Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia
Tesi di Laurea
“Il trattamento della cheilognatopalatoschisi nei pazienti in adozione: valutazione di 56 casi nel Percorso Labiopalatoschisi di Pisa”
Relatore Dott. Gian Luca Gatti
Candidato
Oscar Quagli
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“Chi dice che è impossibile,
non dovrebbe disturbare
chi ce la sta facendo.”
A. Einstein
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Indice
CAP 1 – Introduzione alla cheilognatopalatoschisi
1.1 Definizione ... 5
1.2 Cenni storici ... 7
1.3 Embriologia ... 10
1.4 Epidemiologia ed etiologia ... 15
1.5 Classificazione ... 19
CAP 2 – Anatomia della labiopalatoschisi
2.1 Anomalie scheletriche ... 242.2 Muscoli ... 28
CAP 3 – Adozioni di bambini con “bisogni speciali”
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CAP 4 – Diagnosi e trattamento della
labiopalatoschisi nei pazienti in adozione
internazionale: interventi primari e secondari alle
chirurgie precedentemente subite nel Paese di
provenienza
4.1 Protocollo relativo all’approccio multidisciplinare della Chirurgia Plastica di Pisa ... 43 4.2 Il trattamento della cheiloschisi e della palatoschisi
primarie e secondarie ... 51 4.3 Protocolli chirurgici all’interno della Chirurgia
Plastica pisana: elenco delle tecniche utilizzate ... 52
CAP 5 – Materiali e Metodi
5.1 Premessa ... 79 5.2 Analisi di 56 pazienti in adozione internazionale 80 5.3 Discussione ... 85 5.4 Conclusioni ... 96
CAP 6 – Iconografia e Bibliografia
6.1 Immagini pre e post-operatorie ... 98 6.2 Bibliografia ... 104
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CAPITOLO I
1.1 DEFINIZIONE
La cheilognatopalatoschisi (d’ora in avanti CGPS), conosciuta più comunemente come labiopalatoschisi, è una malformazione congenita, parziale o completa, di una o più di queste strutture: labbro superiore (cheilo), processo alveolare dell’osso mascellare (gnato), palato duro e palato molle, che esita nel permanere di una fessura (detta appunto
schisi) fisiologicamente presente nelle prime settimane di vita
intrauterina1,2.
Si suppone che la causa sia da ricondurre ad un’errata migrazione del foglietto mesodermico a livello cranico cosicché, superato il tempo embriologico nel quale le strutture simmetriche della faccia dovrebbero andare incontro a fusione, queste schisi diventano permanenti e accompagneranno il soggetto per tutta la vita con evidenti problematiche nell’articolazione del linguaggio e nella nutrizione3.
Per questi ed altri motivi è molto importante una correzione efficace e precoce. L’intervento chirurgico dopo la nascita è l’unico mezzo che abbiamo a disposizione e, in genere, esso non consiste nell’innesto di materiale allo scopo di compensare una mancanza di tessuti non formati, ma piuttosto nel ricercare sui due margini della schisi le varie
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strutture già presenti, ma che non si sono unite (cute, mucosa, muscoli e osso). Questo atteggiamento nei confronti delle strutture in questione ci permette di ripristinare la corretta struttura anatomica che la natura, direttamente o indirettamente, non è stata in grado di generare.
In definitiva questo approccio ci permetterà di ovviare ad una condizione invalidante sia fisicamente che psicologicamente garantendo risultati funzionali sovrapponibili a quelli dei bambini nati sani con la sola possibile pecca relativa alla presenza di fini cicatrici dall’impatto estetico modesto.
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1.2 CENNI STORICI
La Storia ci ricorda come le malformazioni e le menomazioni fisiche, nelle civiltà antiche, venissero vissute dalle varie Comunità come degli oscuri presagi e per questo motivi anche i piccoli affetti da labiopalatoschisi venivano eliminati come accadeva, per esempio, nella città di Sparta.
Ogni buona regola che si rispetta presenta l’eccezione che la confermi, e nel nostro caso non potevamo trovarne di migliori: recenti studi, effettuati con l’utilizzo di avanzate tecniche di imaging, hanno infatti confermato come l’imperatore Egizio Tutankhamun fosse portatore di palatoschisi.4
Da Oriente proviene il primo caso documentato di chiusura del palato effettuato nel 390 A.D. in Cina e giunto al successo.5 In Europa,
durante la prima era cristiana, furono usate diverse tecniche chirurgiche per la correzione delle ferite. Il cauterio rovente era il metodo usato dai chirurghi arabi, mentre quelli greci e romani preferivano il bisturi. Yperman (1295-1351) chirurgo fiammingo, sembra che abbia descritto per primo le alterazioni presenti nella labipalatoschisi insieme ad un sistema per la ricostruzione. Egli suturava i margini cruentati della cheiloschisi con un ago triangolare provvisto di un filo di sutura intrecciato e cerato. Nel tentativo di mantenere ravvicinati i margini esterni ed interni della ferita egli rinforzava la sutura con un lungo ago passato attraverso il labbro ad una certa distanza dai margini della schisi; l’ago veniva tenuto in sede
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per mezzo di una legatura ad otto. Una tecnica simile veniva usata nel 1844 da Pancoast.6 Franco 7 scrisse:”… le cheiloschisi qualche volta si presentano senza una vera e propria schisi del mascellare o del palato, e qualche volta la schisi è sottile, altre volte è invece lunga ed ampia quanto il labbro… I pazienti affetti da schisi del palato sono i più difficili da curare e molto spesso parlano con il naso. Se il palato ha solo una leggera fenditura e può essere riempito con cotone, il paziente parlerà meglio quasi come se non avesse la schisi o, meglio ancora, se può essere applicato un palato d’argento o di piombo ed esso possa essere ritenuto con qualche sistema in sede”. La chiusura del palato con lamine d’oro o d’argento è stata descritta anche da Parè nel 1564. Egli fu anche colui che coniò il termine di “bec-de-lièvre” (labbro leporino).8
Nel XVI sec. la chiusura del labbro veniva praticata soprattutto per migliorare l’estetica, solo pochi chirurghi puntavano a migliorare il linguaggio. Desault e Bichat nel 17989 introdussero per il trattamento della premaxilla protrudente l’uso di bendaggi alla testa per dare una compressione esterna al segmento osseo dislocato, ed agevolare così la chiusura del labbro. La chiusura diretta del palato duro fu eseguita nel 1826 da Dieffenbach10, il quale raccomandava di chiudere il palato duro separando la mucosa palatale dall’osso. Von Langenbeck nel 1859 scollava il periostio insieme alla mucosa palatale in modo da formare due lembi muco-periostei bilaterali.11,12 Veau nel 193613
modificò i lembi bipeduncolati di Von Langebeck in lembi monopeduncolati sui vasi dell’arteria palatina.
Riguardo la chiusura del labbro fu nel 1844 che Mirault14 introdusse
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la tecnica del lembo rettangolare per prevenire le contratture lineari. Nel 1949 Le Mesurier16 attuò l’allestimento di un lembo quadrilatero che era ricavato dal lato esterno nella schisi ed introdotto nel lato interno, con il vantaggio di dare alla cicatrice conseguente un decorso spezzato, anziché rettilineo annullando così l’effetto della retrazione cicatriziale. Per ridurre ulteriormente la tendenza alla contrattura della cicatrice lineare, nel 1952 Tennison17 introdusse il principio della plastica a zeta, basandosi sulla considerazione che i due margini della schisi essendo più corti rispetto alla metà integra del labbro dovevano essere allungati. Il lembo era triangolare anziché quadrangolare come con la tecnica di Le Mesurier. Nel 1958 Millard,18,19 utilizzando il lembo triangolare a zeta di Tennison, lo ruotò più in alto inserendolo alla base della columella.
Il padre della moderna chirurgia delle labiopalatoschisi, però, deve essere considerato Victor Veau. Nel 193120,21 egli mise in evidenza la
scarsezza di fibre muscolari nella porzione mediale nelle schisi monolaterali e anche nel segmento prolabiale nelle schisi bilaterali. Nel trattamento delle schisi bilaterali del labbro Veau fu il primo ad utilizzare la pressione del labbro riparato per far retrocedere la premaxilla.
In conclusione i chirurghi sin dai tempi antichi hanno sempre tentato di correggere la disarmonia anatomica dei tessuti labiali e palatali addotta dalla labiopalatoschisi adottando un approccio a volte empirico altre scientifico.
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1.3 EMBRIOLOGIA
La dottrina classica di Wilhelm His22, riguardo la formazione della
faccia, stabiliva che questa veniva costituita dalla riunione di cinque massicci “processi” mesodermici, che al centro racchiudevano una profonda depressione, lo stomodeo, che costituiva la cavità buccale primitiva: i cinque processi (detti anche “bottoni”) facciali erano separati inizialmente da solchi che gradatamente si obliteravano. Essi erano: il processo frontale, due processi mascellari (detti anche zigomatici) e due processi mandibolari.
La dottrina di His ha resistito fino ai tempi moderni, sino a quando nel 1948 Streeter23 suggerì che inizialmente il labbro superiore fosse una
struttura epiteliale senza schisi, che si sviluppava di solito solo se il mesoderma rinforzava il solco presente sotto le due narici. Successivamente altri autori quali Stark24,25 e Johnson26 fornirono
ulteriori prove a conferma della nuova teoria embriologica della labiopalatoschisi.
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Oggi la embriogenesi della faccia viene spiegata attraverso una sequenza precisa e dimostrata di eventi:
Rinforzo mesodermico delle membrane branchiali
Polarizzazione della massa cellulare ectodermica con formazione di un solco ectodermico
Cambio di posizione, crescita e fusione dei processi palatali: cioè la formazione di un ponte.
Rinforzo mesodermico delle membrane branchiali
Si è visto che la cavità orale spinge l’ectoderma nella bocca dove riveste un lato della lamina orale o stomodeo (è una membrana branchiale bilamellare che costituirà il labbro superiore); l’altro lato viene rivestito con l’ entoderma dell’ intestino primitivo. La “parete epiteliale” bilamellare del labbro superiore viene poi rinforzata dal mesoderma che, come il neuroectoderma, ha origine nelle regioni paravertebrali e migra come mesoderma sui due lati ed attorno alla testa.
Quindi poiché il mesoderma si muove lateralmente intorno alla testa, esso formerà un accumulo su entrambi i lati del labbro superiore. Un terzo accumulo passerà al di sopra della testa per rinforzare il centro del labbro.
Quando c’è un insufficiente deposito di mesoderma, le membrane branchiali bilamellari non rinforzate si rompono. Nel rivestire il labbro superiore, il mesoderma si distribuisce secondo un criterio
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cronologico di priorità: prima intorno al forame incisivo, poi al pavimento nasale, ancora all’ imbocco della narice, alla parte superiore del labbro e in ultimo al vermillion. Se nel labbro la migrazione manca totalmente si ha una rottura completa o totale della parete epiteliale, e il bambino nascerà con una schisi che si estende dietro al forame incisivo. Se invece manca la migrazione laterale da entrambi i lati comparirà una forma completa bilaterale. Se invece manca la migrazione centrale il bimbo nascerà con una arinencefalia e una schisi mediana.6
Polarizzazione della massa cellulare ectodermica
Una volta che il mesoderma si è distribuito nel labbro superiore, due archi appaiati di ectoderma si configurano per formare il naso primitivo. L’ ectoderma proliferante nell’area delle narici si muove posteriormente. Le cellule si allineano e si distanziano da quelle che verranno eliminate. In questo modo le due fosse nasali si fanno più profonde, ed eventualmente erompono attaverso il mesenchima e il mesoderma nella cavità orale. Alla fine si rompe la membrana oronasale. I due tunnel, le fosse nasali, hanno così circoscritto l’area del mesoderma che darà origine al prolabio, alla premaxilla con i quattro incisivi, al setto nasale anteriore ed alla columella.
Dopo la settima settimana compare la lamina dentaria. Questa è una banda semicircolare di cellule ectodermiche polarizzate in via di espansione che vanno a scolpire il solco alveolo-labiale, la scalanatura tra la gengiva e il labbro. Dopo che il palato primario si è formato giungono ulteriori quantità di mesoderma da ogni lato
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che si accumulano al centro del prolabio, formando le creste del filtro e la fossetta.27
Cambio di posizione, crescita e fusione dei processi palatali Alla settima settimana, il palato primario si è formato, i processi palatali, che già esistono nel palato secondario scendono verticalmente dall’ alto verso il basso lungo la lingua. La testa fin ora flessa e girata verso destra comincia ad estendersi. A questo punto la lingua ricade inizialmente sulla sua base. In questo modo,
le lamine si sollevano, prima posteriormente, poi
progressivamente anteriormente. Nel maschio le lamine palatali assumono la posizione orizzontale già dalla settima settimana, mentre nelle femmine non si ha l’ orizzontalizzazione fino alla metà della ottava settimana. Questo ritardo può spiegare la maggiore incidenza delle schisi del palato secondario nelle femmine.
Quando le lamine palatali sono in posizione orizzontale esse crescono verso la linea mediana e si incontrano prima a livello del terzo anteriore del palato duro. Il contatto si continua sino al forame incisivo e poi posteriormente fino all’ ugola. L’ attaccatura dei margini chiude insieme i due lembi terminali. I contatti si consolidano con la fusione del mesoderma di un lato con l’ altro, e le cellule che si trovano in mezzo degenerano.
Nelle schisi del palato primario è sempre associata la distorsione del naso. Questa è dovuta oltre alla presenza della schisi stessa, ad una relativa deficienza del placode nasale sul lato della schisi. La spiegazione sta nel fatto che se il mesoderma non rinforza il
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pavimento delle narici, lo stesso tappo epiteliale che formerà la fossa nasale nel lato sano apparirà nel lato senza mesoderma, preannunciando la morte cellulare e la rottura delle membrane branchiali. Se la rottura non è completa, il tappo rimane come un ponte di tessuto, definito banda di Simonart.28
In seguito la parete epiteliale, non rinforzata dal mesoderma, diventa preda di una massa di ectoderma che scava nella parete, dividendo o assottigliando la parete stessa.6
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1.4 EPIDEMIOLOGIA ED ETIOLOGIA
Le malformazioni congenite craniofaciali, ed in particolare la CGPS, presentano caratteristiche epidemiologiche ed etiologiche per certi versi ancora incerte.
L’incertezza di fondo è data dal fatto che gli studi nell’ambito di queste malformazioni sono in fase sicuramente avanzata, ma non hanno ancora permesso di coprire tutta la popolazione mondiale e di vagliare tutte le possibili cause che ne sono alla base, oltre al fatto, non marginale, che spesso i dati che possiamo ricavare dai singoli studi possono contraddirsi tra loro, rendendo così il quadro più nebuloso.29
Quando analizziamo dal punto di vista epidemiologico ed etiologico le patologie di nostro interesse, esse sono raggruppate secondo criteri molto meno specifici e dettagliati rispetto a quelli che vengono presi in considerazione in clinica ed embriologia (infatti nel paragrafo successivo vedremo come queste sono ben più complesse).
La classificazione più comune è quella che potremmo definire
“anglosassone”. Essa viene adottata nella maggior parte delle review
e suddivide la CGPS in 2 grossi gruppi:
Cheiloschisi con o senza palatoschisi (cleft lip ± cleft
palate – CL ± P)
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La frequenza si attesta, nelle varie popolazioni, tra 0,4 e 2:1.000 nuovi nati30, e più precisamente: 1:1.000 nati vivi nella popolazione caucasica in generale (con variazioni specifiche tra le varie nazionalità), 0,4-0,5:1.000 nella popolazione nera americana, 1,8-2:1.000 nella popolazione asitica.31
L’incidenza sul territorio italiano di 1:830, secondo quanto risulta dai Registri Nazionali Malformazioni Congenite dell’Istituto Superiore di Sanità32, con un’incidenza che varia dallo 0,01-0,82:1.000 nati vivi per quanto riguarda CL ± P a 0,45-0,58:1.000 nati vivi per CP29.
Secondi i registri europei nel periodo compreso tra il 1995 e il 1999 il 3,5% dei bambini con CL ± P è nato morto, mentre il 9,4% dei pazienti affetti proviene da gravidanze portate regolarmente a termine. Per quanto riguarda i bambini con CP le rispettive percentuali sono 2,4% e 8,1%.
Varie risultano essere le ipotesi sulla patogenesi della CGPS. I dati suggeriscono come la genetica e l’ambiente svolgano un ruolo a volte esclusivo, ma più spesso sinergico, sebbene alcuni studi confermino come conti di più la genetica e l’appartenenza a determinate
popolazioni piuttosto che l’ambiente33-35. Alcune condizioni
sindromiche (S. di Pierre Robin, S. di Van der Woud, S. CHARGE, S. di Wolf-Hirschorn, trisomia 13, trisomia 18, S. di Down), modificazioni genetiche congenite non sindromiche (perdita di SHH, MSX1, TGFβ3), l’esposizione volontaria, voluttuaria o lavorativa a determinate sostanze da parte della madre (alcool, fumo, corticosteroidi, isotretinoina anticonvulsivanti come fenitoina e trimetadione).36-38
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Per quanto riguarda queste ultimi cause accenniamo solo ad alcune di queste condizioni, in cui il rapporto è stato accertato, senza scendere nel dettaglio (per ulteriori approfondimenti rimandiamo il lettore a testi specifici sulla tematica):
Fumo: sembra ormai certo che il fumo aumenti di almeno 2 volte il rischio di CL ± P
Fenitoina: aumenta di 10 volte il rischio di CL ± P con rapporto causale diretto
Trimetadione: causa quella che viene detta Sindrome fetale da trimetadione39, caratterizzata da anomalie craniofaciali (tra cui CGPS), cardiovascolari, assenza di utero e reni, meningocele, onfalocele e ritardo mentale, con una percentuale di aborto spontaneo che si aggira intorno all’87%40.
Al tempo stesso pare che la CL ± P e CP siano spesso entità epidemiologicamente ed etiologicamente diverse: quest’ultima sembra associarsi più frequentemente a sindromi41 e colpisce maggiormente il
sesso femminile31, mentre la prima pare essere numericamente più frequente e colpire maggiormente i maschi.37 Entrambe aumentano all’aumentare dell’età dei genitori.42 Per motivi ancora sconosciuti
sembra che una coppia di genitori di cui uno dei due è stato operato di CGPS oppure hanno precedentemente avuto un altro figlio affetto ha il 2-5% di rischio in più di avere un neonato con CGPS.43
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Gli studi dell’EUROCAT Working Group affermano come la CP in Europa colpisce per il 55% dei casi in maniera isolata, nel 18% in relazione ad altre anomali mentre per il 27% è riconosciuta come parte di varie tipologie di sindromi.
La CL ± P invece, in uno studio comprensivo di circa 5.000 pazienti, riscontra come essa sia isolata nel 71% dei casi mentre associata ad altre anomalie nel 29%.44,45
Figura 1: dati internazionali provenienti da 57 registri europei raccolti nell'"Eurocran project" (www.eurocran.org) sulla prevalenza di CL ± P (A) e CP (B) ogni 1000 bambini nati vivi.
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1.5 CLASSIFICAZIONE
Per quanto riguarda le tipologie di classificazione che si possono adottare per schematizzare i vari difetti relativi all’ampio capitolo della CGPS, abbiamo a disposizione numerosi contributi di colleghi che si sono impegnati nel tentare di inquadrare nel modo più completo possibile queste malformazioni che hanno luogo in un distretto del corpo umano tanto piccolo quanto complesso. Dal punto di vista pratico bisogna considerare due tipi di classificazione:
la prima è basata su concetti clinici, la seconda sul meccanismo di formazione embriologica.
Classificazione clinica46
Cheiloschisi incompleta, quando interessa solo
parzialmente l’ altezza del labbro, in qualsiasi misura, ma senza compromettere il pavimento della narice. La deformazione dell’ ala del naso è modesta.
Cheiloschisi completa, quando è compromesso il pavimento della narice; l’ ala nasale è deformata vistosamente.
Cheilognatoschisi, quando la divisione è anche a carico dell’ osso mascellare.
Cheilognatopalatoschisi completa quando la fessura si estende per la totalità del labbro, palato duro e palato molle.
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Tutte queste forme cliniche possono essere unilaterali o bilaterali, associandosi in vari modi.
Inoltre parleremo:
Veloschisi, quando il difetto interessa il solo palato molle. Ugola bifida, quando è limitato alla sola ugola.
Queste schisi sono sempre mediane.
Bisogna poi ricordare due entità a se stanti che non rientrano nel concetto vero e proprio di CGPS, ma che vi somigliano per certi versi e sono la cheiloschisi cicatriziale quando il labbro non è schisato, ma presenta una linea verticale di aspetto cicatriziale od un lieve solco che può ricordare l’ esito di un intervento riparativo, e la schisi sottomucosa del palato dove il palato è apparentemente integro, ma i fasci muscolari sottostanti non si sono saldati sulla linea mediana.
21 Figura 2: a) Aspetto normale; b) Schisi monolaterale del palato primario associata a schisi
semplice del labbro (cheilognatoschisi semplice); c) Schisi bilaterale del palato primario associata a schisi doppia del labbro (cheilognatopalatoschisi bilaterale); d) Ugola bifida (uguloschisi); e)
Schisi del palato molle (veloschisi); f) Schisi monolaterale sinistra del palato secondario (palatoschisi), il setto è unito alla lamina palatina destra;
Figura 3: g) Schisi bilaterale del palato secondario, si noti la presenza del setto nasale posto centralmente alla schisi; h) Schisi monolaterale del palato primario e secondaria associata a schisi semplice del labbro (cheilognatopalatoschisi); i) Schisi bilaterale del palato primario e secondario associata a labioschisi bilaterale
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Classificazione embriologica6
Schisi del palato primario (labbro, premaxilla e setto anteriore) che si sviluppano dalla quarta alla settima settimana per un rinforzo mesodermico delle membrane branchiali e per la polarizzazione dell’ ectoderma.
Le schisi del palato primario possono essere complete (schisi posteriori al forame incisivo) o incomplete (non posteriori al forame incisivo), possono essere bilaterali, monolaterali o mediane. Nelle schisi mediane complete, l’intermaxilla può essere ipoplasica.
Schisi del palato secondario ( volta palatina – dal forame incisivo o al suo vestigio, la papilla incisiva fino all’ ugola) che si sviluppa tra la settima e la dodicesima settimana per il cambio di posizione delle lamine palatali che crescono, si incontrano e si fondono al forame incisivo.
Le schisi del palato secondario possono essere complete (anteriori al forame incisivo) o incomplete (posteriori al forame incisivo). Un’altra forma di schisi del palato secondario, secondo questa classificazione è la schisi sottomucosa.
Schisi combinate del palato primario e secondario: possono coesistere e sottointendono una prolungata esposizione dell’ embrione a fattori teratogeni.
A queste due classificazioni molto tecniche alcuni chirurghi hanno affiancato dei loro contributi personali basati sull’esperienza quotidiana. Citiamo tra le tante classificazioni, senza scendere nel
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dettaglio, quelle di Veau, di David-Ritchie, di Kernahan, di Millard, di Spina, ognuna con le proprie caratteristiche peculiari, pregi e difetti.31
Figura 4: Schemi relativi alle classificazioni di Veau e Millard
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CAPITOLO II
2.1 ANOMALIE SCHELETRICHE
E’ opportuno considerare separatamente le alterazioni anatomiche che si presentano in una schisi monolaterale da quelle caratteristiche di una schisi bilaterale.
LABIOPALATOSCHISI MONOLATERALE
Le caratteristiche alterazioni scheletriche di una schisi monolaterale sono: lo spostamento laterale della porzione premaxillare priva di schisi del mascellare, la malformazione del naso e lo spostamento laterale del setto nasale.
Premaxilla e setto nasale
Nell’ uomo, tranne che per un breve periodo embrionale, la premaxilla non esiste come entità autonoma. Rappresenta quella parte del mascellare anteriore alla sutura incisiva ed ai canini. E’ costituita da osso alveolare che accoglie gli incisivi, e da osso basale che ha funzione scheletrica.
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Nelle forme monolaterali la premaxilla è ruotata verso l’ alto. Il setto nasale cartilagineo è anche esso piegato lateralmente e verso l’alto. Il fatto che il setto nasale sia deviato significa che deve essere anche più corto verticalmente; per questo motivo la premaxilla, a cui è connesso, subisce una riduzione della crescita verticale fino a che le cartilagini del setto nasale restano inclinate.47
Vomere e processo palatino
La palatoschisi monolaterale favorisce la fusione del palato secondario sul lato sano perché il setto è deviato verso quel lato. Il lato sano del palato secondario, dove il vomere si unisce al processo palatino, corrisponde sempre al lato del palato primitivo sano. Sul lato della schisi la fusione del palato secondario è ostacolata a causa dell’ aumento della distanza tra il processo palatino, il setto nasale e il processo palatino controlaterale.
Alla nascita entrambe le cavità sono funzionalmente ostruite: il lato sano, a livello della narice, il lato con la schisi a livello delle conche.48
LABIOPALATOSCHISI BILATERALE
Setto nasale, premaxilla e vomere
L’osso basale della premaxilla è in rapporto superiormente con le cartilagini del setto e posteriormente con il vomere; lateralmente
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è in rapporto con il mascellare. In una struttura normale il processo alveolare della premaxilla è localizzato direttamente al di sotto dell’osso basale, mentre in condizioni di schisi bilaterale è in posizione anteriore sul piano orizzontale. Normalmente l’osso basale e la spina nasale anteriore si trovano dietro al punto antero-inferiore del setto nasale. In una schisi bilaterale l’osso basale è avanzato ed adattato intorno a questo punto e la spina nasale anteriore va al di sopra del margine anteriore del setto. Risulta che in una schisi bilaterale completa ci sarà una malformazione della premaxilla, caratterizzata da una sua protrusione in toto, rispetto alle cartilagini del setto nasale e da una protrusione del processo alveolare. Questo farà si che le dimensioni della columella del naso siano ridotte ed in tal modo il labbro aderirà direttamente alla punta del naso.6
In presenza di schisi bilaterale, il bordo inferiore della cartilagine del setto nasale è rinforzato dall’ osso che fa da sostegno alla premaxilla, cioè dal vomere. La premaxilla, infatti, è un osso pari ed è connesso al vomere sulla linea mediana mediante la sutura interpremaxillare, che costituisce il terzo anteriore della sutura mediana del palato. Posteriormente, la premaxilla è formata da due processi infravomerini che la suturano al vomere stesso. L’ estremità supero-anteriore del vomere si adatta, invece, al setto nasale, mentre la sua estremità posteriore si articola con lo sfenoide.12
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Mascellare
I processi alveolari sono coperti da mucosa gengivale e divisi medialmente dalla mucosa palatina da una depressione che corrisponde al proceso alveolare palatino, con cui l’epitelio orale ha connessioni fibrose. I denti in crescita sono posti lateralmente a questo solco, mentre l’area mediale corrisponde al processo orizzontale del mascellare e palatino, che è ricoperta da uno spesso strato di mucosa palatale.
La lingua esercita una grande influenza sulla forma e le dimensioni delle lamine palatine affette da schisi, soprattutto nei pazienti affetti dalla anomalia di Pierre Robin.49 Tale sindrome comprende ipoplasia mandibolare, ostruzione respiratoria dovuta a glossoptosi e palatoschisi.
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2.2 MUSCOLI
Nella labiopalatoschisi le strutture muscolari possiedono
caratteristiche anatomiche e strutturali particolari, differenti da quelle dei soggetti normali. I muscoli, durante la crescita, non si incontrano sulla linea mediana e prendono quindi inserzione in punti diversi. Queste inserzioni anomale impediscono che i muscoli acquistino una completa funzionalità ed il loro sviluppo resta, quindi, incompleto.
I MUSCOLI DEL LABBRO
Il muscolo orbicolare
E’ il principale muscolo del labbro e circoscrive la rima orale. Si compone di due parti: superficiale e profonda. Le fibre superficiali sono collegate superiormente al mascellare e al setto. E’ in intimo rapporto con la cute. La porzione superficiale unisce le labbra, le sue fibre si contraggono indipendentemente partecipando alla mimica facciale.
Lo strato profondo del muscolo circonda la rima orale, è in rapporto con la mucosa e funziona esclusivamente come muscolo costrittore.
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SCHISI MONOLATERALE
In caso di cheiloschisi monolaterale completa, le fibre del muscolo orbicolare decorrono orizzontalmente dall’ angolo della bocca verso la linea mediana, ruotano verso l’ alto lungo i bordi della schisi e si inseriscono poi sotto la base dell’ ala del naso e medialmente sotto la base della columella, dove la maggior parte raggiunge il periostio del mascellare, il resto si disperde nello strato sottocutaneo.
Nelle forme minori di schisi incompleta, fibre muscolari raggiungono l’ apice della schisi e passano dai segmenti labiali laterali a quelli mediali. Tuttavia, il muscolo che si trova all’ interno della schisi contiene numerose fibre di tessuto connettivo.20 La rete arteriosa, lateralmente alla schisi, segue il
decorso delle fibre del muscolo orbicolare ed il margine del difetto, andando in alto verso l’ ala nasale. C’è quindi, nella parte media del labbro, un’insufficiente apporto ematico oltre che un’insufficiente sviluppo dei muscoli.
Labbro e Columella
Il labbro al di sopra della premaxilla è sottoposto ad una trazione muscolare monolaterale, questo può essere spiegato con il fatto che le fibre del muscolo orbicolare si inseriscono sul bordo della schisi lungo il vermillion, che tende a ruotare.
La columella è evidente dal lato della narice sana, mentre dal lato della schisi è unita all’ala del naso allungata. La cute della
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columella è più sviluppata rispetto ad una schisi bilaterale, ma il setto nasale deviato e le cartilagini alari asimmeriche rendono impossibile un normale sviluppo di una columella simmetrica e di un’ adeguato sostegno per il naso.
SCHISI BILATERALE
Nella cheiloschisi bilaterale completa, i monconi del muscolo e la rete arteriosa dei segmenti laterali del labbro sono simili a quelli della schisi monolaterale, cioè le fibre muscolari decorrono verso l’ alto lungo il margine della schisi per poi unirsi in corrispondenza dell’ angolo della bocca con gli altri muscoli mimici. Il segmento labiale mediale o prolabio, invece, è composto solo da tessuto fibroso, in cui si trova una ricca rete vascolare che trae origine dalle arterie del setto e della columella. Nella cheiloschisi bilaterale incompleta le fibre muscolari dei segmenti laterali attraversano la schisi nel segmento labiale mediale e la riempiono del tutto.13,21 Nella schisi incompleta
monolaterale, il muscolo attraversa la schisi solo se il ponte di tessuto molle occupa almeno un terzo dell’ altezza del labbro.
Il labbro e la columella
La forma normale del labbro superiore, in particolare del filtro, dell’ angolo filtro- columella, e dell’ arco di Cupido, è determinata soprattutto dalla muscolatura sottostante. Le fibre dei muscoli labiali hanno la loro inserzione cutanea ai lati del filtro
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che, non ricevendo tale sostegno, si presenta come una depressione in posizione mediana. Il margine inferiore del muscolo orbicolare si inserisce lungo il vermillion e, con gli altri muscoli labiali, sembra sollevare il tubercolo che si trova al di sotto del filtro. La muscolatura labiale si inserisce profondamente nella cute alla base della columella e sul pavimento delle narici, facendola aderire all’ osso sottostante.
In una schisi bilaterale, a causa della protrusione della premaxilla la parte mediale del labbro superiore è notevolmente eversa.50 La
columella, anche se assente dal punto di vista clinico, non lo è anatomicamente. Le cartilagini alari e le cartilagini del setto nasale sono infatti nascoste dal processo alveolare sporgente; la cute della columella corrispondente è però, ipoplasica.51
32 Figura 5: Anatomia normale della
muscolatura buccale
Figura 6: Illustrazionedi una schisi monolaterale con inserzione anomala del m. orbicolare della bocca che trascina con sé la struttura nasale, geniena e labiale
Figura 7: Schisi bilaterale. Nel segmento centrale vi è l'assenza totale di strutture muscolari
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I MUSCOLI DEL PALATO
Il muscolo tensore del velo del palato
E’ un muscolo piatto che origina dallo sfenoide (fossa scafoide e spina angolare) e dalla cartilagine della tuba di Eustachio; decorre antero-inferiormente e si restringe verso l’ hamulus (uncino pterigoideo), dove si inseriscono alcune fibre. La maggior parte di queste fibre forma un tendine che gira ad angolo retto intorno all’ hamulus e si allarga a ventaglio verso il centro del palato per fissarsi al margine posteriore della lamina orizzontale dell’ osso palatino costituendo l’ aponeurosi palatina. Questa occupa tutto il terzo anteriore del velo. La sua azione è di allungare l’ aponeurosi fino all’ hamulus ed inoltre sollevare il palato molle; tuttavia se inizialmente il palato molle si trova più in alto le fibre tensori lo abbassano. Il tensore, quindi, può essere sia in sinergia che in antagonismo con il muscolo elevatore, a seconda delle circostanze, e costituisce anche il dilatatore più importante dell’ orifizio della tuba di Eustachio. Nella palatoschisi il tensore si presenta più sottile che nei soggetti normali. Nella maggior parte dei casi la parte frontale si estende lungo la rudimentale aponeurosi palatina verso la spina nasale posteriore o lateralmente verso l’ estremità posteriore dell’ osso palatino. Alcune fibre terminano nell’ aponeurosi. La parte principale del tendine si curva all’ indietro verso il margine della schisi del palato molle dove si continua nei fasci anteriori del muscolo elevatore come un singolo fascio muscolo-tendineo inaspettatamente spesso.
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Il muscolo elevatore del velo del palato
E’ un muscolo di forma cilindrica che dalla rocca petrosa dell’ osso temporale e dalla tromba di Eustachio si porta al palato molle ricongiungendo ad arco le sue fibre con quelle dell’ altro lato.
Il muscolo elevatore solleva e sposta il palato molle all’ indietro, facendolo poggiare contro la parete posteriore della faringe e tende a restringere la tuba di Eustachio.52 Nella palatoschisi il muscolo
elevatore appare ipoplasico bilateralmente. I fasci posteriori decorrono postero-lateralmente verso i fasci del muscolo faringopalatino a cui in parte si collegano, quindi penetrano nella volta palatina posteriore in prossimità della base dell’ ugola; i fasci mediali si aprono a ventaglio fino ai margini della schisi; i fasci anteriori sono collegati attraverso un tendine triangolare proveniente lateralmente dalla spina nasale posteriore verso l’ estremità posteriore del palato duro, mentre la parte laterale di questi fasci tendinei si piega ed entra nella costituzione del tendine tensore (questo generalmente nelle forme minori di schisi), oppure si collega direttamente alla parte compatta di quest’ ultimo. Nel primo caso alcuni fasci anteriori avanzano per alcuni millimetri lungo il bordo della schisi del palato duro.
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Il muscolo faringopalatino
E’ diviso in tre parti:
1) porzione palatina: origina dalla cartilagine tiroidea e dalla parte adiacente della parete faringea attraverso l’ arco faringopalatino e si inserisce a ventaglio nel rafe.
2) Porzione pterigofaringea: nasce dalle pareti faringee posteriore e laterale e si inserisce a livello dell’ hamulus e nell’ aponeurosi palatina, fondendosi con la porzione pterigofaringea del muscolo costrittore superiore faringeo.
3) Porzione salpingofaringea: è quella più debole. I suoi fasci muscolari si distaccano dalla porzione precedente per inserirsi sul margine inferiore dell’ orifizio della tuba di Eustachio.
Il faringopalatino ha la funzione di restringere l’ istmo rinofaringeo unendo i due archi faringopalatini. Il palato molle viene trascinato postero-inferiormente, poiché le volte faringopalatine si allungano e si restringono allo stesso tempo, la porzione tiroidea solleva laringe e faringe, soprattutto durante la deglutizione e la parte tubarica facilita la dilatazione della tuba di Eustachio. Nella palatoschisi il muscolo è ben sviluppato. Tuttavia la porzione palatina differisce dal normale nel suo punto di inserzione. Sebbene una minima parte delle sue fibre finisce nel bordo della schisi, la maggior parte passa oltre questo bordo e si inserisce sul margine posteriore del palato duro e sulla spina nasale posteriore. Alcune fibre, infine, avanzano lungo il bordo della schisi, insieme ai fasci del muscolo elevatore.
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Anche il punto di inserzione della porzione pterigoidea è differente dal normale, infatti si estende dall’ hamulus attraverso la lamina mediale del processo pterigoideo, fino alla porzione laterale dell’ aponeurosi.
Il muscolo glossopalatino
E’ un muscolo sottile. Origina dal muscolo trasverso della lingua, passa nell’ arco glossopalatino e si inserisce, a forma di ventaglio, nei muscoli del palato molle.
Insieme al muscolo opposto, forma lo sfintere anteriore pretonsillare, che restringe l’ istmo orofaringeo, ed è antagonista al muscolo elevatore. Nella palatoschisi è il muscolo più superficiale del palato molle e si trova accanto allo strato di grasso sottomucoso. Spesso la sua inserzione palatina si estende oltre l’ estremità posteriore del palato duro e si inserisce più anteriormente da tre a cinque millimetri nel periostio del palato duro.
Il muscolo dell’ ugola
E’ lungo e sottile. Va dalla spina nasale posteriore alla punta dell’ ugola. Accorcia l’ ugola sollevandola. Nella palatoschisi scorre sul bordo della schisi, ed i suoi fasci sono fusi a quelli del faringopalatino e del muscolo elevatore.
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Il muscolo costrittore superiore faringeo
E’ quadrangolare e circonda, posteriormente e lateralmente, il terzo superiore della parete faringea. Si tratta del più profondo dei muscoli costrittori faringei. In base ai suoi punti di inserzione si distinguono quattro porzioni: pterigofaringea, orofaringea, milofaringea e glossofaringea.
Sia in condizioni normali che in caso di schisi è caratteristica una stretta fusione dei suoi fasci con quelli della porzione pterigofaringea del muscolo faringopalatino.
Le anomali inserzioni muscolari riferite in caso di palatoschisi sono quelle che più frequentemente si presentano. E’, però, opportuno far notare che in alcuni casi, queste sono diverse da quelle descritte. In linea generale, va detto che esiste una notevole differenza fra la disposizione normale dei muscoli e quella in caso di schisi. Questo è dovuto al fatto che i muscoli che si estendono verso la linea centrale del palato molle non possono collegarsi ad un punto fisso, inserendosi perciò in alcuni punti sostitutivi. Questi punti, impediscono ai muscoli di acquistare una completa funzionalità, per cui il loro sviluppo è anomalo.
Pertanto lo scollamento dei muscoli e il loro riposizionamento diventano requisiti essenziali per la buona riuscita dell’ intervento ricostruttivo delle schisi labiopalatine. Tale manovra assicura un adeguato sviluppo e una valida attività muscolare mediante l’ unione delle fibre muscolari.
38 Figura 8: Anatomia normale (a destra) e nella schisi palatale (a sinistra)31
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CAPITOLO III
3.1 ADOZIONI INTERNAZIONALI E BAMBINI
“SPECIAL NEEDS”
Sebbene l’opera in questione sia una Tesi di Laurea in Medicina e Chirurgia di stampo prettamente chirurgico, non possiamo esimerci dalla trattazione essenziale della tematica delle adozioni e nello specifico delle adozioni internazionali dei bambini cosidetti “special
needs”, bambini con bisogni speciali. L’adozione è un passo
importante, un gesto d’amore infinito per le famiglie che decidono di intraprendere questo percorso, quindi crediamo, a maggior ragione, che le poche pagine di questo capitolo siano il giusto tributo da dedicare a tutti coloro che accettano di adottare un bambino e, nel nostro caso specifico, dei minori affetti da CGPS. Non ci addentreremo in tecnicismi relativi all’iter di adozione e alla burocrazia, alle motivazioni e alle aspettative delle famiglie, ma ci limiteremo a valutare alcuni dati e a cercare di capire come questo fenomeno sia in continua espansione e come la nostra esperienza possa intersecarsi con quella delle famiglie e dei loro bambini.
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Innanzitutto cosa si intende per bambini con bisogni speciali:
un minore che necessità di essere adottato ha già di per sé dei bisogni diversi dai suoi coetanei. La definizione “special needs” è una sorta di ombrello sotto il quale possiamo raggruppare tutti quei bambini che possiedono una serie di caratteristiche che ne rende più complessa la gestione. Parliamo di bimbi con patologie varie come malattie infettive (HIV, HBV, HCV), disordini metabolici (diabete, malattie tiroidee), condizioni patologiche a carico dei vari apparati
(gastroenterico, muscolo-scheletrico, tegumentario, urogenitale,
cardiovascolare, respiratorio, linfoemopoietico), difetti congeniti (nel nostro caso bambini con CGPS e sindromi associate) , ma anche problemi psicologici (spesso a causa di ciò che hanno subito nel Paese d’origine: abusi, guerre, condizioni socioeconomiche pessime) e neuropsichiatrici (autismo, disabilità all’apprendimento di vario grado, disordini cognitivi). Questi piccoli hanno bisogno di un sostegno maggiore e le famiglie che li accolgono devono essere adeguatamente preparate.53,54
I minori adottati internazionalmente nell’anno 201355 ammontano a
2.291 unità. Abbiamo cercato di capire quale sia la percentuale di bambini “special needs” che, di anno in anno, viene adottata dalle famiglie italiane. Ci siamo messi allora in contatto direttamente con lo stesso CAI, l’ISTAT e il Ministero della Giustizia – Dip. Giustizia Minorile e quest’ultimo ci ha comunicato che non esistono dati completi sul tema. Le uniche stime sul fenomeno provengono da studi effettuati dal CIAI – Centro Italiano Aiuti all’Infanzia: negli ultimi 10 anni c’è stato un netto aumento delle adozioni internazionali di bambini “special needs”, che raggiungono circa il 70% del totale
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delle adozioni effettuate, con un 28% di minori con problemi di salute (poco più di 600 bambini sul totale delle adozioni del 2013 ). Non siamo in grado di reperire statistiche e numeri su quanti bambini con CGPS vengono adottati ogni anno e non vi è nessuna associazione o ente pubblico o privato che si sia mai preso la briga di analizzare questo flusso, per nulla trascurabile. Ma è altresì vero che possediamo numeri e statistiche sull’incidenza annuale di questa patologia in Italia (poco meno di 600 nuovi casi l’anno) e del numero di nuovi pazienti che ogni anno vengono operati qui al Percorso Labiopalatoschisi di Pisa (151 nuovi casi per il 2012, quindi un quarto del totale con il 78% provenienti da fuori regione). Questi dati ci fanno immaginare come negli ultimi anni, oltre che per i casi nazionali, anche per i minori adottati il Centro di Riferimento di Pisa non sia più soltanto un punto strategico nel panorama sanitario regionale, ma funga da collettore da altre parti d’Italia.
L’Italia risultava essere all’avanguardia per quanto riguarda la legislazione sulle adozioni internazionali. La prima legge che regolamenta questo tipo di istituzione, la Legge 184, risale al 1983 (ben 10 anni prima della “Convenzione sulla Protezione dei Minori e sulla Cooperazione in Materia di Adozione Internazionale fatta a L’Aja il 29 maggio 1993”) e la sua modifica nel 1998 proprio per adeguamento al documento proveniente dai Paesi Bassi con la Legge 476. Questa lungimiranza da parte del legislatore di allora stride oggi con due grossi scogli: le lungaggini del sistema esecutivo italiano a causa proprio delle medesime leggi (all’avanguardia allora, obsolete ad oggi) e, come se non bastasse, quelle degli Stati d’origine dei piccoli in attesa di raggiungere l’Italia e le loro nuove famiglie. Molti
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Paesi hanno sistemi molto più farraginosi del nostro, inoltre alcuni di questi paesi non hanno rattificato la Convenzione de L’Aja. Questo crea non poco problemi e blocca un numero elevato di richieste che avrebbero ricevuto il nullaosta da parte delle autorità italiane (recenti sono le vicende riguardanti il Congo, la Russia e altri Paesi di provenienza)56,57. Il tutto è condito da spese esorbitanti per le famiglie
che vogliono intraprendere questo percorso a causa dell’obbligo, legittimo ma oneroso, di doversi appoggiare ad enti riconosciuti, di effettuare viaggi verso i Paesi d’origine per entrare in contatto con il “futuro adottando” e alle richieste dei Paesi stessi, alle spese legali e quant’altro58: si raggiungono in alcuni casi i 40.000 € e questo rende
proibitivo a molte famiglie che per condizioni socioeconomiche, per storia familiare e personale e per disponibilità, sarebbero il perfetto prototipo della genitorialità, ma che non hanno la possibilità economiche per supportare queste “spese preliminari” che nulla hanno a che vedere con la capacità di garantire un’esistenza degna di questo nome a quello che potrebbe essere il loro futuro figlio.
Concludiamo queste poche pagine, in cui abbiamo voluto accennare brevemente al panorama estremamente complicato delle adozioni internazionali, sottolineando come l’unica cosa che in queste situazioni ha valore è l’Amore che queste persone decidono di regalare ai loro futuri figli, tanto in Italia quanto altrove nel Mondo, soprattutto Occidentale, dove spesso vigono leggi e concessioni diverse e più progressiste che, a prescindere da come la si pensi, garantiscono un’esistenza dignitosa e più umana a questi piccoli.
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CAPITOLO IV
4.1 PROTOCOLLO RELATIVO
ALL’APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE
DELLA CHIRURGIA PLASTICA DI PISA
I molteplici problemi relativi alle malformazioni fissurali, come le deformità dell’arcata dentoalveolare, le anomalie nasali, l’ ipoplasia mascellare, la motilità delle tube uditive e le difficoltà di linguaggio interessano il dominio di molte discipline. In passato e purtroppo, ancora oggi in molti centri ospedalieri, questi problemi vengono affrontati separatamente da parte degli specialisti.
Presso la Divisione di Chirurgia Plastica di Pisa diretta dal Dott. Alessandro Massei fino al 2008 è operante un gruppo interdisciplinare per il trattamento ed il follow-up dei pazienti affetti da labiopalatoschisi. Il gruppo di lavoro, esistente già dall’inizio degli anni settanta sotto la direzione del Prof. Paolo Santoni Rugiu (comprendente allora solo chirurgo plastico, neuropsichiatra e radiologo) ha successivamente assunto, sotto la direzione del Dott. Alessandro Massei (divenuto nel frattempo Primario del Reparto), un assetto multidisciplinare completo con riconoscimento, da parte della regione, di Centro di riferimento per questa patologia. Dal 1993 è stato istituito un protocollo di trattamento al quale partecipano il
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chirurgo plastico, il neonatologo, il neuropsichiatra infantile, il logopedista, l’ ortodontista, il genetista, l’otorinolaringoiatra, lo psicologo e il neuroradiologo. Con questo protocollo sono seguiti tutti i bambini affetti da labiopalatoschisi operati a Pisa, provenienti sia dai 41 punti nascita della toscana che dalle altre regioni.59
Tale protocollo ha come “motore” l’ Unità Operativa di Chirurgia Plastica di Pisa.
Il primo approccio al problema può iniziare già durante la vita intrauterina, qualora sia verificata (non sempre accade) all’ecografia eseguita routinariamente, la presenza di una schisi del labbro, del mascellare o del palato. Già a questo livello è importante che l’ intervento sia multidisciplinare. Vi è infatti la necessità di valutare ed approfondire la situazione organica con esami genetici, escludendo eventuali altre malformazioni associate, ma è anche importante che il chirurgo plastico abbia un primo contatto con i genitori, per illustrare loro le possibilità che le attuali tecniche di intervento consentono, dando loro una speranza ed una rassicurazione riguardo al futuro su un piano di realtà, mentre è compito del neuropsichiatra infantile o dello psicologo accogliere ed elaborare con i genitori il dolore, le angosce e le fantasie che una tale scoperta comporta.
Quando non è possibile fare una diagnosi prenatale è importante che il primo approccio multidisciplinare avvenga subito dopo la nascita. E’ infatti fondamentale un corretto approccio sin dalla sala parto e dai primi giorni di vita e in questo senso è molto importante l’opera del neonatologo che ha il compito sia di effettuare gli opportuni controlli di natura organica, sia di restituire ai genitori la diagnosi in maniera non ansiogena, ma il più possibile contenente e rassicurante.
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ETA’ QUADRO CLINICO SPECIALISTA SERVIZIO
VITA INTRAUTERINA 9-38 SETTIMANA ECOGRAFISTA CHIRURGO PSICOLOGO GENETISTA
ECOGRAFIA PRIMO LIVELLO
CONSULENZA
DI SOSTEGNO
CONSULENZA, ESAMI GENETICI
NASCITA 0-4 SETTIMANA CGPS BILATERALE NEONATOLOGO CHIRURGO GENETISTA PSICOLOGO
ESAME OBIETTIVO, ECO CARDIO ECO CEREBR, OPUSCOLI ISTRUZ.
CONSULENZA
SINECHIA SEC. RANDALL-GRAHAM MODIF. (SE SCHISI OSSEA > 0,8 MM)
CONSULENZA CONSULENZA 3 MESI CS MONO/BILAT CGS MONO/BILAT CGPS MONO/BILAT CHIRURGO
MONO: LABIOPLASTICA SEC. TENNISON MODIF. BIL: LABIOPL. SEC. MULLIKEN
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(continua) (continua) CHIRURGO
(continua)
NEUROPS. INF.
OTORINO
+ PERIOSTIOPLASTICA SEC. MASSEI IMPRONTE, MISURE, FOTO
COLLOQUIO GENITORI
OTOSCOPIA (SE CGPS)
6 MESI CS BIL, CGS BIL CGPS
MONO/BIL, PS
CHIRURGO
OTORINO
PALATOPL. SEC. V-W
OTOSCOPIA (SE PS)
7 MESI CGPS, PS NEUROPS. INF. CONSULENZA
12 MESI CS, CGS, CGPS, PS CHIRURGO ORTODONTISTA GENETISTA OTORINO AMBULATORIO INTERDISCIPLIN. OTOSCOPIA (CGPS. PS) 24 MESI CS, CGS, CGPS, PS CHIRURGO ORTODONTISTA NEUROPS. INF. AMBULATORIO INTERDISCIPLIN. (CONTROLLI SEMESTRALI) VALUTAZ. PSICOL./LINGUAGGIO (PROSEGUE SEMESTR. O DIVERSIF.)
48 6 ANNI CGS, CGPS, PS CGPS, PS ORTODONTISTA CHIRURGO OTORINO
OPT, TELERAD, IMPRONTE, FOTO CORREZ. X-BITE
PERIOSTIOPL. 2° VIDEOENDOSCOPIA ED EVENT.
FARINGOPLASTICA
OTOSCOPIA, AUDIOM , IMPEDENZ.
8-14 ANNI CGS, CGPS, PS
ORTODONTISTA
NEURORADIOL. CHIRURGO ORTODONTISTA
OPT. TELERAD.-OCCL, FOTO, IMPRONTE, TERAPIA EV. TC 3D MASCELLARE
EV. INNESTO OSSEO PREPARAZ. CHIR. ORTOGN. + RIL.
DATI FINE CRESCITA
15-20 ANNI CS, CGS, CGPS CHIRURGO CORREZIONE ESITI, EVENT.
CHIRURGIA ORTOGNATICA
Tab. 1 – Protocollo multidisciplinare per il trattamento della CGPS all’interno del Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica, Centro di Riferimento Regionale per la Labiopalatoschisi – Percorso Labiopalatoschisi30
Andranno poi correttamente gestite e affrontate le necessità del bambino in relazione alla difficoltà di alimentazione che la malformazione comporta, ma che sono spesso enfatizzate e vissute con preoccupazione. L’allattamento al seno è reso spesso molto difficile dalla presenza della schisi per motivi di natura anatomofunzionale, ma anche psicologici. È fondamentale perciò, per ridurre al minimo il ricorso in futuro al logopedista, oltre ad eseguire
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una precoce chiusura del palato, che il bambino passi il più tardi possibile all’uso del cucchiaino quando mangia. Questo perchè i movimenti di suzione e di deglutizione sono riconosciuti propedeutici per un successivo corretto sviluppo articolatorio del linguaggio. I consigli ai genitori su come affrontare l’alimentazione sono importanti dal momento che il raggiungimento di un peso adeguato è essenziale per poter effettuare l’intervento chirurgico nei tempi previsti dal protocollo.
Da molti anni ormai si ritiene che questo vada eseguito quanto più precocemente possibile sia per favorire in tempi brevi il ripristino di una funzione il più corretta possibile, sia per motivi di ordine psicologico. Il protocollo di Pisa prevede il primo tempo chirurgico a due mesi per la chiusura del labbro e del mascellare. Tale età è ritenuta importante da un punto di vista anatomofunzionale soprattutto per la periostioplastica del mascellare in quanto è attorno ai quattro mesi che si ha la massima produzione di tessuto osseo e quindi la possibilità di una più efficace ricostruzione dell’osso stesso.
La chiusura definitiva del palato poi avviene entro i cinque mesi, epoca molto precoce rispetto ad altri centri. La ragione di questa scelta sta nella possibilità di ricreare precocemente una normale condizione anatomica che permetta una corretta funzionalità della muscolatura palatina soprattutto in relazione ai movimenti di suzione e deglutizione, fondamentali per un regolare sviluppo futuro del linguaggio e per una azione di drenaggio delle tube uditive.
L’ intervento precoce ha poi anche importanti considerazioni di ordine psicologico, in quanto rassicura i genitori sulla possibilità di “aggiustare” ciò che era malformato. Anche al momento dei primi
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interventi chirurgici si prevede l’intervento del neuropsichiatra infantile mediante colloqui di sostegno con i genitori per poter accogliere le loro ansie ed aiutarli ad elaborarle in modo costruttivo. Successivamente viene prevista una seduta di gioco con i genitori ed il bambino attorno al settimo mese, epoca in cui cominciano di solito le prime produzioni linguistiche. Questo incontro ha sempre un valore di rassicurazione nei confronti dei genitori.
A partire dal primo anno sono effettuati, con gli altri specialisti, controlli annuali volti a valutare lo sviluppo anatomofunzionale e psichico del bambino nel tempo e quando necessario eseguire i dovuti interventi di correzione.
Al fine di rendere l’offerta più completa ed efficace possibile, il 21 febbraio del 2014 è stato inaugurato il Percorso Labiopalatoschisi al piano terra dell’edificio 15 dell’Ospedale Santa Chiara, un percorso assistenziale che prevede la presenza contemporanea di tutti gli specialisti richiesti dal Protocollo Pisano nei loro rispettivi ambulatori. Questa iniziativa è stata pensata e sviluppata nel corso degli anni: i membri del Centro di Riferimento Regionale per la Labiopalatoschisi dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica di Pisa si sono resi conto di come sia difficile sostenere i genitori e i parenti dei piccoli pazienti affetti da CGPS, oltre che da un punto di vista psicologico anche logistico (visto il grosso afflusso di pazienti da altre regioni d’Italia che raggiungono il picco di oltre l’83,3% nel 2011 con 130 bambini su 156).
Il Percorso Labiopalatoschisi ha dunque lo scopo di garantire la presenza simultanea di tutti gli specialisti impegnati nella cura della CGPS, così da concentrare gli appuntamenti di controllo in un’unica
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giornata e facilitare gli spostamenti delle famiglie che provengono da tutta Italia, oltre a permettere a tutto il team di gestire in maniera unica e ottimale tutte le fasi: diagnosi, cura e riabilitazione.
Le figure professionali che compongono il team multidisciplinare del Percorso Labiopalatoschisi, diretto dal Dr. Gian Luca Gatti, sono:
Dr. Alessando Giacomina (Chirurgo Plastico) Dr.ssa Beate Kuppers (anestesista pediatra) Dr.ssa Margherita Nardi (pediatra)
Dr. Paolo Ghirri (neonatologo)
Prof. Mario Gabriele (odontostomatologo)
Dr.ssa Sara Bigagli (ortodontista esperta in
labiopalatoschisi)
Dr.ssa Renata Salvadorini (logopedista) Dr.ssa Francesca Forli (otorinolaringoiatra)
Dr.ssa Francesca Strigini (ginecologa – diagnosi prenatale) Dr.ssa Benedetta Toschi (genetista)
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4.2 IL TRATTAMENTO DELLA
CHEILOSCHISI E DELLA PALATOSCHISI
PRIMARIE E SECONDARIE
I pazienti oggetto del nostro studio hanno due peculiarità:
Sono bambini in adozione internazionale, in alcuni casi già operati nel Paese di origine, in altri casi ancora da operare, che vengono definiti “special needs” proprio a causa del fatto che sono affetti da CGPS (vedi capitolo relativo per la definizione di “bambini con bisogni speciali”.
Hanno età e, in generale, tutta una serie di condizioni che come, è facile dedurre, non permettono loro di rientrare nel
Protocollo Multidisciplinare del Percorso
Labiopalatoschisi di Pisa.
Questi pazienti possono arrivare alla nostra attenzione avendo subito già un intervento nel loro Paese di origine, e necessitano quindi di una revisione, oppure non sono mai stati operati né al palato né al labbro. Toccherà quindi a noi agire nel miglioredei modi, cercando di adattare il nostro protocollo alle loro esigenze visto che, nella maggior parte dei casi, saranno pazienti che avranno superato l’età di operabilità secondo la nostra consolidata timeline. Vedremo infatti, nella discussione del nostro studio, come queste condizioni ci costringono a risolvere una serie di problematiche abbastanza complesse.
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4.3 PROTOCOLLI CHIRURGICI
ALL’INTERNO DELLA CHIRURGIA
PLASTICA PISANA:
ELENCO DELLE TECNICHE UTILIZZATE
Nel corso degli anni le tecniche utilizzate all’interno del Percorso Labiopalatoschisi di Pisa sono state numerose, con alcune variazioni relative all’acquisizione di nuove conoscenze da parte dell’équipe chirurgica composta dal Dott. G. Gatti e dal Dott. A. Giacomina, le condizioni specifiche in cui si presentavano i singoli pazienti e l’adattamento alle stesse. Nello specifico, per il trattamento dei bambini adottati, le tecniche sono state le medesime che vengono applicate all’interno del Protocollo Pisano (con la sola variante del tempo) per quanto riguarda i bambini che subivano per la prima volta un intervento per la correzione del difetto (chirurgia primaria, quindi quando abbiamo agito su tessuti ancora vergini dal punto di vista chirurgico), mentre per i pazienti che hanno dovuto subire una revisione chirurgica (chirurgia secondaria) di interventi precedenti, ma con scarsi risultati estetici e/o funzionali, si è dovuta tentare la strada dell’adattamento delle tecniche teorizzate e applicate comunemente per la chirurgia primaria, ma che potessero, al netto delle difficoltà tipiche delle operazioni su esiti pregressi, adattarsi paziente per paziente.
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Qui di seguito verranno elencate le tecniche chirurgiche che l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica ha messo in pratica per il trattamento dei pazienti adottati i cui genitori si sono rivolti al Percorso Labiopalatoschisi.
1. CORREZIONE DELLA CHEILOGNATOSCHISI:
Per il trattamento della schisi labiale:
Sinechia labiale preliminare sec. Randall-Graham (detta
Lip Adhesion) mod.
Cheiloplastica monolaterale sec. Tennison-Randall mod. Cheiloplastica bilaterale sec. Mulliken mod.
Per il trattamento della schisi del processo alveolare del mascellare (in contemporanea alla correzione della schisi labiale):
Periostioplastica sec. Massei
Per la correzione della deformità nasale (in contemporanea alla correzione della schisi labiale):
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2. CORREZIONE DELLA PALATOSCHISI:
Palatoplastica sec. Veau-Wardill-Kilner Palatoplastica sec. Bardach
Palatoplastica sec. Mulliken
3. ALTRE TIPOLOGIE DI INTERVENTO
(alcune di queste descritte brevemente nel paragrafo relativo)1. CORREZIONE DELLA CHEILOGNATOSCHISI:
Sinechia labiale preliminare sec. Randall-Graham (detta Lip
Adhesion) modificata:60
È la tipologia di intervento che mettiamo in atto più precocemente in elezione, dai 15-20 ai 40 giorni di vita, e solo in casi selezionati caratterizzati da una schisi ampia (schisi ossea >7mm) o in condizioni di malformazione della premaxilla (protrusione, asimmetria e mobilità latero-laterale). L’obiettivo finale di questo intervento è quello di diminuire l’ampiezza della schisi ossea. Questo processo si può generare fornendo continuità anatomica al muscolo orbicolare della bocca che, una volta ripristinato dal punto di vista funzionale, garantirà una guida ai segmenti mascellari e alla premaxilla grazie allo "stretching" sui tessuti molli. A questo punto, dopo circa 40 giorni, la cheiloplastica definitiva e la periostioplastica saranno più facili
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da effettuare grazie all’allineamento e all’avvicinamento dei monconi mascellari indotti dalla Lip Adhesion.
Prima di descrivere brevemente i passaggi della sinechia bisogna
sottolineare come l’atto chirurgico debba essere
obbligatoriamente preceduto dal disegno del tracciato della futura cheiloplastica. Questa azione ci permetterà successivamente di cruentare i tessuti il più lontano possibile dalle incisioni della cheiloplastica successiva con la quale non devono interferire. La tecnica utilizzata dall’équipe chirurgica del Percorso Labiopalatoschisi è quella descritta da Randall-Graham: si incidono i margini generando due lembi rettangolari, uno mediale ed uno laterale. Il primo, a base cutanea, verrà ribaltato esternamente, il secondo, di mucosa vestibolare, internamente, per poi venir suturati “a libro” (detta così proprio per la morfologia assunta dai due lembi ribaltati).
S’è visto come, alla tecnica originale descritta dagli autori, che prevedeva, e prevede tutt’ora, una tenace sutura dei segmenti del muscolo orbicolare in filo non riassorbibile, mancavano delle suture in grado di assicurare una contenzione ottimale nel momento in cui i tessuti fossero andati inevitabilmente sotto tensione per via delle contrazioni muscolari. Questi punti non riassorbibili sono stati introdotti a livello delle ali nasali, dei segmenti mascellari e dell’intermascellare. Prima di concludere l’intervento chirurgico vengono fissati all’interno delle due narici, in maniera transfissa al setto nasale, dei tubicini al silicone che restano in posizione fino al successivo intervento di cheiloplastica: queste piccole strutture rigide hanno lo scopo di
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sfruttare le contrazioni muscolari del labbro per generare delle forze di allungamento che agiranno sulla porzione columellare con conseguente allungamento del profilo nasale. Questo semplice, ma efficace accorgimento definisce meglio la columella e faciliterà l’opera di rinoplastica primaria nel corso dell’intervento successivo.61
Figura 9: Lip Adhesion: i lembi sono sollevati (in alto a sn) e il m. orbicolare della bocca è suturato, attraverso la spina nasale anteriore e la radice del setto nasale (a; sotto a sn). Sutura dei lembi (in alto a dx). Aspetto finale: ottenuto senza punti di sutura cutanei utilizzando colla e steril strip; la conformazione nasale è mantenuta da un tubicino in silicone del diametro adatto (b; sotto a dx)31
Cheiloplastica sec. Tennison-Randall modificata:
Questo intervento, conosciuto come tecnica del lembo triangolare (Tennison la denominò, senza grande fortuna, The Stencil
Method), è stato teorizzato e messo in pratica per la prima volta