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L'ACCOPPIAMENTO VENTRICOLO ARTERIOSO PER LA GESTIONE DELL'INSTABILITA' EMODINAMICA IN SALA OPERATORIA: UN METODO ECOCARDIOGRAFICO BASATO SULL'ELASTANZA

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI SPECIALIZZAZIONE IN ANESTESIA, RIANIMAZIONE,

TERAPIA INTENSIVA E DEL DOLORE

“L'ACCOPPIAMENTO VENTRICOLO-ARTERIOSO PER LA GESTIONE

DELL'INSTABILITA' EMODINAMICA IN SALA OPERATORIA: UN METODO

ECOCARDIOGRAFICO BASATO SULL'ELASTANZA”

RELATORE: Prof.Francesco Forfori Dott. Fabio Guarracino CANDIDATO:

Dott.ssa Simona Gonneella

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INDICE

INTRODUZIONE... 4

FISIOLOGIA DEL CUORE: LE ELASTANZE... 8

ELASTANZA ARTERIOSA (Ea)... 8

ELASTANZA VENTRICOLARE (Ees)... 12

IL CONCETTO DI ACCOPPIAMENTO VENTRICOLO-ARTERIOSO: PRESSURE-VOLUME AREA E CONSUMO MIOCARDICO DI OSSIGENO... 17

CONSEGUENZE DEI CAMBIAMENTI DELL'Ea E DELL'Ees SUL VAC... 20

MISURA SINGLE-BEAT, NON INVASIVA DEL VAC E POTENZIALITA' CLINICHE... 25

VAC NELLO WEANING DAL BYPASS CARDIOPOLMONARE... 29

STUDIO PILOTA: OBIETTIVI... 34

MATERIALI E METODI... 35

RISULTATI... 38

CONCLUSIONI... 47

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INTRODUZIONE

L'ecocardiografia perioperatoria è un importante strumento per monitorare i pazienti critici che possono andare incontro ad instabilità emodinamica. La sua applicazione clinica comprende sia l'utilizzo durante le valutazioni preoperatorie che durante l'intervento chirurgico e la degenza in terapia intensiva. La tecnica dell'ecocardiografia transesofagea (TOE) è ormai diventata routinaria durante gli interventi di cardiochirurgia e rappresenta uno dei monitoraggi di base raccomandati dalle linee guida dell'ASA/ESA. Le informazioni che si possono ottenere tramite questo strumento permettono nella maggior parte dei casi di dirigere il processo decisionale. Quest'evidenza ha reso il TOE lo strumento che da solo può guidare il clinico nell'uso di inotropi, vasodilatatori o nella decisione di somministrare un carico volemico. Il riconoscimento immediato di una condizione di instabilità emodinamica è il primo requisito di una buona gestione intraoperatoria in cardiochirurgia. Oltre all'ecocardiografia sono normalmente utilizzati molti altri strumenti per il monitoraggio emodinamico intraoperatorio allo scopo di diagnosticare precocemente una instabilità emodinamica e trattare tempestivamente le cause sottostanti. Queste tecniche si basano su parametri statici e/o dinamici come la pressione venosa centrale (PVC), la pulse pressure variation (PPV), lo stroke volume variation (SVV) o la pressione di incuneamento capillare polmonare (PWCP) ottenibili con strumenti invasivi o minimamente invasivi. Sfortunatamente queste tecniche non hanno una visione diretta di quello che accade all'interno del cuore e del sistema circolatorio. La misura dell'accoppiamento ventricolo-arterioso (VAC), quale rapporto tra contrattilità e riempimento arterioso, ci da invece informazioni su entrambi i sistemi simultaneamente. Con il calcolo del VAC siamo cioè in grado di determinare e quindi trattare accuratamente le condizioni fisiopatologiche sottostanti ad una instabilità emodinamica. La sua fattibilità ed accuratezza è già stata dimostrata in terapia intensiva nella gestione della rianimazione dei pazienti in shock settico.

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Come nello shock settico, la valutazione del VAC può essere applicata a qualsiasi altra condizione di instabilità emodinamica che conduce ad un mismatch tra disponibilità e consumo di ossigeno. Con questo approccio fisiopatologico la contrattilità ventricolare sinistra viene descritta dall'elastanza ventricolare (Ees), cioè dalla pendenza della retta derivante dalla regressione lineare della relazione pressione-volume (ESPVR). L'Ees è un parametro indipendente dalle condizioni di carico ed è funzione sia dello stroke volume (SV) ventricolare sinistro che dell'afterload. Ciò significa che all'aumentare dello SV per un dato tono vascolare si assiste ad un aumento della pressione sistolica e allo stesso modo, all'aumentare della pressione sistolica per una data Ees e preload si assisterà ad una riduzione dello SV e ad un aumento del volume di fine diastole. Inoltre data una frequenza cardiaca costante, la pressione arteriosa alla fine della sistole (ESP) ventricolare subirà una variazione direttamente proporzionale a quella dello SV. La pendenza della retta che rappresenta questa relazione tra ESP e SV è chiamata elastanza arteriosa (Ea) ed è un parametro che comprende la compliance e la resistenza arteriosa, l'impedenza aortica e il tempo diastolico e sistolico. L'Ea riflette, in altre parole, il riempimento arterioso netto contro cui lavora il ventricolo sinistro durante la fase di eiezione ed è proporzionale all'impedenza che l'albero arterioso offre al flusso di sangue durante la contrazione ventricolare. La massima efficienza miocardica, definita come l'ammontare del lavoro del muscolo cardiaco per un dato consumo di ossigeno, si ha quando la Ea è approssimativamente la metà dell'Ees ed è maggiormente dipendente dall'Ea che non dall'Ees. Di conseguenza la misura del VAC come rapporto tra Ea/Ees è un parametro altamente sensibile dell'efficienza cardiovascolare e il suo valore mostra un progressivo aumento con la riduzione della frazione di eiezione (EF%). Nei soggetti con un normale stato contrattile del ventricolo sinistro (EF%>60) l'Ees risulta circa 4,5±2,0 mmHg/ml/m² e la Ea è sempre settata ad un valore inferiore. Per quella contrattilità e preload ne risulterà quindi una maggiore efficienza e un minore lavoro per generare un dato SV (stroke work,SW). In quei pazienti in cui i ventricoli si trovano in uno stato di contrattilità moderatamente depressa (EF%=50) l'Ees risulterà circa 2,5±1,1

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mmHg/ml/m² e l'Ea sarà circa lo stesso valore. Con il VAC che ne deriva il ventricolo si troverà a lavorare al massimo SW possibile per quel dato preload. Nei pazienti con severa riduzione dell'attività contrattile (EF%>40%) l'Ees sarà circa 1,5±0,7 mmHg/ml/m² e il VAC avrà un valore maggiore del normale. Questi ultimi non riusciranno a mantenere a lungo un adeguato SW e con il tempo svilupperanno un mismatch tra disponibilità e consumo di ossigeno a causa della riduzione nell'efficienza meccanica del sistema cardiocircolatorio. Un disaccoppiamento ventricolo-arterioso (VAC>1,36) riflette infatti una riduzione dell'efficienza del sistema cardiocircolatorio che può condurre, se non trattata, allo scompenso energetico del cuore. Il VAC riflette l'interazione tra il sistema circolatorio e la contrattilità cardiaca necessaria a massimizzare la performance energetica e meccanica dell'intero sistema sia in condizioni fisiologiche che patologiche. I cambiamenti del cardiac output (CO) e delle resistenze arteriose sistemiche in differenti condizioni fisiologiche (età, esercizio, etc) e patologiche (ipertensione, scompenso cardiaco, etc) dipendono dai cambiamenti simultanei sia dalla funzione del ventricolo sinistro che del sistema arterioso. Si può verificare un'alterazione del VAC e quindi una riduzione della performance cardiaca sia con l'aumento dell'Ea che dell'Ees o di entrambe. Sulla base di tutte queste considerazioni, risulta quindi evidente come le applicazioni cliniche della misura del VAC possano essere varie e come esso possa essere applicato per la diagnosi e la conseguente cura di molte condizioni patologiche. Negli studi già effettuati è stato dimostrato come i farmaci vasoattivi possano alterare il VAC, mentre è stato riscontrato un miglioramento dell'efficienza meccanica del cuore a seguito della somministrazione di inibitori della fosfodiesterasi E-1020. Il levosimendan, un inodilatatore, ha dimostrato di migliorare il VAC in pazienti con cardiomiopatia ischemica sottoposti a cardiochirurgia, mentre l'enoximone risulta migliore della dobutamina nel migliorare il VAC in pazienti con cardiomiopatia dilatativa. E' stata inoltre dimostrata una migliore prognosi in pazienti politraumatizzati a seguito di una rianimazione guidata dalla misura dello SW e del VAC.

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trovare ad affrontare una condizione di instabilità emodinamica e il riconoscimento della condizione determinante è fondamentale per una corretta gestione. Da qui l'idea di sfruttare la misura del VAC per diagnosticare i meccanismi sottostanti l'instabilità emodinamica e utilizzare di conseguenza un approccio fisiopatologico come guida al processo decisionale e terapeutico. In condizioni di normovolemia le difficoltà nello svezzamento dal CPB si riscontrano in una percentuale che varia dal 10% al 45% dei pazienti. In questa situazione il TOE può essere di estremo aiuto non solo per distinguere tra disfunzione strutturale o funzionale ma anche per dirimere tra ridotta contrattilità ventricolare o sindrome vasoplegica. Come abbiamo già accennato, la misura del VAC come rapporto tra Ea/Ees può offrire in questa circostanza una migliore comprensione dell'alterazione emodinamica contingente e una più accurata rappresentazione dell'interazione tra il sistema cardiaco e arterioso. Con la dimostrazione che l'Ees può essere stimata single-beat e con il conseguente metodo non invasivo ed ecocardiografico per la determinazione del VAC, questo approccio è diventato facilmente e rapidamente fruibile a letto del paziente. Attraverso la misura dell'Ea, dell'Ees e del VAC in sala operatoria potremo quindi in modo rapido tritrare sul paziente la terapia cardiovascolare più adeguata alla sua condizione emodinamica, grazie ad una migliore comprensione della fisiopatologia sottostante. Considerando che il VAC è un indice dell'efficienza energetica del cuore, una condizione di “disaccoppiamento” potrà quindi beneficiare di una terapia mirata alla normalizzazione del rapporto tra Ea e Ees attraverso la somministrazione di un farmaco che agisca rispristinando l'accoppiamento tra i due sistemi.

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FISIOLOGIA DEL CUORE: LE ELASTANZE

Il sistema cardiocircolatorio è fisiologicamente influenzato sia dal compartimento arterioso che dalla performance del ventricolo sinistro; fattori come l'età, l'ipertensione o l'insufficienza cardiaca congestizia modificano la struttura e la funzione di entrambi questi compartimenti. Lo stato di riempimento del sistema arterioso e la performance ventricolare sinistra sono interconnesse così che al variare dell'una si assiste al variare dell'altra e viceversa. Da questo si evince come l'interazione tra le due, conosciuta come accoppiamento ventricolo-arterioso, sia un importante determinante delle capacità contrattili del cuore al netto del riempimento arterioso e un indice del dispendio enrgetico del cuore. L'accoppiamento ventricolo-arterioso è il risultato del rapporto tra l'elastanza arteriosa (Ea) e l'elastanza ventricolare sinistra (Ees) ed è una misura della performance cardiovascolare indipendente dalle condizioni di carico.

ELASTANZA ARTERIOSA

Storicamente il riempimento arterioso è stato espresso come resistenza vascolare media. Sfortunatamente però, questa è una descrizione che ignora la naturale pulsatilità della pressione e del flusso. In circostanze normali questa caratterizzazione può essere adeguata grazie al minore impatto che la componente pulsatile ha nel computo del riempimento arterioso. Al contrario, in condizioni patologiche come l'ipertensione e/o l'invecchiamento vascolare, la pulsatilità diviene sempre più una componente importante ed è stata dimostrata la sua correlazione con gli indici di morbidità e mortalità cardiovascolare. Infatti l'impedenza vascolare, il profilo dell'onda arteriosa e la curva pressione-volume (P-V loop) sono influenzate dalla rigidità della parete arteriosa che aumenta con l'aumentare dell'età. L'invecchiamento e le condizioni patologiche come l'ipertensione si accompagnano infatti ad una progressiva riduzione della compliance arteriosa. Questo comporta

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un aumento nella precocità e nell'intensità delle onde di pressione sistoliche riflesse dovute alla perdita della elasticità delle arterie. Questi cambiamenti nel tono vascolare risultano in un picco nella pressione aortica più ritardato durante la sistole che si accompagna ad un simile aumento nelle pressioni ventricolari e nel picco sistolico della P-V loop. Di conseguenza sarà più accurato in queste circostanze stimare il riempimento arterioso sulla base dell'elastanza arteriosa (Ea), parametro basato sulla pressione di fine sistole (ESP) piuttosto che sulla resistenza vascolare media, che si basa sulla pressione arteriosa media.

E' stato dimostrato che il riempimento arterioso può essere caratterizzato globalmente nel dominio del tempo come elastanza arteriosa, ovvero la variazione della pressione per un determinato cambiamento di volume. L'Ea non deve essere considerata come una proprietà specifica del sistema arterioso ma piuttosto come un parametro che comprende tutti i principali determinanti del riempimento arterioso: la resistenza vascolare periferica e la compliance, l'impedenza aortica, l'intervallo sistolico e diastolico. Per questo motivo l'Ea può essere derivata dalla P-V loop e rappresenta la pendenza della retta che unisce i punti corrispondenti all'EDV e all'ESP. Perciò altro non è che la relazione tra lo stroke volume (SV) e la pressione arteriosa sistolica al variare dello SV. L'Ea può quindi essere approssimata dal rapporto tra ESP e SV secondo la formula:

(1) Ea= ESP/SV

Dove lo SV può essere calcolato invasivamente o non invasivamente utilizzando l'ecocardiografia e la ESP può essere calcolata anch'essa sia invasivamente che non applicando le formule:

(2) ESP= 0,9 x Systolic BP

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Fig 1 [1]

La misura invasiva della Ea come ESP/SV si correla fortemente con il riempimento arterioso ottenibile dai dati dell'impedenza aortica e della compliance secondo il modello a tre elementi di Windkessel [3]. Il limite di questo modello consiste principalmente nel fatto che esso non include le onde di pressione riflesse che originano dalle aree con maggiore impedenza localizzate a livello delle maggiori biforcazioni. Come abbiamo già detto, l'invecchiamento e l'aumento della rigidità della parete arteriosa si accompagnano ad un aumento della pulsatilità dell'onda pressoria con la conseguenza che le onde riflesse arrivano più precocemente durante il ciclo cardiaco e vanno sostanzialmente ad aumentare il carico sistolico sul cuore. Nella curva di P-V gli effetti di queste onde riflesse sono funzionalmente prese in considerazione perciò l'Ea può essere considerata un surrogato della misura dell'impedenza aortica e può essere messa in relazione alla misura della elastanza ventricolare per lo studio dell'interazione tra ventricolo e sistema vascolare. Oltre al carico dell'impedenza vascolare, la Ea incorpora anche informazioni sulla frequenza cardiaca. La

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frequenza cardiaca è un importante determinante delle prestazioni della pompa cardiaca ed un aumento della velocità del ciclo cardiaco ha effetti sul rapporto Ea/Ees a causa dei cambiamenti nelle resistenze vascolari che determina. L'aumento della Ea come conseguenza dell'aumento della frequenza cardiaca può essere spiegato alla luce della riduzione dell'intervallo diastolico e della conseguente pressione media che risulta aumentata. Inoltre la tachicardia aumeta il consumo di ossigeno miocardico e , abbreviando il tempo di rilasciamento diastolico, può compromettere la perfusione coronarica. La Ea è linearmente correlata allo SV quindi qualsiasi miglioramento nell'intervallo di tempo diastolico e nel riempimento può influire direttamente sul suo valore. E' stato dimostrato che in presenza di un adeguato precarico, l'abbassamento della frequenza cardiaca migliora il riempipmento ventricolare portando ad un aumento dello SV. Quindi, in presenza di una funzione contrattile costante l'aumento dello Sv sarà dovuto sia al miglioramento della funzione diastolica che alla riduzione della Ea. Quest'ultimo effetto è il risultato dell'interazione tra la stiffness della parete ventricolare, la compliance e la resistenza all'outflow e quindi rappresenta il vero afterload imposto al ventricolo sinistro. Infatti la frequenza cardiaca con la sua azione sulla componente viscoelastica della parete vasale, influenza la tendenza della parete arteriosa a distendersi in risposta alla pressione intravascolare. La distensibilità del vaso è tempo dipendente quindi se il ciclo cardiaco si accorcia come avviene durante la tachicardia, la parete arteriosa avrà meno tempo disponibile per distendersi. La riduzione della frequenza cardiaca può quindi portare ad un maggiore rilasciamento e ad una maggiore compliance del letto arterioso [4]. Come conseguenza di questo, la Ea è stata utilizzata per distinguere gli effetti inotropi dovuti alla tachicardia indotta con pacing o dalla stimolazione con dobutamina [5]

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ELASTANZA VENTRICOLARE

Gli eventi emodinamici che si verificano durante il ciclo cardiaco possono essere rappresentati disponendo in un grafico le pressioni ed i volumi e costruendo la così detta relazione tra pressione e volume (P-V loop). Allo stato stazionario ed in assenza di aritmie, cioè con un intervallo costante tra i battiti cardiaci, questa relazione si ripete per ogni contrazione. Questo significa che per ogni ciclo cardiaco possiamo individuare un singolo punto rappresentante la fine della diastole (situato nell'angolo inferiore destro del loop) ed un singolo punto che coincide con la fine della sistole (situato in alto a sinistra del loop). Per ogni cambiamento acuto delle condizioni di carico, a parità di contrazione miocardica, si otterrà una diversa curva di P-V corrispondente alle diverse condizioni del ciclo cardiaco misurato e quindi una serie di loop paralleli. Sperimentalmente si può ottenere un cambiamento acuto delle condizioni di carico sul cuore con l'occlusione transitoria della vena cava inferiore o somministrando farmaci vasocostrittori come la fenilefrina. Ogni punto corrispondente alla fine della sistole e alla fine della diastole di tutte le curve ottenute, delinea due differenti relazioni. La EDPVR costruita connettendo i punti di fine diastole di ogni loop ottenuto dal cambiamento acuto delle condizioni di carico come suddetto menzionato, non è lineare e definisce le proprietà fisiche passive della camera ventricolare al momento del maggior rilasciamento della sua muscolatura. La ESPVR ottenuta invece collegando i punti di fine sistole delle stesse curve di cui sopra, definisce una relazione che è ragionevolmente lineare e che risente delle caratteristiche della camera ventricolare nello stato di massima contrazione muscolare per ogni determinato stato di contrattilità cardiaca. In altre parole la contrattilità ventricolare sinistra può essere stimata dalla elastanza ventricolare (Ees) cioè dalla pendenza della retta che rappresenta la regressione lineare delle curve P-V ottenute al variare delle condizioni di carico. Con l'aumento della contrattilità si

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assiste ad un aumento della pendenza della retta e ad uno spostamento a sinistra della relazione P-V. In questa condizione, il ventricolo genera una maggiore pressione per un dato volume del ventricolo sinistro. La Ees può essere calcolata secondo la formula:

(4) Ees= ESP/[end-systolic volume(ESV) – V0]

Dove V0 è il volume ottenuto nel punto di intersezione con l'asse x della retta derivante dalla regressione lineare della curva P-V, cioè un volume puramente teorico a zero pressione. In condizioni fisiologiche l'Ees è indipendente dalle condizioni di carico. Ciò significa che, per ogni stato di contrattilità, l'ESPVR ottenuta riducendo il volume di riempimento (preload) e mantenendo costante le resistenze al flusso (afterload) sarà identica a quella ottenuta variando l'afterload e mantenendo costante il preload. Inoltre, con la somministrazione di agenti inotropi volti ad aumentare la contrattilità miocardica, la Ees aumenterà mantenendo relativamente costante il valore di V0. Parallelamente, Ees diminuirà al diminuire della contrattilità, come ad esempio a seguito della somministrazione di beta-bloccanti o di alte dosi di calcio antagonisti, mantenedosi ancora costante il valore di V0. Grazie a queste caratteristiche, l'indipendenza dalle condizioni di carico e la sensibilità ai cambiamenti di inotropismo, l'Ees si distingue da altre misure di contrattilità miocardica come la EF% e il dP/dT guadagnandosi un posto di rilievo nello studio della performance ventricolare [6]. Sebbene l'Ees sia considerata un indice della contrattilità miocardica indipendente dalle condizioni di carico, essa è influenzata dalle proprietà geometriche e biochimiche che sono alla base della rigidità della parete ventricolare (stiffness). È quindi importante considerare che esistono due aspetti distinti ma intimamente correlati nella valutazione della performance cardiaca: da un lato le proprietà del ventricolo quale pompa emodinamica e dall'altro le proprietà intrinsece del muscolo cardiaco come la massa, l'architettura e la geometria della camera ventricolare. Con la curva P-V e quindi con la misura della Ees si valutano direttamente tutte queste proprietà della performance cardiaca nel contesto degli eventi emodinamici che si verificano durante il ciclo cardiaco.

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E' importante sottolineare tuttavia, che l'ESPVR in vivo è generalmente non lineare e che V0 non è totalmente indipendente dalle condizioni inotrope del cuore. E' infatti stato descritto come la ESPVR diventi concava sull'asse delle ascisse in condizioni di elevata attività contrattile e convessa in caso contrario. Questo ha ovvie implicazioni quando la ESPVR e la Ees vengono derivate dalla regressione lineare di dati ottenuti su un range di pressioni e volumi limitate. Il valore della Ees ottenuto in questo modo dipenderà in larga parte dalla specifica gamma di pressioni disponibili, quindi questo parametro non caratterizzerà in modo univoco la ESPVR e non indicherà unicamente lo stato contrattile del cuore. Inoltre, il V0 sarà stimato con la regressione lineare dei punti di pressione-volume sistolici disponibili e non sarà di conseguenza una misura diretta. In questo caso il V0 estrapolato (che può anche assumere un valore negativo) differirà dal V0 reale tanto più quanto la ESPVR risulterà non lineare. Come conseguenza del fatto che sia V0 che Ees sono estrapolati da dati di pressione-volume limitati e sono approssimazioni lineari di solo una parte di questa curva, il loro valore varierà al variare delle condizioni inotrope e di carico. Quindi, quando si vuole paragonare la contrattilità di due diversi gruppi sarà neccessario considerare non solo la Ees ma anche il V0 perchè anche sottilissime nonlinearità possono creare un significativo cambiamento nell'affidabilità della Ees da sola. Ad ogni modo, le proprieta della camera ventricolare dipendono dalle caratteristiche del muscolo miocardico, dalla sua massa e dalla geometria. A condizioni di massa e geometria costanti, uno spostamento della ESPVR indicherà inequivocabilmente un cambiamento nella contrattilità intrinseca. Tuttavia nella valutazione di malattie croniche cardiache, la geometria e il cambiamento nella massa muscolare diventano importanti. Ne sono esempi lo sviluppo di una ipertrofia eccentrica nella cardiomiopatia dilatativa o l'ipertrofia concentrica della cardiomiopatia ipertrofica idiopatica. In questi casi la determinazione del grado di cambiamento nella ESPVR riflette anche cambiamenti delle proprieta della camera e del muscolo cardiaco. In queste circostanze la pendenza della end-systolic myocardial stress-strain relationship ha dimostrato di avere una maggiore indipendenza dalle condizioni di carico e sensibilità ai cambiamenti di

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contrattilità miocardica quando la geometria cardiaca risulta modificata. [6]

Fig.3 [6] Concludendo, l'uso della curva P-V è un potente mezzo per caratterizzare le proprietà della pompa ventricolare in sistole, diastole e durante tutto il ciclo cardiaco indipendentemente dalle condizioni di carico. Tuttavia questo l'approccio ha fino ad ora ottenuto scarso successo nella pratica clinica a causa delle misurazioni altamente specializzate e invasive che richiedeva e perchè la maggior parte delle situazioni cliniche vengono gestite sulla base di altri parametri come la EF% e, meno comunemente, la dP/dt. Tuttavia questi approcci sono limitati nello spiegare gli aspetti fondamentali della contrazione ventricolare. Inoltre solo la curva P-V consente di indagare nel dettaglio l'accoppiamento ventricolo arterioso, i deteminanti della pressione arteriosa, della pressione venosa e del cardiac output sia in condizioni di normale che di alterata performance nonché di monitorare la risposta alla terapia in diverse condizioni patologiche. Quindi questo approccio dovrebbe assumere un ruolo più importante nella ricerca come nella pratica clinica, grazie anche alle tecniche

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non invasive sviluppate per la misura della Ees. Infatti anche se la ESPVR è generalmente non lineare risulta ragionevolmente accettabile il parametro derivante dalla regressione lineare applicata ad una gamma di dati limitati come quelli che si possono ottenere nella pratica clinica, cioè la Ees.

P-V AREA E CONSUMO MIOCARDICO DI OSSIGENO

Per ogni contrazione cardiaca, la Pressure-Volume area (PVA) è suddivisibile in due parti (PVA=SW+PE):

1) l'area all'interno della P-V loop che equivale al Left ventricle stroke work o semplicemente stroke work (SW);

2) l'area approssimativamente triangolare circoscritta dal limite sinistro della P-V loop, dalla end-systolic P-V relation e dalla end-diastolic P-V relation, che rappresenta l'energia potenziale di fine sistole immagazzinata nella parete del ventricolo sinistro (PE)

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La PVA rappresenta quindi l'energia meccanica totale generata dalla contrazione del ventricolo sinistro a fine sistole. E' stato dimostrato che variando preload e/o afterload a parità di stato contrattile la PVA ha una correlazione lineare con il consumo di ossigeno miocardico (MVO2) per battito [10]. Risulta quindi largamente accettato che il rapporto tra SW e PVA, intesa come surrogato della MVO2 sia un affidabile indice dell'efficienza meccanica del cuore. Valutando più attentamente la relazione tra PVA e MVO2 possiamo dire che la linea che ne rappresenta il rapporto:

1) ha una determinata pendenza, che caratterizza l'efficienza della conversione chemio-meccanica di quel particolare cuore al variare di preload e afterload;

2) esiste un intercetta posistiva sull'asse del MVO2 che può essere interpretata come la porzione di MVO2 indipendente dalla PVA di quel particolare cuore per quel dato stato contrattile.

La componente di MVO2 indipendente dalla PVA è correlata al dispendio energetico dovuto all'accoppiamento eccitazione-contrazione e al metabolismo cellulare basale del miocardio. Bisogna quindi considerare che questa componente è altamente variabile tra cuore e cuore e anche all'interno dello stesso in differenti stati di inotropismo. Per esempio un intervento volto ad aumentare l'inotropismo tende ad incrementare la pendenza dell'intercetta, spostando l'intera relazione verso l'alto, e viceversa si verifica con interventi che riducono l'inotropismo cardiaco. Pertanto bisognerà porre molta attenzione nell'interpretazione dell'efficienza meccanica (WE) del cuore, intesa come dispendio miocardico di ossigeno richiesto per un determinato stroke work (WE=SW/PVA), all'interno di un gruppo di individui durante interventi che possono indurre risposte compensatorie e quindi spostare l'intercetta o alterare la pendenza della relazione PVA-MVO2.

WE è una funzione dell'accoppiamento ventricolo arterioso secondo la formula:

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In altre parole la relazione tra MVO2 e PVA è lineare ed è influenzata in modo cruciale dallo stato inotropo del cuore (Ees) [8].

Fig.5[7]

Panel A shows the strong, linear PVA–MVO2 relation in a single excised heart at a stable contractile state operating under various preload and afterload conditions, as initially reported by Khalafbeigui, Suga and Sagawa. Panels B and C show the authors’ analysis of data from Kameyama et al. obtained from 11 patients with different contractile states at baseline (B) and after administration of phenylephrine, which increases afterload (C). In contrast to the strong PVA–MVO2 relation seen in individual hearts, the PVA–MVO2 relation is much weaker, due to the great between-heart variability in the slope and particularly, the intercept of the relation.

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CONSEGUENZE DEI CAMBIAMENTI DELL'Ea E DELL'Ees SUL VAC

I principi discussi fino ad ora possono adesso aiutarci a comprendere le conseguenze sull'accoppiamento ventricolo arterioso (VAC) di patologie che vadano ad interessare primariamente il sistema vascolare piuttosto che il miocardio.

Fig.6 AU sta per Arbitrary Unit[7]

In figura 6 sono graficamente mostrate alcune potenziali conseguenze di una riduzione della Ees. In alto è rappresentato un normale stato emodinamico. Per semplicità Ea/Ees=1 è considerato un normale accoppiamento ventricolo arterioso. In questa situazione una buona parte della PVA

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corrisponde allo SW e il ventricolo sinistro lavora ad una effettiva frazione di eiezione di circa il 50%. Al centro è rappresentata una situazione in cui, a parità di tutti gli altri fattori, Ees ha subito una riduzione di circa il 50% del suo normale valore e l'end-diastolic volume è conseguentemente aumentato, come può accadere nella cardiomiopatia dilatativa. In questa condizione si ottiene un elevato valore di Ea/Ees, accompagnato da un proporzionale aumento (~50%) della componente della PVA corrispondente alla energia potenziale (EP) e una parallela riduzione dello SW, situazione che denota un dispendio energetico inefficiente o sfavorevole. Infatti il ventricolo sinistro opera con una frazione di eiezione di solo il 33% sebbene lo Stroke Volume (SV) sia relativamente preservato grazie all'incremento dell' end-diastolic volume. In basso viene rappresentato quello che può accadere con un trattamento che, in questa circostanza, riduce la Ea del 50% circa del suo valore nominale. Questo teoricamente risulterà in una normalizzazione del rapporto Ea/Ees, una normalizzazione delle proporzioni della PVA corrispondenti allo SW e alla EP con un'aumento corrispondente anche della EF%. Purtroppo questa situazione è difficilmente realizzabile in vivo perchè il grado di riduzione del punto di intersezione tra Ea ed Ees, cioè la end-systolic pressure (ESP), è limitato dalla minima pressione necessaria per una adeguata perfusine degli organi periferici. Pertanto in cuori con Ees marcatamente ridotta, una ottima efficienza meccanica sarebbe raggiungibile solo con più basse ESP di quelle richieste per mantenere una circolazione sistemica adeguata. Ne consegue che l'efficienza meccanica è necessariamente mantenuta inferiore al massimo raggiungibile allo scopo di mantenere la pressione di perfusione periferica.

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Fig.7 AU sta per Arbitrary Unit [7]

La figura 7 mostra graficamente le conseguenze di un aumento primitivo della Ea. In alto è rappresentato il normale stato fisiologico, con un normale rapporto tra Ea/Ees che risulta in un elevato SW in relazione alla PVA e una EF=50%. Al centro si ha invece una situazione in cui la Ea ha subito un incremento di circa il doppio del suo valore nominale senza un corrispondente cambiamento nella Ees. Ne consegue un elevato Ea/Ees accompagnato da un incremento di circa il 50% nella porzione della PVA corrispondente alla EP e parallelamente una riduzione dello SW. In questa situazione il cuore lavora con uno stato energetico sfavorevole, con una EF di circa il 33% e con una ESP sistemica in qualche modo aumentata. In basso è rappresentata una situazione alternativa ed in qualche modo più frequente in cui, in risposta ad un aumento della Ea, la Ees aumenta (per esempio quando il ventricolo sinistro dimostra un aumentata stiffness sistolica). In questa circostanza il rapporto tra Ea/Ees è normale, si ha una normale ripartizione delle componenti

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della PVA corrispondenti alla EP e allo SW e la EF risulta anch'essa normale. A dispetto di questo stato apparentemente “favorevole” del VAC, questo è in realtà accompagnato ad una situazione di ipertensione arteriosa sistolica, alterata riserva contrattile ventricolare sinistra ed una elevata dipendenza della pressione dal preload che comporta una instabilità emodinamica. Queste caratteristiche tendono ad essere presenti nei soggetti anziani con ipertensione sistolica di lunga data e in coloro con scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata.

Come abbiamo già detto, le prestazioni del ventricolo sinistro non possono essere completamente chiarite, in un cuore normale come in uno malato, senza comprendere l'interazione del LV con il sistema arterioso sistemico. Sono stati Burkhoff D, Sagawa K a proporre un modello teorico per caratterizzare questa interazione utilizzando la ESPVR per definire l'elastanza ventricolare sinistra (Ees) e la relazione tra ESP/SV per definire l'elastanza arteriosa (Ea). Essi hanno proposto che l'interazione tra le due potesse essere utile nel valutare la funzione di pompa del LV in varie condizioni di carico e di inotropismo. Utilizzando questo modello analitico hanno dimostrato che il massimo SW si ha quando Ea/Ees è circa 1. Inoltre la massima efficienza (Work Efficiency,WE), definita come lo SW del ventricolo sinistro per un dato consumo di O2 (MVO2), si verifica quando la Ea è circa la meta della Ees e dipende più strettamente dalla Ea che non dalla Ees. Nel range delle fisiologiche pressioni ventricolari sinistre,volumi di fine diastole (EDV) e di frazione di eiezione, un ventricolo sinistro (LV) normale lavora più vicino alla sua massima efficienza piuttosto che al suo massimo SW. Il VAC definito come il risultato del rapporto tra le due elastanze (Ea/Ees) è una stima sensibile ed indipendente dell'efficienza cardiovascolare e mostra un progressivo aumento con la riduzione dell'EF e con un aumento parallelo della Ea. Nei soggetti normali con un buono stato contrattile del ventricolo (EF>60%) la Ees sarà circa 4,5±2,0 mmHg/ml/m² e la Ea sarà settata sempre ad un valore inferiore. Il risultato è una maggiore Work Efficiency (WE) e un minore SW per quella determinata attività contrattile (Ees) e preload rispetto ad una situazione in cui la Ees è uguale alla Ea. Nella sistuazione in cui il ventricolo è in uno stato di moderata depressione

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dell'attività contrattile (EF=50%), l'Ees risulterà 2,5±1,1 mmHg/ml/m² e la Ea sarà settata all'incirca allo stesso valore. Con il VAC che ne risulta il ventricolo lavorerà quasi al suo SW massimo raggiungibile per quel dato preload. In presenza di un ventricolo fortemente depresso (EF<40%) la Ees sarà 1,5±0,7 mmHg/ml/m² e il VAC conseguente risulterà superiore al normale. In queste condizioni il ventricolo non potrà a lungo mantenere un adeguato SW e ne risulterà un mismatch in termini di efficienza a causa della notevole riduzione nella WE. Pertanto il disaccoppiamento ventricolo-arterioso, definito dal rapporto Ea/Ees>1,36 riflette una riduzione dell'efficienza cardiovascolare che può condurre verso l'insufficienza energetica ventricolare sinistra. Infatti il VAC è fondamentale per una efficiente performance cardiovascolare e determina il dispendio energetico del cuore. Nel cuore in condizioni normali la Ees e la Ea sono accoppiate per operare su una ampia gamma di valori non raggiungendo mai lo stato ottimale, sebbene si approssimano di più alla condizione di massima efficienza meccanica che non al massimo SW possibile. Se viene ad aumentare la Ea tramite un vasocostrittore, il VAC si avvicina ad 1 e come risultato lo SW aumenta. Di contro quando la Ea viene ridotta da un vasodilatatore il VAC aumenta molto meno, a spese dello SW. Si è visto infatti che in condizioni emodinamiche basali e fisiologiche (con normali LVEDV e LVESP) il cuore opera in un ristretto range di SW, che risulta circa il 10% del suo valore massimale. Quanto più il rapporto tra Ea/Ees si avvicina a 1 quanto più lo SW si approssima al suo valore massimo ma questa situazione non coincide con l'ottimale efficienza meccanica (WE) che invece si ottiene quando Ea/Ees è circa 0,5. Un VAC>1 può essere raggiunto solo a livelli non fisiologici di LV load o in caso di disfunzione contrattile del ventricolo sinistro [11].

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MISURA SINGLE-BEAT, NON INVASIVA DEL VAC E POTENZIALITA'

CLINICHE

il primo approccio alla valutazione della funzione ventricolare sinistra si basa in gran parte sull'analisi delle immagini ecocardiografiche o sul monitoraggio del cuore destro. Entrambi sono approcci utili ma danno informazioni limitate della funzione del LV e non ci dicono nulla sull'interazione tra il sistema ventricolare ed arterioso che può essere invece cruciale per ottimizzare la terapia. La ESPVR e la Ees si sono in questo senso dimostrate molto utili essendo l'elastanza ventricolare una misura della prestazioni del LV e delle sue interazioni con il sistema vascolare. Tuttavia la sua determinazione richiedeva la misurazione invasiva dei volumi del LV registrati su una vasta gamma di variazioni del carico cardiaco. Questo ha ostacolato in passato la sua ampia applicazione alla pratica clinica, alla diagnosi e al trattamento delle varie condizioni patologiche. Chen et al hanno però sviluppato e testato un metodo completamente non invasivo per stimare la Ees. Questo metodo richiede cinque misure facilmente ottenibili non invasivamente da un normale sfingomanometro, tramite 2D-ecocardiografia e con un ECG [12,13]. Per il calcolo della Ees è sufficiente una stima non invasiva della pressione sitolica e diastolica, la ESP=0,9xSBP, e parametri ecocardiografici tra cui: diametro del tratto di efflusso ventricolare sinistro (LVOT) e l'integrale velocità-tempo del flusso aortico nell'LVOT per il calcolo non invasivo dello SV, la EF% con il metodo di Simpson, la stima ecocardiografica del tempo di eiezione (dall'onda R dell'ECG alla fine del flusso aortico) e del tempo di pre-eiezione (dall'onda R all'inizio del flusso transaortico). E' stato dimostrato infatti che la misura della Ees derivante da parametri ottenuti invasivamente e quella derivata non invasivamente, a riposo come durante cambiamenti acuti della contrattilità e del carico, sono sovrapponibili e ripetibili nel tempo[13].

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Fig.8 [14] L'algoritmo proposto da Chen et al. è adattato, come precedentemente affermato, per la misura non invasiva e single-beat. Esso assume la ESPVR lineare e V0, cioè il volume all'intercetta con l'asse x della retta rappresentante la Ees nella P-V loop, come costante. Questo approccio è stato validato rispetto alle misure invasive e brevemente, può essere calcolato secondo la formula:

(6) Ees= {DBP- [E(est) x ESP] }/ [SV x E(est) ]

Dove E(est) è la Ees stimata non invasivamente all'onset dell'eiezione ventricolare. Si ottiene dalla formula:

(7) E(est) = 0,0275 – 0,165 x EF + 0,3656 x (DBP/ESP) + 0,515 x E(avg)

Con E(avg) l'Ees all'onset dell'eiezione normalizzata per la media del gruppo di misurazioni e calcolata usando la formula:

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Con α come coefficiente empiricamente determinato e t il rapporto tra il periodo di pre-eiezione e il tempo di eiezione totale:

(9) t = ICT/(ICT+ET)

Recentemente è stata inoltre dimostrata l'applicabilità della misura minimamente invasiva della Ees durante interventi di cardiochirurgia dove la misura invasiva della presssione arteriosa è parte del monitoraggio di base raccomandato. Su questa base l'Ees è stata calcolata utilizzando la misura invasiva della pressione arteriosa e l'ecografia transesofagea [15]. Allo scopo di aumentare la sensibilità delle misure non invasive e quindi l'accuratezza della Ees che ne deriva è stato inoltre proposto l'utilizzo della tecnologia 3D per la misurazione dei volumi cardiaci [14]. Il real time 3D permette una più accurata e riproducibile misura dei volumi ventricolari rispetto alla classica tecnica 2D, in quanto non risente del limite della visualizzazione dell'apice e non necessita delle assunzioni geometriche insite nei metodi di Simpson o Teicholz per il calcolo della EF. Lo sviluppo, l'affidabilità e la riproducibilità della misura totalmente o minimamente invasiva della Ees e quindi del VAC può avere implicazioni cliniche in svariate situazioni patologiche. Per esempio nella valutazione degli effetti di nuovi farmaci sulla contrattilità, il VAC potrebbe dare informazioni complementari agli standard end points della performance ventricolare sinistra (come l'EF%) utilizzati di routine nei trials clinici. Un altro potenziale utilizzo clinico della misura non invasiva del VAC è nel predirre l'outcome in varie patologie cardiovascolari come già descritto nel caso dell'infarto miocardico e dello scompenso cardiaco acuto e cronico [16,17,18]. Con la misura dell'Ea e del VAC è stata studiata la risposta alla CPAP in pazienti con OSAS, documentando un miglioramento dell'accoppiamento ventricolo-arterioso che può spiegare il miglioramento clinico riscontrato in questi pazienti a seguito della terapia [19]. Inoltre la misura del VAC, dando maggiori informazioni sulla dinamica cardiocircolatoria è stato utilizzato per lo studio dell'emodinamica di pazienti con scompenso cardiaco sottoposti ad anestesia generale per interventi di cardiochirurgia [20]. L'ottimizzazione emodinamica durante la rianimazione di pazienti in stato di shock dipende in

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modo sostanziale dall'accurata valutazione di ognuno dei determinanti della performance cardiovascolare: la contrattilità miocardica e le condizioni di lavoro imposte al ventricolo, ovvero preload e afterload. Come abbiamo già visto, i metodi più comuni per la valutazione della performance miocardica hanno svariati limiti sia teorici che pratici. La contrattilità miocardica infatti è una caratteristica intrinseca della performance cardiaca ed è indipendente dalle condizioni di carico mentre l'EF% e altri comuni metodi per stimarla sono parametri load-dipendenti. Gli indici delle resistenze vascolari usati per stimare l'afterload non considerano molti importanti fattori come i cambiamenti della pressione oscillatoria e le onde di polso riflesse. Il VAC ha invece dimostrato di avere tutte le caratteristiche necessarie per una corretta valutazione dell'emodinamica in questi contesti. Infatti non riconoscere la necessità di un supporto inotropo in pazienti con inadeguata funzione ventricolare può portare ad una situazione di ipoperfusione sistemica persistente nel tempo con conseguenze sviluppo di disfunzione d'organo e morte. Di contro anche una inappropriata stimolazione inotropa può causare tachicardia ed un aumento della richiesta miocardica di ossigeno. Mal interpretare lo stato volemico intravascolare può portare ad una inappropriata amministrazione di volume o di diuretici quando entrambi hanno dimostrato di poter inficiare profondamente la perfusione sistemica. Quindi il VAC come metodo per valutare l'integrazione dei due compartimenti, vascolare e ventricolare, può essere di fondamentale aiuto nella pratica clinica. In questo senso la misura del VAC è stata utilizzata per monitorare la risposta alle terapie in pazienti sottoposti a rianimazione per shock a seguito di un trauma [21]. In questo studio è stato dimostrato come la Ees varia significativamente con l'amministrazione di inotropi e non si modifica con preload e afterload, rappresentando quindi un ottimo parametro per la valutazioni della contrattilità miocardica durante la shock resuscitation. L'abilità di distinguere la disfunzione ventricolare dall'inadeguato afterload come causa di ipotensione e scompenso cardiocircolatorio in pazienti critici permette di indirizzare la rianimazione verso l'incremento della funzione contrattile piuttosto che verso l'aumento delle resistenze periferiche, essendo quest'ultimo un intervento potenzialmente

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dannoso che può andare a peggiorare invece che migliorare il cardiac output e la perfusione. Inoltre la valutazione contemporanea della contrattilità e dell'afterload tramite la loro relazione in pazienti malperfusi permette di scegliere l'inotropo più adeguato sulla base anche dei suoi effetti periferici, rendendo potenzialmente più rigorosa la gestione del regime di infusione di vasoattivi necessario. Sulla base di queste considerazioni l'elastanza arteriosa è stata utilizzata anche per la valutazione della risposta al carico volemico nei pazienti in shock settico [22], dove è stato anche documentato uno stato di disaccoppiamento ventricolo-arterioso e dove di conseguenza il VAC è stato proposto come un valido strumento per indirizzare la terapia rianimatoria [23].

VAC NEL WEANING DAL PYBASS CARDIOPOLMONARE

Sebbene la chirurgia offpump è emersa come tecnica innovativa, nella maggioranza dei casi di chirurgia cardiaca è richiesta l'istituzione del bypass cardiopolmonare (CPB). Lo svezzamento dal CPB richiede la progressiva transizione del paziente da un supporto completamente meccanico del circolo alla ripresa dell'attività cardiaca spontanea che deve essere sufficiente a garantire adeguatamente il flusso e la pressione attraverso la circolazione polmonare e sistemica. In questa circostanza il tempo disponibile per le verifiche chirurgiche e l'ottimizzazione emodinamica è piuttosto scarso, risultando compresso all'interno di pochi minuti in cui è necessario acquisire importanti informazioni e condividerle tra chirurgo, anestesista e perfusionista. Le decisioni terapeutiche riguardanti l'eventualità di un supporto farmacologico, dell'assistenza ventricolare e di interventi chirurgici supplementari devono essere prese rapidamente per prevenire danni al miocardio. Un approccio scientifico e tarato sul paziente prende in considerazione la malattia di base ed il suo stato preoperatorio nonché le specificità dell'intervento chirurgico effettuato. In questo contesto il monitoraggio emodinamico e l'ecocardiografia transesofagea forniscono

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un'istantanea del sistema circolatorio valutando le prestazioni cardiache, l'adeguatezza della riparazione chirurgica, l'interdipendenza ventricolare e naturalmente l'accoppiamento ventricolo-arterioso. Le procedure di svezzamento dal CPB non sono ancora state adeguatamente indagate ed approfondite ed in molti studi sono descritte algoritmi basati su dati empirici o sull'opinione di esperti [24]. L'uso degli inotropi per esempio varia ampiamente da centro a centro, essendo compreso tra il 2% e il 100%, mentre l'utilizzo di linee guida o di specifici algoritmi si documenta in meno del 10% dei centri chirurgici. Gli inotropi vengono in alcuni centri somministrati in modo regolare, in altri per prevenire lo stunning miocardico postischemico o per normalizzare la pressione sanguigna, anche in assenza di una chiara identificazione di insufficienza ventricolare [25]. Bisogna dire che non esistono criteri specifici che definiscano le situazioni di “difficile” svezzamento dal CPB e molti pazienti vengono facilmente fuori dal CPB senza bisogno di particolari interventi di sostegno, ad eccezione di interventi minori come la defribillazione, il pacing temporaneo e/o piccole dosi di farmaci cardiovascolari. Prima che l'ecocardiografia transesofagea (TOE) diventasse parte integrante del monitoraggio emodinamico durante gli interventi di cardiochirurgia, problemi come l'ipovolemia e difetti anatomici o funzionali erano ampiamente sottostimati e alcune condizioni di ipotensione venivano erroneamente attribuite allo stunning miocardico o allo scompenso cardiaco con il conseguente uso inappropriato degli inotropi. La valutazione con il TOE permette da una parte di fare nuove diagnosi prima dell'istituzione del CPB, come PFO, disfunzioni valvolari, severe ateromatosi della aorta ascendente, dall'altra permette una rapida valutazione dell'accuratezza chirurgica post-CPB, escludendo ogni paravalvular leaks o anomalie della cinesi regionale di nuova insorgenza. Inoltre durante lo svezzamento dal CPB è in grado di dare importanti informazioni nel processo decisionale diagnostico-terapeutico, in particolare sulla necessità di inotropi e vasopressori, IABP o di riempimento volemico. Per la valutazione del precarico, della end-diastolic area o dei diametri del ventricolo sinistro il TOE si è rivelato anche più affidabile del catetere arterioso polmonare o del classico catetere venoso centrale. Inoltre le misurazioni della EF

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%, FAC% e le misure doppler di flusso oltre a dare una visione diretta ad un occhio addestrato, sono un valido metodo per guidare il processo decisionale ed indirizzarlo verso la somministrazione di volume o di farmaci ad azione cardiovascolare [26]. Al momento dello svezzamento dal CPB, il riempimento del cuore è una frequente causa di ipotensione che può essere facilmente rilevata dal TOE e dalla visualizzazione diretta del ventricolo destro e dell'atrio destro. L'ottimizzazione del precarico cardiaco prima della reinfusione del sangue dal serbatoio cardiotomico e poi la corretta titolazione dell'infusione intravenosa di liquidi è un modo semplice e spesso efficace per normalizzare il CO e la pressione arteriosa media nella maggior parte dei pazienti con funzione ventricolare sinistra conservata. E' però vero che in condizioni di normovolemia, la difficoltà di svezzamento dal CPB si riscontra tra il 10% e il 45% dei pazienti ed in questi casi il TOE è utile nella diagnosi dei meccanismi sottostanti che possono essere attribuibili a quattro scenari distinti e/o contestuali:

 anomalie strutturali quali shunt intracardiaci, rigurgiti valvolari, paravalvular liks o l'occlusione di un bypass graft;

 anomalie dinamiche come LVOTO, RVOTO;

 disfunzione ventricolare sistolica con depressione della contrattilità, alterato rilasciamento diastolico o pattern diastolico di tipo restrittivo;

 sindrome vasoplegica caratterizzata da un CO normale o elevato con funzione ventricolare preservata ma basse resistenze vascolari sistemiche.

La disfunzione ventricolare è stata riportata in almeno il 96% dei pazienti doo CPB con un nadir tra la seconda e sedicesima ora dalla chirurgia e un recupero completo raggiungibile in 24-48h dopo l'intervento. In sala operatoria la sindrome da bassa portata (LCOS) è definita dall'impossibilità di uscire dal CPB a dispetto di un supporto massimale, con un CO<2-2,5 l/min/m² ed evidenza di disfunzione d'organo (es. diuresi< 0,5 ml/kg/h). La prevalenza della LCOS nei pazienti

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cardiochirurgici è stimata entro un range che va dallo 0,2% al 6% ed è associata all'aumento della morbidità, della mortalità e della lunghezza della degenza con l'aumento dei costi e delle risorse utilizzate. Le ragioni di questa prognosi risiedono principalmente nella severità della patologia di base ma anche con buona probabilità al timing per l'istituzione di un supporto farmacologico e/o meccanico. Data l'importanza del mantenimento di una adeguata emodinamica e della valutazione ecocardiografica al momento dello svezzamento dal CPB, l'anestesista dovrebbe assumere la leadership pur non dimenticando il consenso con il chirurgo. Mentre il lavoro cardiocircolatorio del paziente viene spostato dalla pompa nuovamente al cuore è essenziale un adeguato monitoraggio emodinamico che comprenda la misura dei più comuni parametri tra cui la frequenza cardiaca, MAP, imaging funzionale del cuore con il TOE e gli indici di precarico e postcarico [27]. In questo contesto è altamente raccomandabile la misura della Ea e della Ees e conseguentemente del VAC allo scopo di identificare e comprendere i meccanismi alla base di un'eventuale instabilità emodinamica. Ed anche in presenza di uno svezzamento “semplice” la misura dell'accoppiamento tra Ea e Ees sarà un valido strumento per dirigere le decisioni terapeutiche allo scopo di ottimizzare la performance cardiaca. Calcolando con un approccio totalmente non invasivo e tramite il TOE il VAC si è infatti in grado di determinare in che misura lo stroke work possa essere ottimizzato in relazione al consumo miocardico di ossigeno, agendo sulla Ea o sulla Ees o su entrambe. L'istituzione di un regime terapeutico che si basi sulla somministrazione di un inotropo piuttosto che di un vasocostrittore o di un beta bloccante [4] potrà essere giustificato e diretto dalla misura dell'accoppiamento ventricolo-arterioso, come anche la risposta al trattamento potrà essere documentata real-time, sul lettino operatorio come in terapia intensiva nelle ore successive all'intervento. Con questo approccio si può con facilità distinguere tra sindrome vasoplegica e LCOS. Nei pazienti con sindrome vasoplegica la funzione ventricolare è normale e i livelli di MAP possono essere riportati alla normalità con dosi incrementali di noradrenalina. Gli agonisti del recettore per la vasopressina (4UI/min) risultano in questo contesto di seconda scelta mentre nei

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pochi casi di ipotensione non reattiva agli alfa-adrenergici è stato proposto il blu di metilene (inibitore dell'ossido di azoto) al dosaggio di 1,5mg/kg [28,29,30,31]. Al contrario uno stato ipotensivo dovuto alla disfunzione ventricolare potrà beneficiare di sostanze inotrope spesso in associazione a vasopressori o vasodilatatori sistemici o selettivi del letto vascolare polmonare (ossido nitrico o prostacicline in caso di disfunzione del ventricolo destro e/o ipertensione polmonare). Tra gli inotropi gli agonisti beta-adrenergici rimangono la prima opzione mentre gli inibitori della fosfodiesterasi dovrebbero essere preferiti in caso di pazienti in trattamento cronico con beta-bloccanti. Le tachiaritmie, aumentando il consumo di ossigeno miocardico dovrebbero essere trattate e convertite a ritmo sinusale tramite una cardioversione elettrica a bassa carica o tramite lidocaina e amiodarone [4]. Inoltre varie tecniche di stimolazione biventricolare possono ridurre la dissincronia inter e intra-ventricolare migliorando l'efficienza meccanica della contrazione cardiaca e guadagnando fino al 14% dello SV senza andare ad aumentare il consumo miocardico di ossigeno. Gli studi indicano che sulla base delle valutazioni con il TOE e della misura del CO il supporto inotropo è indicato in meno del 50% dei pazienti allo svezzamento dal CPB. Idealmente la risposta a dosi incrementali di agenti inotropi deve essere testata entro un breve lasso di tempo, preferibilmente inferiore ai 510 min (8,5h) [32]. Ogni ritardo nel ripristino di un adeguato rapporto tra domanda ed offerta di ossigeno può aggravare la disfunzione miocardica ed innescare la disfunzione multiorgano. A dispetto dell'ampio numero di inotropi disponibili non vi è consenso sul regime terapeutico ottimale. La misura seriata dell'accoppiamento ventricolo-arterioso può ancora una volta inserirsi in questo contesto come utile strumento nella scelta dell'inotropo più adeguato in base alle sue caratteristiche sulla circolazione sistemica nonché nella gestione della velocità di infusione e per ultimo, ma non meno importante, nel timing per l'interruzione del supporto. Infatti sebbene gli agenti inotropi siano utili nello svezzamento dal CPB e per la recovery post-ischemica, di contro promuovono la resistenza all'insulina, l'ossidazione degli acidi grassi, il consumo miocardico di ossigeno e la deplezione dei substrati ad alta energia nei cardiomiociti.

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Conseguentemente, il transitorio ristabilirsi dell'emodinamica può controbilanciarsi con lo sviluppo di eventi avversi legati allo sviluppo di aritmie, iperglicemia, acidosi lattica e desensibilizzazione beta-adrenergica. Un mismatch tra aumentata richiesta e disponibilità di ossigeno può amplificare il danno da ischemia-riperfusione mentre gli elevati livelli di catecolamine sono stati associati alla crescita batterica, all'aumentata virulenza e ad una prognosi peggiore, da qui l'importanza di uno strumento che identifichi rapidamente i pazienti che possono beneficiare di una precoce interruzione del supporto inotropo. Levosimendan, un inodilatatore non catecolaminergico, si lega alla troponina e aumenta la sensibilità al calcio dei miofilamenti aumentando la contrattilità e il rilasciamento dei cardiomiociti, il tutto ad un minimo costo per il metabolismo e senza promuover l'insorgenza di aritmie. Agisce inoltre incrementando la riserva coronarica e si pensa eserciti anche effetti precondizionanti aprendo i canali per il K+ ATP-dipendenti mitocondriali. I dati suggeriscono che levosimendan, somministrato profilatticamente in pazienti con severa disfunzione cardiaca sinistra (EF<30%), incrementi la performance ventricolare e promuova lo svezzamento dal CPB riducendo la richiesta di inotropi o supporto meccanico al circolo. Recenti studi hanno dimostrato la sua efficacia nel ripristinare l'accoppiamento ventricolo-arterioso nello shock settico come nello scompenso cardiaco acuto e cronico [18,23,27,33,34].

STUDIO PILOTA: OBIETTIVI

Con il presente studio ho indagato la fattibilità e l'accuratezza della misura non invasiva, single-beat dell'elastanza arteriosa, dell'elastanza ventricolare e dell'accoppiamento ventricolo-arterioso durante lo svezzamento dal bypass cardiopolmonare in sala operatoria. Grazie infatti all'ecocardiografia transesofagea e alle comuni misurazioni invasive e non invasive raccomandate come monitoraggio di base per un qualsiasi intervento di cardiochirurgia è possibile, come abbiamo visto, indagare la

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fisiopatologia alla base della performance cardiocircolatoria. La mia ipotesi è che dall'adeguata misura dell'Ea, dell'Ees e del VAC si rendano immediatamente comprensibili i determinanti di una eventuale instabilità emodinamica permettendo al clinico di decidere il piano terapeutico tarandolo sul paziente e basandosi sulle basi della fisiopatologia cardiaca.

MATERIALI E METODI

Durante il periodo compreso tra Marzo 2017 e Giugno 2017 sono stati reclutati nello studio i pazienti sottoposti ad intervento di CABG ON-PUMP in elezione e in urgenza, afferenti al Barts Heart Center di Londra.

All'arrivo in sala operatoria sono stati raccolti:  genere, età, peso, altezza;

 eventuale terapia cronica con beta-bloccanti;

 tipo di intervento: CABG, CABG più sostituzione/riparazione valvolare;

I pazienti sono stati sottoposti ad anestesia generale lasciando a ciascun anestesista libera scelta sulla strategia induttiva e di mantenimento considerata più idonea al trattamento della particolare condizione clinico-patologica. Non è stato di conseguenza apportato alcun cambiamento nella usuale pratica clinica.

Dopo l'induzione dell'anestesia e prima dell'istituzione del bypass cardiopolmonare (CPB) sono stati raccolti i parametri emodinamici e le misure per il calcolo non invasivo dell'accoppiamento ventricolo-arterioso utilizzando:

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 il catetere arterioso radiale per il monitoraggio invasivo della pressione arteriosa;  ECG;

 CVC in vena giugulare interna per il monitoraggio della PVC;

Ognuno di questi strumenti di monitoraggio è raccomandato dalle linee guida per la gestione intraoperatoria dei pazienti candidati ad interventi cardiochirurgici. Non è stata quindi apportata nessuna modifica alle normali e standardizzate metodiche di monitoraggio [35,36,37].

Prima dell'istituzione del CPB, al momento del weaning e a seguito di ogni ulteriore intervento terapeutico (carico volemico, inotropo, vasocostrittore, vasodilatatore, etc) sono state raccolte le seguenti misure:

 INVASIVE (catetere arterioso radiale, CVC): pressione sistolica (SBP), diastolica (DBP) e media (MAP), pressione venosa centrale (PVC)

 NON INVASIVE (ECG): frequenza cardiaca (HR)

 NON INVASIVE (TOE): Stroke volume (SV), cardiac output (CO) , EF% Simpson method;  DERIVATE: Ea, Ees, VAC, stroke work (SW),Systolic Potential Energy (PE), Myocardial

work efficiency (WE), Pressure-volume area (PVA)

L'Ea, l'Ees e il VAC è stato calcolato utilizzando il metodo non invasivo validato da Chen et el. La formula validata è sicuramente di non rapido utilizzo e la particolare situazione clinica dello svezzamento dal CPB richiede invece una rapida diagnosi e la rapida messa in atto di interventi atti a normalizzare i parametri emodinamici. Per rendere maggiormente fruibile il metodo non invasivo e per renderlo rapidamente utilizzabile si è usata l'applicazione, sviluppata dal Dr.Bertini P. e disponibile su GooglePlay e AppStore, che permette di calcolare in modo semplice ed istantaneo l'Ea, l'Ees e il VAC inserendo i parametri derivati non invasivamente. A questo scopo sono state utilizzate per il calcolo:

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 SV calcolato non invasivamente con il TOE dalla formula: SV= Area valvolare Ao x VTI Ao flow; Aortic valv area= πr², con r = LVOT diam/2. Il diamentro del tratto di efflusso ventricolare sinistro (LVOT diam) è stato ottenuto dalla proiezione: upper esophageal long axis Ao valv, 120°. L'integrale velocità-tempo è stata calcolata sulla traccia Pulse-Wave Doppler (PWD) del flusso nell'LVOT dutante la sistole ventricolare sinistra dalla proiezione: deep trans-gastric o dalla trans-gastric 110° ricercando il migliore allineamento tra la direzione del flusso e il fascio di ultrasuoni (secondo la formula del Doppler shift, cos0°=1, cos90°=0).

 SBP e DBP

 EF% calcolata con il metodo di Simpson

 Tempo di pre-eiezione ventricolare sinistra (PET): calcolato dall'onda R dell'ECG all'apertura della valvola aortica.

 Tempo di eiezione totale (TET): calcolato dall'onda R dell'ECG alla chiusura della valvola aortica.

Inoltre dai parametri raccolti sono state derivate le seguenti misure, single-beat e non invasivamente [8,38]:

 CO= SV x HR

 SW secondo la formula: SW= SV/ SBP

 WE secondo la formula: WE= SW/ PVA dove SW/ PVA= 1/ [ 1 + (Ea/Ees)/ 2]

 PVA (PVA= SW+PE) dal riarrangiamento delle precedenti secondo la formula: PVA= SW/WE

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E' stata considerata instabilità emodinamica la presenza di: CO< 2,5l/min e/o MAP<65mmHg. Inoltre è stata considerata la riduzione del CO del 10%,15% e 20% rispetto al valore pre-CPB.

RISULTATI

Sono stati reclutati nello studio un totale di 24 pazienti, di cui 22 sottoposti a CABG e 2 a CABG più sostituzione valvolare. L'età media è stata di 65,88 con una deviazione standard di 11,39 anni. 21 uomini e 3 donne.

L'analisi statistica é stata effettuata con il software SPSS versione 23 per MacOSX (IBM Corporation, NY, USA). Tutti i dati sono stati analizzati per normalitá mediante il test di Shapiro-Wilk. Le differenze tra le variabili prima e dopo CEC sono state stimate mediante paired t-test per le variabili continue normali, per le variabili non-normali é stato impiegato il test di Mann-Whitney. L'analisi delle differenze fra le variabili rispetto all'instabilitá emodinamica conseguente alla CEC é stata effettuata mediante independent sample t-test nel caso di normalitá e con Wilkoxon Rank test per le altre misurazioni.

L'andamento dei parametri di Pressione, CO, SV ed EF prima e dopo la CEC sono mostrati nel grafico seguente:

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Nessuno di questi parametri ha mostrato di modificarsi significativamente in funzione della CEC. La durata media della Circolazione extracorporea è stata di 89,89±19 minuti. Come si può notare lo SV e la FE% in questo campione di pazienti non hanno subito forti variazioni e mediamente tutti i pazienti partivano da valori di funzionalità cardiaca modestamente ridotti o normali (FE% media 52±13).

Dall'analisi statistica risulta che dopo la CEC la frequenza cardiaca è statisticamente più elevata (64.33±12.02 bpm vs 78.38±9.9 bpm, p< 0.0005), ed a questo si accompagna una riduzione statisticamente significativa dei tempi di eiezione totale e di pre-eiezione (TET (383.54±45.64 s vs 314.25 ±51.10 s, p=0.034) e PET (47.83 ±24.14 s vs 35.92 ±25.46 s, p=0.0005). Questi dati sono mostrati graficamente come segue:

SBP DBP MAP CO SV EF 0 20 40 60 80 100 120

Medie dei dati pre ed after CEC

PRE CEC AFTER CEC

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Dall'analisi non risulta nessuna significativa differenza nei valori di Ea, Ees,VAC, SW, WE, PVA in relazione alla circolazione extracorporea. I dati medi relativi a questi parametri sono mostrati nella tabella seguente: Ea (mmHg/ml) Ees (mmHg/ml) VAC (mmHg/ml) SW (mmHg·ml) PVA (mmHg·ml) WE (SW/PVA) PRE CEC 1,84±0,48 2,6±0,94 0,8±0,5 6400±2757 8996±4022 0,72±0,08 AFTER CEC 1,88±0,0,59 2,55±1 0,78±0,24 5381±1623 7489±2130 0,71±0,05 HR TOT ET PRE ET 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

Medie dei valori pre e after CEC

PRE CEC AFTER CEC

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Quindi si può concludere che in questa popolazione di pazienti il CO e la FE% rimangono costanti prima e dopo la CEC e che la riduzione della pressione arteriosa che mediamente si osserva viene compensata fisiologicamente dall'aumento della frequenza cardiaca, esattamente come ci si aspetterebbe. I tempi di pre-eiezione e di eiezione totate si riducono in modo statisticamente significativo verosimilmente a causa della riduzione del tempo tra battito e battito conseguente alla tachicardia. E' da sottolineare il fatto che nessuno di questi pazienti aveva una frequenza cardiaca imposta dal pacing temporaneo.

Per quanto riguarda l'analisi dei fattori indipendenti, i pazienti sono stati divisi a seconda della risposta emodinamica dopo CEC in emodinamicamente stabili (15pz) e instabili (9pz con CO e/o MAP ridotti rispettivamente sotto 2.5 l/m/m2 e 65 mmHg). Inoltre i pazienti sono stati suddivisi in "a flusso conservato" o meno rispetto alla riduzione di CO del 10%, 15% o 20% dopo CEC. Non sono emerse differenze significative per questa ultima analisi.

Sono emerse differenze significative per SW: (7101.67 ± 2846.37) nei pazienti stabili vs SW (4297.67 ± 591.40) in quelli con instabilitá emodinamica (p = 0.027) :

(42)

Come si può facilmente notare dal grafico i pazienti stabili presentano dei valori di SW mediamente più elevati dei pazienti che presentano instabilità emodinamica dopo la CEC. Dall'analisi dei risultati appare anche che dopo il CABG i pazienti tendono ad avere un aumento dei valori di SW e questo aumento è statisticamente significativo. E' da chiarire se questo sia dovuto al miglioramento della perfusione miocardica dopo l'intervento o al tentativo estremo di questi pazienti di ripristinare la stabilità emodinamica attraverso un aumento dello SW, cioè dell'efficienza meccanica del cuore. All'aumento dello SW si accompagna una parallela riduzione della PVA e questa riduzione risulta statisticamente significativa: PVA (10104.28 ± 4068.59) vs (5670.33 ± 657.27) p<0.005. La PVA rappresenta l'energia meccanica totale generata dalla contrazione del ventricolo sinistro a fine sistole e come abbiamo visto correla con il consumo miocardico di O2 in modo direttamente proporzionale. Il grafico seguente mostra i valori medi per la PVA nei due gruppi di pazienti, stabili ed instabili, prima e dopo CEC.

Emodinamica stabile Emodinamica instabile 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 SW pre CEC SW after CEC

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I valori della componente corrispondente alla energia potenziale (EP) della PVA sono illustrati di seguito:

Come possiamo notare dal grafico l'energia potenziale immagazzinata dal ventricolo sinistro risulta Emodinamica stabile Emodinamica instabile

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 EP pre CEC EP after CEC Emodinamica stabile Emodinamica instabile

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000

PVA pre CEC PVA after CEC

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mediamente più elevata nei pazienti che presentano instabilità emodinamica dopo la CEC. A seguito di CABG si assiste quindi nei pazienti che presentano instabilità emodinamica, come abbiamo visto, ad una complessiva riduzione della PVA e quindi del dispendio energetico e di O2 del cuore e ad un aumento dello SW a scapito della EP. Questo complessivamente è un risultato ottimale in termini di efficienza meccanico-energetica del cuore. Infatti nonstante la momentanea instabilità emodinamica i pazienti non hanno mostrato una differenza statisticamente significativa dell'accoppiamento ventricolo-arterioso e delle elastanze arteriosa e ventricolare. I parametri medi nelle due categorie di pazienti sono mostrati nella tabella seguente:

Ea pre

CEC Ea afterCEC Ees pre CEC Ees afterCEC VAC preCEC VAC afterCEC

Stabili 1,93 1,85 2,72 2,12 1,01 0,90

Instabili 1,78 1,9 2,42 2,81 0,68 0,70

Dall'analisi dei risultati emerge inoltre che tra i 9 pazienti che hanno presentato instabilità emodinamica all'uscita dalla CEC, solo 5 di questi hanno necessitato dell'introduzione della Noradrenalina (a dosaggi compresi tra 0,01-0,05mcg/Kg/min) e tra questi solo 2 anche dell'introduzione di un inotropo (Milrinone 0,15-0,35mcg/Kg/min). Un solo paziente di questi è uscito dalla CEC con Noradrenalina, Milrinone e IABP. Gli altri pazienti sono invece usciti dalla CEC con infusione continua di Nitrati (1mg/ml a dosaggi compresi tra 0,05 a 5ml/h). Sulla base di queste considerazioni possiamo quindi concludere che il campione di pazienti emodinamicamente instabili è troppo piccolo perchè le elastanze e la misura del VAC mostrino una significativà statistica. Nonostante questo, le misure della PVA, SW e EP basate sulla misura delle elastanze hanno mostrato di modificarsi significativamente in relazione all'instabilità emodinamica. Questo ci porta di conseguenza a pensare che con un campione di pazienti più ampio e in condizioni di riduzione dell'efficienza miocardica più rilevanti anche la misura del VAC potrebbe assumere valori

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significativi.

Volendo però guardare nel dettaglio i valori mostrati dal paziente con IABP all'uscita dalla CEC possiamo notare i seguenti risultati:

Pre CEC After CEC Aumento NORA

MAP 69 61 53 HR 71 84 93 EF% 25 39 39 Ea 1,94 1,95 2,29 Ees 0,66 1,72 0,25 VAC 2,93 1,13 9,12 SW 5600 4600 3686 EP 8100 2701 17996 PVA 13500 7301 21682

Il paziente in questione è uscito dalla CEC con IABP, Noradrenalina e Milrinone. Nonostante all'uscita di CEC mostrasse valori molto migliorati di Ees e quindi di VAC, il permanere di bassi valori pressori ha spinto il clinico ad aumentare progressivamente la dose di Noradrenalina somministrata. Questo fino al punto di determinare un peggioramento delle condizioni di contrattilità miocardica e un marcato disaccoppiamento ventricolo-arterioso.

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