formando. Hanno una frequenza maggiore durante la produzione dei ciecotrofi (una contrazione ogni 1,5 secondi contro una ogni 5 secondi per quel che riguarda le feci dure) (Ehrlein et al., 1982).

La motilità e la funzione del grosso intestino possono cambiare in base alla tipologia di feci che si stanno formando. Come mostra la figura 9, infatti, nel coniglio si possono individuare due differenti fasi di produzione fecale che non avvengono mai in parallelo, ma che si alternano nell’arco della giornata seguendo un ritmo circadiano (Varga, 2014).

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23 Si possono quindi distinguere:

- Una fase di produzione delle feci dure, la quale coincide con il pasto dell’animale. - Una fase di produzione delle feci molli, o ciecotrofi, che inizia nel momento in cui

l’animale smette di alimentarsi.

Figura 10. Attività del sistema digerente durante la fase di escrezione delle feci molli e

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Nei conigli tenuti in appartamento, con un accesso costante all’alimento, l’assunzione di cibo aumenta dalle 15:00/18:00 e resta alta fino a circa alle 24:00, dopodiché inizia a ridursi fino alle 02:00, momento nel quale è registrato un nuovo rialzo di assunzione dell’alimento che vede un picco tra le 06:00 e le 08:00 (Harcourt-Brown, 2002).

Questo ritmo può essere alterato da alcuni fattori quali l’età, la razza, la disponibilità di cibo, la qualità del cibo, eventuali condizioni particolari quali la gravidanza o l’allattamento (Carabaño and Piquer, 1998).

Durante la fase di produzione delle feci dure il colon prossimale secerne acqua che facilita il rimescolamento delle ingesta e, soprattutto, la separazione delle grandi particelle indigeribili (con un diametro > 0,5 mm) da quelle più piccole e digeribili (con un diametro < 0,3/05 mm) (Harcourt-Brown, 2002).

La componente indigeribile è allontanata velocemente lungo il colon ed eliminata. La porzione digeribile e fermentabile è invece spostata con movimenti retrogradi nel cieco insieme ad eventuali batteri e componenti idrosolubili.

La separazione delle ingesta è dovuta, oltre che ai movimenti anterogradi o retrogradi del colon, anche a motivazioni strettamente fisiche che portano le particelle più grandi e pesanti ad accumularsi al centro del lume della parte prossimale del colon ascendente e quelle più piccole e fini nelle sue sacculazioni (Quesenberry and Carpenter, 2012). Da qui le prime saranno rapidamente espulse, mentre le seconde saranno spostate nel cieco dalle contrazioni del colon (vedi figura 11).

Figura 11. A) Le ingesta passano dall’ileo al colon. B) Le grosse particelle di fibra lunga tendono ad

accumularsi nel lume, mentre quelle più piccole e i liquidi si accumulano in prossimità della mucosa. C) Grazie al coordinamento delle contrazioni le grosse particelle sono dirette distalmente e andranno a costituire le feci dure, mentre quelle piccole sono rispinte nel cieco (da Ferrets, Rabbits and Rodents Clinical medicine and surgery, Quesenberry and Carpenter, 2012)

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Mentre la motilità del tratto intestinale superiore, caratterizzata da una frequenza di una contrazione ogni 10-15 minuti (Ruckesbusch et al., 1985), resta invariata durante entrambe le fasi di produzione fecale, quella del tratto inferiore subisce notevoli cambiamenti.

Le contrazioni australi e segmentali del cieco e del colon prossimale sono molto più marcate durante la fase di produzione delle feci dure, perché è in questa fase che avviene la maggior parte delle fermentazioni microbiche e l’alimento ha necessità di essere costantemente rimescolato (Ruckesbusch and Fioramonti, 1976). Durante la produzione delle feci molli, invece, si ha un rallentamento della motilità del cieco e del colon prossimale e un aumento di quella del colon distale. In questa fase il contenuto cecale è spostato con movimenti peristaltici in senso distale e sarà eliminato sotto forma di ciecotrofi, almeno 4h dopo la fine dell’assunzione dell’alimento e di solito durante i periodi di riposo e tranquillità dell’animale (Harcourt-Brown, 2002).

La direzione delle onde peristaltiche, che cambia a seconda della fase di produzione/escrezione in cui ci troviamo, è regolata dall’attività del fusus coli (Harcourt-Brown, 2002). Questa struttura, altamente vascolarizzata ed innervata, è influenzata da alcuni ormoni, quali l’aldosterone e le prostaglandine.

Durante la fase di produzione delle feci dure i livelli di aldosterone sono alti ed è incentivata la motilità di cieco e colon prossimale e il riassorbimento d’acqua, che determina la formazione di feci secche e asciutte. Alti livelli di prostaglandine, invece, si possono riscontrare nella fase di produzione delle feci molli, con conseguente stimolazione della motilità del colon distale, della produzione di muco da parte delle cellule mucipare caliciformi del fusus coli e inibizione del riassorbimento d’acqua (Pairet et al., 1986).

Il tempo di transito dei ciecotrofi nel colon è di 1,5-2,5 volte più rapido rispetto a quello delle feci dure (Ruckesbusch and Fioramonti, 1976).

Nella fase di produzione delle feci dure, a livello del fusus coli si ha la compressione del materiale intestinale in pellets fecali ad opera della forte componente muscolare ivi presente. L’acqua è meccanicamente spremuta via dal materiale fibroso e, una volta passata al colon distale, sarà riassorbita insieme agli acidi grassi volatili eventualmente presenti e agli elettroliti rimasti, in primis sodio e potassio (Snipes et al., 1982). Ciò che resta sono quindi pellets asciutti di materiale indigerito che saranno espulsi dall’ano.

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1.7 La ciecotrofia

La ciecotrofia deve essere considerata il processo chiave della fisiologia digestiva del coniglio che ha lo scopo di massimizzare la resa energetica dell’alimento ingerito. I ciecotrofi o feci molli, infatti, sono un aggregato di batteri, amminoacidi, acidi grassi volatili e vitamine (Harcourt-Brown, 2002).

Innanzitutto è bene distinguere tra ciecotrofia e coprofagia, sottolineando come ciecotrofi e feci dure siano molto differenti sia sul piano morfologico che nutritivo e come, mentre il primo comportamento sia un indicatore di buona salute del coniglio, il secondo sia un atteggiamento patologico, da segnalare al veterinario, molto spesso dovuto a turbe nutritive dell’animale, mal digestione, ansia o noia (Varga, 2014).

Per fare ulteriormente chiarezza si può riflettere sulla definizione di coprofagia, ovvero “la tendenza all’ingestione di letame o feci” (Blood and Studdert, 1999). Le feci, a loro volta, sono definite come “scarti alimentari eliminati dall’intestino” (Blood and Studdert, 1999). A questo punto risulta chiaro come il materiale fecale non sia quello che il coniglio ingerisce durante la ciecotrofia, dato che i ciecotrofi sono ricchi di nutrienti.

Per parlare di ciecotrofi sono spesso utilizzati anche i termini quali feci molli o feci

notturne, ma, mentre il primo può essere accettato, il secondo può essere fuorviante in

quanto essi vengono eliminati nei periodi di tranquillità del coniglio, siano questi durante il giorno o la notte (Harcourt-Brown, 2002). La tendenza alla produzione notturna di ciecotrofi nei conigli da compagnia è legata al fatto che molto spesso questo è per loro il periodo più tranquillo della giornata.

Questi due tipi di feci sono molto differenti non solo qualitativamente parlando, ma anche morfologicamente. Le feci dure, infatti, in un coniglio sano si presentano di forma sferica, dure, asciutte e separate le une dalle altre. Le feci molli, invece, sono caratterizzate dall’avere un colore molto più scuro, avere una consistenza minore e dall’essere eliminate in cluster ricoperti di muco. Quest’ultimo costituisce una sorta di capsula intorno all’aggregato di sostanze nutritive in modo da agevolarne il passaggio lungo il colon distale, proteggerlo dall’acidità gastrica e farlo arrivare pressoché intatto al piccolo intestino (Quesenberry and Carpenter, 2012). In questo modo viene impedita la dispersione degli acidi grassi volatili, degli amminoacidi, delle vitamine e degli elettroliti che lo compongono.

Dato che i ciecotrofi restano a livello gastrico per circa 6-8h prima di passare oltre (Quesenberry and Carpenter, 2012), alcune fermentazioni hanno comunque inizio prima

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che avvenga la digestione vera e propria a livello intestinale. Tutto ciò è incentivato dalla presenza di lisozima, enzima secreto dal colon ed incorporato nei ciecotrofi al momento della loro formazione nel grosso intestino (Camara and Prieur, 1984). L’azione batteriolitica di questo enzima consente la degradazione delle proteine microbiche, rendendole disponibili ad un successivo assorbimento nel piccolo intestino.

I batteri presenti nei ciecotrofi producono anche amilasi, enzima che consente la conversione del glucosio in anidride carbonica e acido lattico permettendone nuovamente l’assorbimento in parte a livello gastrico e poi, soprattutto, a livello enterico (Fekete, 1989).

La quantità di ciecotrofi ingeriti non è costante, ma varia a seconda del soggetto, del suo fabbisogno energetico, della composizione della sua dieta e della quantità di alimento somministrato (Harcourt-Brown, 2002). Quando quest’ultimo scarseggia, ad esempio, sono consumati tutti i ciecotrofi prodotti, ma quando esso è dato ad libitum è il tasso di proteine e fibre presenti nella razione ad influenzarne l’ingestione (Hirakawa, 2001).

Un aumento della percentuale di fibre nella dieta aumenta la ciecotrofia, mentre un aumento dell’apporto proteico la riducono (Hirakawa, 2001).

Nei conigli in salute i ciecotrofi sono assunti direttamente dall’ano e ingeriti interi senza alcuna masticazione. L’ingestione dei ciecotrofi è stimolata dall’attivazione di particolari meccanorecettori a livello rettale, dalla percezione del loro odore particolare e dal rilievo di alterazioni dei livelli ematici dei metaboliti (Fekete, 1989).

Sarebbe dunque fondamentale chiarire con il proprietario che questo comportamento deve essere regolarmente evidenziato, perché una sua assenza deve essere identificata come sintomatica di qualcosa che non va nel coniglio, non necessariamente a livello gastroenterico.

Nella tabella 1 sono riassunte le principali cause legate ad una possibile interruzione della ciecotrofia.

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Perdita di appetito nei confronti dei ciecotrofi

 Somministrazione di quantità eccessive di mangimi commerciali concentrati

 Apporto insufficiente di fibra nella dieta

 Perdita di appetito in generale

 Presenza di tracce di alimenti che il coniglio non gradisce

 Stress, ad esempio per un viaggio o un cambiamento di ambiente

Impossibilità di raggiungere l’ano per ingerire i ciecotrofi  Obesità

 Spondilite

 Deformazioni della colonna vertebrale come cifosi, lordosi o scoliosi

 Fenomeni artrosici

 Spazio ristretto

 Presenza di conglomerati di pelo intorno all’ano (nei soggetti a pelo lungo o in quelli che non riescono a pulirsi adeguatamente perché presentano problemi dentari)

 Pieghe cutanee a livello dell’ano

 Problemi di equilibrio, ad esempio in conigli con head tilt

Debolezza degli arti posteriori

Dolore o fastidio al momento dell’ingestione dei ciecotrofi  Problemi dentari, ad esempio punte dentarie

 Dolorabilità perineale, ad esempio per dermatiti causate dall’urina o per conglomerati di pelo, ciecotrofi e urina

 Pieghe cutanee perineali infette

 Problemi respiratori che non consentono di respirare efficacemente quando la testa è ripiegata verso il basso

Perdita della consapevolezza della fuoriuscita dei ciecotrofi dall’ano  Perdita del senso dell’olfatto, ad esempio per riniti

 Problemi neurologici, ad esempio per fratture o dislocazioni vertebrali, encephalitozoonosi

Tabella 1. Alcune delle ragioni per cui il coniglio può smettere di consumare i ciecotrofi (da BSAVA Manual of Rabbit medicine and surgery, Anna Meredith, 2006)

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CAPITOLO 2: ALIMENTAZIONE

2.1 Introduzione

Nel momento in cui ci approcciamo all’argomento dell’alimentazione bisogna tenere conto della tipologia di coniglio che abbiamo davanti. Le esigenze nutritive di un coniglio da compagnia, infatti, sono molto differenti rispetto a quelle di un coniglio di interesse zootecnico e se si trattassero le due tipologie allo stesso modo si incorrerebbe in problemi anche mortali per il pet.

I conigli sono molto selettivi per quanto riguarda gli alimenti e, se lasciati liberi di scegliere, selezionano le parti più succulente e tenere delle piante ovvero le parti più ricche di nutrienti e più povere di lignina, che risulta essere indigeribile anche per loro.

La dieta raccomandata per un coniglio da compagnia è a base di fieno, che deve essere sempre a disposizione, accompagnato dalla somministrazione giornaliera di 1-2 ciotole di verdura verde fresca (Harcourt-Brown, 2002).

In commercio si trovano sempre più mangimi concentrati, pellettati, mix di semi che hanno conosciuto un aumento di consumo negli ultimi anni, di pari passo con la diffusione della tendenza a tenere un coniglio come animale domestico. Nonostante la loro facilità di somministrazione e praticità, bisogna sottolineare come questi non siano alimenti fondamentali e come fieno e verdure, se dati nelle quantità giuste, siano più che sufficienti a coprire tutti i fabbisogni nutrizionali ed energetici di un coniglio in salute senza particolari esigenze alimentari.

Detto ciò, se i mangimi presentano un elevato quantitativo di fibra e un basso contenuto di grassi, carboidrati e proteine, possono essere somministrati comunque come integrazione della dieta di un coniglio normopeso (Harcourt-Brown, 2002).

I pellettati o il fieno di leguminose (ad esempio di erba medica) sono utili per far fronte alle aumentate richieste energetiche in particolari condizioni, come in accrescimento (Carotino Baby Pellet della Raff), in gravidanza, in allattamento (Nutrimeal Baby Rabbit della Zolux per coniglie e coniglietti), ma negli altri casi devono essere evitati per prevenire lo sviluppo di disbiosi e obesità (Quesenberry and Carpenter, 2012).

I giovani conigli sono i più soggetti allo sviluppo di enteropatie, soprattutto se l’apporto di fibra è inadeguato.

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Tabella 1. Alimenti da somministrare e da non somministrare al coniglio.

Sempre presenti  Fieno di erbe miste  Erba di prato Il pasto principale  Sedano  Finocchio  Cicoria  Bietole  Carciofo  Radicchio  Insalata belga  Insalata romana  Insalata gentile  Zucchine  Sedano rapa  Riccia  Spinaci  Broccoli  Cavolfiore  Coste In quantità limitate  Carote  Pomodori  Peperoni  Ravanelli  Erbe aromatiche  Ananas  Papaya  Pera  Melone  Pellet di fibre  Ciliegia  Frutti di bosco  Prugna  Mela  Kiwi  Banana  Agrumi  Albicocca  Pesca Mai  Pane  Dolci  Pasta  Cioccolato  Fette biscottate  Cracker  Aglio  Cipolla  Porro  Patate  Mais  Rabarbaro  Melanzana  Cereali  Latticini  Mangimi  Frutta secca  Legumi  Verdura cotta  Cocco

Ogni cambiamento di dieta deve essere introdotto lentamente per poter permettere alla microflora di adattarsi, pertanto cambiamenti repentini di alimentazione sono fortemente sconsigliati (Quesenberry and Carpenter, 2012).

Dato che una dieta sbagliata è la principale causa di problemi dentari e gastroenterici (Harcourt-Brown, 2002), bisogna essere fin da subito chiari con i proprietari cercando di esporre i principali rischi di una dieta errata e di aiutarli nella scelta degli alimenti più indicati.

Nella tabella 1 sono riportati alcuni degli alimenti da poter somministrare e non.

2.2 Principali componenti della dieta

2.2.1 Fibre

La fibra è una componente di vitale importanza nella dieta del coniglio da compagnia (Varga, 2014). È fondamentale per il mantenimento del benessere gastrointestinale e per evitare l’eccessivo accrescimento dei denti che potrebbero poi dare problemi quali mal occlusione e punte dentarie che andrebbero ad ostacolare la normale assunzione di alimento (Harcourt-Brown, 2002).

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Si ritiene anche che l’assunzione di grandi quantità di fibre possa prevenire lo sviluppo di stereotipie comportamentali, in quanto tiene occupato il coniglio per gran parte della giornata ed evita quindi che si annoi (Gidenne, 1996).

Le fibre sono parte della parete della cellula vegetale, che è composta da un complesso di carboidrati come polisaccaridi, oligosaccaridi, cellulosa, emicellulosa, gomme e pectine tutti incorporati in una matrice di lignina (Harcourt-Brown, 2002). Il coniglio non è in grado di digerire la cellulosa e soprattutto la lignina e pertanto, se queste sono presenti in grandi quantità nella dieta, diminuiscono la digeribilità della razione (Cheeke, 1994).

La fibra può essere classificata come digeribile o non digeribile in dipendenza della specie animale in questione e della sua fisiologia. Per parlare della fibra digeribile si può utilizzare anche l’espressione fibra fermentabile, dato che è degradata dalle fermentazioni microbiche, siano queste a livello ruminale o cecale (Varga, 2014).

Nel coniglio le fibre sono separate a livello del colon prossimale a seconda delle dimensioni delle particelle.

Le particelle di dimensioni maggiori di 0,5 mm non vengono mandate al cieco, sono rapidamente espulse indigerite e rappresentano la componente indigeribile delle fibre della dieta. Essa è fondamentale per regolarizzare la peristalsi e il tempo di transito intestinale (Harcourt-Brown, 2002).

Le particelle più piccole di 0,3 mm, massimo 0,5 mm, sono sospinte verso il cieco dai movimenti retrogradi del colon e a questo livello saranno degradate dai batteri, costituendo la porzione digeribile della fibra della dieta (vedi figura 1) (Harcourt-Brown, 2002).

Nel cieco la digeribilità della fibra non è comunque costante per tutti gli alimenti, ma dipende dalla superficie a disposizione per l’attacco batterico e dalla natura delle fibre, quindi dalla struttura molecolare e dalle loro proprietà chimiche (Gidenne et al., 1998).

I processi di lavorazione degli alimenti (sminuzzamento, schiacciamento, macinazione, trattamenti termici) possono comportarne una variazione della digeribilità (Cheeke, 1994). Più finemente vengono sminuzzati i prodotti, ad esempio, più facilmente saranno attaccati dai batteri e daranno il via a forti fermentazioni cecali con un maggior rischio di sviluppo di disbiosi, ma allo stesso tempo non è possibile salire a dimensioni superiori gli 0,5 mm per i motivi espressi in precedenza (Harcourt-Brown, 2002). Deve quindi essere trovato un equilibrio tra la necessità di fornire un’adeguata quantità di fibra indigeribile (per mantenere la motilità, il ricambio cellulare, le secrezioni, l’assorbimento e le escrezioni

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Figura 2. Digestione delle differenti fibre nel coniglio. Per alcune la digestione inizia già a livello prececale

ad opera di enzimi gastrici o intestinali. Le fibre che raggiungono il grosso intestino possono essere degradate dalla microflora cecale o espulse indigerite (da Textbook of Rabbit Medicine, Françes Harcourt-Brown, 2002).

intestinali) e di fibra digeribile per mantenere le fermentazioni cecali a livelli adeguati (Meredith, 2006).

I livelli di fibre vanno anche ad incidere sull’appetito e sulla ciecotrofia dell’animale, aspetti che saranno entrambi ridotti nel caso in cui l’apporto non sia ottimale (Quesenberry and Carpenter, 2012).

Per i conigli da compagnia è consigliato un apporto minimo di fibra totale del 20-25% di cui almeno il 12% non digeribile (Lowe, 1998). Nella pratica questo si traduce con la somministrazione di fibra indigeribile ad libitum (per esempio erba fresca e fieno), garantendo un’integrazione con alimenti contenenti fibra digeribile, come per esempio le verdure verdi.

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Tabella 2. Ruolo della fibra indigeribile e digeribile (da Textbook of Rabbit medicine, Françes Harcourt-

Brown, 2002)

Se si vuole ricorrere alla somministrazione di mangimi commerciali, nonostante a questo sia preferibile di gran lunga una dieta a base di fieno e verdure fresche, questi devono avere un contenuto minimo di fibra del 18% di cui almeno 12,5% indigeribile (Harcourt-Brown, 2007).

Per quanto riguarda i conigli di interesse zootecnico è importante la fibra digeribile in quanto deve essere garantito un buon incremento ponderale. In questo settore l’importanza della fibra indigeribile passa un po’ in secondo piano a vantaggio della produzione zootecnica (Varga, 2014). Nei conigli da compagnia, invece, non presentando un tasso di crescita elevato e dovendo essere mantenuti in salute, questo aspetto non può essere trascurato.

Nella tabella 2 sono riassunti i ruoli svolti dai due tipi di fibra nel mantenimento di un coniglio in salute.

Fibra digeribile

Una parziale digestione della fibra può iniziare già a livello gastrico e del piccolo intestino per azione di alcuni enzimi come pectinasi e xilonasi (Gidenne et al., 1998), comunque la maggior parte del lavoro è svolto dalla flora ciecale. La digestione a questo livello dipende dalla natura della fibra e da eventuali lavorazioni (trattamenti termici e/o meccanici) a cui è stata sottoposta (Cheeke, 1994).

Fibra indigeribile Fibra digeribile

Importante per:

 Stimolare la motilità intestinale e lo spostamento delle ingesta nel cieco in modo che possano avere atto le fermentazioni

 Fornire materiale foraggero per prevenire la noia e stereotipie comportamentali

 Garantire un regolare consumo dei denti

 Stimolare l’appetito e l’ingestione dei ciecotrofi

Importante per:

 Garantire un substrato per l’attività della microflora cecale

 Regolare il PH cecale e la produzione di acidi grassi volatili

 Prevenire la proliferazione di batteri patogeni nel cieco

 Aumentare la quota di fibra presente nei ciecotrofi in modo da aumentarne un po’ la consistenza

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Le emicellulose e le pectine sono degradate molto più facilmente della cellulosa, che richiede una degradazione specifica e molto più lunga da parte di batteri cellulosolitici (Gidenne et al., 1998).

La cellulosa può essere associata, chimicamente e fisicamente, con altri componenti come l’emicellulosa e la pectina e va ad alterare la digeribilità anche di queste ultime. Può ritrovarsi anche combinata con la lignina, il che la rende quasi del tutto indigeribile.

Il tipo di fibra assunta ha un effetto sul PH del cieco e di conseguenza anche sulla microflora che riesce ad impiantarsi a questo livello (ad esempio la paglia di grano aumenta il PH, mentre le polpe di barbabietola lo abbassano) (Gidenne et al., 1998).

La dimensione delle particelle va ad influenzare il loro tempo di permanenza nel cieco perché le particelle di dimensioni minori presentano una maggiore superficie disponibile all’attacco batterico, venendo quindi degradate più velocemente.

La dimensione dipende dalla pianta d’origine e da eventuali trattamenti subiti. Ad esempio la digeribilità di un alimento con un grande contenuto di lignina può essere aumentata mediante trattamento alcalino che dissolve la lignina e rilascia la cellulosa e altre componenti contenute in essa (Cheeke, 1994). Anche sminuzzare maggiormente gli alimenti può essere un metodo per aumentare la quota che verrà sospinta nel cieco e sarà messa a disposizione dei batteri, ma se siamo di fronte ad elementi grossolani, ad alto contenuto di lignina, questo può portare a turbe digestive anche notevoli dal momento che essa, anche se presente sotto forma di particelle di dimensioni minori, continua ad essere indegradabile (Gidenne et al., 1998).

È stato quindi stabilito che le componenti fibrose della dieta non possano essere sminuzzate in parti più piccole di 2 mm (Lowe, 1998).

Alcune componenti della parete cellulare, come gomme e pectine, sono idrofiliche e tendono a gelificare in soluzione. Questa caratteristica a livello del cieco del coniglio comporta un aumento del tempo di permanenza prima che avvenga un’efficace degradazione (Harcourt-Brown, 2002).

Fibra indigeribile

La fibra indigeribile gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento di un coniglio in salute in quanto regola la peristalsi intestinale (Harcourt-Brown, 2002).

I conigli hanno una preferenza per gli alimenti altamente fibrosi e prediligono il fieno, le radici e verdure essiccate a quelle fresche (Varga, 2014). Questi alimenti richiedono

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un’accurata masticazione che comporta un maggiore consumo dei denti e previene quindi lo sviluppo di patologie legate a fenomeni di mal occlusione e punte dentarie (Crossley, 1995).

Una dieta povera di fibra indigeribile predispone all’ipomotilità intestinale e alla ritenzione nello stomaco di cibo e pelo che può andare a costituire i tricobezoari, causa molto spesso di dilatazione gastrica e/o blocco intestinale (Harcourt-Brown, 2002), patologie di cui si parlerà in seguito. Un rallentamento della motilità intestinale, unito ad un aumento della permanenza delle ingesta a livello gastrico e intestinale, inoltre, predispone all’alterazione della microflora intestinale e allo sviluppo di enterotossiemie (Harcourt-Brown, 2002).

La quantità di fibra nella dieta va ad influenzare anche l’appetito, la ciecotrofia e il tempo di permanenza nel cieco delle ingesta sottoposte alle fermentazioni batteriche (Carabaño et al., 1988).

In uno studio condotto da Fekete e Bokori nel 1985 sono stati misurati i pesi delle feci molli prodotte da conigli alimentati con percentuali diverse di fibra. Il peso dei ciecotrofi è stato poi paragonato al peso del contenuto ciecale. I risultati dimostrano come in conigli alimentati con meno del 14% di fibra indigeribile la produzione di ciecotrofi giornaliera fosse nettamente minore e come invece fosse maggiore il volume delle ingesta che restavano di giorno in giorno nel cieco. Nei conigli alimentati con più del 14% di fibra il contenuto ciecale era quasi interamente eliminato ogni giorno.

Bisogna sottolineare come la fibra indigeribile non vada comunque ad alterare la qualità del ciecotrofo, dato che viene direttamente eliminata con le feci dure e non passa dal cieco.

Nella tabella 3 è possibile osservare il contenuto di fibra dei principali alimenti utilizzabili nell’alimentazione del coniglio.

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Tabella 3. Oltre al contenuto di fibra generale dell’alimento (Crude fibre), è possibile confrontare il contenuto in

percentuale di NDF(Fibra Neutro Detersa, ovvero cellulosa, emicellulosa e lignina) e ADF (Fibra Acido Detersa, ovvero cellulosa e lignina). La distinzione non è importante nei carnivori, ma lo è negli erbivori in grado di digerire buona parte della fibra, soprattutto se costituita da emicellulosa (da Textbook of Rabbit medicine, Françes Harcourt-Brown, 2002).

2.2.2 Carboidrati

I carboidrati rappresentano un’importante fonte energetica. Possono essere digeriti e assorbiti a livello gastrico o del piccolo intestino o attaccati dalla microflora ciecale.

Nonostante i risultati degli studi siano controversi, è opinione comune ritenere che una grande quota di carboidrati altamente fermentescibili aumenti la probabilità di sviluppare disordini digestivi ai quali i conigli sono molto sensibili (Quesenberry and Carpenter, 2012). Per questa ragione, soprattutto nei conigli da compagnia, la loro somministrazione va accuratamente controllata.

I monosaccaridi come glucosio, fruttosio e galattosio sono assorbiti a livello del tenue, come avviene nelle altre specie. Gli amidi, polisaccaridi che si trovano in abbondanza nei semi, nella frutta, nei tuberi e nelle radici, sono scissi in zuccheri semplici durante i processi digestivi. La reazione è catalizzata dall’amilasi, la quale è secreta in abbondanza dalle ghiandole salivari, dal pancreas ed è presente nei ciecotrofi per opera delle sintesi batteriche (Harcourt-Brown, 2002).

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Gli amidi sono solitamente insolubili in acqua fredda, ma quando questi sono scaldati formano una soluzione gelatinosa che può anche formare dei complessi con le proteine portando ad una diminuzione della digeribilità sia di queste ultime che degli amidi stessi (Cheeke, 1987). Per questo motivo i trattamenti termici a cui possono essere sottoposti gli alimenti possono andarne ad alterare la struttura e il grado di digeribilità. Essa è influenzata anche dall’età del coniglio, dalla percentuale di amido presente nella dieta e il tipo di amido (ad esempio quelli presenti nei cereali sono più fermentescibili di quelli nei tuberi o nelle radici) (Varga, 2014).

Gli amidi che non sono digeriti e assorbiti dal piccolo intestino passano nel cieco e fungono da substrato per le fermentazioni batteriche. Se però, a causa di una dieta ricca di questi elementi e povera di fibre, essi arrivano a questo livello in grandi quantità possono determinare dismicrobismi importanti, selezionando in particolar modo batteri appartenenti al genere Clostridium spp. che sono ritenuti la causa principale di enterotossiemia nei conigli (Cheeke, 1987). Stessa cosa si può avere nei coniglietti perché presentano un’attività enzimatica ridotta e pertanto, anche con quantitativi non eccessivi di amidi, una predisposizione allo sviluppo di questa patologia. Gli adulti, invece, sono in grado di digerirli in modo molto più efficiente, perciò se la dieta è bilanciata solo piccole quantità raggiungono il cieco e vi è quindi minore probabilità di sviluppare una clostridiosi (Lowe, 1998).

Per evitare queste complicazioni sarebbe bene somministrare cereali che presentano percentuali minori di carboidrati, come ad esempio l’avena, rispetto ad altri che ne sono ricchi, come il grano e il mais. Un’altra accortezza che si può avere è quella di non sminuzzare troppo finemente i semi in modo da rallentarne il transito, già piuttosto celere per motivi fisiologici, e allungare quindi i tempi a disposizione per il loro assorbimento a livello dell’intestino tenue (Cheeke, 1994).

2.2.3 Proteine

I conigli soddisfano il loro fabbisogno proteico ricavando ciò di cui hanno bisogno interamente dalle piante. Un tempo questo non era del tutto vero in quanto in campo zootecnico erano utilizzati mangimi addizionati con farine di pesce o manzo in piccole quantità per renderli più energetici ed aumentare l’apposizione di massa muscolare (Cheeke, 1987). Oggi l’utilizzo di farine animali nell’alimentazione di erbivori monogastrici non è più consentito.

Riferimenti

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